Grazie, signora Presidente, nel 1971 per descrivere la situazione politica che allora vigeva nel nostro Paese, uno dei principali mezzi di comunicazione al mondo, il The New York Times coniò una fortunata immagine retorica che rimase scritta nei libri di storia, analizzando la similitudine tra quanto avveniva all'epoca nel nostro Paese, cioè la presenza di una destra reazionaria che aveva tentato e stava tentando una regressione della vita democratica, la strage di Piazza Fontana del 1969, il fallito golpe Borghese del 1970 e contemporaneamente una forte pulsione sociale che era sfociata in proteste sindacali e in una contestazione studentesca e ancora la presenza contemporanea di forze popolari che però si contrapponevano fra loro, tutta questa congerie di eventi aveva fatto immaginare agli americani una particolare similitudine tra il nostro Paese e un Paese che stava, come sta oggi, ai confini del mondo che si chiamava Cile. E il The New York Times descrisse questa particolare singolarità, questa similitudine fra quanto avveniva in quel Paese e quanto avveniva in Italia, coniando l'espediente retorico degli “spaghetti in salsa cilena”. Noi sappiamo, perlomeno lo sanno coloro i quali hanno studiato la storia, quale fu l'evoluzione, purtroppo, in quel Paese della dinamica antidemocratica, così come sappiamo invece che, per nostra fortuna, quegli spaghetti in salsa cilena nel nostro Paese non vennero mangiati quando, dall'11 settembre 1973, in poi i carri armati di Pinochet spezzarono sul nascere un'esperienza democratica, esattamente come in quei giorni qualche forza reazionaria voleva realizzare nel nostro Paese.
Se noi dovessimo, per una operazione retorica, immaginare di portarci ai giorni nostri, potremmo dire che qualcuno vorrebbe sostituire gli spaghetti in salsa cilena con le penne alla vodka, perché oggi vi è, nel nostro Paese, una altrettanto singolarità, un altrettanto peculiare similitudine questa volta rovesciata nei confronti di un altro Paese più vicino, la Russia, rispetto al quale si vogliono mutuare modalità, rapporti, addirittura impianti di carattere istituzionale.
A noi, signora Presidente, non è sfuggito come all'indomani di quella dichiarazione che noi guardiamo con preoccupazione, rilasciata anche qui ad un giornale internazionale, in questo caso il Financial Times, da parte del Presidente Putin che, alla vigilia della sua visita nel nostro Paese, ha avuto modo di dichiarare urbi et orbi che, dal suo punto di vista, i sistemi liberali sono superati.
Non c'è neppure sfuggita la dichiarazione resa dal Primo Ministro al Corriere della Sera il giorno dopo, in cui ha sostanzialmente avallato questo tipo di impostazione. C'è, insomma, una volontà di rincorsa di un modello che non è un modello democratico, che non è un modello che si giova dei pesi e dei contrappesi, che non è un modello che è proprio della nostra cultura, della nostra tradizione e della nostra storia, ma che immagina, davanti alla curvatura della storia e alle difficoltà del momento che stiamo vivendo in queste grandi trasformazioni, che si possano utilizzare le difficoltà, le ansie e le preoccupazioni dei nostri cittadini per far compiere a questo sistema una involuzione di carattere sostanzialmente autoritario.
Il decreto è un pezzo di questa strategia perché questo, signori del Governo e colleghi parlamentari, non è un decreto attuato o attuabile come i colleghi del Partito Democratico, unica opposizione a questa operazione in quest'Aula, hanno tentato di dimostrare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). No, questo decreto è un manifesto ideologico, è il manifesto ideologico del Ministro Salvini. E vorrei provare a dimostrare, nel tempo che ho a disposizione, per quale ragione, da un lato, non è uno strumento attuale e attuabile, ma che, in realtà, non importa assolutamente nulla al proponente che questo lo sia. Vede, signora Presidente, leggo testualmente l'articolo 1, il quale, nel modificare il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, introduce la seguente dizione.
