Doc. XXII, n. 36-A ed abbinata
Presidente, colleghi, il Partito Democratico chiede l'istituzione immediata della Commissione d'inchiesta sulla morte e le cause della morte di Giulio Regeni, e per questo motivo non presenteremo emendamenti per non ritardare di un solo secondo l'istituzione di questa Commissione.
Giulio era un cittadino italiano, un cittadino italiano all'estero, ma soprattutto un ricercatore universitario che studiava all'università di Cambridge, come migliaia di ragazzi, dei nostri ragazzi che appunto avanzano i loro studi, avanzano le ricerche fuori dall'Italia. Rappresentava un'Italia migliore, di cui andare fieri. Aveva la mia età. Poteva comodamente rimanere nel suo college a Cambridge a scrivere la sua tesi, e invece ha deciso di andare sul campo, a studiare le cause, i perché, i motivi della primavera araba, un movimento che cercava appunto di introdurre la democrazia, la giustizia sociale, i diritti umani in una regione del mondo martoriata troppo spesso da regimi oppressivi e corrotti.
L'omicidio di Giulio è stato commesso in Egitto tra fine gennaio e febbraio del 2016, oltre tre anni fa. Giulio appunto era un dottorando: fu rapito il 25 gennaio 2016, nel giorno del quinto anniversario della rivoluzione del 2011 di piazza Tahrir, Tahrir Square. Il suo corpo venne ritrovato il 3 febbraio. Le condizioni del corpo mostrarono che era stato sottoposto a tortura, a un pestaggio pesantissimo: più di due dozzine di fratture ossee, fra cui sette costole, le due braccia, le due gambe, due scapole, decine di coltellate, decide di bruciature di sigaretta su tutto il corpo. I sospetti fanno presupporre un coinvolgimento degli apparati di sicurezza della Repubblica Araba d'Egitto, forse allertati dalle sue interazioni con i sindacati dei venditori ambulanti del Cairo in circostanze ancora tutte da verificare.
Noi chiediamo verità e giustizia per Giulio Regeni, per accertare i colpevoli della sua morte e con lui le centinaia di giornalisti dissidenti e oppositori che ogni giorno scompaiono nelle carceri di Al-Sisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Liberi e Uguali), incarcerati senza un processo, ad un ritmo ben superiore che all'epoca di Mubarak. Verità quindi anche per Giulio e per la società egiziana, la sua richiesta di democrazia e di sviluppo libero.
La vicenda legata al suo rapimento, alla sua tortura e alla sua morte ci tocca quindi da vicino, perché siamo tutti consapevoli del dolore che la perdita di un ragazzo così giovane può causare alla sua famiglia. Lo Stato deve fare tutto il possibile per identificare i responsabili e fare chiarezza: abbiamo una chiara responsabilità morale e politica di indagare, per chiarire esattamente che ruolo ha avuto la Repubblica Araba d'Egitto nella morte di un nostro connazionale.
Come ho sottolineato nella lettera ai genitori di Giulio lo scorso 27 aprile, senza una risposta concreta, vera e definitiva la dignità del nostro Paese e delle istituzioni che anche noi rappresentiamo risulterebbe gravemente mortificata: noi non possiamo accettarlo! La difficoltà nella ricerca della verità e della giustizia è sotto gli occhi di tutti: apprendiamo con sconcerto che il processo sul caso non risulta ancora aperto ufficialmente al Cairo, le autorità egiziane si sono dimostrate estremamente poco collaborative, mentre la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati lo scorso dicembre cinque funzionari degli apparati di sicurezza della Repubblica Araba d'Egitto. Diciamolo chiaramente, diciamolo in quest'Aula: la Repubblica Araba d'Egitto, diretta dal generale-faraone al-Sīsī, ci sta prendendo in giro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Ricordiamoci che all'inizio la polizia egiziana aveva avallato ipotesi improbabili, lo dicevano alcuni colleghi poc'anzi: dall'incidente d'auto al ritrovamento gratuito, casuale dei documenti di Giulio, per nascondere o giustificare quella che sembra essere sempre di più un'azione coordinata dei servizi segreti. È proprio alla luce di questo che crediamo che la Commissione d'inchiesta potrà essere il terzo pilastro fondamentale nelle attività di investigazione, insieme all'inchiesta della procura di Roma e alla via diplomatica bilaterale. La battaglia per la verità per Giulio Regeni non deve e non dovrà mai ridursi ad una vicenda privata dei legali della famiglia di Giulio: Paola e Claudio, non vi lasceremo soli.
La tutela dei diritti umani dev'essere un asse portante della nostra politica estera, nel solco del multilateralismo della Carta dei diritti umani dell'ONU che abbiamo abbracciato dal 1948. Giulia è stato rapito, torturato ed ucciso senza un processo, e ancora oggi la sua storia chiede giustizia: evitiamo quindi proclami retorici o strumentalizzazioni politiche.
Ma oltre alla difesa dei diritti umani, come Paese dobbiamo interessarci alle sorti dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo: proprio come faceva Giulio, che appunto è andato fino in Egitto a studiare un Paese che chiedeva democrazia, diritti e giustizia sociale. Non è per la ricerca della pace universale o per perseguire una politica estera etica, ma ne va del nostro interesse nazionale: in passato troppo spesso come europei, come Paesi europei siamo stati troppo clementi con regimi che professavano di combattere il terrorismo, di mantenere l'ordine, mentre invece attuavano abusi terribili verso i loro concittadini.
La stabilità che loro commettevano era fittizia, effimera, perché senza democrazia, ma senza democrazia, senza diritti e senza Stato di diritto non ci può essere pace duratura.
