Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, la proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza, trasmessa dal Governo al Parlamento il 15 gennaio rappresenta - com'è noto - un passo ulteriore verso la compiuta definizione del Piano che dovrà essere predisposto dal nostro Paese entro il 30 aprile per accedere ai fondi Next Generation EU. Il Parlamento ha già definito le linee di indirizzo il 15 settembre del 2020, quando il Governo ha trasmesso alle Camere la propria proposta di linee guida. L'attività parlamentare di indirizzo si è conclusa il 13 ottobre del 2020 con l'approvazione di due distinte risoluzioni da parte delle Assemblee della Camera e del Senato. Credo sia utile ricordare i principali contenuti approvati dall'Assemblea lo scorso ottobre sulla base della Relazione predisposta dalla Commissione bilancio. Un primo fondamentale rilievo era la necessità di individuare i criteri di selezione degli interventi, che fossero idonei a massimizzare l'impatto sulla crescita, con l'obiettivo di colmare i divari strutturali che il nostro Paese - come è noto - registra rispetto alla media dell'Unione europea, in relazione alla produttività ed agli investimenti. Nella Relazione veniva altresì evidenziato come fosse necessario investire in infrastrutture e la necessità che le risorse del programma dovessero essere rivolte a coniugare l'obiettivo della crescita con quello della riduzione dei divari territoriali. Il Parlamento ha inoltre posto l'accento sulla trasparenza e sul controllo delle decisioni di spesa, perché è cruciale garantire un impegno efficiente delle risorse, che possa contribuire a rilanciare le prospettive di crescita dell'economia e, in questo modo, a ridurre il peso del debito sul prodotto e il rischio di tensioni sui titoli di Stato. Inoltre, per quanto riguarda le riforme che dovranno accompagnare i programmi di spesa, è stato evidenziato come riforme e spesa debbano essere considerate come due facce della stessa medaglia, in quanto le riforme strutturali rendono più produttiva la spesa, mentre la spesa è spesso necessaria per sbloccare i processi di riforma e accompagnarne l'attuazione. Infine, nella Relazione veniva delineato il coinvolgimento del Parlamento, sia nella fase di predisposizione del PNRR, sia in quella della sua successiva attuazione. Dopo l'invio delle linee guida, il Governo ha fatto pervenire al Parlamento un documento nel quale si definiscono i grandi settori di intervento del Piano. La proposta, pervenuta il 15 gennaio, concentra il Piano su tre assi di intervento condivisi a livello europeo: la digitalizzazione e l'innovazione, la transizione ecologica, l'inclusione sociale e territoriale. In questo quadro, il Governo individua i seguenti nodi da risolvere per rilanciare lo sviluppo nazionale e l'insoddisfacente crescita italiana: le disparità di reddito di genere, generazionali e territoriali, le calamità naturali, la debole capacità amministrativa del settore pubblico. Nell'ambito degli interventi riconducibili al programma RRF, il documento effettua una distinzione tra interventi nuovi e interventi in essere. Poiché non sono del tutto esplicitati i criteri adottati ai fini di tale classificazione, sembra dedursi che per interventi in essere debbano intendersi le misure disposte dai provvedimenti riconducibili alle finalità del programma RRF, già emanati nel corso del 2020, a partire da febbraio, ad esclusione degli interventi previsti nella legge di bilancio. L'importo degli interventi in essere è indicato in 65,7 miliardi. Tali interventi, benché già adottati e quindi inclusi negli andamenti tendenziali di finanza pubblica, sono finanziati a valere sulla componente prestiti, in funzione sostitutiva quale forma alternativa e più economica di indebitamento rispetto ai titoli del debito pubblico, scontati nei tendenziali per la copertura del fabbisogno finanziario associato agli interventi adottati. Gli interventi nuovi contenuti nel Piano ammonterebbero complessivamente a 158,22 miliardi, di cui 145,22 relativi al programma RRF e 13 concernenti il programma React-EU. Concorrerebbero a formare tale aggregato sia gli interventi individuati con la legge di bilancio, a valere sulle risorse europee, sia ulteriori misure ancora da individuare, per un ammontare complessivo di circa 120 miliardi. La ragione delle differenze che ci sono nei calcoli, che sono evidenti nella lettura del Piano, è motivata dal Governo sulla base di