Grazie, Presidente. A me pare che il provvedimento concretezza delle azioni della pubblica amministrazione altro non sia che l'ennesimo tassello di questa retorica comunicativa in cui si sostanzia questa esperienza di Governo. Mi pare sia questo.
C'è stata la povertà e, quindi, l'abolizione della povertà, c'è stata l'operazione dignità e, quindi, l'entrata in vigore della dignità per decreto, c'è stata poi la sicurezza e adesso la concretezza. Quindi, un tentativo quasi di sostituire la realtà con delle suggestioni, sollecitando fra l'altro - e questa la cosa che mi preoccupa maggiormente -, la percezione dei cittadini spesso in senso negativo, perché poi, quando si parla di lotta all'assenteismo, si fa intendere che fra quei 3 milioni di lavoratori della pubblica amministrazione l'assenteismo sia un'epidemia talmente diffusa che serve il Grande Fratello per controllare tutti e quindi prevenirla, quando poi, nell'ultimo anno - lo dicono i dati ufficiali - i licenziamenti disciplinari per questioni appunto legate all'assenteismo e alla falsa attestazione della presenza nel posto di lavoro sono stati appena 89, che sono comunque tanti, però 89, di fronte a 3 milioni di dipendenti pubblici, sono numeri che dicono che l'assenteismo va combattuto, la falsa attestazione della presenza nel posto di lavoro va combattuta, ma differentemente, con altre misure.
“Concretezza” è un termine che di fronte a un cittadino - non parliamo di noi addetti ai lavori - che prova a vedere questo termine come qualificazione di un provvedimento potrebbe indurre a pensare che si tratta di una rivoluzione: la sburocratizzazione dei processi, la semplificazione, un miglior accesso dei cittadini alla pubblica amministrazione - perché poi ha ragione il collega Epifani: dei cittadini in questo provvedimento non si parla mai, quando oggi, invece, la misura migliore dell'efficienza dell'amministrazione è proprio verificare quale sia l'accessibilità dei cittadini rispetto alla pubblica amministrazione -, ma a me pare che questo disegno di legge altro non sia che l'ennesima impronta sulla storia della pubblica amministrazione italiana, non una riforma; un'impronta per dire: ci abbiamo provato a fare una grande rivoluzione. Un'impronta che rifugge dall'approfondimento della complessità e dalle differenze che ci sono nel nostro Paese, perché la pubblica amministrazione italiana è legata molto anche alla geografia del nostro Paese. La retorica della propaganda anche qui ha preso piede, e probabilmente, attraverso questa, state rinunciando a un'opportunità, l'opportunità di raggiungere un obiettivo di innegabile importanza, che è quello di provare a risolvere le principali fragilità della pubblica amministrazione italiana - che storicamente si annidano nelle varie articolazioni - per provare a rilanciare, perché la pubblica amministrazione è anche quella leva che può aiutare il Paese ad essere maggiormente competitivo, che può aiutare, attraverso un'effettiva, maggiore efficienza, a produrre equità e a cancellare gli squilibri territoriali, che ancora sono tanti nel nostro Paese. Io credo che se si fosse voluto fare questo, si sarebbe potuto agire sulle fragilità di quello che si è fatto negli anni precedenti, sulla riforma Madia e sulle altre riforme, metterle a sistema, migliorarle, valorizzarle, e non inventarsi cose nuove, doppioni, come, per esempio, il nucleo della concretezza, che secondo me è inutile rispetto all'articolazione e a tutti gli altri soggetti e alle altre professionalità che già sono presenti nel Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio.
