Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di ogni altra riflessione voglio rivolgere, a nome mio e del Partito Democratico e credo dell'intero emiciclo, un pensiero alle oltre 25 mila vittime di questa pandemia, un gesto di cordoglio alle loro famiglie e ai loro cari (Applausi). Al pari, vorrei onorare, insieme a voi, le oltre 150 donne e uomini vittime del dovere, medici, infermieri e operatori sanitari che sono venuti a mancare nel corso dell'emergenza (Applausi). Permettetemi anche un sentito grazie alle migliaia di operatori del terzo settore che in questa pandemia hanno sublimato il loro contributo per il Paese: senza di loro non saremmo riusciti ad arrivare a tutti quanti (Applausi).
Mai dal secondo dopoguerra a oggi la politica si è dovuta misurare con un nemico tanto ostile, un nemico invisibile e letale che ha sorpreso e diviso persino il mondo scientifico, rendendo tremendamente complesse le decisioni da prendere.
Questo decreto non è e non può essere considerato una risposta esaustiva ma, evidentemente, una risposta all'emergenza che vivevamo in quei giorni. Il “Cura Italia”, quindi, è nato solo con questo intento. Piuttosto, questo decreto rappresenta il primo passo di un cammino lungo e complesso; un primo passo, dunque, per lanciare un segnale di supporto alle imprese, alle famiglie, ai lavoratori dipendenti e, per la prima volta da tantissimo tempo, anche ai lavoratori autonomi. A tutti loro abbiamo provato ad assicurare una forma di sostegno, una garanzia, un aiuto. Penso alle forme di protezione sociale dei lavoratori e agli aiuti alle famiglie, alle misure per potenziare la sanità e a quelle per dare ossigeno alle imprese, decisioni utili e tempestive che hanno trasmesso un messaggio chiaro: lo Stato c'è ed è al vostro fianco.
Ma saranno i prossimi passi, subito dopo questo, a dirci quanta strada avremo fatto, già a cominciare dal prossimo provvedimento che non si dovrà limitare a prorogare le misure già prese ma dovrà avere la forza e l'ampiezza per dare slancio e respiro alle imprese e alle famiglie italiane e dovrà dare risposte certe a tante questioni che rimangono aperte: misure più larghe per la sospensione di mutui, una soluzione pratica alla seria questione degli affitti, anche con riferimento, spero, agli studenti fuori sede, l'estensione dell'assegno familiare anche ai lavoratori che percepiscono l'assegno ordinario oggi fortemente penalizzati, il rafforzamento della rete degli interventi in ambito sociale, interventi che sono fondamentali per sostenere le famiglie più in difficoltà.
Così come dobbiamo dare risposte alle esigenze della sanità pubblica, stremata dagli sforzi di queste settimane. Sarà essenziale assicurare l'assunzione di nuovo personale, aumentare le borse di specializzazione e procedere alla stabilizzazione degli operatori precari per rimediare, almeno in parte, alle gravi restrizioni dell'ultimo decennio e restituire al nostro sistema sanitario dignità.
Ma anche risposte più chiare a tante categorie di lavoratori e penso al mondo degli autonomi e della libera professione, più di due milioni di professionisti che aspettano un segnale rassicurante dal Governo. In questo senso, sarà cruciale pensare a un allargamento della platea delle indennità e a un loro aumento.
E proprio perché non viviamo sulla luna ma proviamo a raccogliere il bisogno che emerge nel Paese, chiediamo al Governo un sensibile cambio di passo sull'attuazione di tutte le misure messe in campo da questo decreto e dagli interventi che verranno anche nei prossimi provvedimenti. Infatti, bisogna tenere bene a mente che in situazioni di emergenza come questa il fattore tempo non è una variabile secondaria. Tanti italiani chiedono giustamente più velocità nell'erogazione delle risorse e una macchina amministrativa efficiente e svelta, perché il rischio per molti è quello di non poter avere nemmeno il denaro sufficiente per la spesa alimentare e i beni di primissima necessità. Su questo gli italiani si aspettano un impegno serio da parte di tutti quanti noi e non solo del Governo, un impegno che coinvolga tutti, maggioranza e partiti di opposizione.
Non credo sia questo il tempo dei bisticci e di puntare il dito gli uni contro gli altri. Gli italiani si aspettano che la politica dia con responsabilità le risposte concrete di cui tutti sentono il bisogno. Non vogliono sentire le sirene di un partito (ciascuno di noi è legato legittimamente a un credo). Vogliono sentire, invece, la vicinanza delle istituzioni, quelle con la “i” maiuscola, a cui tutti, senza distinzione, dobbiamo sentire di appartenere in questo momento di difficoltà. Ecco, è fondamentale che si torni a un dialogo civile, un confronto che metta da parte propaganda e falsità e si concentri sulle soluzioni realistiche per provare a uscire da questa crisi epocale.
