Presidente, sottosegretario, colleghi, con l'avvio della discussione e il voto lungo questa settimana di questa iniziativa legislativa, che ha trovato una volta tanto, come è stato già ricordato, l'impegno condiviso e la volontà unanime di tutte le forze politiche presenti in questo Parlamento, che peraltro su questo tema hanno presentato pressoché tutte diverse, ma convergenti proposte di legge; con questa norma, dicevo, si rafforza la strategia di prevenzione e di ricerca, di sorveglianza, di diagnosi precoce, di efficace presa in carico delle patologie oncologiche nel nostro Paese. Perché la lotta contro il cancro vede diversi protagonisti, diversi ambiti, diverse professionalità, diverse competenze, diverse risorse, ma la necessità che tutte queste siano sinergiche per concorrere al risultato, e che conseguentemente ogni attore di questa sfida sia messo nelle migliori condizioni di operare.
Non è stato così fino ad oggi per quel che riguarda i registri tumori, che sì sono esistenti da decenni in varie regioni italiane, ma in modo disomogeneo, per lo più volontaristico, con una difficoltà enorme nel reperimento dei dati, nella loro uniformità, limitando così la propria efficacia come strumento di lettura aggiornata e condivisa della patologia oncologica nel nostro Paese. L'epidemiologia ha infatti bisogno, per offrire tutte le sue enormi potenzialità, di essere sistemica.
Con questa norma, che si pone l'obiettivo di realizzare la Rete nazionale dei registri tumori, si dà un contributo significativo nella direzione dell'organicità di approccio, della comparabilità dei dati e degli esiti, della certezza di utilizzo delle informazioni e di una lettura nazionale dell'incidenza della mortalità e della sopravvivenza in ambito oncologico. Le informazioni raccolte dai registri dei tumori includono infatti i dati anagrafici e sanitari essenziali per la ricerca delle cause del cancro, per la valutazione dei trattamenti più efficaci a partire da quelli farmacologici, specie per quelli più innovativi, per la progettazione di interventi di prevenzione con particolare riferimento agli screening di popolazione, ancor così disomogenei anch'essi nel nostro Paese, infine per la programmazione, non meno importante, della spesa sanitaria.
L'esigenza di questo sistema efficace di raccolta sistematica di dati anagrafici sanitari è già stata accolta tempo fa dal legislatore: ricordiamo infatti il decreto-legge Balduzzi, che considerava fondamentale il riconoscimento dei registri dei tumori in Italia ai fini della prevenzione, della diagnosi, della programmazione sanitaria e della verifica della qualità delle cure. E quindi sette anni dopo si colma un vuoto che appare finanche strano, se si pensa a quanto il nostro Paese abbia performance avanzate nell'ambito della ricerca, della prevenzione e della presa in carico terapeutica della malattia oncologica. Sembra impossibile pensare che il nostro Paese, così all'avanguardia su farmaci e terapie rivolte ai malati oncologici (basti pensare al Piano nazionale dell'oncologia 2011- 2013, al Piano di prevenzione nel campo oncologico 2014-2018) non abbia una legge che istituisca il Registro dei tumori, che accomuni i dati dei vari Registri regionali; che non si sia data fin qui una base di informazioni scientificamente aggregate, certe e comuni a tutto il Paese. Eppure è così: i registri dei tumori operano da tempo nel nostro Paese, ma come purtroppo spesso avviene in sanità, non tutte le regioni e all'interno delle singole regioni non tutte le province si sono dotate di uno strumento così importante, creando una situazione - ripeto - eterogenea.
C'è stata un'accelerazione nel momento in cui si è istituita l'Associazione italiana registri tumori, che già dal 1997 ha lavorato per creare registri dei tumori. In questi anni, grazie anche a questo importante impulso, si è potenziata la presenza dei registri tumori: se infatti nel 2010 i registri presenti in Italia erano 29 e coprivano solo il 35 per cento della popolazione, ora sono 49 i registri accreditati e coprono circa il 70 per cento della popolazione, come veniva ricordato nella relazione introduttiva. Questa legge può dare un impulso ulteriore per colmare il gap residuo in tempi rapidi.
