A.C. 687-A
razie signor Presidente e grazie colleghi. Il Parlamento si accinge da oggi a discutere della proposta di legge delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi. Lo dico subito, senza giri di parole: possiamo fare in questo Parlamento una riforma epocale, possiamo rendere memorabile questa legislatura anche con questa proposta, se sarà approvata e finanziata. È un po' come quando si fece nel secondo dopoguerra, appena dopo, la riforma agraria; oppure quando nel 1978 si approvò, dopo un lungo percorso parlamentare, l'istituzione del Servizio sanitario nazionale. Ci sono riforme epocali che hanno segnato e svoltato e hanno cambiato la storia dell'Italia; noi abbiamo questa occasione, naturalmente per questa parte, per questo argomento di cui ci occupiamo. Partiamo dai fatti: noi abbiamo oggi in Italia, ormai da molti anni, un numero medio di figli per donna molto basso. È 1,34 nel 2017, è sceso a 1,29 nel 2018, e abbiamo motivo di temere che sarà ancora più basso nel 2019 e ancora di più quest'anno per le ragioni che sappiamo.
Senza un forte ricambio demografico chiudono gli asili e le scuole, il sistema previdenziale va in ginocchio - abbiamo già previsioni che ci indicano l'insostenibilità, da qui a vent'anni, del sistema previdenziale attuale in assenza di forti entrate derivanti dai nuovi lavoratori -, i consumi e la produzione flettono anche per questa ragione e anche il prodotto interno lordo - è una cosa che pochi sanno -, se in Italia non cresce abbastanza o meno degli altri Paesi, è esattamente perché abbiamo un tasso di fecondità anche più basso della media europea. Ma, soprattutto, si perde fiducia nel futuro, è un Paese impaurito, in difesa, non fa figli e tiene i risparmi sul conto corrente, non investe. Il basso tasso di natalità dipende non solo da motivi economici, lo sappiamo sicuramente e lo sappiamo bene, tant'è che il Governo ha proposto al Parlamento l'approvazione del cosiddetto Family Act, che si concentrerà esattamente sui servizi e sul miglioramento dei servizi a favore delle famiglie e a sostegno dei figli, ma ci sono anche altre ragioni della bassa natalità.
Una cultura talvolta prevalentemente edonistica, il ritardo nell'età media del primo figlio causato dalla lunghezza con cui si costruisce una carriera lavorativa. Però tutto questo non basta per giustificare i limiti che ho ricordato. Ci sono, in effetti, cinque limiti almeno peculiari del modello italiano di sostegno ai figli e alla famiglia, che sono tutti concentrati nelle misure che cerchiamo di superare attraverso, appunto, l'assegno unico universale. Il primo limite è riconducibile alla limitatezza delle risorse di cui disponiamo: il sostegno alle famiglie e alla natalità oggi è sottofinanziato, se facciamo un confronto con gli altri Paesi europei. Noi ci concentriamo di più sulla previdenza, sull'assistenza, ma poco e troppo poco in termini di rapporto spesa/PIL a favore dei figli e delle famiglie.
La seconda ragione è l'iniquità: abbiamo carichi familiari che sono poco considerati rispetto all'incidenza della spesa dei figli sul totale della spesa di una famiglia. Abbiamo scale di equivalenza che, per opinione condivisa, non tengono conto del costo soprattutto delle famiglie numerose e abbiamo il paradosso per cui gli incapienti non beneficiano delle detrazioni per i figli a carico. Abbiamo un complesso - e questo è il terzo limite - di misure tra di loro contraddittorie e soprattutto troppe. Ce ne sono ben otto che ci accingiamo, se il Parlamento lo vorrà, ad abrogare e altre quattro in servizi, anch'esse oggetto di una razionalizzazione con la misura del Family Act. Quindi una stratificazione di misure che progressivamente si sono succedute senza la volontà del legislatore, invece, di razionalizzarle. Si è preferito aggiungere un bonus piuttosto che mettere mano a una riforma complessiva.
Il quarto limite è la selettività: si interviene spesso su base lavorativa, quindi, per esempio, si riconoscono gli assegni per il nucleo familiare solo in quanto lavoratore dipendente; oppure si introducono elementi di esclusione in diverse delle misure che ho ricordato, per cui siamo di fronte a scelte di selettività che si giustificano poco, almeno con questa intensità, su una misura di questo genere.
