Presidente, nel marzo 2017 scoppia l'ultima puntata della crisi Alitalia; l'azienda gestita dalla cordata CAI ed Etihad è in grave difficoltà finanziaria, si fa un accordo con i sindacati, l'accordo viene rigettato con referendum e nel maggio 2017 il CdA dell'azienda chiede e ottiene l'ammissione a una procedura di amministrazione straordinaria. Nella scorsa legislatura il Parlamento e i Governi sono intervenuti con due decreti-legge e con 900 milioni di prestito ponte. Nella prima parte della XVIII attuale legislatura, il Governo gialloverde è intervenuto con tre decreti-legge e, oggi, qui, con questo Governo, con il decreto n. 137 del 2019 che ci apprestiamo a convertire, si rifinanzia l'operazione di salvataggio di Alitalia con ulteriori 400 milioni di euro.
Tuttavia, mi permetto di sottolineare che con questo decreto-legge si cambia rotta, se posso usare un linguaggio di tipo aeronautico; noi con questo decreto-legge prendiamo atto del fallimento della procedura di cessione che era stata avviata dal precedente Governo, fallimento per mancata espressione dell'offerta da parte della cordata che era stata selezionata dai commissari, guidata da Ferrovie dello Stato. Ricordo i fatti: ad aprile 2018, ai commissari straordinari erano giunte varie offerte, le offerte di easyJet, di Wizz Air, di Delta, di Lufthansa, primari operatori del settore, ma, a settembre 2018, venne scelta FS, le Ferrovie dello Stato, nonostante la presenza di importanti operatori privati qualificati, primarie compagnie internazionali. Una soluzione, si disse, sovranista, si rivendicò con orgoglio la soluzione sovranista. Ebbene, si è visto come è andata a finire: venti mesi buttati, un nulla di fatto, un'azienda che brucia 500 milioni di euro l'anno. Il Partito Democratico è stato da sempre contrario al coinvolgimento di Ferrovie dello Stato, ritenevamo e riteniamo che le Ferrovie abbiano un'altra mission, un altro business, altre sfide da compiere, sia sul versante infrastrutturale, sia sul versante del servizio ai pendolari italiani e abbiamo denunciato più volte il rischio che la crisi di Alitalia travolgesse anche le Ferrovie dello Stato che accorrevano in suo soccorso. Ora, con questo decreto-legge, al commissario straordinario viene chiesto un di più, viene chiesto di porre in essere iniziative di riorganizzazione e di efficientamento dell'azienda, per pervenire alla cessione dei complessi aziendali. La riorganizzazione è un fatto indispensabile per trovare un partner che abbia adeguate capacità industriali, come abbiamo visto in questi mesi, e abbiamo bisogno di un partner, non è praticabile la soluzione dello stand alone e non sono praticabili, come dimostrano i fatti, avventure guidate da aziende che hanno mission diverse e compiti diversi. Siamo consapevoli dell'importanza di Alitalia, di una compagnia nazionale per lo sviluppo economico e turistico del Paese e vogliamo anche sottolineare con orgoglio che le audizioni anche degli operatori internazionali hanno sottolineato il valore riconosciuto del brand “Alitalia” nel mondo, i valori di puntualità e di sicurezza di Alitalia che la rendono tra i primi soggetti internazionali; voglio anche ricordare che non è solo una questione di economie sul personale, posto che l'incidenza del personale di Alitalia è del 19,2 per cento del fatturato, rispetto a quella di Lufthansa che è del 19,4 per cento, ma è un problema di offerte di servizi, di voli a lungo raggio che mancano e di ridefinizione dei costi strutturali. Oggi, con questo decreto la riorganizzazione è tra le possibilità e tra i doveri del commissario. Voglio ricordare come in questo Parlamento in questi giorni sia stato fatto uno sforzo corale, un lavoro parlamentare proficuo che nobilita il termine “parlamentare”, un lavoro che ha portato a migliorare il decreto in ordine a punti sull'informativa parlamentare nei prossimi mesi sulla situazione economico-finanziaria dell'azienda, che ha portato a migliorare il decreto, introducendo norme sulla salvaguardia del personale e sulla garanzia dell'unicità dei complessi aziendali e, perfino, norme sulle procedure di restituzione del debito, onde evitare infrazioni comunitarie.