Quindi siamo di fronte ad un esito importante: un esito, quello della prossima approvazione, auspicata, di questa norma, che non sarebbe potuto essere tale e in tempi così rapidi, a meno di un anno dall'avvio di questa legislatura, se non poggiasse sull'importante lavoro realizzato nel corso della scorsa legislatura, con l'approvazione di un testo unificato da parte della Camera dei deputati che purtroppo non ha visto, per ragioni di tempo, la definitiva approvazione in Senato. Oggi realizziamo finalmente ed unanimemente questo obiettivo condiviso, oggi offriamo al sistema di lotta al cancro una freccia in più al proprio arco.
E quanto sia necessario ce lo dicono i dati, che sono già stati ricordati: mille nuove diagnosi di tumore ogni giorno, oltre 370 mila ogni anno. Non solo è necessario tenere alta la guardia, ma è fondamentale accelerare il passo e farlo innanzitutto nell'ambito della prevenzione e della diagnosi precoce. È infatti da sottolineare l'importanza della Rete dei registri tumori come strumento utile per verificare anche l'efficacia della prevenzione secondaria, attuata attraverso gli screening sanitari programmati dal Ministero della salute e ricompresi nei livelli essenziali di assistenza: screening organizzati, cioè interventi di sanità pubblica che prevedano l'offerta attiva e periodica esente da ticket di un test diagnostico di provata efficacia ad una popolazione di soggetti sani, con determinate caratteristiche anagrafiche. Ebbene, ad oggi solo il Veneto, l'Emilia-Romagna, il Friuli-Venezia Giulia, la Toscana, la Lombardia e l'Umbria hanno attivi e pienamente funzionanti tutti e tre gli screening di popolazione; altri vi sono, ma non in una piena funzionalità, secondo le modalità previste dai LEA.
Io vengo da una regione fortunata, che è stata artefice delle sue fortune come l'Emilia-Romagna. L'Emilia-Romagna ha attivato il primo screening di popolazione nel 1996, seguito da un secondo nel 1997 e nel 2005 dal terzo, e dal 2012 offre sempre gratuitamente alle donne emiliano-romagnole selezionate per caratteristiche un test genetico per la verifica di un rischio eredo-familiare di tumore alla mammella. Un sistema di prevenzione che negli anni ha dato i suoi esiti, e che oggi vede ridotta l'incidenza dei carcinomi ad alto rischio, un aumento proprio grazie allo screening dei carcinomi a basso rischio e delle lesioni precancerose, e conseguentemente un calo della mortalità nelle patologie tumorali per le quali sono attivi tre screening di popolazione.
Ma l'Italia è lunga e attraversata da straordinarie diseguaglianze di salute, e appunto sappiamo che questa straordinaria risorsa di prevenzione non è nella disponibilità di ogni cittadino italiano, che ne ha diritto come prevedono i LEA; e comunque anche in un contesto virtuoso come l'Emilia-Romagna in questi anni è stato assai complesso, per la mancanza di una normativa di riferimento, intersecare i dati fra i vari centri screening di prevenzione oncologica e registri tumori. Chi ha lavorato in campo oncologico e della prevenzione oncologica ha agito spesso sulla base della volontarietà e del buon senso per implementare le informazioni sanitarie dei registri tumori, senza specifiche tutele ad esempio rispetto alla complessa normativa sulla privacy. Oggi, anche da questo punto di vista, dotarsi di una Rete nazionale riconosciuta può consentire un salto di qualità importante.
