Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il comparto dell'acciaio è un settore strategico per la manifattura nazionale e la siderurgia italiana è la seconda siderurgia europea, prima nell'uso del forno elettrico e nel recupero del rottame, con oltre 200.000 dipendenti diretti e indiretti e 40 miliardi di euro di fatturato, di cui oltre un terzo diretto alle esportazioni;
lo sforzo che Governo e Parlamento hanno posto in essere, sia prima dell'epidemia sia ora, con l'impegno di forti risorse per assicurare continuità a occupazione e produzione, è risultato determinante ma ancora non risolutivo per il sostegno e il rilancio del settore dell'acciaio e per la ripresa della produzione dell'impianto ArcelorMittal di Taranto, il più grande stabilimento siderurgico d'Europa, asset fondamentale per il settore e per le filiere italiane che fanno uso dell'acciaio: sin dal commissariamento dello stabilimento ex-Ilva ci si è battuti per far sì che la produzione rimanesse in loco, convinti che si può produrre rispettando l'ambiente e la salute delle persone e garantire all'Italia una produzione siderurgica che non sia solo legata a prodotti di base, ma anche a quelli ad alto valore aggiunto raggiungendo altresì una graduale decarbonizzazione della produzione stessa;
rimane ancora incerta la volontà di ArcelorMittal di investire per l'ammodernamento impiantistico e l'ambientalizzazione dello stabilimento di Taranto, la cui produzione segna per il 2020 un livello fermo a 3,2 milioni di tonnellate, con diversi impianti fermi e quasi l'intera forza lavoro in cassa integrazione: si è ben distanti dalle previsioni del piano industriale originario che prevedeva una produzione a regime di 8 milioni di tonnellate con il conseguente impiego della totalità della forza lavoro;
tale situazione di incertezza perdura da giugno 2020 quando ArcelorMittal ha presentato un piano industriale con più di 3 mila esuberi e difforme rispetto a quanto stabilito nell'accordo del 4 marzo 2020: in quell'occasione il Governo ha respinto il piano della società circa il futuro dello stabilimento di Taranto, suscitando forte preoccupazione nelle maestranze. Ormai da settimane si registrano proteste e allarmi da parte delle organizzazioni sindacali e negli ultimi giorni si sono susseguiti manifestazioni, scioperi e serrate, a Taranto e anche in altri stabilimenti ArcelorMittal, come quelli di Genova, Novi Ligure e Racconigi –:
quali siano gli intendimenti del Governo per assicurare il rilancio della produzione dello stabilimento di Taranto e degli altri stabilimenti ex-Ilva ed accelerare l'attuazione del piano nazionale della siderurgia, elemento strategico del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Seduta del 18 novembre 2020
Illustrazione di Serse Soverini, risposta del Ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, replica di Gianluca Benamati
SERSE SOVERINI: Grazie, Presidente. Signor Ministro, se, come Governo e Parlamento, abbiamo messo risorse e impegno per l'Ilva, che è il cuore - lo ricordo per chi ci ascolta - della siderurgia italiana, che è un comparto con 200 mila addetti e 40 miliardi di fatturato, è perché abbiamo creduto fortemente in quel progetto per difendere il più grande stabilimento europeo, ma anche per annunciare una nuova visione di quell'azienda, che riguardava non solo la produzione, ma un salto di qualità, un grande salto di qualità, che combinava ambiente, salute e competitività.
Oggi siamo di fronte ai soliti problemi di sempre, con 3 mila esuberi previsti dall'azienda, con scioperi in varie parti d'Italia, nelle varie sedi del settore, anche quelle minori, come Novi Ligure e altre. Mi chiedo come possiamo mantenere, come è possibile che ricadiamo nel solito problema dell'esubero e non siamo ancora in grado di imporre, finalmente, un passaggio per un salto. Mi chiedo, all'interno del Piano nazionale di resilienza, come pensiamo di impostare lo sviluppo della società.
