Il Governo è rappresentato al meglio sicuramente, ma per l'importanza del tema trattato, visto che si tratta del 7 per cento dell'attività industriale italiana, avremmo pensato che la presenza del Ministro avrebbe aiutato il dibattito. D'altronde, è proprio per la disattenzione e per l'incompetenza del Ministro Di Maio che oggi ci troviamo a discutere questa mozione. Infatti, se guardiamo a quanto è importante il settore dell'automotive per il nostro Paese, complessivamente, dobbiamo ragionare di un comparto che occupa in Italia 252 mila persone.
L'automotive rappresenta la spina dorsale della produzione industriale italiana, con il 7 per cento nel settore manifatturiero e con il 7 per cento dell'occupazione nell'intero settore industria, commercio e servizi.
Il raffronto con altri Paesi europei ci dice che il totale degli addetti diretti conta in Italia 160.000 abitanti, a fronte di 224.000 in Francia, 178.000 in Polonia e 168.000 in Romania. Ovviamente la Germania guida questa classifica, con 850.000 addetti. Stiamo quindi parlando di un settore fondamentale per l'economia del nostro Paese, un settore che sta affrontando una difficile fase di transizione. Le elaborazioni ANFIA sui dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, aggiornate all'11 gennaio 2019, indicano che in Italia, nell'anno precedente, sono state immatricolate 1.910.000 autovetture, con un calo del 3,1 per cento rispetto al 2017. Per questi dati le immatricolazione di autovetture prodotte negli stabilimenti italiani nel gruppo FCA rappresentavano per il mese di dicembre 2018 una quota del 26 per cento del totale, con volumi in diminuzione solo dell'1 per cento, e complessivamente con una flessione, nel 2018, del 10 per cento delle immatricolazione rispetto al 2017. I dati certificano quindi un primo rallentamento dal 2014, e mostrano inequivocabilmente un'inversione di rotta rispetto alla continua crescita registrata negli ultimi anni dal mercato dell'automobile. Ciò grazie anche alle misure messe in campo dagli ultimi Governi di centrosinistra - noi riteniamo -, quali gli incentivi della “legge Sabatini” e del super ammortamento, che avevano prodotto un vero e proprio boom nell'acquisto dei veicoli commerciali e di autocarri, ma anche con forti incrementi per le auto immatricolate acquistate dalle imprese.
I risultati del 2018 sono ovviamente dovuti a vari fattori, tra i quali certamente rientra l'indecisione e il disorientamento dei consumatori, che ancora non hanno chiaro quale sarà il tipo di motorizzazione principale dei modelli del futuro, anche se non ci sfugge la consapevolezza di un quadro complessivo di recessione internazionale che scoraggia l'economia nel suo complesso.
Comunque, lo scoraggiamento dell'acquisto dei veicoli diesel è dovuto anche alle normative ambientali di alcuni Paesi europei e anche di molte città italiane. Gli analisti, infatti, indicano che la flessione in atto possa essere attribuibile all'introduzione, a partire dal 1° settembre 2018, delle nuove normative europee sulle emissioni, al calo di fiducia dei consumatori e anche al rallentamento della crescita interna, che ha visto nel terzo trimestre del 2018 una diminuzione che segna il primo calo.
In questo scenario l'Italia aveva comunque, rispetto al 2019, l'opportunità di affacciarsi non con la preoccupazione per la situazione occupazionale dei suoi stabilimenti, ma con la fiducia di chi vede la volontà di investimento e innovazione da parte delle multinazionali dell'auto che produco nel nostro Paese, in particolare FIAT-Chrysler. FCA, infatti, aveva presentato ai sindacati, il 29 novembre 2018, un importante piano di investimenti negli stabilimenti italiani, e i dettagli del piano menzionavano una spesa di 5 miliardi di euro in venti mesi tra il 2019 e il 2021, che, tra le altre cose, rappresenta una spesa più alta di quella che lo stesso Governo ha ascritto alla quota degli investimenti pubblici nell'ultima legge di bilancio.
L'obiettivo del gruppo era quello di avviare finalmente la conversione dei propri modelli in direzione dell'elettrico e dell'ibrido. Sappiamo tutti quale sia il ritardo dell'industria automobilistica italiana nello sviluppare e mettere sul mercato questo tipo di modelli, ma questo piano di investimenti rappresentava finalmente la possibilità per un nostro salto tecnologico nei nostri stabilimenti e con i nostri lavoratori. Ebbene, di fronte a questo scenario di fiducia, che aveva visto anche i sindacati ottimisti per la scelta di investire negli stabilimenti italiani, è accaduto qualcosa di impensabile: a fronte di un'impresa che sceglie di fare un investimento di 5 miliardi per accelerare lo sviluppo tecnologico e garantire posti di lavoro nel Paese, il Governo, che dovrebbe sostenere questa propensione all'investimento in Italia, si è invece orientato, nel corso la discussione della legge di bilancio, a presentare una norma che ha cambiato le carte in tavola.