E a proposito di diseguaglianze di salute, un altro aspetto fondamentale di questa norma è la previsione del referto epidemiologico di popolazione: uno strumento utile a rilevare informazioni sullo stato di salute della popolazione residente in una determinata zona, a identificare i determinanti di salute, altresì a individuare i fattori di carattere sociale, economico e ambientale che abbiano una rilevanza scientificamente definita nel determinare una maggiore incidenza delle diverse patologie oncologiche, o, ad esempio, una minore adesione ai sistemi di prevenzione secondaria.
Il referto epidemiologico si basa sull'esame di tutti i deceduti e dei nuovi malati diagnosticati in una specifica comunità, come può essere un gruppo di lavoratori o residenti in particolare aree in un ben definito periodo di tempo. Confrontando i dati osservati con i dati attesi potremmo sapere quale fenomeno è più frequente nel previsto. È uno strumento che riconosce come è fondamentale sostenere e monitorare gli studi epidemiologici attraverso uno studio integrato delle matrici ambientali e umane. I dati che emergeranno dovranno essere validati scientificamente secondo gli standard qualitativi previsti in sede internazionale. Uno strumento, referto epidemiologico, che, ancorché sia da specificare meglio nella sua reale attuazione, può consentire di individuare in tempo criticità di origine ambientale, lavorativa e socio sanitaria e di intervenire su di esse, insomma uno strumento che toglie alibi all'eventuale inazione sulle criticità, specialmente del decisore pubblico.
Un altro importante aspetto contenuto nella proposta di legge - è stato già sottolineato dalla collega Bellucci - è il coinvolgimento delle associazioni di promozione sociale che operano in ambito oncologico e sanitario, con le quali si prevede la possibilità di stipulare accordi. Si tratta di un riconoscimento né banale né retorico, e, se reso attuativo, in grado di fornire un surplus di conoscenze e di informazioni. Si riconosce infatti una competenza ulteriore, diversa e complementare, si riconosce una fase nuova nel rapporto fra associazionismo in ambito sanitario e programmazione sanitaria oltre la sola advocacy, oltre al tribunale dei diritti del malato - pur attività fondamentali -, perché qui vi è il riconoscimento di una conoscenza specifica e peculiare di un'esperienza utile ad una co-progettazione, in linea con quanto si è voluto determinare con il codice del Terzo settore; una co-progettazione possibile anche nell'ambito dell'epidemiologia oncologica, parimenti a come sta avvenendo più complessivamente in ambito sanitario, con un riconoscimento dell'associazionismo sanitario come uno dei determinanti possibili sulla strada della personalizzazione dei percorsi di cura e della loro efficacia.
Fondamentale, inoltre, è la prevista relazione annuale alle Camere per monitorare l'attuazione di questa legge, affinché l'obiettivo contenuto in questa norma non rimanga un auspicio ma diventi un obiettivo politico concreto e urgente, per questo monitorato nella sua implementazione, rendendo evidenti le responsabilità di una sua realizzazione o meno. Dopo tanto giubilo, infine, qualche preoccupazione, che è comune a quelle che sono state sollevate dai miei colleghi, che è necessario esplicitare in termini preventivi affinché, ove possibile, si intervenga in sede di attuazione, a garanzia dell'efficacia reale di ciò che stiamo per votare. Le risorse. Questo disegno di legge contiene la formula che accelera e semplifica ogni iter legislativo, laddove indica che tutti gli ottimi intendimenti della legge siano sottoposti ad una clausola di invarianza finanziaria, cosicché le amministrazioni interessate provvedano all'attuazione della presente legge nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Certo è un fatto che può apparire dovuto e finanche scontato, certo un fatto che si inserisce nella ben più ampia riflessione sulla spesa sanitaria italiana, sul suo essere fra le più basse d'Europa, sul rischio concreto di un definanziamento del Sistema sanitario nazionale, con tutte le conseguenze del caso, ma anche, nel caso di specie, è davvero difficile immaginare un'efficace implementazione della rete dei registri dei tumori a isorisorse. Servono professionalità specifiche e diverse nell'ambito dell'epidemiologia oncologica, serve un investimento straordinario sulle risorse tecnologiche e sulla loro capacità di dialogo e interscambio di informazioni, serve sostenere un processo di realizzazione dei registri dei tumori laddove non vi siano, e, come detto, stiamo parlando di oltre il 30 per cento del Paese. Bisogna sostenere le professionalità - è stato sottolineato da qualcuno - in un'epoca di blocco di turnover, di mancati rinnovi contrattuali, di effetti della cosiddetta “quota 100” sul personale sanitario e della crescente preoccupazione espressa dai professionisti in questo senso.