Abbiamo bisogno di unità se non vogliamo uscirne con le ossa rotte di fronte agli italiani e nelle sedi europee, dove proprio nelle scorse ore si è fatto un passo avanti inaudito nell'intera storia dell'Unione. Sì, una svolta frutto anche del dialogo costruttivo che il nostro Governo ha tenuto con l'Unione europea in queste ultime settimane, non solo per garantire maggiore sostegno al nostro Paese ma per tracciare le linee guida di un'Unione europea diversa, più forte e più coesa. Gli Stati uniti europei: noi non ci dimenticheremo mai di ricordare l'obiettivo di fondo.
Il Recovery Fund, lo strumento finanziato con titoli europei che permetterà di finanziare gli interventi più necessari e urgenti nei Paesi colpiti dalla crisi, è un primo passo, ma le richieste di un ulteriore impegno non possono nemmeno lontanamente far pensare che nell'ultimo mese l'Europa sia rimasta a guardare. Lo ricordava qualche giorno fa il nostro capogruppo Delrio: abbiamo visto più Europa negli ultimi 20 giorni che negli ultimi vent'anni. Infatti, il Recovery Fund si inserisce in un pacchetto più ampio, a partire dallo SURE, per la tutela dei lavoratori, fortemente voluto dal commissario Gentiloni, passando per la sospensione pressoché totale delle regole sul deficit, sul debito e sugli aiuti di Stato fino all'azione decisiva della Banca centrale europea. Guardate, decisioni senza le quali l'Italia si sarebbe trovata isolata e molto più debole nella lotta contro un'emergenza sanitaria di proporzioni globali; una lezione utile a tutti, anche e soprattutto a chi crede che l'Italia possa avere un ruolo di rilievo fuori dall'Unione europea.
E, invece, abbiamo bisogno di coesione per superare i grandi ostacoli che questo tragico appuntamento con la storia ci ha messo davanti, perché oggi l'Italia non ci chiede solo di uscire dall'emergenza ma ci chiede certezza per i giorni che verranno e una prospettiva per il futuro. Lo hanno detto in tanti ma penso che ci si debba credere veramente tutti insieme: c'è bisogno di una visione strategica, di costruire un nuovo paradigma e da lì fondare la società che verrà. Il futuro e il benessere dei cittadini di domani passa inevitabilmente da qui, da un nuovo patto tra impresa, lavoratori e pubblica amministrazione che metta al centro del suo progetto la qualità del lavoro e della vita e dia una bella spallata alla burocrazia e, in questo senso, apprendiamo con immensa gioia quanto contenuto dalle prime indiscrezioni del DEF in approvazione. Dobbiamo, infatti, essere in grado di ricucire un rapporto incrinato da anni, che torni a liberare le energie vive del nostro Paese e che provi a tutelare le forme del lavoro in tutte le sue applicazioni.
Dovremo ripensare alla radice il nostro welfare e le decisioni che hanno portato nell'ultimo decennio a deprimere gli investimenti in sanità, politiche sociali, ricerca e istruzione. Dovremo aprire una stagione nuova la cui bussola deve guardare alla piena realizzazione dei diritti sociali di tutti, riducendo i divari territoriali tra Nord e Sud del Paese, correggendo le disuguaglianze economiche e contrastando l'esclusione sociale che lascia ai margini tanti cittadini.
Sulla questione ambientale, non possiamo semplicemente accontentarci di riaccendere gli interruttori dell'economia una volta che sarà passata la tempesta. Transizione ecologica, riconversione, qualità dell'aria, sostenibilità: sono queste le parole che dovranno orientare le scelte politiche d'ora in poi. Questa crisi, guardate, non può essere oggi per noi solo motivo di sconforto, anzi tutto il contrario. Nei momenti più critici della storia l'Italia ha sempre dimostrato di saper tirar fuori il meglio di sé.
Anche noi ora siamo chiamati a immaginare una nuova idea di sviluppo che non si fermi allo sterile miglioramento di qualche dato macroeconomico, uno sviluppo che consenta di produrre quello che ci serve e non solo quello che si vende e che produce un grande utile economico.
Questo voto favorevole del gruppo del Partito Democratico, quindi, è prima di tutto un segno di apprezzamento per quanto fatto finora dal Governo, che ha saputo dimostrare, in un momento particolare, una guida seria e attenta alle forti instabilità globali quando altre democrazie europee hanno segnato il passo con decisioni molto spesso contraddittorie.
Ma, guardate, nell'approvazione di questo provvedimento ritengo ci sia anche un insegnamento per il futuro. La storia, infatti, non ci giudicherà per i nostri like sui social ma per la capacità che sapremo dimostrare di imprimere una svolta al tempo che stiamo vivendo.
Sì, perché questo tempo, non un altro, ci è dato di vivere. E dobbiamo essere all'altezza di viverlo con dignità e onore, come recita la formula di giuramento alla Costituzione