Presidente, Governo, è evidente che il testo in esame costituisce un provvedimento bandiera, in quanto fortemente caratterizzato ideologicamente e con una serie di misure maggiormente improntata alla propaganda e alla comunicazione che all'efficacia delle stesse norme in esso contenute. Assistiamo, infatti, a un'irragionevole e pericolosa estensione dei poteri del Ministero dell'Interno, che appare in netto contrasto con il vigente quadro di attribuzioni previsto a livello ordinamentale e soprattutto costituzionale, nonché in violazione di obblighi internazionali derivanti dall'adesione a diversi trattati. Lo dico da siciliano, e quindi da figlio del Mediterraneo: questo provvedimento è fuori dalla cultura che ci appartiene, quella di considerare, appunto, il Mediterraneo come Mare nostrum. Alla maggioranza probabilmente non interessano le critiche che qui stiamo illustrando, in quanto si sente forte dei sondaggi e del consenso in termini di opinione pubblica, ma sappiamo bene quanto, soprattutto oggi, basti poco per invertire i trend di consensi.
È palesemente incostituzionale la parte del provvedimento in esame che, operando un assurdo sillogismo tra le operazioni di salvataggio in mare e l'impianto delle norme vigenti sull'immigrazione, sembra far derivare da tale attività di soccorso una presunzione di illegittimità, anche penale, a prescindere dal concreto accertamento dello status dei migranti coinvolti. È il Governo che si rende, nella sua collegialità, responsabile di un atto di gravità assoluta, che, in nome di presunte esigenze di sicurezza e di una propaganda peraltro non suffragata dai fatti, addirittura smentita nel corso delle audizioni in Commissione da più autorevoli fonti, compresa quella del procuratore della Repubblica di Agrigento, che ha smentito collegamenti, ad oggi, tra ONG e trafficanti di migranti, viola i principi della nostra stessa Costituzione, a cui ha giurato fedeltà.
Il decreto-legge in esame, proprio perché ideologico, è oggettivamente privo dei requisiti di necessità ed urgenza, e introdurre una presunzione di illegalità che, da amministrativa sfocia addirittura in ambiti penalistici, solo per colpire chi ha la colpa - lo sottolineo - di salvare vite umane è un'enormità, non solo dal punto di vista del principio di umanità, ma anche giuridico.
Segue, purtroppo, la scia del primo cosiddetto “decreto sicurezza”, introducendo norme inefficaci e scarne che hanno come unico obiettivo quello di alimentare costantemente un clima di insicurezza, senza andare alla radice del problema, senza affrontare i nodi dello sfruttamento illegale che è sotto gli occhi di tutti. Tra poco sarà trascorso un anno da quando si registrò, in provincia di Foggia, quel terribile incidente in cui persero la vita poveri braccianti sfruttati. Perché il Ministro non si reca a visitare nuovamente quella zona oppure le campagne del ragusano o quelle del metapontino o quelle della Piana del Sele o delle campagne calabresi, e vedrà come la manodopera sia proprio quella lì, irregolare. La propaganda a un certo punto si ferma sui social e appare la realtà, quella fatta di vite, di sofferenze, di sfruttamento, di illegalità, e dove voi, con questo decreto, non intervenite a contrastarla.
Avete individuato nella giovane capitana della Sea-Watch un nemico e la avete esposta pericolosamente al pubblico ludibrio della folla, e non solo virtuale, ma non avete mosso un dito nel contrastare le forme di sfruttamento che si consumano sul suolo italiano. E, mentre attaccavate questa ragazza, nello stesso porto sbarcavano decine e decine di immigrati con piccole imbarcazioni, quelle sì magari gestite dai criminali; ma questo non importa, perché vi bastava avere dato in pasto alla pubblica opinione un nuovo nemico. Che sia un'operazione propagandistica lo dimostrano come siano diversi i porti italiani a registrare l'arrivo di migranti che arrivano non solo dalla rotta libica, ma anche da Paesi come l'Egitto, la Tunisia e la Turchia, senza considerare, peraltro, i migranti rispediti in Italia dagli altri Paesi dell'Unione europea. Continuano incessantemente i cosiddetti sbarchi fantasma, su cui il decreto non interviene. Dal 2017-2018 si attestavano tra il 10 e il 15 per cento del totale; oggi sono di più, oscillano tra il 20 e il 25 per cento.
Inoltre, nel silenzio totale anche del MoVimento 5 Stelle, questo provvedimento segna un prepotente esautoramento del Ministero delle Infrastrutture sulle competenze dei porti. Il MoVimento 5 Stelle è talmente inibito che non riesce a difendere – per quanto sia oggettivamente difficile farlo – il proprio Ministro delle Infrastrutture, non tanto per la figura, ma quanto per l'evidente squilibrio istituzionale che si viene a determinare, che ha come conseguenza la mortificazione anche di altre istituzioni, come, ad esempio, la Guardia costiera, a cui siamo grati per il lavoro che svolge quotidianamente. Il Governo, invece di concentrarsi sulle reali politiche di contrasto al terrorismo internazionale, ha preferito perseverare nella falsa e miope battaglia dei porti chiusi, pur sapendo che non è così, perché vigono delle convenzioni internazionali, per fortuna, che lo stesso decreto richiama.