due considerazioni: la possibilità che una parte degli interventi sia finanziato da risorse private, generando un effetto leva che ridurrebbe l'impatto sui saldi della pubblica amministrazione e l'opportunità di sottoporre al vaglio di ammissibilità della Commissione europea un portafoglio di progetti più ampio di quello finanziabile, che garantisca come margine di sicurezza il pieno utilizzo delle risorse europee, anche nell'eventualità che alcuni progetti presentati non vengano approvati (la previsione complessiva di spesa, comprensiva naturalmente della quota del React-EU, ammonta a 223,9 miliardi, ripartiti tra le sei missioni). Scendendo più nel dettaglio nella struttura del Piano, si evidenzia che le sei missioni raggruppano 16 componenti, funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del Governo. Le componenti, a loro volta, si articolano in 48 linee di intervento o linee progettuali per progetti omogenei e coerenti. In numerosi casi, tali linee di intervento sono poi ulteriormente ripartite in progetti specifici. Per ciascuno di tali raggruppamenti sono indicate le relative previsioni di spesa, distinte tra progetti in essere e nuovi progetti finanziati dal dispositivo per la ripresa e resilienza, a cui si aggiungono le risorse del programma React-EU. Per ogni missione sono indicate inoltre le riforme di settore, necessarie ad una più efficace realizzazione degli interventi, nonché i profili più rilevanti ai fini del perseguimento delle tre priorità trasversali del Piano, individuate nella parità di genere, nei giovani, nel Sud e nel riequilibrio territoriale. Tale quadro informativo è stato arricchito dalle schede tecniche progettuali sottostanti la proposta del PNRR, che il Ministro dell'Economia e delle finanze del nuovo Governo ha trasmesso a seguito dell'audizione dell'8 marzo scorso al Parlamento. In linea con i contenuti dei piani nazionali definiti a livello europeo, il documento fornisce una valutazione dell'impatto macroeconomico sul PIL degli investimenti e delle riforme strutturali previste, pur riconoscendo che si tratta di un esercizio preliminare rispetto a quello che si potrà realizzare una volta che tutti i dettagli dei progetti e delle riforme saranno pienamente definiti. L'ipotesi di fondo, sottostante a tale valutazione, è che il PNRR possa avere un impatto positivo sul PIL italiano, in virtù sia dell'effetto diretto dei maggiori investimenti, sia di quello indiretto delle innovazioni tecnologiche che introdurrà e stimolerà, entrambi amplificati dalle riforme di contesto e da quelle più settoriali che accompagnano gli investimenti. La stima si limita a considerare soltanto l'effetto della spesa per investimenti e incentivi, addizionale rispetto a quella già inclusa nello scenario tendenziale di finanza pubblica, e si basa sull'ipotesi che oltre il 70 per cento dei fondi addizionali sarà destinato al finanziamento di investimenti pubblici ad elevata efficienza e che la gran parte del restante 30 per cento sarà destinato ad incentivi agli investimenti delle imprese e a ridurre i contributi fiscali sul lavoro e, infine, che le amministrazioni pubbliche siano progressivamente più efficienti nell'attuazione di progetti. Rispetto allo scenario base, ossia in assenza di investimenti e degli incentivi del Piano, il Governo stima un effetto positivo sul PIL con un andamento crescente, quasi lineare nel tempo, a partire da circa 0,5 punti percentuali nell'anno 2021, fino a circa 3 punti percentuali nell'anno 2026, per un effetto complessivo nel periodo di oltre 10 punti.
Per quanto riguarda il Sud, sulla base di un esercizio di simulazione effettuato in relazione all'insieme degli interventi che riguarderanno le regioni del Mezzogiorno nel periodo 2021- 2026 con un modello multiregionale, il Governo stima, già alla fine del primo triennio del Piano, un incremento del PIL delle regioni del Mezzogiorno compreso tra quasi 4 punti percentuali e quasi 6 punti percentuali, associato ad un impatto occupazionale positivo e compreso nell'intervallo tra 3 e 4 punti percentuali.
Per quanto riguarda la valutazione dell'impatto delle misure trasversali del PNRR, volte a contrastare la diseguaglianza di genere, a favorire le nuove generazioni e l'occupazione giovanile, il Governo evidenzia che il pieno coinvolgimento delle donne e dei giovani negli obiettivi del Piano potrà contribuire a migliorare significativamente il sentiero di crescita del PIL nel medio periodo.
