Grazie, Presidente. Noi abbiamo chiesto, presentando per primi una mozione, che la Camera formulasse degli indirizzi al Governo sul tema delle periferie e delle politiche urbane e lo abbiamo chiesto perché oggi questa politica del Governo semplicemente non esiste. Questo Governo ha dimostrato sostanzialmente in questi mesi un totale disinteresse per le soluzioni pratiche, anche parziali, che possono invertire una china pericolosa che è in atto in molte periferie e in molte aree interne. Per certi aspetti, sorge anche il sospetto che si voglia alimentare, invece che risolvere, una condizione di disagio e di instabilità per trarne ciecamente un alimento; e non sono chiacchiere. Lo scorso lunedì, a Primavalle, un quartiere della prima periferia di Roma, un quartiere di rivolta, la polizia ha sgomberato un edificio occupato da 200 persone. Noi le occupazioni abusive non le difendiamo, riteniamo che esse vadano contrastate, quando non sono chiaramente collegate a situazioni di emergenza e di necessità, sia se riguardino il patrimonio pubblico, che quello privato. Ma questo è il caso dell'immobile occupato illegalmente a Roma da CasaPound o delle occupazioni non regolari, di circa il 14 per cento del patrimonio abitativo pubblico, di case popolari e comunali, di proprietà di aziende territoriali, ma non è il caso della vicenda di Primavalle. Lo Stato ha il dovere di tutelare il patrimonio pubblico e privato, ma, prima ancora, vi è la dignità delle persone, che non possono essere sbattute nelle strade, come è stato fatto dalla polizia, su indicazione del Ministro dell'Interno, senza alternative abitative e di ricovero.
Su questa questione bisogna intendersi: non può esistere una condotta che applica due pesi e due misure, forte con i deboli e debole con gli amici. Noi aspettiamo ancora che il Ministro dell'Interno dia seguito alle richieste di sgombero avanzate anche da Roma Capitale dell'immobile di proprietà del demanio, in via Napoleone III, dove c'è la sede degli uffici di CasaPound, dove non si paga un euro di affitto, dove non si paga un euro di corrente elettrica, in totale condizione di morosità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ma in questo caso per Salvini e per la Lega il richiamo alla legalità non vale, perché CasaPound è quell'organizzazione che sostiene i candidati leghisti alle elezioni, che pubblica, con la sua casa editrice, l'autobiografia del Ministro dell'Interno e soprattutto che organizza in tutti i quartieri, con la sua rete, finanziata non si sa come, in tutti i quartieri di periferia, manifestazioni e boicottaggi alle legittime assegnazioni di case popolari, quando esse sono a beneficio dei cittadini, magari immigrati regolari, che rispettano le leggi e che lavorano e pagano l'affitto, boicottaggi e manifestazioni che sono spesso provocate da persone collegate a CasaPound, che in quegli stessi stabili le case le occupano illegalmente, non pagano gli affitti, ma che da “italiani”, tra virgolette, pensano di avere più diritto di chi invece le leggi le rispetta a prescindere dal colore della pelle. Se questo è il concetto di legalità di questo Governo, noi non lo riconosciamo. L'emergenza abitativa è forse la principale emergenza sociale delle città e delle periferie. L'Italia, ormai, da molti anni è il fanalino di coda dell'Europa nella produzione dell'edilizia di iniziativa pubblica a carattere abitativo e i Governi di centrosinistra in questi ultimi anni hanno messo in campo misure diversificate per invertire questa tendenza, che riguardano il finanziamento di programmi per l'affitto, il sostegno per i mutui prima casa, lo sviluppo di programmi innovativi in partenariato pubblico e privato di housing sociale e alcune iniziative - basta girarle le città e le periferie e informarsi - erano e sono ricomprese in molti di quei progetti per il bando delle periferie, che questo Governo inizialmente ha cercato di fermare e poi è ripartito solo per le proteste dei comuni. Occorre una politica organica per la casa, che si appoggi su una continuità di risorse e di finanziamenti e che possa svilupparsi però anche attraverso politiche territoriali, che rendano più fluido e più semplice l'intervento sul patrimonio edilizio esistente, perché hai voglia a dire “demolire e ricostruire”, ma qui bisogna cambiare le norme con cui si fanno queste cose e costituire un demanio di aree e di immobili pubblici sui quali realizzare gli interventi per abbattere i costi. Una nuova politica abitativa però è una parte di una complessiva politica per le città e soprattutto per la dimensione pubblica delle città. È la città pubblica che ha guidato lo sviluppo urbano della civiltà italiana nel Novecento, ma