Noi stiamo per votare la fiducia, perché abbiamo già delle dichiarazioni di agenzia che ci stanno preannunciando che il Governo, forse anche un po' a spregio del pericolo, oppure dimostrando che tutti questi venti di guerra al loro interno sono stati una straordinaria tarantella messa in piedi per distogliere la curva dell'attenzione rispetto al problema dei rapporti fra la Lega e la Russia. Ma su questo rassegnatevi: noi non molleremo di un centimetro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Dicevo che state per mettere la fiducia su questo testo, allora proviamo a leggerlo, così magari ci si rende conto, e nel nostro sforzo cerchiamo di spiegare al Paese di che cosa qui stiamo parlando, Innanzitutto, si prevede che “Il Ministro dell'Interno, Autorità nazionale di pubblica sicurezza ai sensi dell'articolo 1 della legge 1° aprile 1981, n. 121 (…)”. Apro una parentesi, signora Presidente: visto che è l'Autorità nazionale di pubblica sicurezza, noi ci stiamo sgolando da giorni per sapere se la nostra Autorità nazionale di pubblica sicurezza è o meno sotto scacco di una potenza straniera (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), se è o meno in condizione di poter esercitare liberamente le proprie funzioni in omaggio esclusivo al giuramento che ha fatto nelle mani del Presidente della Repubblica, così come la nostra Costituzione prevede, ma non ci è stato dato ancora modo di poterlo sentire. Noi rivendichiamo, sottolineiamo, ancora una volta - ed è la terza volta che lo facciamo in quest'Aula oggi - la gravità di questo fatto, e facciamo ancora una volta appello alla Presidenza affinché vi sia - mi permetta, signora Presidente - non una burocratica lettera al Ministro Fraccaro, ma vi sia un vigoroso intervento del Presidente Fico affinché difenda le prerogative di questa Camera e, se mi permette, anche la dignità dell'alto magistero che lui è stato chiamato a dover svolgere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ma torniamo al merito della questione. Dicevamo che “Il Ministro dell'Interno”, definito come ho cercato di riassumere, “(…) nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia,” - ripeto: nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia -, “può limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, (…), per motivi di ordine e sicurezza pubblico”, e così via. Signori del Governo, questo è un ossimoro, e voi lo sapete bene; questa è una contraddizione che voi sapete bene essere stata scritta. Perché è una contraddizione? Perché come probabilmente molti di voi sanno - non tutti, probabilmente - la radice costituzionale di questa norma risiede in due articoli: il primo, nell'articolo 10, che impone il diritto d'asilo per tutti coloro i quali dovessero chiederlo; il secondo, che conforma la potestà legislativa, in questo caso dello Stato, stabilita all'articolo 117, al rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Cioè, il legislatore, secondo la nostra Costituzione, per fortuna, non è che può fare quello che vuole. Non è che si sveglia una mattina e perché ha un capriccio o pensa di essere lo sceriffo o ritiene di poter utilizzare la norma a proprio uso e consumo emana un decreto e questo decreto prescinde da qualsiasi contesto giuridico nel quale siamo collocati. No, è esattamente l'opposto: vi è un limite alla potestà legislativa dello Stato. Peraltro, sarebbe interessante che chi è seduto a quel banco si rileggesse il concetto del limite della politica che Aldo Moro illustrava in sede di Costituente proprio per evitare che la volontà assoluta dello Stato sconfini poi in un totalitarismo nel quale la dialettica viene sostituita da una unica capacità di esprimere un pensiero unico. Bene, questo limite oggi è inserito all'interno, come avete scritto voi, degli obblighi internazionali. E quali sono questi obblighi? Torniamo a ripeterli, perché evidentemente non siamo ancora riusciti a spiegarveli, perché ve lo abbiamo detto durante le Commissioni, e se ci aveste ascoltato, avreste preso i nostri emendamenti, che avrebbero consentito di poter modificare la norma e non esporre il Paese a questa brutta figura come voi ci state facendo fare.
