Signor Presidente, colleghe e colleghi, il disegno di legge che stiamo esaminando è un provvedimento che è stato atteso per anni da quanti operano nelle attività di solidarietà e di cooperazione internazionale per lo sviluppo, perché la vecchia legge n. 49 per gli aiuti allo sviluppo, come citava la relatrice, risale infatti al 1987 e da tempo ormai manifesta la sua inadeguatezza.
C'era la necessità di una riforma che adeguasse strumenti ed opportunità, in coerenza con una visione alta della cooperazione italiana come parte essenziale di una politica estera finalizzata allo sviluppo sostenibile, alla promozione dei diritti umani, alla promozione della pace e che fosse all'altezza della sfida della partnership globale, che viene proposta dagli obiettivi del Millennio.
C'era, quindi, la necessità di una legge che mettesse anche alcuni punti fermi sulla coerenza delle politiche, da un lato, e sulla trasparenza delle modalità di funzionamento della cooperazione dall'altro, evitando quell'impressione – che talvolta c’è stata e non sempre ingiustificata – di un inquinamento delle attività di cooperazione da parte di interessi privati. Una legge capace di favorire l'ampliamento della partecipazione, di garantire un più efficace coordinamento tra l'intervento statale, i partenariati territoriali e le diverse forme di impegno della società civile, assicurando al tempo stesso un autorevole riferimento politico all'interno del Governo.
Vorrei far notare che nel 1987, l'anno a cui risale la legge n. 49, il termine stesso di globalizzazione non era ancora entrato nel nostro linguaggio comune e non si parlava ancora di globalizzazione. Dal 1987 ad oggi è cambiato il mondo e nel mondo globalizzato sono cambiati i contenuti e gli stessi attori della cooperazione, che oggi non è più prerogativa esclusiva dei tradizionali addetti ai lavori e delle tradizionali organizzazioni internazionali e ONG. Infatti una nuova consapevolezza dell'interdipendenza e della dimensione globale dei problemi si è diffusa in questi anni e ha trovato terreno fertile – va detto – in quella radicata tradizione solidaristica, di cui è così ricca la società italiana, e nell'azione di associazioni, sindacati, enti locali, tanti gruppi di cittadini che si sono spesi nelle attività di solidarietà internazionale.
Forse tutti noi cominciamo a capire che non saremo capaci di costruire nemmeno un futuro migliore per noi, per il nostro Paese, se non sapremo affermare la pace, la giustizia, i diritti umani, se non sapremo far crescere nuove capacità civiche in tutto il pianeta. Anche la solidarietà e la cooperazione internazionale – è questo che voglio dire – sono parte dell'impegno per un'Italia migliore e del cambiamento di cui ha bisogno il nostro Paese.
Ma quest'idea della cooperazione è ben altro da quella dell'intervento caritatevole che spesso si è usato nel passato, basato su aiuti talvolta interessati.
È un'idea della cooperazione che si propone di produrre un cambiamento tanto nel nord, quanto nel sud del mondo, superando quella divisione tra Paesi ricchi e poveri e contribuendo a far crescere, nel nord e nel sud del mondo, reti di società civile e democratica, impegnate per cambiare le politiche economiche, commerciali e militari, che spesso sono causa degli attuali squilibri.
Una cooperazione, quindi, che si propone di praticare relazioni paritarie tra le comunità, relazioni orientate alla conoscenza ed al reciproco sostegno, alla ricerca di soluzioni comuni a problemi comuni, all'accrescimento civile e culturale delle comunità locali, al rafforzamento della partecipazione democratica, perché – questa è la convinzione – non solo i Governi, non solo gli Stati, ma anche le società possono avere la forza di orientare i grandi cambiamenti epocali che stiamo vivendo.
Le attività di cooperazione internazionale sono per la società italiana, per le nostre città e per le nostre comunità, una grande opportunità per entrare in contatto col mondo, per abbattere il muro dell'ignoranza e della diffidenza, per allargare il nostro punto di vista, alzarlo oltre l'ombelico che spesso ci guardiamo, per favorire il dialogo tra culture e religioni diverse anche nel nostro Paese. E le esperienze di volontariato internazionale legate alla cooperazione ed allo sviluppo – le esperienze di questi anni ce lo provano – contribuiscono ad educare le nuove generazioni alla conoscenza del mondo ed alla consapevolezza della cittadinanza globale.
Quindi il modello a cui guardiamo è quello di una cooperazione che si pone l'obiettivo di promuovere il lavoro dignitoso, di promuovere reti di economia civile, di promuovere il commercio equo, la finanza etica, di lavorare per l'obbiettivo della sovranità alimentare, della difesa della biodiversità, della diffusione dell'energia sostenibile, dell'uso sostenibile dell'energia. Una cooperazione che si deve legare alle politiche di accoglienza, valorizzando il ruolo dei migranti come attori dello sviluppo nei propri Paesi di origine. Una cooperazione che assuma la giustizia globale come condizione indispensabile dello sviluppo, a partire dalla cancellazione del debito illegittimamente imposto al sud del mondo. Una cooperazione che sappia cogliere il nesso tra pace e giustizia, nella consapevolezza che non ci può essere vera pace e duratura pace, finché non saranno garantiti i diritti umani per tutti nel pianeta.