Abbiamo potuto osservare in questi anni esattamente i risultati dei regimi di Gheddafi in Libia, di Ben Ali in Tunisia, Mubarak in Egitto e di Assad in Siria, per questo dobbiamo sostenere la giovane democrazia in Tunisia anche con aiuti economici, osservare cosa accade in Algeria, agire in chiave multilaterale per riportare pace e stabilità in Libia sostenendo il Governo legittimo di al-Serraj, agire contro la violazione dei diritti umani nei campi e nei centri di detenzione in Libia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e, nel caso egiziano, esercitare la massima pressione politica e diplomatica per contenere una deriva autoritaria preoccupante, in un Paese dove di fatto non esiste libertà di espressione, non esiste libertà di manifestazione, dove scompaiono decine di persone ogni giorno, dove non esistono limiti alle operazioni delle forze di sicurezza, come dimostrato solo qualche giorno fa dall'estensione del mandato del generale al-Sisi fino al 2030, con un referendum indetto in una settimana e con l'88 per cento dei consensi: un risultato poco attendibile. Al-Sisi già si vede come Nasser, ma altro non è che una copia peggiore del Presidente Mubarak, e l'Occidente democratico non può stare a guardare.
Come Italia, invece, rimaniamo indifferenti, ci isoliamo, chiudiamo i porti, chiudiamo, non guardiamo, ma ne pagheremo care le conseguenze. Aprire i porti è un obbligo morale e legale che noi abbiamo verso chi scappa dalla guerra e dalla carestia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Liberi e Uguali). Capisco l'atteggiamento della Lega, anzi capisco la loro proposta culturale retrograda di isolamento che lederà i nostri interessi, e infatti oggi sono totalmente assenti in Aula, assenti durante tutti i lavori di oggi, non so cosa significhi appunto per il dopo elezioni. Ma chiedo invece a voi, del MoVimento 5 Stelle, che so essere i principali autori della richiesta dell'istituzione di questa Commissione d'inchiesta, quindi sensibili a queste tematiche, e che capite che è importante interagire nel nostro Mediterraneo: come potete stare a guardare davanti all'atteggiamento e al comportamento del vostro alleato? Eppure in recenti dichiarazioni il nostro Premier Conte si è detto impotente, lamentando l'assenza di strumenti reali e concreti per riportare giustizia per Giulio, che era impossibile intervenire perché non ci si può sostituire alla magistratura egiziana. Eppure ci sono molte leve su cui agire, partendo appunto dal ruolo dominante di ENI nell'estrazione del gas nel mare d'Egitto, lo diceva poc'anzi il sottosegretario Manlio Di Stefano, però non ho ben capito a cosa alludesse esattamente, forse può specificare perché ha nominato l'ENI: forse, essendo un ruolo strategico quello che gioca in quel Paese, potremmo esercitare una pressione un pochino più forte sull'Egitto. Mentre con una mano chiediamo verità all'Egitto, con l'altra gli vendiamo armi, acquistiamo sempre più beni: il nostro import dall'Egitto sta crescendo ogni anno di più. Le partecipate di Stato come Leonardo e Fincantieri partecipano alla Fiera internazionale degli armamenti de Il Cairo, convocata da al-Sisi, per poi vedere al-Serraj assediato appunto dai mercenari del generale Haftar, che sappiamo sostenuto dal suo amico compare generale al-Sisi. Dopo tre anni dalla morte di Giulio non possiamo fare sconti a Il Cairo, abbiamo bisogno di verità subito, collaborazione immediata. Vediamo un Governo immobile, che sta fermo, e forse troppi vorrebbero che la vicenda si insabbi, passi, venga dimenticata per tornare appunto al business as usual, come troppe volte in passato. Invece, con questa Commissione d'inchiesta l'Italia dice: no, no e no, non lasceremo nessuno indietro, non ci dimenticheremo di Giulio e, con lui, di tutte le vittime della violenza di Stato!
Quindi, l'istituzione della Commissione non è un gesto di testimonianza del Parlamento ma un'azione concreta per aiutarci a chiarire come proteggere i nostri ragazzi che studiano e lavorano all'estero, troppe volte vittime di terrorismo, di Stato, come nel caso Di Giulio, o religioso, come nel caso di Antonio Megalizzi, ucciso a Strasburgo nel 2018 mentre dava voce al suo impegno europeista; o di Valeria Solesin, volontaria di Emergency uccisa al Bataclan, a Parigi, nel 2015; o Fabrizia Di Lorenzo, studentessa modello vittima dell'attentato ai mercatini di Natale di Berlino nel 2016; mentre il nostro pensiero va a Silvia Romano, tuttora imprigionata in Kenya (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Liberi e Uguali), sperando che torni presto sana e salva a casa.
La libertà di ricerca e l'impegno civico non devono essere minati dal timore della violenza, lo dobbiamo alla loro memoria prima di tutto. La Commissione serve anche ad indagare su cosa è successo esattamente a Giulio, anche con riferimento alle istituzioni britanniche, a cominciare dall'Università di Cambridge, ateneo presso il quale stava conseguendo il dottorato. Infine, dobbiamo anche difendere l'onorabilità di Giulio, fugando ogni dubbio di una sua collaborazione con i servizi o con movimenti sovversivi. Giulio era solo animato dalla ricerca della verità, la verità di capire cosa stava accadendo in quel Paese, chi afferma il contrario ne infanga la memoria; nella ricostruzione della verità questo passaggio è di dovuta importanza.
Lo dobbiamo ai genitori di Giulio, ai ricercatori italiani che portano alto il nome dell'Italia in tutto il mondo, al nostro Paese e alle milioni di persone torturate, imprigionate e assassinate ingiustamente o senza processo. Chiediamo giustizia per Giulio Regeni.