Come è stato ricordato, l'Italia ha sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay del 10 dicembre 1982, che è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 2 dicembre 1994, n. 689. Cosa dice questa Convenzione? L'articolo 98 di questa Convenzione impone - impone! - al comandante di una nave di prestare assistenza a chiunque si trovi in pericolo nel mare, nonché - impone - di recarsi il più presto possibile in soccorso delle persone in difficoltà, qualora venga informato che tali persone abbiano bisogno di assistenza - dice la norma - nei limiti della ragionevolezza dell'intervento. Cioè, noi siamo vincolati da questa norma, non è un capriccio, è un obbligo che il nostro Paese si è dato e che voi state ricordando e richiamando al Ministro dell'Interno. Ancora, la Convenzione cosiddetta SOLAS, richiamata in precedenza dall'intervento del collega Bordo, firmata a Londra nel 1974, resa esecutiva in Italia con la legge n. 313 del 1980, anche qui, impone al comandante di una nave di prestare assistenza alle persone che si trovino in pericolo. E ancora, la Convenzione SAR (search and rescue), adottata da Amburgo il 27 aprile 1979 e resa esecutiva in Italia con la legge 3 aprile 1989, n. 47, stabilisce, riguardo la ricerca e il salvataggio marittimo, che si fonda sul principio della cooperazione internazionale, e stabilisce che il riparto delle zone di ricerca e salvataggio avvenga d'intesa con gli altri Stati interessati. Insomma, cari colleghi, l'obbligo del diritto internazionale incombente sul comandante di una nave di procedere al salvataggio non è un obbligo discutibile, è un obbligo cogente! Un comandante di una nave, quando trova dei naufraghi, non può girare la nave da un'altra parte, è obbligato a raccoglierli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! È obbligato, nonostante quello che possa dire il politico di turno! Questo non è che lo dice qualche zecca comunista, lo dice la nostra normativa, la nostra Costituzione, gli obblighi internazionali ai quali siamo vincolati. Caro Ministro Salvini, in questo caso, se lei avesse chiesto, non al Ministro Toninelli, che siamo sicuri non conosca questo tipo di normativa, ma alla Guardia costiera, che lei vorrebbe attrarre a sé nella sua orgia di potere assolutista, la Guardia costiera gli avrebbe detto che l'articolo 1158 del codice della navigazione sanziona penalmente l'omissione da parte del comandante della nave, che sia nazionale o che sia straniera, di prestare assistenza ovvero di tentare il salvataggio, nei casi in cui ne sussista l'obbligo a norma dell'articolo 490 del codice medesimo ovvero allorquando la nave in difficoltà sia del tutto incapace di effettuare le manovre. Cioè, se il comandante gira la prua da un'altra parte, ne risponde a tutti gli effetti penalmente. Quindi, stiamo discutendo di una norma che, è di tutta evidenza, non potrà in alcun modo resistere alle interpretazioni di carattere giurisprudenziale o di verifica costituzionale che inevitabilmente su questo punto ci saranno. Ma la singolarità di questo caso, signora Presidente e signori del Governo, risiede nel fatto che c'è già una autorità giudiziaria che ha stabilito, non in maniera generica, ma in maniera specifica, che questo decreto non si può applicare.
Voi lo sapete bene, ed è il motivo per il quale voi continuate ad insistere rispetto alla conversione di questo decreto in norma per utilizzarlo e sventolarlo esclusivamente come una bandiera ideologica. Perché vi è un'ordinanza del GIP di Agrigento che ha scritto nero su bianco le seguenti parole: “su questo quadro normativo” - quello che ho provato a descrivere – “non si ritiene possa incidere l'articolo 11, comma 1-ter, del decreto legislativo n. 286 del 1998” - attenzione – “introdotto dal decreto-legge n. 53/2019”, cioè questo. Cioè, voi siete andati avanti a raccontare all'Italia che con questa norma non ci sarebbero stati più dei casi Sea-Watch e alla prima occasione in cui questa norma è finita davanti al giudice per le indagini preliminari siete stati clamorosamente smentiti. C'è già scritto nero su bianco che questa norma non potrà essere applicata, perché, dice questa ordinanza, il divieto interministeriale, da essa previsto, di ingresso, di transito e di sosta può avvenire, sempre nel rispetto degli obblighi internazionali dello Stato, solo in presenza di attività di carico/scarico di persone in violazione di leggi vigenti nello Stato costiero, fattispecie qui non ricorrente, vertendosi in una ipotesi di salvataggio in mare in caso di rischio di naufragio.
Nel momento in cui ci sono dei naufraghi in mare questo decreto non si applica, e noi diciamo per fortuna, vivaddio e ci mancherebbe pure che noi dovessimo ratificare una norma, in questo Parlamento, che obbliga a girare la prua da un'altra parte se tu ti imbatti, in cosa? Non in migranti, non in clandestini, non in persone che commettono reato, ti imbatti in persone che stanno affogando, che tu hai l'obbligo di tirare su. Poi deciderai se sono persone che non hanno i requisiti, se li hanno, che trattamento debbono avere o meno, ma a nessuno può essere concesso il diritto, in questa Repubblica, di stabilire che si guarda da un'altra parte e si lasciano affogare delle persone nel mare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Ripeto, delle persone nel mare!
