Relatore di minoranza
Signora Presidente, vorrei intervenire sulla base innanzitutto di un resoconto di ciò che è accaduto nel corso dell'esame di questo provvedimento, che la Camera vede scarno (la relatrice di maggioranza ha detto “circoscritto”, penso che abbia usato anche un termine di tipo chirurgico) e che ha a che vedere con invece uno degli aspetti fondamentali, cioè il ruolo, la funzione e quindi la consistenza dei parlamentari all'interno del nostro sistema parlamentare.
La prima osservazione da relatore di minoranza che mi sento di fare, è che noi - non è purtroppo la prima volta che ciò è accaduto - siamo stati addirittura costretti ad abbandonare ad un certo punto i lavori della Commissione. Ricevendo poi ragione da parte della Presidenza della Camera di questo nostro atteggiamento: perché persino su una banale procedura, come quella di consentire che si potesse votare a seguito dell'espressione del parere sulle riformulazioni e le considerazioni che erano state fatte sulle inammissibilità di determinati emendamenti, si era deciso di procedere alla decadenza, in nostra assenza, di tutti gli emendamenti dell'opposizione, senza neanche consentire che vi fosse quel minimo di garbo istituzionale che dovrebbe caratterizzare una discussione come quella sulle riforme costituzionali. La quale prevede - lo voglio ricordare - quattro passaggi, proprio perché i costituenti nell'articolo 138 avevano sancito che ci fosse bisogno di una pausa e di una riflessione che consentisse al Parlamento di esprimere la più ampia convergenza sui temi trattati.
Ovviamente questa invece è una proposta che ha il sapore di un saldo di fine stagione. Non so se, come auspico, della fine della stagione di questa maggioranza, ma certamente della fine della stagione della democrazia rappresentativa intesa per come l'abbiamo conosciuta e per come l'hanno scritta i nostri Padri costituenti e Madri costituenti. Siamo di fronte, così come è stato espresso anche nella relazione tecnica che ha offerto la relatrice per la maggioranza, ad un'operazione di contabilità, che è tutta in connessione con un racconto che si fa dell'istituzione parlamentare, che prima viene degradata a partner nell'esercizio della legislazione quando si introduce la riforma relativa al cosiddetto referendum d'iniziativa popolare; che viene oltraggiata, così come è stato ricordato dai colleghi precedentemente, quando un certo sottosegretario Fantinati si permette di entrare nella vita concreta di questa Aula parlamentare; e quando - per sancire quanto ho appena detto - il leader del MoVimento 5 Stelle, con il quale mi pare non ci sia nessuna possibilità di dialogo, né oggi né domani, dice che questa è una riforma “anti casta”. Ebbene, signori e signore, colleghi e colleghe, questa sarebbe una casta: non l'Aula della rappresentanza del popolo, ma una misura anti casta, perché viene iscritta all'interno di una procedura che taglia i costi, che non interviene su quella che è la funzione di un Parlamento, che ritiene affatto differenti e scollegati temi come quello dell'elettorato attivo e passivo.
Ora, io onestamente sono stupefatto, ma anche indignato per questo atteggiamento e rivolgo alla Presidenza un monito rispetto alla lettera che è stata inviata dal Presidente Fico al presidente della Commissione per giustificare ciò che era ingiustificabile, e cioè che potessero essere dichiarati inammissibili, non battuti, visto che i numeri c'erano, ma inammissibili determinati emendamenti che probabilmente avrebbero messo in difficoltà il MoVimento 5 Stelle, il partito dei 5 Stelle, di fronte ad un elettorato che si sarebbe chiesto: ma perché non abbassate il voto a 18 anni? Perché? Allora, per non discuterlo, lo dichiarano con un trucchetto - anche questo da fine saldi elettorali - come un atteggiamento inammissibile; e la lettera che è stata inviata con sprezzo del pericolo rispetto a quanto sarà contestato presso la Corte Costituzionale, affermando che è la maggioranza che definisce il perimetro, e non l'autonomia della Presidenza e delle sue funzioni, nel determinare quali siano gli elementi che possono essere considerati sostanzialmente integrabili. Perché la lettera del Presidente Fico afferma una cosa: afferma che siccome non si è voluto da parte della maggioranza abbinare determinate proposte di riforma costituzionale che avrebbero ampliato il perimetro della nostra trattazione, allora tutti quegli emendamenti sono dichiarati inammissibili.
Signora Presidente, lo dico anche al Ministro, che è spesso presente e che ha un in questo senso un garbo istituzionale che apprezzo: non si può!
Io capisco che la nostra era un'altra proposta, perché noi avevamo detto: riduciamo di più i parlamentari nella funzione che essi dovrebbero assolvere, cioè aboliamo il Senato e portiamo la Camera ad un numero pari o anche inferiore a 500, per esempio, in modo tale che si trasformi il meccanismo fiduciario, che non ci sia la navetta, che vi sia un progetto di riforma reale del funzionamento delle istituzioni parlamentari, ma questo viene considerato un elemento estraneo.
Ci può stare, anche se io ho dei dubbi che si possa considerare un numero, ciò che è stato deciso dai nostri padri costituenti, come un meccanismo. Io penso che quando si parla delle due Camere si stia parlando di un meccanismo legislativo che noi legittimamente vorremmo cambiare in un altro meccanismo legislativo, cioè quello del monocameralismo. Ma se su questo ci può essere una discussione, mi si spiega per quale motivo sull'elettorato passivo e attivo ci deve essere un'estinzione della ragione, un'abdicazione della logica, un'idea secondo la quale si dice che questo elemento è totalmente estraneo? Ovvero, chi ci vota è totalmente estraneo al numero, è totalmente estraneo alla sua composizione, alla formazione della platea elettorale, di chi si può candidare, di chi ci può votare! È totalmente estraneo!
Ripensateci, negli uffici di presidenza, a valutare l'inammissibilità degli emendamenti che noi riproporremo, perché non siate censurati da chi, nella sentenza n. 17 del 2019, ha stabilito, sulla base di un nostro ricorso, in merito a come sono stati trattati, cioè come una pezza da piedi, questa Camera e questo Parlamento, che l'esercizio dell'emendabilità è in capo a ogni singolo parlamentare. Se ne faccia una ragione un certo sottosegretario Fantinati, che nella sua intervista dice “io vorrei il mandato imperativo”. Ma “tu” chi, che l'articolo della Costituzione che salvaguarda la rappresentanza di ciascun parlamentare, del popolo italiano, non è stato scritto con la sufficienza di chi voleva fare operazioni contabili, ma è stato scritto per dire che qui dentro si rappresenta il popolo italiano e certamente non una propaganda elettorale di bassa lega.