Grazie. Presidente, colleghi, se dovessimo individuare un tema che meglio di altri e ogni giorno di più caratterizza il nostro tempo, credo che vi siano ormai pochi dubbi sul fatto che quell'elemento sia rappresentato dai cambiamenti climatici, una realtà che si manifesta con conseguenze traumatiche sul territorio, sulle infrastrutture, sui beni pubblici e privati, purtroppo sulle persone. Siamo di fronte a fenomeni che con una successione sempre più incalzante e con una intensità crescente mettono a rischio gli equilibri dell'ecosistema, la sicurezza e la qualità della vita di milioni di persone ma oggi, in realtà, rappresentano una minaccia reale per la sopravvivenza stessa del genere umano. Il segretario generale Onu, Antonio Guterres, ha apostrofato i Capi di Stato e i rappresentanti degli oltre duecento Paesi partecipanti all'incontro di Madrid, chiedendogli se non vogliono passare alla storia come una generazione di struzzi e invocando come necessaria e non più rinviabile la scelta tra speranza e capitolazione. Sono toni ultimativi e quasi angosciati ma, per questi toni, vi sono tutte le ragioni. E proprio l'appuntamento di Madrid ha confermato che con ogni probabilità mancheremo l'obiettivo di contenere l'aumento di temperatura media del pianeta entro un grado e mezzo rispetto ai valori dell'era pre-industriale: soglia oltre la quale andremo incontro, da qui a pochi decenni, ad un innalzamento catastrofico del livello del mare e a fenomeni atmosferici estremi. Per cogliere quel risultato, che era stato sancito dagli Accordi di Parigi, le emissioni di gas climalteranti dovrebbero scendere già dal 2020 ma oggi, ancora oggi, purtroppo stanno aumentando e le conseguenze, che nel nostro Paese subiamo in forma di eventi estremi ma ancora circoscritti, in altre latitudini significano già migrazioni forzate, emergenze sanitarie, desertificazione. Sono fenomeni che colpiscono la parte più vulnerabile dell'umanità, la parte più debole e legano in modo sempre più stringente il tema della tutela dell'ecosistema con quello della lotta alle disuguaglianze sociali ed economiche.
Di fronte a questo allarme la politica appare, purtroppo, divisa ed esitante, e mostra ingiustificabili resistenze ad assumere decisioni coraggiose. In questo caso, direi, è l'opinione pubblica ad esprimere una crescente consapevolezza e sensibilità sul tema, chiamando i propri rappresentanti ad assumersi la responsabilità di proteggere le generazioni future, e lo vediamo nei vari movimenti spontanei, nella mobilitazione delle associazioni, nel movimento guidato dalla giovane studentessa Greta Thunberg.
Direi che, se essere populisti vuole dire assecondare passivamente le aspettative del popolo, viene da dire che, per una volta, la politica farebbe bene ad essere populista. Certo, occorre il coraggio di affrontare i cambiamenti radicali e oggi non basta più l'impegno a mitigare gli effetti, ma occorre combattere le cause dei cambiamenti climatici con una strategia basata su una visione diversa del modo di produrre, di consumare, di muoversi e di usare il territorio.
Su questi temi, in realtà, il laboratorio più innovativo, a dispetto dei suoi tanti e severi detrattori che abbiamo sentito anche in quest'Aula, è proprio la vecchia Europa, e anche l'Italia è chiamata in questo contesto a svolgere un ruolo da protagonista. Questo Governo, già all'atto della sua nascita, ha voluto sottolineare che l'ambiente è uno dei valori fondativi del nostro stare insieme e che è il momento di avviare nuove strategie incentrate sulla sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo. Il punto 7 dei 29 punti programmatici che sono alla base dell'azione di questo Governo afferma che si intende realizzare un Green New Deal che comporti un radicale cambiamento di paradigma culturale e porti ad inserire la protezione dell'ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del nostro sistema costituzionale. Proprio sul Green New Deal si incardina la strategia di sviluppo di questo Governo e vanno in questa direzione i provvedimenti della legge di bilancio, in esame al momento al Senato, come quelli del prossimo collegato ambientale; ma anche l'attività parlamentare in questi mesi ha segnato una coerenza con questi obiettivi: voglio segnalare la legge “salva mare” per il recupero della plastica che sta invadendo i nostri mari, così come la norma sull'end of waste, finalizzata all'utilizzo di materiali altrimenti destinati al rifiuto.
