Onorevole Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, oggi, approviamo la conversione in legge del cosiddetto decreto Calabria che reca le misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario e per il rinnovo degli organi elettivi sempre della regione. Per quel che riguarda il Capo II, credo che ormai vada preso atto che sono state indette le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale calabrese, conseguenti, come hanno detto tutti, alla prematura scomparsa della presidente Santelli che già in quest'Aula abbiamo commemorato con affetto e con l'onore dovutole. La data del 14 febbraio 2021 è stata scelta dal presidente facente funzioni della giunta, Spirlì, la prima domenica utile prevista nella finestra tra il 14 febbraio e il 15 aprile. Vorrei anch'io sottolineare, come l'onorevole Stumpo, di verificare la validità di tale data sulla base dell'andamento della curva epidemica.
Oggi, però, siamo chiamati ad affrontare il tema della gestione del servizio sanitario in Calabria, anche nella fase drammatica di pandemia, in una regione in cui non era garantito, già prima dell'emergenza COVID, il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e, come recita il preambolo del decreto, non sono stati raggiunti gli obiettivi previsti nei programmi operativi di prosecuzione del piano di rientro dei disavanzi finanziari. Mi vorrei fermare su questa parola chiave; il problema di questo decreto, per cui nasce questo decreto, non è il commissariamento, ma il piano di rientro inventato in un'epoca in cui la sanità era considerata solo un costo e non solo per la Calabria. Tutti, però, hanno condiviso quel modello che ancora non abbiamo cambiato e chi oggi parla di esproprio dei poteri della regione dimentica che la regione Calabria è in piano di rientro da undici anni e il primo commissario per quattro anni è stato l'allora presidente del centrodestra della giunta regionale.
Ma io dico: proprio perché si tratta di mettere in discussione un modello superato dai fatti, anche per la lezione che ci ha dato questa pandemia, la missione di questo provvedimento dovrà essere più ambiziosa di quella che l'articolato stesso esprime, ovvero quella di determinare un'azione interruttiva di quelle gestioni commissariali. E credo che, nelle scorse settimane, su questo tema siano prevalse interpretazioni e narrazioni soprattutto in molti talk show televisivi distorcenti, spesso privi di contezza di quello che è accaduto effettivamente in Calabria. La Calabria e i calabresi sono stati massacrati, denigrati, spesso derisi e, in questo contesto, lo voglio sottolineare, è maturata, non senza strumentalità, una campagna criminalizzatrice, tesa a impallinare ogni proposta di nomina di un nuovo commissario, fino al punto che non si è disdegnato di provare a usare personalità come Gino Strada come clave di vera e propria propaganda politica.
Per fortuna, tutti noi conosciamo bene lo straordinario lavoro di Strada e di Emergency; io stessa ho avuto modo di apprezzare personalmente il lavoro importante fatto dalla struttura sanitaria di Emergency di Polistena, soprattutto nelle fasi più drammatiche della presenza degli immigrati nella tendopoli di San Ferdinando. Questa campagna è cessata con la nomina a commissario del dottor Guido Longo; ora c'è grande attesa verso l'arduo lavoro che egli è chiamato a fare. Noi confidiamo, avendolo conosciuto anche come prefetto di Vibo, che saprà affrontare in maniera tempestiva queste annose criticità.
Dunque, per tornare al decreto, lo dobbiamo intendere come strumento con cui capire, selezionare e risolvere una volta per tutte queste criticità. Vogliamo dirlo con chiarezza: la Calabria non è un'irrecuperabile eccezione del Sistema sanitario nazionale.
