Data: 
Martedì, 18 Dicembre, 2018
Nome: 
Alberto Pagani

Doc. XXV, n. 1 e Doc. XXVI, n. 1

Grazie Presidente, buona sera signora Ministro. Anch'io le esprimo il nostro apprezzamento per la sua presenza in Aula questa sera; presenza che, a mio avviso, è doverosa, ma non è da dare mai per scontata, mai dare le cose per scontate. Dal dibattito sinora svolto nelle Commissioni abbiamo avvertito, almeno dal nostro punto di vista, da parte delle forze del Governo la mancanza di una visione complessiva delle missioni e l'incapacità di svolgere un dibattito incentrato sulle priorità della nostra politica estera. Nella relazione analitica del provvedimento in esame si legge - cito testualmente - il dispositivo disegnato per quest'ultimo scorcio dell'anno 2018, necessariamente conseguente all'impianto previsto per i nove mesi dell'anno del precedente Governo, introduce già alcuni elementi di novità che rispondono alla nuova strategia, che tuttavia andrà sviluppata in maniera più articolata quando si tratterà di decidere quale impegno assumere nel corso dell'anno 2019.

Gradiremmo conoscere anche noi quali sono questi nuovi elementi e capire, se è possibile, quali sono i tratti essenziali della nuova strategia che conosceremo nel prossimo anno.

Al momento abbiamo visto, e ne siamo ben felici, solo una mera riproposizione di ciò che ha fatto il nostro precedente Governo. Ovviamente siamo lieti che abbiate cambiato idea, che il nostro Paese abbia continuato nel solco dei precedenti Governi e confermi di volere essere parte integrante dell'Alleanza atlantica, e quindi di non venir meno agli impegni assunti dinanzi alla comunità internazionale, ma l'intenzione dichiarata dall'attuale Governo è in contraddizione con la decisione, che risulta evidente nella legge di bilancio in corso di esame, di diminuire il contributo alle spese dell'ONU e di respingere gli emendamenti e gli ordini del giorno dell'opposizione che ne ricordavano la rilevanza.

Ma osserviamo anche altre contraddizioni: nella scorsa legislatura il gruppo del MoVimento 5 Stelle ha ripetutamente chiesto, come veniva detto anche da interventi che mi hanno preceduto, il ritiro dell'Italia dalla missione in Afghanistan, tanto che già nel maggio del 2013, a inizio legislatura, venne depositata una mozione, a firma Carlo Sibilia, Manlio Di Stefano e Alessandro Di Battista, che chiedeva il ritiro delle truppe italiane e un impegno maggiore nella cooperazione internazionale. Meno male che né nella dichiarazione del Ministro degli esteri Moavero né in quella del Ministro della Difesa Trenta troviamo traccia di questo allentamento prematuro degli impegni prossimi futuri.

Sarebbe, a mio avviso, una dimostrazione di scarsa responsabilità e, mi permetto di dire, anche di scarsa serietà. Ma si rischia poi di eccedere dalla parte opposta, quando si arriva ad altre missioni. La legge quadro sulle missioni internazionali definisce il procedimento autorizzativo all'articolo 2, commi 1 e 2. Mai come in questo caso la forma è sostanza. Nel testo pervenuto troviamo una missione nuova definita come NATO Mission in Iraq, che veniva anche prima citata dal collega di maggioranza, che risulta decisa in sede NATO l'11-12 luglio nel vertice di Bruxelles. Sottoporne ora l'autorizzazione al Parlamento crea un precedente da non ripetere assolutamente, perché è il 18 dicembre 2018. Infatti, le nuove missioni devono essere sottoposte al voto del Parlamento prima del loro inizio, non dopo; non avrebbe senso, altrimenti, la possibilità prevista dal comma 2 di concedere o negare l'autorizzazione, non si può negare l'autorizzazione di un fatto già accaduto.

Non può essere, quindi, motivo sufficiente per derogare dal procedimento indicato l'argomento che in questo caso la missione si è già avviata e si sta svolgendo utilizzando risorse umane e finanziarie già presenti in Iraq, e quindi già autorizzate ad operare in quel territorio, seppure con diverse finalità, perché stiamo parlando di una nuova missione, come scritto e precedentemente anche rimarcato. In relazione alle altre missioni, già nel settembre del 2017 Italia e Niger avevano firmato a Roma un accordo di cooperazione nell'ambito della difesa tra il Ministro Pinotti e il suo omologo nigerino. L'accordo confermava la disponibilità italiana a supportare la formazione e l'addestramento del personale delle Forze Armate nigerine. Il Niger rientrava, infatti, nella strategia italiana di cooperazione con i Paesi africani interessati dai flussi di immigrati illegali diretti in Libia e poi nella nostra penisola, e il nostro Governo lo considerava il Paese chiave di quei traffici, un vero e proprio hub dei flussi migratori illegali diretti in Europa dall'Africa occidentale e subsahariana.

Continuiamo a credere che l'Africa rivesta un interesse strategico prioritario per la sicurezza dell'Italia e che, oltre a dover gestire i flussi migratori provenienti da tale continente, occorra affrontare il rischio che un rallentamento del processo di pacificazione e di consolidamento delle istituzioni politiche della Libia sfoci in un nuovo fattore di minaccia per l'interesse nazionale e per la sicurezza nel bacino del Mediterraneo. Gli interventi previsti in Africa si concentrano su attività utili a incrementare la sicurezza e la stabilità internazionale a favore di Paesi impegnati nella lotta al terrorismo e ai traffici illegali internazionali. Questo è quanto dicevamo nella scorsa legislatura, questo è quanto continuiamo ad affermare coerentemente anche in questa.

La missione in Niger può aiutare a definire e sostenere nuove strategie anche alla luce del fatto che la situazione in Sud Sudan resta drammatica e continuano a preoccupare le tensioni esistenti tra l'Eritrea e i Paesi confinanti. L'operato delle missioni civili UE in ambito PSDC ha rivestito un ruolo di rilievo e il rafforzamento della nostra presenza nelle operazioni attive in teatro in Niger e in Mali va aggiunto anche a questo. Il comando della cellula di coordinamento regionale tra le tre missioni che ci sono testimonia la rilevanza che il nostro Paese attribuisce e deve continuare ad attribuire alla pace e alla stabilità in questo quadrante. L'impegno italiano in Libia e in Niger è intimamente connesso sul piano strategico alla fondamentale azione a tutela dei diritti umani della popolazione civile, di migranti e di profughi, esercitata dalle organizzazioni internazionali presenti, e nello specifico dalla OIM e dall'UNHCR, che l'Italia ha sostenuto e che deve continuare a sostenere in tutti i provvedimenti.

Occorre ricordare che da tempo in quell'area operano gruppi terroristici jihadisti che traggono nuovi e fondamentali canali di finanziamento, diretto e indiretto, grazie a vari tipi di traffici, tra cui quello dei migranti. Le missioni in Libia e in Niger sono, quindi, strategicamente rivolte anche a contrastare questo fenomeno, che sovrappone terrorismo e attività criminale. Dunque, per concludere, in questo provvedimento non vediamo grosse novità e quelle che ci sono ci convincono poco. Ci auguriamo che, però, il Governo mantenga il profilo che con questo rinnovo delle missioni di continuità ha dimostrato di avere anche nel prossimo anno.