Data: 
Lunedì, 22 Luglio, 2019
Nome: 
Patrizia Prestipino

A.C. 1913-A

Grazie, Presidente. In questo disegno di legge giunto all'esame della Camera si legge una serie di misure fatte e studiate per dare l'illusione di creare sicurezza. Io lo ribattezzerei “decreto per l'illusione di sicurezza bis”. Tutto parte dalla consueta trappola dell'etichettatura a cui ci avete ormai abituati; siamo passati dal decreto “dignità” al decreto “crescita”, al decreto “sicurezza” parte uno, passando anche per l'abolizione della povertà dal balcone. Insomma, ogni volta cercate di far sembrare un provvedimento come una misura straordinaria, vitale per il nostro Paese, cosa che poi puntualmente non è, dimenticandovi però che sotto l'etichetta devono esistere veri contenuti e, soprattutto, buoni risultati, di cui, oggi, non c'è l'ombra.

Ebbene, con questo decreto “sicurezza bis” andiamo a dover leggere, ancora, sotto l'etichetta accattivante del bravo imbonitore per scoprire così il secondo episodio di questa saga sul mito della sicurezza che il Ministro dell'interno Salvini torna a proporci, dopo che le vendite del primo decreto evidentemente non lo hanno soddisfatto e neanche hanno soddisfatto altri. Ma si sa che replicare un successo nelle vendite, specie se basato solo sulle apparenze e non su risultati concreti, è cosa difficile per tutti, figuriamoci poi per un Governo che cambia idea su tutto e ogni giorno, ma mi sa che, in particolare, stavolta, gli antagonisti del nostro Governo, le vittime predestinate, sono le ONG e il diritto internazionale che paiono ad oggi rovinare i suoi piani, guardiamo il caso di Carola Rackete.

All'articolo 1 di questo disegno di legge di conversione, che sarà oggetto del nostro voto decisamente contrario, vediamo un Ministro che strappa letteralmente con destrezza competenze da altri ministeri, accentrando nelle sue mani praticamente ogni intervento nelle acque territoriali italiane e andando a togliere libertà, in nome di una fantomatica maggiore sicurezza, fino ad oggi garantita brillantemente dalla nostra Guardia costiera che ha sempre fatto egregiamente, ma soprattutto umanamente, il suo mestiere. Voglio ricordare che la funzione preventiva di eventuali misure deve essere sempre bilanciata dagli interessi per i più deboli, tanto più se i loro diritti sono espressamente tutelati dalle regole del diritto internazionale.

Le campagne elettorali, guardate, si possono fare in tanti modi, ma mai sulla pelle di chi è più fragile e in spregio totale delle regole che derivano dall'appartenenza dell'Italia alla comunità internazionale. Questo lo sa bene anche chi, oggi, cerca di far apparire questo strumento di legge come lo strumento definitivo per risolvere i mali del mondo. Infatti, se leggiamo sempre sotto l'etichetta che prima abbiamo ricordato vediamo che neppure Salvini si è potuto sottrarre agli obblighi che il nostro Paese ha nei confronti di ogni essere umano e all'articolo 1 vediamo che i super poteri che si è auto-attribuito sono comunque limitati dal rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia che vietano in ogni modo un comportamento che concorra a determinare situazioni di rischio per la vita umana, per la persona. Dunque, non si comprende come una norma assai generica, che firma un assegno in bianco, di fatto, al Ministro dell'interno per l'attribuzione di poteri sul traffico navale nelle acque italiane, possa violare disposizioni che tutelano la vita umana e che godono della consacrazione dell'articolo 10 della nostra Costituzione.

Solo per ricordare alcune disposizioni a chi ha la memoria corta - mi pare che siano in tanti qua dentro - voglio rammentare che la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 dispone che ogni Stato esige che il comandante di una nave battente la sua bandiera presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita e proceda, quanto più velocemente possibile, al soccorso delle persone in pericolo, qualora sia a conoscenza del loro bisogno di assistenza. O, ancora, possiamo richiamarci il disposto della Convenzione internazionale sulla ricerca e salvataggio marittimo, detta anche convenzione SAR, adottata ad Amburgo nel 1979, che obbliga gli Stati contraenti a dividere sulla base di accordi regionali il mare in zone di propria competenza.

