La Camera,
premesso che:
il diritto alla mensa in ambito scolastico, seppur non direttamente citato dal diritto internazionale e, in particolare, dalla Convenzione dell'Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, è da considerarsi strettamente connesso al diritto alla salute e all'accesso all'istruzione;
la mensa è un momento educativo, in cui attraverso il cibo si trasmettono importanti valori tra cui l'integrazione, la socializzazione, la prevenzione e l'educazione alimentare. È il momento in cui tutti i bambini devono insieme, nessuno escluso, poter accedere ad un pasto sano, caldo e di qualità;
il momento del pasto fa parte, infatti, del progetto educativo e – indipendentemente dalle risorse della famiglia – deve essere garantito a tutti i bambini;
è durante il «tempo mensa» che le scuole devono prestare particolare attenzione per favorire: 1) l'educazione alimentare, con riferimenti all'igiene e alla salute; 2) l'educazione relazionale, con il riconoscimento dei ruoli e delle diversità; 3) l'educazione comportamentale, attraverso la condivisione e il rispetto delle regole. In tal senso, i servizi di ristorazione scolastica, contribuendo a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla salute, all'assistenza e all'istruzione, dovrebbero essere considerati servizi pubblici essenziali;
l'attuale normativa, che qualifica la mensa come un servizio pubblico a domanda individuale, utilizzato a richiesta dell'utente, porta ogni amministrazione comunale a decidere se e come organizzare il servizio con piena discrezionalità gestionale e compatibilmente con le proprie esigenze di bilancio; cosa che spesso comporta l'attivazione di politiche restrittive che poco hanno a che vedere con le finalità educative dell'offrire una mensa a tutti i bambini e che, sempre più spesso, fanno ricadere sulle loro spalle le difficoltà economiche;
di contro, la mensa dovrebbe essere riconosciuta come un servizio pubblico essenziale, garantendo così la possibilità a ogni alunno, in qualsiasi comune abiti e qualsiasi sia la condizione economica della famiglia di provenienza, di accedervi con le stesse possibilità;
con la raccomandazione 2013/112/VE «Investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale» del 20 febbraio 2013 la Commissione europea sollecita gli Stati membri a mettere al centro dell'agenda politica il tema dell'infanzia e degli investimenti per combattere la povertà dei bambini, al fine di garantire a tutti di crescere uguali, nonché a utilizzare gli strumenti esistenti in favore dei minori svantaggiati, come il Fondo di aiuti europei agli indigenti, istituito nel 2012, il Programma di distribuzione di frutta e latte nelle scuole, attivo dal 2009, il Fondo sociale europeo e il Fondo europeo di sviluppo regionale;
la mensa non è un luogo dove ognuno si limita a mangiare ma, al contrario rappresenta un momento in cui si trasmettono importanti valori tra cui l'integrazione, la socializzazione, la prevenzione. Per tali motivi il suddetto piano prevede tra le azioni per il contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie, nell'obiettivo specifico di rafforzare l'influenza del sistema educativo per il contrasto del disagio sociale, un'azione esclusivamente dedicata all'accesso alla mensa scolastica;
nel corso della scorsa legislatura, i Governi precedenti hanno più volte riconosciuto l'importanza della mensa e la necessità di mettere in campo forme di monitoraggio per verificare sistematicamente se siano garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale i diritti civili e sociali ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione con riferimento ai minori e, in particolare, per accertare come gli enti locali garantiscano un servizio refezione;
il 19 novembre 2013, in occasione della Giornata internazionale dell'infanzia e dell'adolescenza, la Camera dei deputati approvava mozioni di diversi Gruppi contro la povertà minorile. Con quella del Partito Democratico, in particolare, si impegnava il Governo pro tempore a diverse azioni tra le quali l'impegno ad assumere iniziative volte ad evitare che finanziamenti e obiettivi concordati con le regioni e con gli enti locali venissero disattesi, al fine di garantire i diritti di cittadinanza come, ad esempio, il diritto all'istruzione, alla fruizione delle mense e al trasporto scolastico;
tale orientamento viene in seguito riportato nel IV Piano nazionale infanzia del 2016, per il quale l'alimentazione a scuola è riconosciuta come «fattore cruciale per l'apprendimento, lo sviluppo fisico e la socialità» e diviene ancor più indispensabile per i bambini a rischio di esclusione sociale;
si verificano – sempre più spesso – casi di esclusione dal servizio mensa dei bambini che provengono da famiglie in condizioni economiche difficili che non riescono a sostenere il costo delle rette;