Ai fini dell'esame della proposta, la Commissione bilancio ha svolto una significativa attività conoscitiva, anche congiuntamente ad altre Commissioni della Camera e del Senato; da essa sono emersi molteplici elementi di valutazione utili alla Commissione per evidenziare sia le opportunità dell'attuazione del Piano, sia le criticità dello stesso. Innanzitutto, appare necessario sottolineare come il Next Generation EU non deve essere inteso come uno strumento volto a trasferire risorse finanziarie agli Stati membri, ma come strumento fondamentale per migliorare il funzionamento complessivo degli stessi attraverso il superamento delle criticità che ne limitano oggettivamente la crescita. In questo senso, esso rappresenta un'occasione storica per il nostro Paese per superare problemi strutturali che lo caratterizzano da numerosissimi anni, a partire dalla qualità dell'azione amministrativa, dall'evoluzione demografica e dal modello di sviluppo in termini di capitale umano, di dimensione d'impresa, di specializzazione tecnica e produttiva.
E' indubbio che l'efficacia delle risorse, nel garantire la ripresa e la resilienza delle economie europee, nonché la riduzione dei divari di sviluppo tra diverse aree interne a ciascun Paese, sarà condizionata dalla capacità amministrativa e di gestione degli Stati membri, dalla disponibilità di personale pubblico in quantità sufficiente e professionalmente preparato. Si tratta di una sfida particolarmente impegnativa per l'Italia, posto che il nostro Paese registra un deficit tra i più elevati a livello europeo, come dimostra il basso tasso di assorbimento delle risorse ad esso assegnate nell'ambito della politica di coesione.
Lo scenario che viene definito, molto concentrato sugli investimenti pubblici, risulta molto impegnativo in termini di capacità di progettazione e di esecuzione, tuttavia, gli effetti moltiplicativi degli interventi, valutati fino a 2 punti percentuali di PIL entro il biennio 2023-2024, saranno tanto maggiori quanto più efficiente sarà l'impiego delle risorse che richiederà una netta discontinuità con il passato e una struttura di governo degli interventi adeguata alla complessità del lavoro da svolgere.
Al fine di evitare i ritardi di programmazione e di spesa, che hanno caratterizzato i fondi strutturali europei, è necessario un decisivo rafforzamento delle strutture tecniche ed operative deputate all'attuazione degli interventi. In questo quadro, il Governo, come ha comunicato il Ministro dell'Economia e delle finanze, ha incardinato la governance del PNRR presso il Ministero dell'Economia, che si coordina con le amministrazioni di settore a cui competono le scelte sui singoli progetti. La responsabilità primaria sui progetti rimane quindi dei singoli Ministeri, che debbono lavorare congiuntamente dove la trasversalità degli obiettivi e degli interventi lo richieda.
Il Ministero dell'Economia e delle finanze è chiamato a svolgere un ruolo di coordinamento e a dare pieno supporto nella stesura dei progetti, per assicurare che la definizione delle misure avvenga nel rispetto dei requisiti e delle linee guida europee e che ci sia, naturalmente, un'effettiva realizzabilità dei progetti entro la scadenza tassativa del 2026.
E' previsto, poi, attraverso l'interlocuzione diretta con le autonomie, il coinvolgimento dei territori e la possibilità di assicurare supporto specialistico e tecnico alle amministrazioni che dovranno realizzare gli interventi anche a livello locale.
Ad oggi, meno del 30 per cento delle 48 linee di intervento in cui si articola il Piano definisce un obiettivo quantificato precisamente, come ad esempio il numero dei beneficiari da raggiungere, di edifici da ristrutturare, di impianti da installare e solo il 20 per cento delle linee di intervento delinea le tempistiche entro cui si intende raggiungere gli obiettivi, e solo in 6 casi su 48 vengono posti obiettivi intermedi con relative tempistiche. È quindi necessario individuare per ciascuna missione e per ciascuna componente, e definire obiettivi quantificabili ad essa riferiti, inserendo una chiara indicazione dei traguardi che si intendono raggiungere entro il 31 agosto del 2026, attraverso indicatori di risultato che non si limitino alla dimensione finanziaria ma guardino anche all'impatto sociale ed ambientale degli interventi.