Su queste basi l'Italia, dal 1° luglio 2006, in forza di emendamenti adottati dall'Organizzazione marittima mondiale, nella regione SAR di competenza, è tenuta a cooperare nelle operazioni di soccorso e di prendersi in carico i naufraghi, individuando e fornendo al più presto la disponibilità di un luogo di sicurezza, place of safety, inteso come luogo in cui le operazioni di soccorso si intendono concluse e la sicurezza dei sopravvissuti garantita. Questo vale per ogni nave anche soprattutto quelle delle ONG, che oggi pagano la continua ricerca di un nemico e di un consenso facile da parte del Ministro dell'Interno ma che, allo stato attuale, niente e nessuno ha mai accertato che compiano attività illecite, anzi la loro opera è recuperare persone in mare e garantire la loro sopravvivenza sino a un porto sicuro secondo le vigenti norme internazionali. Considerato tutto questo, non sarà certo il richiamo strumentale operato nel decreto sicurezza, atto secondo, alla Convenzione di Montego Bay, in ogni caso già operante nel nostro ordinamento anche prima del provvedimento, a poter giustificare quella che sarebbe una violazione delle norme internazionali da parte dell'Italia, dato che è impossibile capire, anche sforzandoci, dove sia l'offensività per la sicurezza nazionale nell'esiguo numero di persone che sono sbarcate in Italia in quest'ultimo periodo. Ricordo che l'emergenza è già finita nei primi cinque mesi del 2018 con una diminuzione degli sbarchi del 78 per cento rispetto a quelli del 2017 e con un più accentuato calo degli arrivi dalla Libia, meno 84 per cento rispetto al 2017, quando questo Governo ancora non operava. Né ugualmente è dato sapere come si faccia a capire se trattasi di violazioni delle leggi vigenti sull'immigrazione prima che queste persone siano opportunamente identificate per verificare se esse abbiano o meno il diritto allo status di rifugiati che ovviamente escluderebbe la loro clandestinità. É infatti proprio in quest'ottica che esiste il divieto di respingimento previsto dalla Convenzione di Ginevra secondo cui a un rifugiato o comunque a una persona la cui situazione è da accertare non può essere impedito l'ingresso sul territorio né può essere deportato, espulso o trasferito verso territori in cui la sua vita e la sua libertà sarebbero minacciate. Dunque, in ogni caso il diritto alla vita e il principio di non respingimento che sono stabiliti dai trattati internazionali prevalgono sulla legislazione nazionale, come il recente caso della Sea Watch e della sua capitana hanno dimostrato in maniera molto evidente con lo scorno del Ministro Salvini. Ma in tutto ciò la nostra preoccupazione, vedendo queste misure somministrate in due dosi, viene destata dal vedere un Governo che non ha un progetto chiaro sulle politiche migratorie e si affida solo a spot elettorali o a qualche espediente per far credere di contenere un fenomeno che i numeri già ci dicono essere contenuto e che vede l'Italia giocare una partita in modo solitario, laddove invece ci sarebbe un bisogno disperato di un lavoro di squadra con tutti gli attori internazionali. Ma a preoccupare è la combinazione dei due episodi del decreto sicurezza. Infatti, nei due provvedimenti, si assiste prima alla soppressione degli SPRAR, sistema esistente da oltre sedici anni e modello vero da presentare in Europa che ha dimostrato come solo con l'accoglienza in strutture diffuse seguite da personale formato, qualificato e in numero adeguato e attraverso un'appropriata distribuzione sul territorio dei richiedenti asilo si possa arrivare alla vera integrazione e stabilità della persona. Ma tutto questo è già stato spazzato via dal decreto sicurezza 1: in tal modo i processi di integrazione si sono interrotti e hanno portato, come possibile effetto, le paradossali ricadute negative per la stessa sicurezza dei cittadini dovute all'incertezza e all'irregolarità che ne conseguono. Il tutto chiaramente sempre solo a spese dei soggetti vulnerabili quali per esempio donne e bambini o comunque i minori che, in mancanza della possibilità di vedersi riconosciuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, saranno sostanzialmente privi delle tutele necessarie. Poi abbiamo assistito anche all'abrogazione dell'istituto della protezione umanitaria per i neo-maggiorenni che, entrati come minori stranieri non accompagnati, permangono nella condizione di richiedenti asilo prima della convocazione della commissione territoriale e che, come denunciò il PD a suo tempo, rischiano di andare ad affollare le affollare le lunghe file dei clandestini.