Ricordo che nel corso delle audizioni alcune forze sindacali delle forze di Polizia hanno evidenziato come vi siano delle oggettive falle: ad esempio, la mancata previsione di attribuzione a prefetti e questori rischia di complicare ulteriormente il lavoro degli operatori di Polizia; il fatto che vengano previsti nuovi impegni e oneri significativi ed aggiuntivi al personale delle forze dell'ordine, senza che siano previste misure di salvaguardia del loro lavoro, è motivo di preoccupazione. È emerso il problema del mancato pagamento degli straordinari, oltre il monte ore al personale delle forze di Polizia a partire dal gennaio 2019, e come i 38 milioni di euro stanziati dal decreto-legge n. 113 del 2018 per il pagamento dei compensi per le prestazioni di lavoro straordinario non siano ancora stati resi disponibili. Anche qui è evidente lo spread tra propaganda e realtà; non basta una felpa, un giubbotto, una polo, un selfie per dimostrarsi attento alle forze dell'ordine. Un buon Ministro lo è se rispetta la divisione dei ruoli, se norma in maniera chiara e se aiuta a svolgere al meglio il lavoro, non se lo complica. Non c'è commissariato di pubblica sicurezza che non registri carenze di organico; persino sugli etilometri apprendiamo che ci sono delle difficoltà per controllare gli abusi di alcol sulle strade, perché sono rotti e fuori uso. Questo, paradossalmente, mentre il Ministro autorizza i locali a somministrare gli alcolici fino alle 3 di notte, altro esempio di spread tra propaganda e realtà.
Ci saremmo attesi interventi per aiutare i comuni a rafforzare i dispositivi di videosorveglianza, a promuovere una più capillare rete di controllo del territorio, a presidiare maggiormente le nostre strade, dove si registra un incremento drammatico di incidenti e vittime. Niente di tutto questo. Nessuna pattuglia in più di Polizia stradale, nessun investimento per migliorare la funzionalità dei presidi di sicurezza, nessuna misura concreta che, di fatto, aiuti i cittadini a sentirsi più sicuri e le forze dell'ordine a lavorare in condizioni migliori. Ma, di fronte a queste considerazioni, nessuna osservazione è arrivata dalle forze di maggioranza, niente. Nessuna misura per rafforzare il contrasto della criminalità organizzata, proprio in questi giorni che ricorrono le stragi del 1992, alla retorica non corrisponde alcun fatto. C'è un nemico che è il migrante salvato dalle ONG, punto.
Questo è il cuore del provvedimento, questo è il cuore della propaganda su cui si regge il Ministro dell'Interno. Invece, nessuna politica sui rimpatri. Oggi alcune testate evidenziano come si registri un segno negativo, ma era facilmente prevedibile. Se la politica estera dell'Italia è gestita con forme di bullismo senza precedenti è evidente che i rapporti internazionali vengano a deteriorarsi.
Ma non solo, perché l'incertezza sulla collocazione estera del nostro Paese dovrebbe preoccupare molto di più perché è un elemento che incide anche sul fenomeno che stiamo trattando. Siamo meno sicuri, con questa protervia verbale, rispetto alla ragionevolezza del confronto nelle sedi istituzionali. Se fino a oggi i vertici europei dei Ministri dell'Interno sono stati snobbati perché si è preferito fare video e dirette Facebook a uso e consumo della propaganda, questo ha poi un riflesso che paghiamo come Italia. A tal proposito voglio evidenziare come, a fronte del calo degli sbarchi nel Mediterraneo, sono invece in forte aumento gli ingressi nel nostro territorio dei cosiddetti “dublinati”, cioè coloro che vengono espulsi dai Paesi europei dove vivono verso gli Stati attraverso i quali sono entrati nell'Unione, per effetto del regolamento di Dublino che individua nello Stato di primo ingresso il responsabile dell'esame della domanda di protezione internazionale.
Il tema dell'immigrazione è un tema enorme, complesso, epocale e ciclico nel corso della storia. Come tutte le questioni complesse, non ha soluzioni o ricette semplici, né le risposte muscolari o presunte tali e disumane servono ad alcunché. Non solo sono inefficaci nell'intento che si prefiggono ma servono solo a fabbricare paura, cioè il risultato esattamente opposto a quello che il decreto dice di voler perseguire. Paura per ricercare consenso invece di percorrere politiche che non isolino il nostro Paese e che propongano una gestione comunitaria in grado di coniugare le esigenze di umanità con quelle di sicurezza, di sviluppo e di pace nei Paesi di provenienza dei migranti.
Ma la verità è che non vi è alcun interesse a risolvere il problema, non solo perché questa maggioranza non ne è capace ma perché preferisce alimentare la paura dei cittadini per poterci lucrare elettoralmente. Ma attenzione perché questo meccanismo di propaganda non ha un orizzonte lungo e i problemi rischiano di esplodere a discapito del Paese.