Il quinto limite è riferibile alla discontinuità delle misure, che non sono assicurate appunto in un periodo lungo, quindi sono misure su cui ragionevolmente in molti casi non si può contare. Ecco allora il senso della riforma: i cinque limiti diventano cinque opportunità. La proposta prevede che, con atti successivi, su cui tornerò, si possano aggiungere risorse e allinearci, quindi, a cifre che sono comparabili con quelle degli altri Paesi europei in riferimento al sostegno ai figli e alla famiglia. Quindi, una misura robusta. Secondo, una misura equa: non più scale di equivalenza, ogni figlio vale uno e dopo il secondo figlio vi è un ulteriore aiuto e, quindi, si va nella logica di sostenere in modo particolare le famiglie numerose o le famiglie con due o più figli. Terzo, la proposta in campo è una proposta semplice: da otto misure, dicevo, a una sola ogni mese, se possibile, se si vuole, all'inizio del mese accreditato sul proprio conto corrente. Quarto, è universalistico, tutti vi accedono, ma con progressività. Quinto, è continuo, e questa è una garanzia importante soprattutto di fronte a gravidanze indesiderate o comunque non programmate. La possibilità di poter contare su risorse certe ogni mese può, in non pochi casi, decidere per la prosecuzione di una gravidanza e magari per un secondo, un terzo o un quarto figlio.
Ecco, queste sono le ragioni che ci spingono a proporre al Parlamento questo nuovo disegno di sostegno per i figli a carico e per le famiglie. Funzionerà? Noi non lo sappiamo, abbiamo buone ragioni per crederlo, soprattutto tenendo conto di ciò che si fa all'estero e dei risultati che hanno determinato scelte simili a quelle che ci accingiamo a fare. Il Child Benefit in Gran Bretagna funziona così, il Kindergeld in Germania funziona così: una cifra ogni mese, che viene data con criteri più o meno simili alle famiglie con figli. In Francia c'è un altro modello, il quoziente familiare, che abbiamo ritenuto non convincente, anche se sicuramente le risorse messe sono moltissime. Ma anche recentemente ci sono nazioni, come il Canada, come la Russia stessa, che, attraverso incentivi forti, alla natalità hanno cambiato il trend e quindi hanno visto aumentare fortemente il numero di nuovi nati. Abbiamo, quindi, buone ragioni per ritenere che questa possa essere una misura certamente potente per sostenere e incentivare la natalità.
Ci sono altre caratteristiche che questa proposta contiene: il criterio dell'ISEE per l'accesso alla prestazione, seppur, come ho già detto, tutti ne beneficeranno fino a 21 anni, quindi con una previsione di minore importo ma comunque con una dote in denaro che sarà riconosciuta fino al ventunesimo anno di età, qualora il figlio sia ancora a carico; un maggiore riconoscimento dell'impegno familiare nel caso di figli con disabilità, quindi con una maggiorazione indicata in modo molto chiaro; la possibilità di incassare, come ho già detto, in cash all'inizio del mese o attraverso il credito d'imposta, non più attraverso detrazioni che non danno il senso del valore dell'aiuto dello Stato e che non consentono agli incapienti di poter appunto avere questo beneficio.
Gli stranieri sono anch'essi oggetto di una precisa indicazione sulle modalità attraverso cui potranno accedere: il senso è quello di una progressiva inclusione, soprattutto nella misura in cui progressivamente si ottiene il permesso di soggiorno di lungo periodo e, quindi, la continuità anche della misura in oggetto.
Ci sono altre ragioni però più profonde di senso che spingono a sostenere questa proposta, ed è la convinzione della bellezza, ma anche della difficoltà ad essere genitori. Generare è anzitutto una straordinaria e unica esperienza di legami tra madre e figlio, tra padre e figlio, rafforza i genitori, la famiglia e la stabilità affettiva, consente di vivere la fratellanza, che è la prima e principale esperienza di rispetto, complicità, condivisione, senso del limite; apre a nuove relazioni tra genitori, chiama la reciprocità parenti nipoti e nonni, permette di intuire il mistero della vita e di comprendere il susseguirsi delle generazioni, promuove il mutuo aiuto morale e materiale, determina tutele economiche tra generazioni, con effetti spesso superiori a quelle del welfare pubblico, impegna i genitori a darsi da fare, perché la loro ricompensa sta nella tavola conviviale della famiglia.