Ecco, arriva il “decreto sicurezza-bis”, la cui insensata applicazione non trova eccezione neppure di fronte ai minori non accompagnati, quindi i più deboli tra i deboli. Ricordiamo che il PD aveva già chiesto, attraverso il rispetto del divieto di non respingimento, almeno il favore di questa categoria; inoltre aveva chiesto che le sanzioni previste per le ONG andassero, ad esempio, ad un fondo apposito per i minori stranieri non accompagnati oppure ai richiedenti protezione internazionale esclusi dallo SPRAR per effetto del decreto-legge sicurezza 1, a un fondo misure anti-tratta e ad altre ipotesi chiaramente tutte scartate senza appello dalla maggioranza.

L'Italia ha bisogno di una gestione unitaria del fenomeno migratorio in grado di coniugare le esigenze di umanità con quelle di sicurezza e di sviluppo della pace. Al contrario si preferisce inasprire lo scontro con l'Europa e con tutto ciò che essa vuol dire e può darci ossia qualità della vita e garanzia di pace per 500 milioni di persone. Rivedere il regolamento di Dublino - l'ha già detto qualcuno prima di me - aiuterebbe a sbloccare la situazione visto che ad essere in aumento sono proprio gli ingressi dei cosiddetti dublinanti, ovvero chi viene espulso dai Paesi europei, dove vive, verso gli Stati attraverso i quali sono entrati nell'Unione europea per effetto del regolamento di Dublino, che vede nello Stato di primo ingresso, molto spesso l'Italia, lo sappiamo, il responsabile dell'esame della domanda di protezione internazionale. Ebbene, nel 2018, dopo molte trattative, si riuscì a trovare un compromesso per cambiare il regolamento in favore di un meccanismo di ricollocazione automatica ma la Lega, il Ministro Salvini, ha disertato tutte le riunioni del Parlamento europeo in cui è stata discussa la riforma, ben ventidue, come ha ricordato prima la mia collega. Insomma l'attuale Governo alle soluzioni reali preferisce gli annunci roboanti, blocchi navali impossibili da attuare se non in stato di guerra, affondamenti di navi inattuabili con civili a bordo che rischiano la vita, multe ad organizzazioni non governative che non saranno mai riscosse - diciamocelo con franchezza - poiché richiederebbero costosissime procedure di recupero internazionali, specie se i Paesi dove hanno la sede non collaborano. In tutto ciò, unito all'isolamento attuale del nostro Paese, voi continuate ad andare sempre alla disperata ricerca di qualcosa o di qualcuno su cui scaricare la responsabilità dei fallimenti e delle politiche adottate finora e a trovare ogni giorno nuovi nemici da aggiungere alla vostra narrazione che dovrebbero accerchiare questa litigiosa classe di Governo che finge o forse realmente è paranoica. Per dirla con Hermann Hesse, troppo spesso togliamo tempo ai nostri amici per dedicarlo ai nostri nemici. Ebbene i nemici li avete o fate finta di averli tra di voi. In questo caso, però, gli amici dovrebbero essere i cittadini italiani che hanno messo nelle vostre mani il loro prezioso futuro che merita di essere protetto con più serietà, con più etica delle responsabilità e soprattutto meno propaganda pre e post elettorale.