Il documento non presenta ancora un'accurata esplicitazione di investimenti e riforme identificate in sintonia con le raccomandazioni specifiche al Paese da parte dell'Unione europea, posto che, nello svolgimento di questo binomio, le indicazioni contenute risultano poco articolate, anche in relazione agli eventuali costi che sono associati inevitabilmente alla realizzazione delle riforme stesse.
Sempre in tema di riforme, va approfondito il profilo relativo alla riduzione degli ostacoli burocratici all'attività delle imprese, che determinano ogni anno oneri a carico delle piccole e medie imprese stimate in 30, 35 miliardi. In ogni caso, si rileva la necessità che l'attuazione del processo riformatore delineato nel Piano sia affidata principalmente all'iniziativa legislativa del Parlamento, anche attraverso leggi di delega organiche, come sottolinea la I Commissione, caratterizzate sia da termini stringenti e principi di delega sufficientemente dettagliati, sia da un forte coinvolgimento parlamentare in sede di attuazione, evitando il ricorso a decreti-legge.
Per quanto riguarda invece le risorse, il Piano avrà bisogno di una specificazione della loro distribuzione temporale, con informazioni più dettagliate rispetto a quanto già contenuto nel documento in esame. E' necessario comprendere, con riferimento alla composizione della spesa, quanta parte del previsto incremento di spesa avrà natura in conto capitale e quanta parte invece avrà natura corrente; la possibilità che la quota del 30 per cento, ipotizzata nelle valutazioni di impatto macroeconomico presentate nel Piano, possa risultare superiore alle previsioni, non appare remota.
Occorrerebbe quindi dotare il PNRR di un dettagliato piano operativo, che prenda le mosse da una stima del fabbisogno di capacità amministrativa necessario al perseguimento degli obiettivi fissati; tra questi obiettivi appare quello della riduzione dei divari nei livelli di servizi essenziali, posto che tale riduzione viene considerata dal Piano non solo necessaria, ma anche un fattore determinante per favorire la crescita economica, consentendo a giovani e donne di esprimere il proprio potenziale in tutti i territori.
Tra le varie urgenze a cui devono provvedere le azioni del PNRR vi è, quindi, quella di contribuire al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni e sarebbe necessario, come del resto già evidenziato in linea di principio nella relazione sulla individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund presentata dalla Commissione bilancio lo scorso 13 ottobre, applicare con eventuali aggiustamenti il criterio di riparto tra Paesi previsto per le sovvenzioni dal dispositivo di ripresa e residenza - popolazione, PIL pro-capite, tasso di disoccupazione - anche all'interno del nostro Paese tra regioni e macroaree, superando in maniera significativa la quota del 34 per cento di investimenti al Mezzogiorno, senza considerare in tale computo le risorse per gli interventi in essere.
Sempre con riguardo alle risorse destinate al Mezzogiorno, sebbene appaia condivisibile la prevista anticipazione di risorse del Fondo di sviluppo e coesione, l'inserimento della leva nazionale della politica di coesione all'interno del PNRR richiederà grande chiarezza nella definizione dei profili temporali di reintegro delle risorse del FSC anticipate nel PNRR. Ove ciò non dovesse accadere l'FSC finirebbe per svolgere un ruolo sostitutivo, venendo meno al principio dell'aggiuntività e contraddicendo la finalità della coesione territoriale, che è uno dei pilastri del Next Generation EU.
Più in generale, nel caso in cui, al fine di inserire nel PNRR interventi immediatamente cantierabili, si sostituisca una fonte di finanziamento già esistente con quelle previste dall'RRF, appare necessario riprogrammare le eventuali risorse rinvenienti, garantendo il rispetto del vincolo territoriale originario. Inoltre, gli interventi richiedono un'azione coordinata tra più livelli di governo e considerato che gli enti locali, in particolar modo i comuni, rappresentano i principali investitori pubblici, nonché i principali destinatari delle politiche di efficientamento, rigenerazione, coesione sociale e territoriale, si rileva la necessità di una semplificazione degli adempimenti burocratici indispensabili per l'assegnazione delle risorse, anche attraverso la previsione di forme dirette di negoziazione con gli enti locali.
Per quanto riguarda, infine, il coordinamento tra i progetti di investimento e i meccanismi di finanziamento della spesa corrente, il problema che si pone è quello di calibrare gli interventi in funzione della possibilità di individuare la copertura degli oneri permanenti con un orizzonte che vada oltre il PNRR.