Oggi è al nostro esame questo decreto, che rappresenta il primo provvedimento con cui si intende dare attuazione alle linee programmatiche del Governo in materia di ambiente, energie rinnovabili, economia circolare. Il titolo del decreto cita gli obblighi relativi alla direttiva europea 2008/50/CE sulla qualità dell'aria: è già di per sé un tema rilevante per il nostro Paese, perché i cambiamenti climatici colpiscono non solo con eventi che si manifestano con immagini sconvolgenti e con clamore mediatico, ma anche in modo molto più subdolo. Secondo il rapporto dell'Agenzia europea per l'ambiente del 2016, l'Italia ha il numero più alto nella Comunità europea di decessi prematuri a causa del biossido di azoto (14.600 decessi) ed è al secondo posto per le morti riconducibile al particolato fine PM2,5 (58.600 decessi), e voglio citare il dato dell'Europa a 28.374 mila decessi: cifre che credo siano assolutamente spaventose per ognuno di noi.Ma il decreto non si limita al recepimento della direttiva europea e all'obiettivo di uscire dalle procedure di infrazione aperte a nostro carico sul tema della qualità dell'aria, e prevede un programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria: uno strumento che si pone oltre la logica emergenziale per affrontare questo tema epocale secondo criteri di organicità e pianificazione, e tenendo presente la dimensione sociale e culturale, oltre che economica, del problema ambientale e dei cambiamenti climatici. In questa logica si inquadrano: il programma sperimentale di buona mobilità, per favorire la rottamazione dei veicoli inquinanti e promuovere forme di mobilità sostenibile, individuale e collettiva, il finanziamento di corsie preferenziali per il trasporto pubblico locale, il sostegno al trasporto scolastico con mezzi ibridi o elettrici, le azioni per la riforestazione nelle aree metropolitane e il rimboschimento per prevenire il rischio idrogeologico in aree fluviali.
Ma mi interessa sottolineare, in particolare, come sia pienamente coerente con le strategie del new deal l'istituzione delle zone economiche ambientali nel territorio dei parchi nazionali. Grazie a questa misura, che prevede forme di sostegno alle imprese locali, i parchi nazionali possono realmente diventare veri laboratori di sperimentazione per promuovere l'economia circolare, l'uso di energie rinnovabili, e favorire la coesione sociale e la cura del territorio salvaguardando un prezioso patrimonio di civiltà, che, in molti casi, vediamo a rischio di estinzione o quantomeno di declino.
E teniamo presente che i parchi nazionali rappresentano il 6 per cento del territorio del nostro Paese, quindi una sperimentazione ben corposa.
Grande valenza ha anche la previsione di campagne di informazione e formazione ambientale nelle scuole, che comprendono anche attività di volontariato degli studenti. E su questo vorrei dire che in una sfida epocale come quella dei cambiamenti climatici non sono sufficienti norme efficaci, ma occorre la maturazione di una coscienza collettiva che necessita di percorsi educativi e culturali. La vera svolta nel processo di transizione ecologica e il pieno successo della stessa dipendono da cambiamenti significativi nei comportamenti e negli stili di vita delle persone, e in questo senso la formazione delle coscienze non può che andare di pari passo con la predisposizione delle norme.
Ambiente e clima: siamo a un passaggio di civiltà, che comporta indubbiamente scelte difficili da affrontare con una nuova assunzione di responsabilità verso la casa comune. Il clima politico e culturale dominante, che vede proliferare esasperati egoismi e particolarismi, spinte sovraniste e nazionaliste, non ci aiuta a fronteggiare sfide globali che richiederebbero una visione di sistema, collaborazione e unità di intenti. La cura della casa comune non si concilia con il richiamo alle frontiere, a muri da alzare o a porti da chiudere, non si concilia con parole d'ordine come “prima gli italiani”, altrimenti dovremmo pensare che Venezia è un nostro problema nazionale, esclusivo, mentre tutto il mondo per fortuna sente come un suo problema la salvezza di questa città, o dovremmo acclamare la politica di Bolzonaro, che, in nome degli interessi del Brasile, illusori direi, distrugge un patrimonio che appartiene all'umanità. Le politiche che fanno dei confini nazionali il perimetro chiuso delle proprie azioni sono un ostacolo alla lotta dei cambiamenti climatici, così come altrettanto fuorviante sarebbe una visione idilliaca della transizione ecologica, che non potrà avvenire se non intaccando alcuni interessi per promuoverne altri, scegliendo inevitabilmente anche attraverso politiche fiscali di incentivazione e disincentivazione.
Oggi con questo decreto abbiamo un sentiero, che andrà battuto con coraggio e determinazione. Lo facciamo con misure concrete e con un impegno finanziario non trascurabile. Io non credo, come diceva qualche collega, che si possano definire briciole, somme come i 450 milioni di euro previsti per l'attuazione di questo decreto. È uno dei primi passi in una sfida che prevede un percorso lungo e impegnativo, con cui intendiamo misurarci nell'interesse del nostro Paese, ma anche con l'ambizione di contribuire a dare risposte alle future generazioni, affrontando un problema drammatico che coinvolge l'intero pianeta.
Per questi motivi, il gruppo del Partito Democratico sostiene con convinzione e con il proprio voto favorevole questo provvedimento