poi è stata sostituita dal dominio della rendita e le nostre periferie sono nate così, dense, senza spazi pubblici, non connesse, generate da un abusivismo edilizio che è stato un'appropriazione di spazio in un Paese di poche risorse che ha sfruttato il suolo per industrializzare. Le poche leggi che hanno consentito di alleviare e contrastare questa tendenza sono state il frutto di lotte popolari degli anni Sessanta, degli anni Settanta, di alcune riforme degli anni Novanta, ma poi si è dovuto sempre fare i conti alla fine con il ritorno trionfante della rendita. Prendiamo il “Piano casa”: io ho ascoltato l'intervento del collega Rampelli, ma lui ha fatto parte di una coalizione che ha lanciato il “Piano casa”, che dieci anni fa doveva cancellare l'emergenza abitativa,
ma non ha prodotto un solo alloggio popolare , se non centinaia di speculazioni a vantaggio privato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
E' un fatto, per esempio, che oggi la trasformazione urbana certo che si indirizza verso la ricostruzione, la demolizione, il rinnovo edilizio, ma non possiamo parlare per questo di rigenerazione perché l'arrivo sempre più forte di nuovi soggetti immobiliari e finanziari sta producendo un effetto bastardo. Prevalentemente, si interviene sulle parti nobili della città, sui settori di mercato alto, dove è più agevole immergere i costi delle demolizioni, mentre resta escluso tutto quello che riguarda le parti deboli delle città, dove il mercato tira di meno, dove i redditi sono bassi o inesistenti e quindi impermeabili ai vantaggi degli incentivi fiscali, e dove il patrimonio edilizio è più vecchio, peggiore anche come prestazioni energetiche.
Su tutto questo non ci sono strumenti pubblici efficaci. Noi critichiamo l'assenza del Governo su tutto questo, la sua aleatorietà e l'uso prevalente della periferia come un'espressione ideologica e propagandistica, alla quale non segue nulla. In Europa esiste una coscienza della nuova questione urbana, fatta di abbandono del patrimonio pubblico, di degrado dello spazio pubblico, di abbassamento delle condizioni di vita dei ceti medi, di crescita demografica, di emergenza climatica, di dispersione delle risorse naturali, di dispersione e di dispendio energetico, e tendenze generali, che riguardano anche noi, dove però noi sommiamo gli antichi retaggi che stanno portando le nostre città, dall'essere state un esempio, un modello e un faro, ad essere i luoghi più difficili delle condizioni urbane nel nostro continente.
In Europa si investe, c'è coscienza di questo e le grandi nazioni si muovono da tempo con piani poliennali sulla strada indicata da Agenda urbana europea 2030, che indica chiare linee di indirizzo, indica linee di finanziamento e di lavoro e strategie per rinnovare le grandi città e le periferie. Su questo in Italia siamo drammaticamente indietro ed è grave che l'inversione di tendenza segnata dal bando delle periferie, dalla nascita di Casa Italia, che era stata costituita per la ricostituzione e la prevenzione del rischio nelle zone sismiche, e di altri strumenti, per esempio gli interventi sulla scuola, sul patrimonio scolastico, siano stati così sciaguratamente interrotti e accantonati da questo Governo, irresponsabilmente accantonati.
Noi nella nostra mozione avanziamo delle proposte concrete, non le ripeto perché sono scritte, però mi consenta solo un'ultima riflessione, signor Presidente. La mozione presentata dalla maggioranza è davvero imbarazzante. Dopo mesi di propaganda, di chiacchiere, di promesse, questa maggioranza - leggete la mozione, andatevela a leggere, perché poi le carte non si leggono mai - si presenta in Aula senza una proposta, con un copiato imbarazzante delle conclusioni della Commissione e rivendicando la necessità di sviluppare addirittura le linee del bando delle periferie. Beh, mi pare veramente un po' troppo.
Noi vorremmo che un giorno questa parola, periferia, possa essere, se non accantonata, possa diventare un retaggio. In quelle periferie - e ho concluso - di cui questo Governo e questa maggioranza si sono riempite la bocca, è sempre più difficile trovare queste forze politiche in una posizione propositiva, che non sia di propaganda. Noi, in quelle periferie, ci siamo, continueremo ad esserci, per aiutare e per costruire una possibilità diversa, per i ragazzi e le ragazze di Scampia, dello Zen, di Tor Bella Monaca, di Rozzano, di Sampierdarena e nei territori interni delle province italiane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché non si abbandonino all'ineluttabile narrazione di una periferia maledetta, ma perché vogliono affermare un'identità e far valere il loro talento e la loro dignità