Per sapere – premesso che:
il 26 marzo 2020 i Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea hanno adottato una Dichiarazione comune sulla risposta europea al COVID-19, sottolineando come la pandemia rappresenti una sfida senza precedenti, non solo per l'Europa ma per il mondo intero;
la Dichiarazione si articola nelle seguenti azioni: limitare la diffusione del virus; garantire le forniture di attrezzature mediche; promuovere la ricerca; affrontare le conseguenze socio-economiche; rimpatriare i cittadini bloccati in Stati terzi;
sin dal Consiglio straordinario Epsco (parte Salute) del 13 febbraio 2020, l'Unione europea ha adottato azioni per la tutela della salute e il contenimento della pandemia;
mentre proseguono le azioni di contrasto dell'infezione, è già consapevolezza comune che l'Europa sarà chiamata a gestire, a stretto giro, le gravi conseguenze economiche innescate dalla pandemia, che sta comportando – oltre ai già ingenti costi diretti – la temporanea chiusura di numerose attività economiche, le cui conseguenze in termini di perdita di prodotto interno lordo e posti di lavoro, pur non ancora esattamente quantificabili, saranno sicuramente di enorme rilevanza, tali da innescare una spirale recessiva probabilmente peggiore di quella vissuta in occasione della crisi finanziaria globale del 2008;
l'Unione europea ha adottato importanti decisioni per fronteggiare tale impatto economico, in particolare: il ricorso alla clausola di salvaguardia generale prevista dal Patto di stabilità e crescita; l'adozione, da parte della Commissione europea, del quadro di riferimento temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia; la creazione del Crii (Coronavirus response investment initiative) per promuovere investimenti con i fondi strutturali e di investimento europei disponibili per un totale di 37 miliardi di euro; il programma di acquisto per l'emergenza pandemica (PEPP) della Banca centrale europea, con una dotazione complessiva di 750 miliardi di euro; la protezione del funzionamento del mercato unico sulla base degli orientamenti della Commissione europea; garanzie dedicate dalla Banca europea per gli investimenti alle piccole e medie imprese che potranno mobilizzare fino a 40 miliardi di euro di finanziamenti;
appare, tuttavia, necessario rassicurare ulteriormente l'opinione pubblica sul fatto che l'azione comune europea sarà all'altezza della gravità delle conseguenze che la pandemia sta – già oggi – arrecando, anche sulle prospettive di tenuta economica a breve e medio termine –:
quale sia la posizione del Governo italiano sulle iniziative già intraprese da parte delle istituzioni europee e quali eventuali ulteriori misure a sostegno della tenuta e della ripresa economica il Governo ritenga di dover sostenere in ambito di Unione europea.
Seduta del 1 aprile 2020
Illustrazione e replica di Piero De Luca, risposta del Ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola
PIERO DE LUCA: Grazie, Presidente. La pandemia da Coronavirus pone l'Italia e l'Europa di fronte a una sfida senza precedenti. Nonostante qualche dichiarazione sbagliata, finora le istituzioni europee hanno adottato misure inedite importanti, che vanno nella giusta direzione, quali, ad esempio, l'acquisto straordinario di titoli da parte della BCE e la sospensione del Patto di stabilità. Se delle azioni positive sono state messe in campo lo dobbiamo soprattutto all'impegno di un Governo autorevole, che a Bruxelles ha fatto sentire la propria voce, con le armi della diplomazia e non con quelle della propaganda. Ciò nonostante, quanto realizzato ad oggi in Europa non basta per aiutare adeguatamente né l'Italia né altri Stati ad affrontare l'emergenza sanitaria e a rispondere ai drammatici bisogni, anche primari, di famiglie, lavoratori e aziende in difficoltà. È necessario prevedere allora ulteriori strumenti e armi non convenzionali per sconfiggere questo nemico invisibile e vincere la battaglia futura, ancor più difficile, della ricostruzione economico-sociale delle nostre comunità. Per questo chiediamo a lei, signor Ministro, quale sia la posizione del Governo sulle iniziative adottate e su quelle ancora da intraprendere in Europa.
VINCENZO AMENDOLA, Ministro per gli Affari europei: Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli perché mi danno la possibilità di rendere conto al Parlamento dei lavori del Consiglio europeo e delle istituzioni nelle ultime settimane, tutto a garanzia di una corretta informazione.
Oltre al contrasto immediato dell'emergenza sanitaria, di cui il Ministro Speranza ha riferito in Parlamento, il 10 marzo scorso i Capi di Stato e di Governo dell'Unione hanno dato mandato di intervenire rapidamente. Da quel momento, a partire dal 13 marzo, si sono succedute numerose misure e iniziative; provo a ricapitolare le principali.
La Commissione ha adottato una comunicazione, il 13 marzo, con la quale viene, tra le altre cose, istituita l'iniziativa di investimento in risposta al Coronavirus, un fondo pari a 37 miliardi di euro di fondi europei. Il ricorso sarà reso ancora più flessibile, come annunciato oggi dalla Commissione, eliminando, tra l'altro, la quota di cofinanziamento nazionale.