Voglio però ricordare alcune cose che ieri abbiamo sentito in discussione generale; abbiamo sentito i colleghi della Lega propendere per soluzioni originali, tipo la soluzione proposta dai banchi della Lega di cedere l'azienda agli ex amministratori di Avianca, forse suggestionati dai nomi di derivazione russa degli attuali amministratori. Voglio solo ricordare che in questi ultimi mesi Avianca Brazil è andata in bancarotta, Avianca Argentina ha sospeso le proprie attività e Avianca Colombia è ora controllata da United Airlines proprio perché i soci, a cui vorremmo affidare la nostra azienda, non sono stati in grado di onorare un debito di 456 milioni di dollari. Abbiamo sentito dai banchi di Forza Italia una critica dura verso questo Governo e verso questo decreto-legge. Anche qui voglio fare un viaggio nel tempo a quando, nel 2006, il Governo Prodi tentò di vendere l'azienda; si presentarono vari compratori, Air France, Aeroflot, Lufthansa. Ricordo che Air France, all'epoca primario vettore mondiale, aveva dato la disponibilità a pagare un miliardo di euro e ad accollarsi i debiti di Alitalia per un miliardo e mezzo di euro. Sapete perché fallì questa procedura? Fallì per il “niet” del leader del centrodestra, Silvio Berlusconi, che nella campagna elettorale aveva martellato proprio sul mantenimento dell'italianità della compagnia. E ho citato ieri, non lo ripeto per brevità di tempo, quello che il 24 settembre 2013, Massimo Morici, su Panorama, un giornale che non si può dire detesti Berlusconi, scrisse sul comportamento del leader del centrodestra. Panorama scrisse in quell'occasione: il conto per il nostro Paese di questa scelta è stato salatissimo, si parla di una cifra superiore a 4 miliardi di euro. Questi sono i costi per aver bloccato, nel 2006-2008, in tempi ben diversi, più favorevoli per Alitalia, una procedura di cessione che ci avrebbe messo al riparo dalla crisi in cui noi oggi siamo precipitati.
Ma voglio anche citare le parole di Fratelli d'Italia che oggi sono così critiche verso questo Governo, ma che solo ieri hanno parlato di azienda depredata dei suoi asset dai soci che la gestivano, CAI e Etihad, proprio la cordata guidata da CAI, che grazie al voto degli amici di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) è salita al governo dell'azienda su indicazione di Silvio Berlusconi e del suo Governo. Prima li avete fatti andare al governo dell'azienda, prima gli avete ceduto l'azienda per un valore inferiore a quello che avrebbe pagato Air France, e oggi dite che è stata spogliata!
Allora, in questi ultimi anni, in questi ultimi due anni, lo Stato ha investito oltre un miliardo e mezzo di risorse pubbliche, tenendo conto degli interessi non riscossi, in Alitalia. Ora, è chiaro a tutti che non è possibile continuare ad erogare altro denaro in questo modo. Non solo non è possibile in quanto non è prassi di buona amministrazione, ma non ci è nemmeno concesso dalle norme comunitarie.
Ora, noi, come Partito Democratico, siamo qui, con responsabilità, nonostante il fallimento di una soluzione che avevamo predetto, disposti a lavorare per il salvataggio dell'azienda, ma diciamo che mettere in equilibrio economico l'azienda non è solo una necessità per garantire il futuro dell'azienda stessa, bensì è un obbligo etico che noi sentiamo verso tutti gli italiani, verso tutti i cittadini contribuenti. Salvare Alitalia è una sfida per il sistema Paese tutto e per le nostre istituzioni e noi siamo determinati con responsabilità a riuscire in questo intento. E proprio a questo fine dichiaro in questa sede il voto favorevole del Partito Democratico alla conversione in legge del decreto-legge.