Sono obiettivi ambiziosi, non c’è dubbio, che, io penso, la nostra cooperazione saprà perseguire solo se sarà incardinata in una politica estera attiva nella promozione della pace e dei diritti umani nel mondo ed in una politica estera del nostro Paese protagonista nel contesto europeo e protagonista soprattutto con una forte attenzione alla dimensione euromediterranea, di cui rappresentiamo il presidio per l'intera Europa.
E devo dire che la nuova denominazione, che viene introdotta nel testo di legge, di «Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale» rappresenta molto bene questa scelta di piena responsabilità politica del Governo sulla cooperazione e trova un'attuazione coerente nel testo di legge e nella previsione dell'individuazione di un Viceministro con una delega specifica alla cooperazione ed allo sviluppo, nella previsione di un comitato interministeriale, a cui verrà assegnato il compito di coordinare, di programmare e di pianificare gli interventi.
Quindi queste sono tutte innovazioni forti, che vanno, io penso, nella direzione positiva, che ci sono nella legge.
Non va bene invece, io penso, che all'articolo 4 – e poi di seguito più volte viene ripreso nel testo – si parli ancora di aiuto pubblico allo sviluppo, anziché definire questa attività, molto più semplicemente e molto più coerentemente, come cooperazione per lo sviluppo.
Io penso che questo dobbiamo modificarlo ed avanzeremo una proposta in questo senso, qui in aula.Infatti, la cooperazione non è solo offrire solidarietà e aiuto a chi soffre. È anche questo, ma è soprattutto operare per rimuovere le cause di quella sofferenza, cioè aiutare chi la subisce ad essere protagonista del proprio riscatto. Del resto, questo è l'approccio culturale che con molta coerenza io vedo nel testo della legge e negli obiettivi elencati dall'articolo 1 della legge dove si parla di pace, giustizia, relazioni solidali e paritarie, interdipendenza e partenariato e si cita, fra gli obiettivi prioritari che la cooperazione deve perseguire, la lotta alla povertà, lo sviluppo sostenibile, l'uguaglianza e la democrazia, la prevenzione dei conflitti e il sostegno ai processi di pacificazione. Quindi, in quella direzione andiamo, abbiamo già superato la vecchia impostazione.
La legge contiene innovazioni importanti anche in riferimento ai soggetti che coinvolge con il riconoscimento, fra gli attori della cooperazione, delle tante e diverse organizzazioni della società civile che vengono elencate in maniera puntuale e dettagliata all'articolo 25, comprese anche – e questa è una novità significativa –, oltre alle ONLUS, alle associazioni di volontariato e di promozione sociale e agli enti locali, le associazioni dei migranti che curano e mantengono rapporti di cooperazione con i Paesi d'origine. Penso che questa sia una novità importante. È pure importante che il contributo di queste organizzazioni alla definizione delle scelte sia assicurato da un apposito organismo che viene istituito, il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo. Buona anche è, come io credo, la scelta di una profonda riorganizzazione del sistema che va ad affidare l'attuazione delle politiche di cooperazione ad un'apposita agenzia. Questa è una scelta che, come io credo, potrà garantire maggiore efficienza di gestione, tempi più rapidi per l'avvio degli interventi, unitarietà complessiva degli interventi e delle iniziative e massima trasparenza.
È positivo che si faccia riferimento nella legge a una programmazione triennale degli interventi, ad un compito di revisione e di controllo delle Commissioni parlamentari rispetto al documento di programmazione triennale. Penso che ci sia ancora molto da fare per attuare tutto quanto prevediamo con questa nuova normativa, per andare a convogliare – e questo ancora non l'abbiamo definito – in un fondo unico le risorse destinate alla cooperazione e soprattutto per andare a incrementarle, portandole gradualmente ai livelli previsti dagli impegni internazionali sottoscritti dal nostro Paese.
Infine – e concludo, Presidente – una nota di metodo: c'era una grande aspettativa su questa legge e c’è da sempre, chi lo segue lo sa, un dibattito vivace tra gli addetti ai lavori su questo tema. Credo che siamo tutti memori dell'insuccesso dei tentativi precedenti di riforma nelle legislature passate che si sono arenati anche per le divisioni parlamentari, ma pure per la frammentazione della società civile. Stavolta, devo dire che i diversi soggetti coinvolti hanno cercato una sintesi unitaria, fuori dal Parlamento intendo dire, e anche le forze politiche all'interno del Parlamento. Io voglio ribadire il ruolo utile che ha svolto l'intergruppo parlamentare per la cooperazione internazionale nel dialogo tra forze diverse, fra le forze di maggioranza e di opposizione, con il MoVimento 5 Stelle, con SEL. Tutto questo ha facilitato il confronto e la ricerca di convergenze e penso abbia consentito di produrre una buona legge che delinea, nella funzionalità del modello gestionale proposto, nella coerenza degli indirizzi politici, una cooperazione che sarà, come io penso, all'altezza delle grandi sfide globali che attendono il nostro Paese.