Altra cosa che mi preoccupa è l'approccio centralista di questa riforma, perché questo è il tema: in maniera neanche troppo celata si reintroducono i controlli sulla pubblica amministrazione, che ovviamente vanno a confliggere con quella che è l'autonomia di cui all'articolo 5. Ripeto: altra cosa è introdurre una riforma con un approccio lineare, che quindi si applica a tutti nello stesso modo. Immagino, per conoscenza diretta, cosa succederà quando il nucleo della concretezza entrerà nei nostri piccoli comuni. Vi ricordo che in Italia, fra gli 8 mila comuni, il 70 per cento sono quelli che hanno una popolazione pari o inferiore a 5 mila abitanti. Cosa succederà in queste strutture, dove non è tanto la quantità dei dipendenti che manca ma spesso la qualità e la diversificazione delle competenze? Quindi immagino quale possa essere l'approccio rispetto a questa questione. Io mi sarei aspettata, per esempio, in un provvedimento sulla concretezza, di vedere raccontata questa differenza della pubblica amministrazione nelle sue varie articolazioni territoriali. Mi sarei aspettata che da qualche parte, in qualche modo, ci fosse stato un riferimento ai problemi di connettività che ci sono in molte articolazioni della pubblica amministrazione, perché spesso la mancanza di efficienza è legata al fatto che, per esempio, ancora il piano della rete, il piano della banda ultra larga non è arrivato in determinati territori.
La sensazione, ripeto, è questa, cioè che, rispetto a un obiettivo meritorio e condiviso da tutti, ancora una volta ci sia una carenza di mezzi, e che la retorica della propaganda anche stavolta abbia preso assolutamente piede. Rispetto alla questione del ricambio generazionale, altro tema che c'è, perché la pubblica amministrazione italiana oggi, rispetto alla questione efficienza, ha sicuramente una carenza di figure giovani, fresche, rispetto a questo, noi abbiamo fatto delle proposte in Commissione, per provare a valorizzare le figure che già ci sono, per esempio con la stabilizzazione dei contratti a tempo determinato per coloro che hanno lavorato per più di tre anni, anche non continuativamente, per arrivare e prorogare le stabilizzazioni, ma su questo abbiamo avuto una totale chiusura. Non solo. Si vogliono aiutare gli enti locali a migliorare l'efficienza amministrativa? Si lavori, per esempio, sulla cancellazione di uno dei criteri che in questi anni non ha consentito la rigenerazione del personale, che è quello della spesa storica del personale come vincolo per le assunzioni. Infine, relativamente al tema che secondo me è un po' la ciliegina di questo provvedimento, cioè le misure contro l'assenteismo e la falsa attestazione delle presenze al lavoro, è chiaro il vostro approccio punitivo, che avete tentato di negare nei vari interventi, ma l'approccio punitivo che voi state utilizzando rispetto alla giusta e alla sacrosanta lotta contro gli assenteisti è chiaro ed evidente, e tende ad alimentare - attenzione, anche qui come è stato fatto prima con i politici e con altre categorie di rappresentanti istituzionali e di soggetti che esercitano funzioni pubbliche - la cosiddetta macchina del fango, per dipingere il dipendente pubblico come il nuovo nemico da perseguire, quindi i dipendenti pubblici tutti furbetti, inutili, fannulloni e raccomandati.
Io credo che tutto questo non aiuti nel percorso e soprattutto nel raggiungimento dell'obiettivo che voi vi siete posti, quello di una maggiore efficienza dell'attività amministrativa. Credo, anzi, che alimentare la diffidenza dei cittadini nei confronti dei dipendenti pubblici non aiuti questo percorso, perché è proprio attraverso una maggiore autorevolezza, competenza, e anche il senso dell'etica dei dipendenti pubblici che noi possiamo migliorare la pubblica amministrazione. Queste cose vengono migliorate solamente se lo Stato investe su queste figure, non se agisce in senso punitivo. Ancora, ritengo che ci siano due princìpi che si sarebbero dovuti sviluppare in questo provvedimento: il principio che i cittadini cui sono affidate le funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore e che la legge è uguale per tutti, ma io credo veramente che questo Governo non possa portare a compimento questi princìpi, considerato che qualche mese fa avete consentito, attraverso un voto parlamentare, che un Ministro della Repubblica, quindi un eminente rappresentante pubblico e che esercita funzioni pubbliche, si sottraesse al giudizio di un tribunale. Quindi dico che è davvero difficile parlare di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione a seguito di questo.