anche in caso di morosità della famiglia, il minore non dovrebbe essere escluso da un momento fondamentale per la sua educazione e la sua salute;
l'esclusione dal servizio è per i presentatori del presente atto di indirizzo una sconfitta educativa importante;
in Italia oltre 1 milione e 200 mila bambini e ragazzi vivono in povertà assoluta e il doppio in condizioni di povertà relativa. In un contesto simile il servizio di mensa scolastica dovrebbe garantire a tutti i minori almeno un pasto proteico al giorno, aiutando le tante famiglie in difficoltà;
Save the Children, per il quarto anno consecutivo denuncia, attraverso il rapporto «(Non) Tutti a Mensa», le disparità di accesso al servizio mensa nelle scuole primarie e la mancanza di equità;
nel rapporto, l'Organizzazione ha analizzato le prassi per le scuole primarie relative alla mensa scolastica in Italia, prendendo in esame 45 comuni capoluogo di provincia con più di 100 mila abitanti valutando l'accesso, le tariffe, agevolazioni ed esenzioni, il trattamento delle famiglie morose e l'eventuale esclusione dei bambini dal servizio. In Italia la refezione scolastica non è riconosciuta come un servizio pubblico essenziale. Perciò, l'erogazione della mensa non si presenta omogenea ed uniforme: a fronte di 13 comuni che offrono il servizio a più del 95 per cento degli alunni (tra questi Milano, Prato, Bologna, Cagliari, Forlì, Monza e Bolzano alla totalità o quasi degli alunni), altri 15 garantiscono l'accesso alla mensa a meno del 40 per cento degli alunni frequentanti le scuole primarie. Ma purtroppo all'interno del panorama esistono anche quei comuni che offrono il servizio mensa a meno del 10 per cento degli alunni, come Siracusa (0,88 per cento), Palermo (2,60 per cento), Catania (6 per cento), Foggia (8 per cento) e Taranto (11 per cento);
quanto alle tariffe, sono 33 i comuni che prevedono l'esenzione totale legata a qualche tipo di svantaggio sociale, di questi 9 solo su segnalazione e valutazione dei servizi sociali; 5 la prevedono per composizione familiare (in base al numero dei figli). Solo 19 comuni sui 45 esaminati riconoscono un'esenzione alle famiglie in situazione di povertà, sotto una certa soglia Isee. Il comune di Salerno e quello di Vicenza addirittura non prevedono alcun tipo di esenzione. Tutti i comuni presi in esame applicano agevolazioni su base economica, ponendo ognuno una soglia Isee differente; 37 di loro modulano le tariffe a seconda della composizione familiare; 28 comuni sulla base di disagi sociali, perdita del lavoro o segnalazione dei servizi. Tra questi i comuni di Bergamo, Bologna, Padova e Palermo riducono la tariffa per i nuclei familiari con disabilità;
nei comuni presi in esame, le tariffe massime variano dai 2,5 euro (Perugia) ai 7,2 euro (Ravenna), le tariffe minime passano da 0,30 euro (Palermo) ad un massimo di 6 euro (Rimini). Il risultato di queste differenze è che una famiglia con un figlio in disagio economico (Isee 5.000 euro), sarebbe esentata dal pagamento solo in 10 comuni, mentre tra i restanti commi le tariffe applicate variano da 0,35 euro a pasto di Salerno ai 6 euro di Rimini. In 26 comuni, tra cui quest'ultimo, si garantisce però l'esenzione, e dunque tariffa 0 euro, per le famiglie in condizioni di necessità economiche se segnalate dai servizi sociali. Infine, anche la compartecipazione delle famiglie ai costi è disomogenea: varia da un massimo nei comuni di Bergamo (95 per cento), Forlì (96,7 per cento) a un minimo dichiarato da Reggio Calabria (20 per cento), Cagliari (27,48 per cento), Bari (30 per cento), Napoli (30,75 per cento) e Perugia (35 per cento);
il quadro che emerge dal monitoraggio mostra una possibile correlazione tra dispersione scolastica, tempo pieno a scuola e presenza del servizio di ristorazione scolastica. Secondo gli ultimi dati diffusi dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sul numero di bambini che non usufruiscono del servizio mensa in Italia rimangono senza servizio percentuali altissime di alunni in Sicilia (80 per cento), Puglia (73 per cento), Molise (70 per cento), Campania (65 per cento) e Calabria (63 per cento). Il mancato accesso al servizio mensa, superiore al 50 per cento degli alunni in ben 9 regioni italiane, è allarmante: 1 bambino su 2 in queste regioni non ha la possibilità di usufruire del servizio mensa e dunque dell'opportunità che esso richiama in termini non solo nutrizionali, ma anche educativi. L'Italia, infatti, registra una media del 68 per cento delle classi senza tempo pieno, con percentuali superiori all'80 per cento nelle regioni del Sud come Sicilia (91 per cento) e Molise (94 per cento), Campania (85 per cento), Abruzzo e Puglia (84 per cento). Campania, Calabria, Puglia e Sicilia sono dunque ai primi posti per la maggiore percentuale di alunni che non usufruiscono del servizio mensa, del tempo pieno e sono le stesse regioni in cui la dispersione scolastica raggiunge i picchi più alti;