Segnalo alla collega Bellucci che il mancato rinnovo contrattuale del personale medico, essendo che riguarda gli ultimi 9 anni, attiene alla responsabilità pressoché di tutti, ma segnalo altresì che noi, nel periodo in cui abbiamo avuto l'onore della responsabilità di Governo, abbiamo rinnovato quantomeno il contratto del comparto. E mi auguro, auspico, che l'impegno condiviso che ha portato a formulare in maniera unanime, non solo senza opposizione ma con la convergenza di tutte le forze politiche, questa proposta di legge, si rinnovi anche in sede di sessione di bilancio, per garantire le risorse necessarie a implementare il registro dei tumori.
Ulteriori preoccupazioni vi sono sull'ultimo articolo e prima, sul comma che rimanda le modalità di trattamento dei dati ad un regolamento sotto la responsabilità del Ministero della salute. Più precisamente, sono rimandi al suddetto regolamento l'individuazione e la disciplina dei dati che possono essere inseriti nella rete e le modalità relative al loro trattamento, i soggetti che possono avere accesso alla medesima rete, i dati che possono essere oggetto dell'accesso stesso e le misure per la custodia e la sicurezza dei predetti dati. Insomma, come spesso avviene, è da questo regolamento attuativo, dalla definizione in esso del rapporto di interscambio fra regioni e Ministero, ad esempio, dagli spazi di autonomia riservati agli uni e agli altri, che deriverà o meno l'attuazione concreta della rete nazionale dei registri tumori e la sua efficacia. Bene che vi sia una data: 12 mesi; speriamo non diventi un oggetto di un futuro “decreto milleproroghe”. Qui vi è però il nodo fondamentale, anche in riferimento agli obblighi, pur giusti, posti in capo alle regioni, nell'articolo 8. Ritengo infatti che un'attuazione vera degli obiettivi di questa legge sia possibile solo se riusciremo a realizzare una reale cooperazione fra i sistemi regionali e il Ministero. Diventano allora fondamentali i provvedimenti che il Ministero adotterà, il metodo attraverso cui li realizzerà, coinvolgendo le regioni affinché esse siano pienamente protagoniste del salto di qualità. Penso che, laddove fatta l'intesa vi sia un'inazione da parte delle regioni, sia finanche giusto il potere sostitutivo dello Stato, ma è fondamentale lavorare sulla cooperazione fra i diversi ambiti di responsabilità coinvolti in questo processo, è necessario fare delle intese, l'esito di questa cooperazione è efficace, non lo strumento difensivo con cui eventualmente scaricare responsabilità sull'altro attore istituzionale.
Questo se vogliamo davvero, realmente, raggiungere gli obiettivi, diversamente rimarranno parole sulla carta. Al netto di queste sottolineature preoccupate rispetto a questi elementi, vi è soddisfazione per il lavoro che ci ha portato a questo testo e alla volontà unanime di approvarlo quanto prima possibile, vi è la felice verifica di un comune intendimento delle forze parlamentari intorno ad un obiettivo di salute così importante come la lotta ai tumori, vi è l'apprezzamento per una collaborazione istituzionale, purtroppo piuttosto inedita per quest'Aula nel corso di questa legislatura. Vi è, sopra ogni altra considerazione, la consapevolezza di dotare il sistema di prevenzione oncologica di uno strumento utile e necessario.