Non solo - come tutti sappiamo in quest'Aula - quella legge di bilancio non è stata discussa in nessuno dei due rami del Parlamento e si è arrivati con un voto di fiducia senza possibilità di discuterla nel merito, ma quella legge di bilancio ha introdotto un meccanismo bonus-malus per l'acquisto di autoveicoli, la cosiddetta ecotassa, che tassa le autovetture a combustione a partire da quelle con emissioni superiori ai 160 g/Km, e eroga invece incentivi per autovetture elettriche o ibride. Peccato che nessuno stabilimento italiano produca ad oggi auto elettriche o ibride. È evidente, Presidente, il rischio per la filiera nazionale dell'automotive di subire una contrazione della produzione. Le industrie estere risultano al momento più avanti nella produzione di autovetture con tali caratteristiche, eppure il Governo sapeva a cosa stava andando incontro. Appena la notizia di questo bonus-malus è uscita dai Ministeri, c'è stato un coro unanime di preoccupazione: associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, analisti e centri studi che hanno chiarito che la misura, per il 2019, avrebbe portato a una perdita di almeno 100.000 immatricolazioni, con un impatto negativo sull'economia italiana, visto che si ritiene che questa norma produrrà anche l'effetto paradossale di non favorire il rinnovo del parco auto da parte dei cittadini.
Il nostro stupore è stato ancora maggiore, Presidente, nel vedere che al Ministero dello sviluppo economico nessuno abbia calcolato gli effetti catastrofici che questa misura avrebbe avuto sul comparto in Italia. D'altronde, o dobbiamo pensare che il Ministro Di Maio, il Governo, la maggioranza, sta deliberatamente danneggiando il sistema industriale italiano, oppure dobbiamo pensare che si è fatto un errore e che questo errore non lo si voglia riconoscere, che non ci si voglia metter mano. Infatti, prima di questa scelta, non si è discusso - a quel che ci risulta - con le organizzazioni dei datori di lavori, con le organizzazioni dei lavoratori, non sono stati fatti studi e consultazioni con studiosi del settore, non si è discusso neanche col Parlamento. Quindi noi presentiamo questa mozione per denunciare come, su un tema di così fondamentale importanza, dove sarebbe stato auspicabile il massimo coinvolgimento, approfondire le scelte, magari approvandole ma dando dei tempi più lunghi per l'entrata in vigore di questi incentivi, quindi incentivando la riconversione anche dell'apparato produttivo nazionale in quella direzione, si sia scelto di non discutere. L'effetto è che tra i modelli che trarranno beneficio ci sono modelli Citroën, Hyundai, Mercedes, Toyota, BMW, Mitsubishi, mentre tra quelli che sono danneggiati ci sono molte produzioni di modelli FCA che sono prodotti in stabilimenti italiani, modelli Maserati, la Jeep, la 500, tre modelli di Alfa Romeo, la FIAT Ducato.
Questa situazione non preoccupa solo il Partito Democratico, questa misura è stata definita miope dal presidente di Federmeccanica, ha unito nella protesta lavoratori e imprese, è stata definita dal segretario della CISL un danno per il Paese e i lavoratori.
Le previsioni più fosche purtroppo si stanno avverando: a gennaio 2019, le vendite in Italia di autovetture sono scese del 7,55 per cento rispetto allo stesso mese del 2018; per il gruppo FCA il calo è stato del 21,6, una frenata molto più forte di quella del mercato complessivo. FCA ha pertanto già annunciato la volontà di un ridimensionamento del piano illustrato il 29 novembre con investimenti per 5 miliardi di euro. Noi siamo preoccupati, a tutti i livelli. Nelle scorse settimane, circoli del Partito Democratico delle città in cui si trovano stabilimenti FIAT Chrysler hanno manifestato di fronte ai cancelli per sostenere i lavoratori.
Voglio ricordare, ad esempio, lo stabilimento di Pratola Serra in provincia di Avellino, dove si producono motori diesel, per i quali da mesi è depositata un'interrogazione al Ministro Di Maio ancora senza risposta: uno stabilimento tra quelli più a rischio, visto il crollo di immatricolazioni di vetture diesel e che proprio di quei fondi aveva bisogno per convertire la produzione.
O, ancora, lo stabilimento di Cassino, nel quale i perimetri occupazionali sono stati fortemente indeboliti negli anni di crisi e, a tutt'oggi, non sono stati recuperati. Per Cassino il piano del 29 novembre prevedeva nuovi modelli di pregio che avrebbero rappresentato una garanzia per i posti di lavoro e che, invece, oggi sono di nuovo messi in discussione.
Di fronte a questi stabilimenti, così come a tanti altri, il Partito Democratico si è mobilitato in queste settimane: anche sul caso Blutec, sul quale il Ministro Di Maio ha rinviato il tavolo addirittura al 5 marzo e non è riuscito ancora a dare una risposta ai lavoratori di Termini Imerese. D'altronde, abbiamo visto che il Ministro non può neanche più andare a Pomigliano d'Arco.
Allora, per suo tramite, al Ministro Di Maio, che non c'è, noi vorremmo porre questa domanda: ma lui ha interloquito con i sindacati, ha interloquito con i vertici di FCA? Ritiene che un danno ad un settore che in Italia rappresenta il 7 per cento dell'industria sia un fatto irrilevante? Noi non pensiamo che possa rispondere, se non tornando indietro sulle misure che sono state approvate.
Per questo noi chiediamo al Parlamento di adottare con la massima urgenza un'iniziativa normativa che modifichi il meccanismo del bonus-malus introdotto nella legge di bilancio; e, soprattutto, chiediamo che il Governo avvii immediatamente un confronto con il sistema delle imprese della produzione automobilistica e con le organizzazioni sindacali, per fare in modo che questa modifica sia la più efficace possibile.
Auspichiamo che il Governo non metta la testa sotto la sabbia, convochi le parti sociali e, soprattutto, calendarizzi in Parlamento la modifica di questo provvedimento.