dal suddetto rapporto è emerso, dunque, che la difficoltà di accesso per le famiglie economicamente meno abbienti è aggravata molto spesso dalla mancata presenza di agevolazioni: 10 comuni su 45 non prevedono un'esenzione specifica garantita per tutti, per reddito, composizione familiare o motivi di carattere sociale. 8 di questi 11 comuni prevedono la possibilità di esenzione solo nei casi di disagio accertato, tramite la segnalazione da parte dei servizi sociali. Le riduzioni tariffarie, invece, sono previste in tutti i comuni, ma i criteri applicati sono disomogenei: 40 comuni su 45 applicano le riduzioni per disagio economico, ponendo ognuno una soglia Isee differente; 35 comuni modulano le tariffe a seconda della composizione familiare; 13 comuni sulla base di disagi sociali o segnalazione dei servizi, mentre 4 comuni riducono la tariffa per i nuclei familiari con disabilità;
una mensa accessibile a tutti, con un servizio di qualità e uno spazio adeguato, svolge un compito cruciale nella lotta alla povertà, oltre a garantire la possibilità di attivazione del tempo pieno, combattendo efficacemente la dispersione scolastica. Per questo, riconoscere il servizio di refezione scolastica come un servizio pubblico essenziale dovrebbe essere una priorità;
recenti dati diffusi dai rapporti di enti e associazioni lanciano l'allarme sul continuo divario crescente tra Settentrione e Mezzogiorno in termini di investimenti, carenza di servizi a supporto delle famiglie e lo scarso apporto degli enti locali per quanto riguarda mense, trasporti, sussidi didattici, asili nido;
l'articolo 1, commi 728 e 729, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, intende incrementare il tempo pieno nella scuola primaria prevedendo l'incremento di soli 2.000 posti aggiuntivi nella scuola primaria;
mediamente nelle classi non a tempo pieno della scuola primaria operano su ogni classe 1,5 docenti. Invece nelle classi a tempo pieno i docenti sono due. Quindi, per trasformare a tempo pieno tutte le 86.658 classi aperte oggi solo al mattino occorrerebbe aggiungere una mezza unità di personale a classe, circa 43.329 docenti;
appare, dunque, urgente l'assunzione di responsabilità da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero della salute, dall'Anci e delle regioni;
in Francia, nell'ambito del piano nazionale contro la povertà, ha preso il via la sperimentazione della mensa a un euro e delle «colazioni gratuite» nelle scuole. Si tratta di una misura che affronta alle radici la disuguaglianza e che prevede che i comuni committenti ricevano un aiuto di Stato di due euro a pasto, che addebiteranno agli utenti a 1 euro,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative – per quanto di competenza – in collaborazione con gli enti locali, volte a tutelare il diritto alla ristorazione di tutti gli alunni, affinché sia garantita l'equità, la salute dei bambini e il principio di solidarietà;
2) ad adottare iniziative per riconoscere il diritto al servizio di mensa scolastica come un livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e in attuazione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, che sancisce, in particolare, il diritto dei bambini a un'alimentazione sana e adeguata per garantire loro il miglior stato di salute possibile;
3) ad adottare iniziative per riconoscere i servizi di ristorazione scolastica, che costituiscono un momento sociale e di continuità didattica basato sulla condivisione, come parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche attraverso il piano dell'offerta formativa previsto dall'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 e, in particolare, dell'educazione alimentare di cui all'articolo 1, comma 7, lettera g), della legge 13 luglio 2015, n. 107, ormai nota come riforma della «Buona scuola»;
4) ad assumere iniziative volte – per quanto di competenza – a fornire pasti di elevata qualità nutrizionale, adeguati alle diverse esigenze nutrizionali, psicologiche e relazionali della comunità infantile, e a garantire, in deroga al regime di compartecipazione alla spesa di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 63, l'effettività del diritto universale all'accesso al servizio di mensa per tutti gli alunni delle scuole primarie statali che attivano il tempo pieno, istituendo presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un Fondo per garantire il servizio di ristorazione nella scuola primaria, alle famiglie incapienti;
5) ad assumere iniziative – per quanto di competenza – volte ad avviare un piano assunzionale di almeno 40 mila posti aggiuntivi, rispetto alle previsioni di cui l'articolo 1, commi 728 e 729 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge bilancio 2019), e ad estendere la disponibilità delle strutture e dei servizi, necessari all'ampliamento del tempo pieno.