Grazie Presidente, onorevoli colleghi e Ministro, con questo passaggio parlamentare, con la sua apprezzata comunicazione oggi al Parlamento, che si accompagna all'apprezzamento al suo lavoro di questi mesi, Ministro, con questa comunicazione e la discussione che ne seguirà e che ne è seguita, non solo inauguriamo una scelta virtuosa di pieno e preventivo coinvolgimento del Parlamento su decisioni che insistono, in maniera così decisiva, sulla vita dei cittadini italiani, ma voglio credere - e le sue parole sono andate utilmente in questa direzione - che si possa instaurare una proficua collaborazione istituzionale, una messa a sistema di tutti i punti di vista, di un'utile pluralità che in quest'Aula si esprime, ad espressione della pluralità del Paese e che mai come oggi è necessario sia convintamente orientata, senza nulla togliere alle differenze, a realizzare una piena uscita dall'emergenza e ad assumersi una responsabilità condivisa, davvero condivisa, verso le conseguenze inedite, per portata e quantità, che siamo chiamati ad affrontare come Paese, per costruire questa fase nuova di convivenza con il virus. Nel farlo, ci deve muovere la consapevolezza che la normalità, che tutti vogliamo vedere tornare presto, non potrà mai essere e non sarà rimettere indietro l'orologio a prima del 21 febbraio, non potrà essere destarsi da un brutto sogno e ripartire da dove si era interrotta la vita del Paese. Sarà, al contrario, una lunga e complessa traversata nel deserto per ricostruire un Paese spaventato e infragilito da questa pandemia. Per farlo, ci vorrà un coraggio inedito, una determinazione nuova, che nulla ha a che vedere con l'ordinarietà. sarà necessario avere una visione che tenga insieme l'urgenza dei bisogni concretissimi ed immediati dell'oggi, le sofferenze che si esprimono e che chiedono velocità di soluzioni nel qui ed ora, con un progetto a lungo termine di rinascimento per il Paese, capace di affrontare in termini sistemici fronti di fragilità, di debolezza del sistema Paese, che preesistevano e che questa pandemia e le sue conseguenze hanno amplificato. Oggi è il tempo di ingranare una marcia diversa, partendo dalle scelte che si stanno compiendo - penso al decreto cosiddetto “Rilancio” - dalle risorse che si stanno investendo, con la necessità di non fermarsi alle buone premesse, ma di porre l'attenzione sugli esiti attesi, sugli effetti reali, sul tempo, fattore decisivo in cui si realizzano, impattando positivamente sulla vita delle persone, sulla loro quotidianità. Oggi, a proposito di esiti - lei lo ha detto - possiamo dire che la scelta di chiusura del paese, del lockdown, la radicalità di quella scelta complessa, la sua tempestività rispetto ad altri Paesi del mondo, che ne hanno pagato le conseguenze, ha prodotto gli effetti sperati: da settimane ormai vediamo calare il numero dei contagi, diminuire la severità delle conseguenze cliniche del COVID-19 e conseguentemente il ricorso alle terapie intensive e vediamo aumentare le storie di guarigione. Qualcuno, anche nel mondo della politica, si è avventurato a dire come questo sia il segno di una mutazione del virus, di un indebolimento della sua carica virale, arrivando taluno ad affermare che questa era l'evidenza della natura artificiale del virus.
No, nulla di tutto ciò, nessuno sconfinamento nella fantascienza. Questo è l'esito di un'efficace scelta di tutela della salute pubblica, che si è realizzata con la chiusura totale dell'attività e della mobilità delle persone, pur dolorosa. Come su tutto, anche su questo si è sviluppato un infinito dibattito di opinioni: aprire tutto, no, chiudere tutto, hanno convissuto finanche nell'opinione mutevole di singole persone, anche di singoli esponenti del Parlamento italiano. I numeri di queste settimane credo abbiano chiuso quel dibattito. Abbiamo fatto bene a compiere una scelta difficilissima, che si è dimostrata decisiva. Insieme all'eroica resilienza degli italiani, quella di chi ha lavorato in prima linea nei reparti COVID degli ospedali, quella di chi ha garantito la continuità dei servizi essenziali, quella di chi ha prodotto uno straordinario lavoro di cura familiare, dei propri figli, dei propri nonni, delle tante e piccole grandi fragilità, che attraversano la vita di milioni di persone e di famiglie. Li abbiamo chiamati eroi, ma sono semplicemente italiani capaci di tirare fuori con umiltà il meglio della complessità estrema. Senza questo sforzo, senza questa collaborazione silenziosa fra le radicali scelte delle istituzioni e la resistenza dei cittadini, avremmo senza tema di smentita pagato un prezzo ancora più alto e doloroso a questa pandemia. Oggi, con questo prossimo DPCM, superiamo definitivamente la fase delle chiusure, ma con questo non abbandoniamo di certo la prudenza, la cautela e il rispetto delle regole nuove di convivenza, che hanno consentito il superamento di quella fase. Oggi è necessario compiere ulteriori passi, a partire dalle attività, che, per loro natura, non sono ricomprese nei vari DPCM che si sono succeduti. Penso alle attività ricreative e culturali, penso agli spettacoli dal vivo su cui vi è stata un'importante mobilitazione di cantanti e artisti che chiedono di dare opportunità e sostegno a questo settore, ai tanti lavoratori e alle tante maestranze che lo realizzano. Penso alle attività ricettive, turistiche, congressuali, fieristiche. Penso ai centri estivi, mai così importanti come quest'anno, per restituire una dimensione di relazione, socialità e di gioco alle bambine e ai bambini, altri eroi ed eroine resilienti di questo tempo, con un'attenzione particolare alla fascia 0-6, sicuramente in relazione ai centri estivi, ma in prospettiva in relazione all'apertura degli asili nido e dei servizi per questa fascia di età.