D'altra parte, la Regione Calabria entra in piano di rientro nel 2009 e, sin da quella data, non sono stati mai fatti pervenire - quindi non so dove prende l'onorevole Ferro quelle informazioni - dai vari commissari che si sono succeduti il puntuale accertamento e la certificazione di tutto il debito pregresso. Ma mentre questo non è mai avvenuto, è stata invece resa immediatamente esecutiva una serie di delibere, dal 2010 al 2012, che hanno chiuso ospedali senza alcuna attenzione su come garantire l'assistenza sanitaria e il primo intervento sui territori. Ma se questa chiusura è stata deliberata dal primo commissario ad acta - che è stato anche l'unico presidente della regione a ricoprire questo ruolo, Scopelliti -, questa chiusura però degli ospedali non è stata mai modificata dai commissari che si sono succeduti negli anni e in particolare prima Scura, poi Cotticelli hanno confermato in tre programmi operativi questa scelta. E allora non ci si può superficialmente indignare sulla chiusura di 18 ospedali senza capire come intervenire e facendo passare la suggestione di una Calabria non in grado di affrontare i propri problemi. È evidente che quella decisione è una scelta sbagliata, quella cosiddetta opera di deospedalizzazione degli anni 2009-2010 non è stata accompagnata da servizi di assistenza territoriale. Vaste aree territoriali sono state abbandonate, sono aumentati i disagi, non sono stati garantiti i livelli essenziali di assistenza. Dobbiamo ricordarci che la scelta della chiusura degli ospedali è stata assunta talmente come irreversibile che persino si è omesso di applicare le sentenze emesse dal Consiglio di Stato a favore della riapertura degli ospedali di frontiera di Praia a Mare e Trebisacce. Ho sentito il commissario Longo che ha dichiarato che vuole riaprire gli ospedali, i 18 ospedali chiusi: bene, però dobbiamo sapere che, se potrà farlo, anche grazie a questo decreto, dovrà presentare una nuova impostazione programmatoria. E per riaprire gli ospedali ci vuole un nuovo Piano della rete ospedaliera e le necessarie figure professionali. Questa duplice scelta oggi può essere fatta, grazie a questo decreto. E voglio dire che mi corre l'obbligo di ricordare, grazie all'abnegazione dei nostri medici e dei nostri operatori sanitari calabresi, che meriterebbero una medaglia al valore, come sono stati in grado, nonostante tutte queste difficoltà, di rispondere alle richieste di salute dei cittadini calabresi. Per questo, con questa nuova governance, dovremo valorizzare i nostri medici e i nostri operatori sanitari ancora più sacrificati dall'emergenza COVID e dotarli di tutta la strumentazione necessaria per operare al meglio. Ci sono ovviamente questioni nazionali che vanno risolte e che non abbiamo potuto affrontare con questo decreto, dalla riforma del DM n. 70 all'inserimento nei criteri dell'indice di deprivazione nel riparto del Fondo sanitario. Ma appunto alcune cose importanti le abbiamo inserite, l'hanno detto altri colleghi: prima di tutto un piano straordinario per l'assunzione del personale medico, sanitario, sociosanitario, per cui è autorizzata una spesa di 12 milioni annui a partire dal 2021. D'altra parte, l'individuazione delle coperture per questi fabbisogni trova risposta nell'erogazione del contributo di solidarietà di 60 milioni di euro all'anno per tre anni, al fine di supportare proprio questo potenziamento. Un grande atto di fiducia del Governo e delle altre regioni, al quale abbiamo risposto, sempre nel decreto, affrontando un'altra questione importante: l'esigenza fissata nel decreto di approvare con puntualità gli atti aziendali e i bilanci, pena la decadenza dei commissari. Ci sono due aziende in Calabria che non hanno approvato i bilanci, quella di Cosenza (2018 e 2019) e l'ASP di Reggio (dal 2013).
Per l'ASP di Cosenza sarà compito del nuovo commissario nominato entro trenta giorni. Per l'ASP di Reggio, che è sciolta, commissariata per inquinamento mafioso, ci sarà comunque la certificazione dei bilanci perché, se la Commissione straordinaria non adotta questo provvedimento, passerà al commissario ad acta, sentito il Ministro. Poi sono sancite, diciamo così, le relazioni importanti con le forze sociali, sindacali, con i sindaci.
Concludendo, si potrebbe convenire dunque che queste criticità strutturali del sistema sanitario calabrese devono essere assunte come un'occasione per una riforma del Sistema sanitario nazionale. Giustamente, in un bell'articolo su Internazionale, la giornalista Ida Dominijanni fa il paragone tra il sistema sanitario calabrese e il sistema sanitario lombardo e le debolezze sono le stesse, legate fondamentalmente ad una ospedalizzazione eccessiva, e una eccellenza delle strutture private lombarde - finisco - che si nutre anche del cosiddetto “turismo sanitario”. Dobbiamo - e finisco - usare invece un altro linguaggio, quello dei diritti, che deve riunificare il sistema sanitario. E noi, come gruppo PD, dichiariamo per questo il voto favorevole al provvedimento.