Perché vede, signora Presidente, se noi non recuperiamo questo concetto di persona e non rimettiamo al centro questo elemento, e immaginiamo ogni volta di etichettare il nostro interlocutore sulla base dell'impostazione ideologica denigratoria che si ritiene di voler dare, noi perdiamo di vista non tanto una dimensione di carattere intimistico, strutturale e antropologico a cui faceva riferimento, con grande forza e grande capacità, il collega Sensi in precedenza. No, noi perdiamo di vista l'anima stessa della nostra Costituzione, che sul tema del personalismo ha visto l'incrocio delle più grandi culture riformiste e popolari del nostro Paese. Se noi avalliamo un'operazione di questo genere, facciamo perdere l'anima all'Italia; ed è il motivo per il quale noi conduciamo questa battaglia, nella consapevolezza che occorre evidentemente affrontare la questione in un punto di vista più globale, più completo, e lo hanno ricordato con grande forza i miei colleghi del Partito Democratico che oggi sono intervenuti qui, ricordando che vi è una esigenza più larga, più compiuta di affrontare questa tematica. Perché, vedete, voi continuate a far passare l'idea che il tema dell'immigrazione non sia una questione di natura sociale, non sia una trasformazione che è in atto nelle nostre società, ma sia solo ed esclusivamente una questione di sicurezza, una problematica di ordine pubblico, quando, in realtà, vi è un tema molto più complesso e molto più vasto all'interno di questo fenomeno, che esigerebbe, imporrebbe, richiederebbe una politica, una capacità di governo, che però questo articolo 1 declassa a rango di un'operazione da questurini.
A noi preoccupa molto, vede, signora Presidente, l'ultimo periodo dell'articolo 1, il quale dice che il provvedimento in questione, quello che noi stiamo contestando perché non può essere nel rispetto degli obblighi internazionali, viene adottato da chi? Dal Presidente del Consiglio, che è la più alta autorità presente nel Governo? No. No, il Presidente del Consiglio viene trasformato, ridotto, declassificato in un soggetto al quale bisogna dare una mera comunicazione. Tutta questa operazione viene fatta con un decreto del Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro della Difesa e con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, informandone il Presidente del Consiglio. Ora, se noi ci trovassimo in una condizione come quella che è accaduta quindici giorni fa e se, per ipotesi, dovesse scoppiare un incidente internazionale che coinvolgesse il nostro Paese, un incidente diplomatico, come pur può accadere in vicende così delicate e così complesse, il Presidente del Consiglio, che è la massima autorità nel nostro ordinamento, che cosa fa? Si prende la velina del questore, la legge e magari, a fronte di una telefonata di proteste o una richiesta da parte di un omologo Capo del Governo di un altro Paese, dice: “Adesso, scusi, aspetti, mi informo presso il Ministro dell'Interno”? Ma vogliamo veramente immaginare che il Presidente del Consiglio, nell'ordinamento positivo del nostro Paese, sia trasformato al rango di passacarte, che viene informato di tanto in tanto rispetto a questioni di carattere addirittura di ordine pubblico? Questo è il punto, stiamo completamente snaturando.