Dall'altro, si pone il problema di prevedere i necessari aggiustamenti nell'ambito dell'architettura del sistema della finanza locale. Una volta potenziati i servizi con l'intervento straordinario del PNRR, la copertura dei fabbisogni relativi al normale esercizio delle funzioni dovrà essere affidata alle fonti di finanziamento ordinarie, previste dall'articolo 119 della nostra Costituzione, compresi i fondi perequativi. Infine, appare opportuno che il rafforzamento dei servizi pubblici nelle funzioni fondamentali sia accompagnato, come ho già detto, da una definizione organica dei LEP, che dovrebbe essere inserita tra le riforme di contesto. Da un lato, l'attività di monitoraggio richiesta dal PNRR richiederà l'identificazione di indicatori che potrebbero fornire un riferimento utile per l'individuazione dei LEP. Dall'altro, i LEP fornirebbero un riferimento chiaro per coordinare l'intervento straordinario del PNRR e il finanziamento ordinario delle amministrazioni locali.
Un'ultima annotazione in tema di squilibri territoriali va effettuata con riguardo a quelle aree del territorio nazionale investite dalla crisi determinata dalla pandemia e già duramente colpite dagli eventi sismici del 2016. A questo riguardo, è opportuno sottolineare che gli interventi relativi alle aree terremotate, previsti dal PNRR, non possono che essere considerati aggiuntivi e complementari, sia rispetto a quelli relativi alla ricostruzione privata e pubblica, che rispetto alle misure di carattere generale del Piano, perché in caso contrario le risorse previste risulterebbero chiaramente insufficienti. Allo stesso modo, non possono rivestire un ruolo marginale nella stesura del Piano gli investimenti relativi alle aree interne del Paese.
In conclusione, nell'esprimere una valutazione complessivamente positiva sulla proposta di Piano in esame, ritengo che la sua stesura definitiva debba comunque essere arricchita attraverso un adeguato corredo informativo, per superare le criticità dianzi evidenziate, giacché la completezza e la trasparenza degli elementi metodologici e quantitativi è una precondizione per informare il Parlamento e consentire al mondo della ricerca di effettuare valutazioni d'impatto che siano indipendenti. In particolare, per quanto riguarda i profili di carattere generale, ferme restando le valutazioni di ordine settoriale, che sono state espresse in modo molto compiuto da tutte le Commissioni - e ringrazio naturalmente le Commissioni, a partire dal lavoro della XIV Commissione - e che abbiamo allegato in maniera organica nella presente relazione, appare necessario integrare la versione definitiva del Piano nei seguenti termini: dovrebbero essere fornite maggiori informazioni in merito al modello di governance, rispetto a quelle già comunicate dal Ministero dell'Economia; dovrebbero essere indicati espressamente obiettivi qualitativi e quantitativi, misurabili per ciascuna missione e per ciascuna componente; dovrebbero essere indicati gli obiettivi intermedi e gli obiettivi finali, misurabili in termini qualitativi e quantitativi; dovrebbero essere precisate la natura, la tempistica e le modalità di realizzazione delle riforme strutturali prefigurate nel PNRR; dovrebbero essere fornite informazioni in merito alla tempistica di realizzazione degli interventi programmati e anche alla ripartizione della spesa tra spesa in conto capitale e spesa di parte corrente, sia al fine dell'effettivo conseguimento delle risorse europee sia al fine della valutazione dell'effettivo ritorno macroeconomico del Piano, specie in termini di crescita del prodotto e dell'occupazione; dovrebbe essere effettuata una ricognizione degli effettivi fabbisogni di nuovo personale connessi all'attuazione del Piano; dovrebbe essere fornito, in relazione a ciascuna delle tre priorità trasversali - giovani, parità di genere, Sud e riequilibrio territoriale -, un riepilogo informativo, che ne indichi gli obiettivi di breve periodo e medio periodo; si dovrebbe tener conto, nell'assegnazione dei fondi previsti dal Piano, delle azioni concrete per la parità di genere previste dalle aziende beneficiarie, applicando i principi del gender procurement; dovrebbe essere fornita una puntuale informazione in merito al reintegro delle risorse del FSC; nel caso in cui, al fine di inserire nel PNRR interventi cantierabili, si sostituisca una fonte di finanziamento già esistente, bisogna rispettare il vincolo; infine, una serie di valutazioni che rimetto alla lettura, da parte dei colleghi, della Relazione che abbiamo presentato al Parlamento.