La Commissione ha deciso l'attivazione del Fondo europeo di solidarietà, riallocato 1 miliardo come garanzia del Fondo europeo di investimenti e ha dettato una seconda comunicazione il 19 marzo sugli aiuti di Stato per la compensazione del danno, elevando il limite de minimis a 800 mila euro, e ha adottato un quadro temporaneo che consente di intervenire a garanzia della liquidità delle imprese. Ha proposto all'Ecofin, che ha approvato il 23 marzo, la general escape clause, che sospende il percorso di aggiustamento di bilancio derogando dalle regole del Patto di stabilità e crescita. La Commissione ha sospeso i termini delle procedure di infrazione fino al 15 giugno del 2020. Dal canto suo, la BCE ha avviato il programma PEPP il 18 marzo, un programma di acquisto straordinario di titoli per un ammontare che arriva fino a 1.100 miliardi, con modalità nuove, eliminando anche i titoli di acquisto per ogni Paese emettendo. E, infine, la BEI ha adottato a inizio marzo diverse misure di intervento per alleviare la crisi di liquidità per più di 120 miliardi, e successivamente anche un piano per attivare fino a più di 40 miliardi di finanziamento destinati alle piccole e medie imprese.
Siamo chiari: dinanzi alla scelta della deroga al Patto di stabilità e alle misure della BCE dobbiamo esprimere un giudizio favorevole, ma sappiamo allo stesso tempo, come dice il Commissario Gentiloni, che serve un recovery plan, un piano di rinascita europeo capace di ricostruire il tessuto socio-economico. E proprio in questo senso nel Consiglio del 26 marzo il nostro Presidente del Consiglio Conte ha chiesto uno strumento condiviso a livello europeo per garantire un finanziamento stabile e a lungo termine delle politiche utili a contrastare i danni causati da questa pandemia. Il Consiglio europeo del 26 ha dato mandato all'Eurogruppo di lavorare su possibili proposte, ulteriori proposte di politica fiscale comune.
Gli strumenti, caro onorevole, ci sono e sono realizzabili; ne elenco alcuni, brevemente. Una garanzia comune per uno strumento di finanziamento emesso dalle istituzioni dell'UE, Corona bond o recovery bond, che consentano di reperire le risorse necessarie ad obiettivi comuni per i ventisette.
Un intervento in base all'articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell'Unione come, ad esempio, lo Sure annunciato oggi dalla Commissione che è un fondo europeo di sostegno a strumenti nazionali per la lotta alla disoccupazione che dovrebbe essere finanziato con l'emissione di titoli di debito da parte della Commissione fino a 100 miliardi; ulteriori interventi della BEI per mobilitare risorse a favore della liquidità delle imprese, soprattutto le piccole e medie, e la riattivazione del negoziato sul prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 che dovrà essere orientato al rilancio socio-economico, come ho avuto modo di sottolineare nel colloquio che ho avuto con il commissario Hahn lunedì scorso. Insomma alcune grandi e positive modifiche sono state fatte e anche sostenute dal Governo ma sappiamo che una crisi globale di questa intensità può essere solo risolta attraverso strumenti comuni ed europei. Dopo le scelte positive fin qui attuate è necessario che l'Unione compia ulteriori passi a qualunque costo
PIERO DE LUCA: La ringrazio, signor Ministro, per i chiarimenti e le rassicurazioni. Il Partito Democratico ritiene che si debba lavorare in Europa per individuare, come lei ricordava, strumenti nuovi di politica fiscale comune in grado di assicurare agli Stati risorse necessarie a gestire l'emergenza sanitaria e ad affrontare le conseguenze di una crisi che si preannuncia drammatica. Lo diciamo chiaramente anche ai nostri amici europei: l'obiettivo dell'Italia non è mutualizzare il proprio debito passato ma condividere le responsabilità future di interventi e progetti in campo economico, sociale e sanitario necessari ad aiutare da oggi tutti i nostri cittadini. Non ci appassionano sul punto le formule, i nomi o le etichette: il PD, come il Governo, è interessato al contenuto reale degli strumenti che l'Europa riuscirà a prevedere e ci rimettiamo al vostro lavoro negoziale per definire se questo impegno si tradurrà, come apprendiamo in queste ore, in un fondo comune contro la disoccupazione e a difesa del lavoro, misura già di per sé rivoluzionaria che rivendichiamo e sosteniamo con orgoglio perché è stata sostenuta dal Partito Democratico sin dalla precedente legislatura e dal Ministro Pier Carlo Padoan da tempo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) o si tradurrà nell'acquisto di ulteriori titoli da parte della BCE, in un sostegno economico senza condizionalità o, come sosteniamo anche qui da tempo, in eurobond, cioè titoli comuni europei emessi dal MES, dalla BEI o da qualunque altra istituzione competente. Ciò che conta è attivare da subito meccanismi europei straordinari. Del resto nessun Paese dell'Unione è in grado di superare questa crisi da solo o può avere interesse a ripartire dalle macerie dopo l'emergenza. Il progetto europeo nasce, come lei ricordava ed è giusto ribadirlo, per ricucire le ferite di una grande guerra; nasce da scelte politiche ed economiche lungimiranti e generose fatte per aiutare popoli e Stati a ripartire dopo un conflitto drammatico. Oggi l'Unione deve proteggere quegli stessi popoli e Stati aiutandoli ad affrontare una guerra di cui nessuno è responsabile. Le comunità delle origini nascono per migliorare le condizioni di vita dei nostri cittadini, non per approfittare di difficoltà o per voltarsi dall'altra parte quando uno Stato chiede aiuto. Chi pensa e fa questo tradisce il sogno e il progetto dei padri fondatori dell'Europa unita. Signor Ministro, per questa ragione invitiamo lei e il Governo a proseguire lungo la strada tracciata nell'interesse delle famiglie, dei lavoratori, delle imprese. Siamo certi che l'Italia saprà convincere i nostri partner e l'intera Europa ad adottare misure all'altezza delle sfide che abbiamo di fronte senza timore ma con coraggio, unità e vero spirito di solidarietà.