Credo che sotto questo profilo, se veramente questo è l'obiettivo, dovreste modificare la legge n. 400 del 1988, che è quella che regola il modo con il quale la Presidenza del Consiglio applica i contenuti previsti dalla Costituzione rispetto al potere di coordinamento del Primo Ministro. Voi qui state surrettiziamente modificando addirittura la natura istituzionale della nostra impalcatura politica e costituzionale, così, per una norma che crea un una serie di problematiche e che inevitabilmente verrà portata, in varie circostanze e in varie questioni, di carattere giurisprudenziale, per arrivare poi, alla fine, ad essere abortita. Ma a voi questo non interessa assolutamente: voi avete bisogno esclusivamente che si verifichi, ancora una volta e per quante volte, un caso Diciotti, un caso Sea-Watch, perché tanto c'è sempre un Parlamento prono a sollevare il Ministro dell'Interno rispetto alle proprie responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Perché, nel nostro Paese, tutti sono chiamati a dover rispondere davanti alla legge tranne uno, che richiama all'ordine la sua maggioranza parlamentare e dice: “Ragazzi, forse non avete capito, adesso a casa tutti”. Con la differenza che lui sa di poter tornare qui, ma - guardo i banchi desolatamente vuoti del MoVimento 5 Stelle, che sono già, forse, anticipatori di quella che sarà la futura legislatura, per loro - altri hanno invece la certezza di non tornare mai più. E quindi, sotto questo schiaffo di questo ricatto permanente, che oramai è sotto gli occhi di tutti gli italiani per tutto – per tutto –, ogni qualvolta c'è una problematica che investe le relazioni tra le due forze di Governo il Ministro Salvini, con una cadenza oramai puntuale come un cronometro svizzero, annuncia urbi et orbi che o si fa così o tutti a casa; o si fa così sull'autonomia o tutti a casa, o si fa così sulle infrastrutture o tutti a casa, o si fa così sulla politica dei porti chiusi, che chiusi non sono, o tutti a casa, o si riammettono gli emendamenti che io, Ministro dell'Interno, pretendo di rimettere qui dentro, caro Presidente Fico, o tutti a casa, e via di questo passo. Bene, tutta questa impostazione cosa porta?
Porta a una situazione nella quale, oltre ad avere creato questa bandiera da sventolare in ogni circostanza ideologica, vi può consentire, ogni qual volta che arriva una nave di una ONG, di stabilire che avete in mano un'arma che è spuntata, ma che intanto serve per poter costantemente alimentare la retorica, che costruisce, supporta e struttura questa battaglia ideologica che è sostanziata all'interno di questo decreto, rispetto alla quale vi è una problematica di sicurezza pubblica ogni qualvolta vi è una nave al largo delle acque territoriali di Lampedusa che giustifica tutto.
In realtà voi - e qui torniamo all'elemento di perfetto allineamento rispetto alla questione dell'impostazione russa - non state facendo null'altro che trasferire all'interno di questo decreto tutti i concetti che noi abbiamo letto e che abbiamo, come dire, percepito in tutta questa retorica ideologica, che da su in giù ispira questa internazionale sovranista che in maniera pervicace sta occupando le nostre istituzioni, perché non sarà mica un caso che il servizio pubblico, la RAI, Radiotelevisione italiana, su questi temi ha tenuto un'informazione che in alcune testate ha superato il livello tollerabile della vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non è un caso, perché è chiaro che se tu metti alla presidenza della RAI un sovranista che aveva rapporti stretti con tutti gli ideologi russi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e che ha come funzione quella di portare in Italia quel tipo di cultura, è di tutta evidenza che c'è bisogno di uno strumento, di una leva su cui poter imbastire una politica. Ecco perché il vostro è un decreto ideologico, ma essendo ideologico non sarà in grado di risolvere il problema. Peraltro, questo a voi non interessa perché voi non siete lì per risolvere il problema: voi siete lì per enfatizzare il problema. State facendo lo stesso errore di quel medico che, non sapendo come curare le cause della malattia per la quale una persona ha la febbre, anziché tentare di risolvere la cura prende la mano e il polso della persona malata e le urla: “Hai la febbre”; e quindi, prima o poi, siccome il paziente non è fesso, si accorgerà dell'incapacità del medico di fornire una reale diagnosi.
La verità di questa vicenda è tutta qui e, se la volete dire con un tweet, questo decreto è un “decreto vergogna” perché alla radice vuole imporre a chi guida una nave di non raccogliere a bordo i naufraghi che incontra per la sua strada: punto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Questa è la verità rispetto a tutte le chiacchiere che abbiamo fatto qui dentro!
Come diceva qualcuno, che la sapeva sicuramente molto più lunga di me, siccome la verità è sempre rivoluzionaria a voi dà fastidio poterla dire. Bisogna tacitare queste fastidiose opposizioni, possibilmente non mandarle in onda, evitare che vi sia un adeguato confronto e dibattito dialettico all'interno di un servizio pubblico prono ai voleri della voce del padrone. Sempre un altro che aveva studiato molto più di noi, a proposito di verità diceva che la verità è illuminante perché ci aiuta a essere coraggiosi. Io credo che questo sia il momento, soprattutto nel momento in cui qualcuno che oggi fa questo decreto ritiene di avere il vento in poppa, di essere coraggiosi per dire al Paese che questa è tutta una grande straordinaria finzione che prima o poi si sgonfierà e lì ci saremo ad aspettarvi.