E poi, lo ha ben detto lei, Ministro, la scuola: noi dobbiamo compiere ogni sforzo per una piena e regolare riapertura delle scuole a settembre. A settembre saranno passati sette mesi dalla chiusura delle scuole, lo dovremo fare con lezioni in presenza, con la relazione educante fra insegnanti ed alunni; servono risorse, dati anche i costi delle misure anti contagio, servono spazi, servono le linee guida, condividendole con gli enti locali; serve soprattutto la consapevolezza, e la creatività nel trovare soluzioni definitive, serve dimostrare una consapevolezza ancor maggiore della natura irrinunciabile della formazione scolastica e di come essa, insieme alla salute, debba e possa essere il pilastro strategico del Paese e la base del Patto per la ricostruzione. L'Italia non riparte davvero se non riparte nella pienezza della sua vocazione alla scuola. Bisogna avere un di più di coraggio e di impegno. Bisogna che, alla giusta prudenza della prima fase, si accompagni ora un determinato e incessante lavoro che il Paese si aspetta.
E infine, appunto, l'altro grande pilastro pubblico e universalistico, capace di aggredire le diseguaglianze: la sanità. Qui siamo di fronte ad un'inedita e unica occasione, come lei ha detto. Si è retto con merito l'urto devastante di una pandemia. Di fronte a tutto ciò che è successo, è necessario trarre un insegnamento, sia dalle virtù, che si sono espresse, del Servizio sanitario nazionale, tante, sia dagli errori, inevitabili, incamminandosi in un percorso tanto cruento, quanto inedito. Ora si deve trasformare, il nostro Servizio sanitario nazionale, in termini di una ancora maggiore efficacia ed efficienza rispetto alle conseguenze del virus, ma anche rispetto alla trasformazione dei bisogni e delle aspettative di salute, che già erano in atto e che chiedono il coraggio di una innovazione profonda. Il COVID, infatti, ci ha insegnato che la salute è la piattaforma trasversale, sulla quale si reggono tutti i sistemi educativi, produttivi, relazionali; scelte di innovazione che, anche qui, non possono che passare dalla collaborazione e dall'unità di intenti di tutti gli attori coinvolti.
Non si tratta di avventurarsi come tifosi fra le opposte opzioni di ricentralizzazione o di autonomia estrema, quanto piuttosto serve organizzare una nuova governance sanitaria, in cui Stato e regioni condividano la missione ambiziosa e operino ognuna dentro le proprie responsabilità, per offrire in termini davvero universalistici risposte di qualità ai bisogni vecchi e nuovi dei cittadini italiani, da Bolzano a Lampedusa, vivendo come un'ossessione da superare le ancora enormi diseguaglianze nell'accesso alla salute e alla salute di qualità; diseguaglianze di salute, che si portano dietro sempre altre diseguaglianze ed altre ancora.
Oggi abbiamo una dotazione di risorse straordinarie del tutto inedite: 2 miliardi più 2, messi in legge di bilancio, si sono aggiunti gli oltre 4 messi con i diversi decreti in questi mesi. Noi dobbiamo - lo ha detto - smettere di associare alla sanità la parola “tagli” o, genericamente, “sprechi”. La sanità è sicurezza delle persone, come tale è un grande investimento strategico. Mai più - lo ha detto, lo ripetiamo, facciamo nostre le sue parole - sotto finanziamento del Servizio sanitario nazionale e, invece, alcune grandi scelte strategiche: la prevenzione, non come un'evocazione per i convegni, ma come una scelta strutturale, la prevenzione per il COVID, secondo quello schema “tracciare, testare, trattare”, ma la prevenzione anche come asset strutturale, con il rafforzamento dei dipartimenti di prevenzione e igiene pubblica e un coordinamento nazionale più forte su questo. Un nuovo paradigma territoriale di presa in carico continuativa, che ci dia la possibilità di conoscere nella profondità i bisogni della comunità e anche le sue risorse comunitarie, le reti di protezione; una presa in carico sociosanitaria, che superi una dimensione in carico esclusivamente ai medici di medicina generale, ma che sostenga un lavoro di équipe multidimensionale e multiprofessionale, riscoprendo la medicina di relazione; un grande investimento sulla domiciliarità, che abbiamo avviato in maniera importante con il “decreto rilancio”, la sanità massima possibile nella possibilità massima possibile. Infine, uno sforzo straordinario per il recupero delle prestazioni perse durante il lockdown, per non pagare gli enormi costi indiretti del COVID in termini di deficit diagnostici e ritardi terapeutici. E infine - e chiudo davvero - i professionisti della sanità: non darli mai più per scontati, investire, come si sta facendo, su di loro, superare la camicia di forza, di cui lei ha parlato, riformare il DM n. 70, superare l'idea di chi ha pensato illusoriamente di poter fare di più con meno; senza le competenze, la professione e la passione civile dei professionisti sanitari, non ci sarà la qualità e la tutela del Servizio sanitario nazionale. Per fare tutto questo, credo si debba valutare fino in fondo, con il massimo di attenzione e anche con la massima laicità, la possibilità offerta dai 36 miliardi di euro del Meccanismo europeo di stabilità per grandi progetti di riforma del Sistema sanitario. Dunque, andiamo avanti nei termini che ho provato a dire e che trovano espressione nella risoluzione di maggioranza, per la quale dichiaro il convinto voto favorevole del gruppo del Partito Democratico.