Ecco, questa è una riforma, io penso, se il Parlamento vorrà approvarla, che è davvero coerente con gli indirizzi della Costituzione italiana, che è orientata nella tutela della promozione della famiglia, della natalità e, in modo particolare, delle famiglie numerose. Questa è la cornice: come ben sappiamo, siamo di fronte a una legge delega, quindi il Governo sarà chiamato poi ad approvare decreti legislativi successivamente, e tutte e tre i Ministeri indicati nel provvedimento opereranno congiuntamente esattamente perché è una materia che riguarda sia le politiche familiari che quelle di protezione e di welfare che quelle evidentemente di finanza e di economia. Oggi noi disponiamo di circa 15 miliardi e mezzo di risorse - faccio riferimento alle 8 misure che la proposta intende abrogare - che sarebbero messe a disposizione per l'assegno unico universale, ne servirebbero 6-7 in più - abbiamo fatto moltissime stime - per poter consentire a tutte le famiglie di avere almeno le stesse risorse di cui oggi dispongono sommando le misure che andremo a superare e consentendo ad altri che ne beneficiano molto poco o per nulla di poterne, invece, beneficiare, e penso, ripeto di nuovo, agli autonomi e agli incapienti, ai piccoli imprenditori, che oggi, per esempio, non hanno gli assegni familiari.
Sarebbe facile, forse anche utile a questo punto, domandarci perché mai finora si è preferito fare altre scelte rispetto a una scelta così impegnativa, perché quando si tratta di 6-7 miliardi si parla di misure simili a quelle del reddito di cittadinanza o dei cosiddetti 80 euro o di “quota 100”, o dell'incentivo alle assunzioni. Ecco, il Parlamento naturalmente è sovrano, e quindi ha fatto queste scelte. Avrei buoni argomenti forse per dire che sarebbe stato preferibile optare per una scelta che oggi discutiamo, ma tant'è.
Ci sono altre possibilità oggi, oltre a quelle che ho ricordato, che il Parlamento potrà considerare, se lo vorrà, per appunto dotare questa misura delle risorse senza le quali la proposta onestamente rischia di essere solamente velleitaria e, quindi, ho motivo di credere che poi, senza quelle risorse, non potrà vedere effettivamente la luce.
Ci sono entrate che sono annunciate, nuove, maggiori, finalmente dal contrasto all'evasione; ci sono nuovi fondi europei, è un'occasione straordinaria, alcuni proprio sembrano fatta apposta per questa misura, perché la misura del Next Generation Fund sicuramente io credo potrebbe essere almeno in piccola parte destinata anche al sostegno, all'investimento, perché di questo si tratta, nel futuro; i fondi per gli assegni familiari, che oggi in larga parte sono destinati, almeno quelli finanziati con la fiscalità generale, giustamente e inevitabilmente destinati a finanziare gli assegni familiari stessi, ma abbiamo scoperto che in parte non irrilevante, circa 3 miliardi, sono destinati diversamente. Questa è un'ipotesi naturalmente che costa, ma che riporterebbe alla sua naturale destinazione il finanziamento oggi già previsto attraverso la fiscalizzazione degli oneri a carico degli imprenditori e che appunto dovrebbe secondo me tornare alla giusta destinazione, che è quella del sostegno ai figli.