STEFANO PATUANELLI, Ministro dello Sviluppo economico. Grazie, Presidente. Io credo che non si possa non affrontare questo tema così complesso - poi, cercherò di dare qualche informazione dello stato attuale delle trattative in corso con ArcelorMittal -, guardando al presente. Il presente è fatto anche di un mercato dell'acciaio in difficoltà, di una minor produzione, lato domanda e lato offerta c'è una criticità, quindi il tema di oggi di chi è in cassa integrazione, con gli accordi sottoscritti e anche con l'integrazione salariale, dobbiamo vederlo come una parentesi.
Io ricordo alcuni passaggi. A fine 2018, il passaggio, al termine della procedura di affitto dei rami d'azienda, con previsione di passaggio di proprietà ad agosto del 2023.
Ricordo, a novembre dello scorso anno, la presentazione, da parte di AMI, del diritto di recesso, con quella che oggi possiamo dire, chiaramente, che è stata esclusivamente una scusa, quella dello scudo penale, perché, ad oggi, si continua a lavorare e, nell'interlocuzione in corso, non è mai stato più toccato quel tema, quindi era evidente ed è evidente che non era quello il problema, un accordo a marzo che superava le tensioni civilistiche messe sui tavoli dei tribunali e che prevede un piano industriale con la nuova realizzazione di Afo 5, le manutenzioni su Afo 4, la realizzazione di due linee elettriche e un impianto di pre-riduzione, con una piena occupazione a fine piano. A me non piace parlare di acciaio verde, perché l'acciaio non sarà mai verde in modo totale, perché per far l'acciaio serve il carbone e, o negli impianti di pre-riduzione dove si crea il pre-ridotto o nell'impianto ad altoforno, il carbone c'è e, quindi, è evidente che non sarà mai un acciaio verde; certamente, le condizioni degli stabilimenti, da quando lo Stato non c'è più a oggi, non hanno avuto un incremento del rispetto ambientale, anzi, ed è per questo che l'unica modalità per provare, non è detto che ci si riesca, ma per provare a tenere assieme sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale e sostenibilità economica prevede che lo Stato debba esserci. Nelle trattative oggi in corso, lo Stato ci sarà e non sarà in minoranza in quello stabilimento. Credo che questo sia un elemento molto importante per garantire almeno il tentativo di raggiungere quell'obiettivo.
GIANLUCA BENAMATI: Grazie, Presidente. Ministro, noi accogliamo le sue parole con fiducia, speranza e, anche, con una vigile attesa, perché in questi mesi le abbiamo più volte espresso la nostra profonda preoccupazione in ordine alla situazione del percorso industriale con gli investimenti ambientali e tecnici, al mantenimento degli impianti che, lei ci sta dicendo, ha avuto qualche difficoltà, alla gestione dei pagamenti ai fornitori e, soprattutto, al mantenimento dell'occupazione, le 10.700 unità a Taranto, Genova e Novi, come diceva il collega. Ora, noi seguiamo con interesse, lei ha ragione, non l'acciaio verde, ma la diminuzione dell'impronta di carbonio nella produzione di acciaio e la nuova compagine industriale, che lei ci va descrivendo e che anche il Ministro Gualtieri contribuisce a definire, che dovrebbe restringere l'area a caldo con una miscela di altoforno e forno elettrico, ma lasciando il cuore dello stabilimento. In questo però, signor Ministro, le sue parole ci aprono qualche attenzione per il futuro. È chiaro che una società nella quale lo Stato sarà predominante, ma con un socio che, naturalmente, è concorrente. Concludo, signor Presidente; sapete gli stabilimenti di Dunkerque e di Fos-sur-mer, il tema, anche da risolvere, dell'interrompibilità, i 4 gigawatt che a fine anno scadono… ecco, su questo le chiediamo particolare attenzione, e concludo, Presidente. Sui rapporti con le parti sociali non vogliamo vedere quello che sta succedendo oggi; lei è ingegnere, io sono ingegnere, parliamoci fra di noi, la buona gestione anche tecnica è fondamentale per questi stabilimenti. Su di lei ricade, purtroppo, signor Ministro, in questa fase storica, questa grande responsabilità. La assistiamo nel suo lavoro, ma questo lavoro è cruciale per il Paese.