Ci sono tempi stretti per la delega, e questa indicazione che il Governo ha voluto dare - e che noi abbiamo recepito - è importante perché, lo dico al Ministro con delega alla famiglia, che naturalmente rappresenta tutto il Governo - ma in realtà in questo caso vorrei parlare in particolare al Ministro dell'economia - noi abbiamo tempi stretti per le deleghe e il fatto che sia stato indicato un tempo ridotto fin da subito per queste deleghe porta a pensare che tutto il Governo sia convinto dell'importanza di questa misura; misura che, come abbiamo indicato nella proposta di legge, si inquadra nella più ampia riforma fiscale. Ecco, io penso che, se il Parlamento lo vorrà, questo è il mio auspicio naturalmente, si possa interpretare e attuare questa riforma come il primo passo - e probabilmente il più importante - di una riforma fiscale che ci accingiamo a discutere, esattamente sganciando le misure di sostegno alla famiglia dalle regole e dall'impostazione fiscale, portandola in sostanza fuori, facendola diventare quindi una prestazione di protezione sociale e non più uno sconto fiscale o un obbligo per i datori di lavoro. Ecco, in particolare entrando proprio nel piatto della discussione di questi giorni e in particolare sulla domanda su come si possa far ripartire il nostro Paese di fronte a questa drammatica crisi, un'ipotesi su cui tutto il Parlamento mi pare convinto è quella del sostegno agli investimenti pubblici, alla semplificazione; ci dividiamo, mi pare, o comunque non abbiamo opinioni identiche, ad esempio, sulla proposta di un abbassamento pur temporaneo dell'Iva, mentre, ad esempio, il mio partito è molto convinto dell'opportunità di ridurre il cuneo fiscale e già dal 1° di luglio vedremo i primi effetti. Ma io dico che, ad esempio, il taglio del cuneo fiscale può essere attuato in molti modi, può essere dato anche attraverso questa formula, cioè alle famiglie attraverso maggiori risorse, naturalmente con un criterio che tiene conto dei carichi familiari e senza tener conto della condizione lavorativa, come si fa, ad esempio, riconoscendo pur legittimamente al solo lavoro dipendente il taglio del cuneo fiscale; così come è inserita nella delega l'indicazione molto precisa per una progressiva abrogazione dei rimanenti carichi per i datori di lavoro nella contribuzione degli assegni familiari. Come voi sapete, oggi in larga parte gli assegni familiari sono già fiscalizzati dallo Stato e, quindi, si tratterebbe di completare questo percorso di fiscalizzazione a carico degli imprenditori attraverso una proposta di cuneo fiscale, che andrebbe esattamente, da un lato, a sostenere i consumi delle famiglie e quindi a mettere più risorse in tasca alle famiglie con figli, ma, dall'altro, anche taglierebbe completamente e completerebbe quindi il taglio già attuato negli anni precedenti a carico degli imprenditori, che debbono finanziare gli assegni per il nucleo familiare. Bene, si potrebbe dire: è una sorta di helicopter money all'italiana? No, perché mentre il modello statunitense dà soldi a pioggia a tutti, senza tener conto dei carichi familiari, noi faremo un intervento più selettivo, oltre che di razionalizzazione così come ho provato a spiegare, anche - questo è molto importante - per alimentare i consumi, ma è una leva più intelligente, credo, per i consumi, soprattutto perché le famiglie consumano spesso beni e servizi di prossimità e quindi c'è motivo di credere che vi possa essere anche una leva moltiplicativa di questo investimento per consumi interni maggiore. E torniamo quindi in conclusione - pochi minuti e ho concluso, Presidente - al percorso parlamentare. Fin dal 2014 è stato depositato un disegno di legge, di cui sono stato il primo firmatario, abbiamo fatto un lungo approfondimento nel corso della scorsa legislatura insieme a tanti colleghi senatori e poi la proposta è rimasta lì, perché altre priorità sono state date, ma il mio partito e anche altre forze politiche hanno progressivamente acceso i riflettori su questa proposta. Io non voglio far torto a nessuno, ma voglio citare sicuramente altre forze politiche, a cominciare da Italia Viva, Liberi Uguali, ma anche l'ex Ministro di allora, ancora Ministro ma che faceva un altro mestiere, Di Maio, si occupò dell'assegno unico e anch'egli, solo un anno fa, uscì molte volte sostenendo l'opportunità di questa proposta.
Il Ministro Fontana fece lo stesso, Fratelli d'Italia con interventi autorevoli. Quindi, mi pare di poter dire, senza tirare troppo la coperta a favore della proposta, che vi sia una larga convergenza oggi, parlamentare ma non solo delle forze associative e sindacali rispetto alla proposta. E quindi la nostra idea, l'idea della maggioranza che ha condiviso questa proposta, è di fare in modo che, se possibile, vi sia davvero un percorso condiviso e allargato.