Grazie, Presidente. Oggi discutiamo in quest'Aula un tema, che, insieme alla Commissione Affari sociali, in realtà abbiamo discusso e trattato dall'inizio di questa legislatura e che ha sempre visto tutte le forze parlamentari, a prescindere dalla maggioranza e dalla minoranza in quel momento sostenuta, convergere nel cercare di trovare delle soluzioni.
Quando parliamo di salute mentale, la prima cosa da fare è capire come ne parliamo. Quello che è successo in queste ore, in questi giorni, anche i tragici fatti che sono successi proprio ieri, con la morte dei due bambini e dell'anziano ad Ardea, a Roma, ci fanno capire come ne parliamo. Di solito si parla di salute mentale solo in relazione a fatti violenti o a fatti tragici, spesso a sproposito, quindi dicendo: “follia della gelosia”, “uccide”; “raptus”, e così dicendo, quindi, utilizzando termini che non sono corretti o, come in questo caso, inserendo il tema della salute mentale in contesti che però non ci fanno capire quello che c'era dietro.
E quindi, quando parliamo, è facile, molto facile e anche comprensibile a volte, se però non ci si siede in quest'Aula, in casi come quello che è successo anche ieri, tirare fuori il forcone; ma è più difficile quello che dobbiamo fare noi e che siamo sempre riusciti a fare anche in Commissione: cercare di capire cosa è successo, perché, e come ne parliamo e come la viviamo. Le persone e le famiglie vivono ancora, spesso e volentieri, i problemi di salute mentale come uno stigma, le famiglie spesso sono lasciate sole, si sentono sole. Nonostante la “legge Basaglia” sia stata una legge fondamentale che ha da poco compiuto 40 anni, fa 43 anni quest'anno, è rimasta in larga parte incompiuta per tutto il pezzo che riguarda, appunto, l'assistenza territoriale e l'assistenza alle famiglie. Se noi poi pensiamo e sappiamo - e all'interno della premessa di questa mozione ci sono tutti i dati - le differenze regionali enormi che ci sono all'interno del nostro Paese per l'accesso ai dipartimenti della salute mentale, ai centri per la salute mentale, capiamo che noi abbiamo un enorme problema di gestione e di accesso alle cure e di diritto alla salute, non solo per chi soffre di problemi di salute mentale, ma anche per le famiglie. I centri di salute mentale chiudono il venerdì, riaprono il lunedì, quando ci sono. Negli ultimi anni - e anche qui ci sono numerosissimi dati molto impietosi - a causa della razionalizzazione, come viene chiamata, sono state tagliate decine di professionalità e decine di punti nevralgici di ascolto, così come tutto il settore dei servizi è veramente sotto fortissimo stress. Se noi pensiamo ai Sert o ai centri per la salute mentale, in ogni territorio in cui noi andremo a chiedere, sapremo che ci sono gravissime carenze di personale, ci sono gravissime carenze di strutture, mancano i fondi. E questo è un bel problema. Perché? Perché a un certo punto, ogni tanto, purtroppo, ci accorgiamo della salute mentale e sempre in un modo traumatico, e rischiamo quindi anche di non parlarne in modo corretto, perché vediamo solo e purtroppo la punta dell'iceberg di quello che succede.
In questa mozione, quindi, riuniamo tutta una serie di cose e aggiungiamo un pezzo, che è quello che ci è capitato negli ultimi due anni, quindi una pandemia globale, che ha interessato tutti, ovviamente, e che, in particolare, è andata a toccare tutte quelle fragilità che già esistevano. Questa pandemia non ha fatto altro che accelerare una serie di dinamiche che già c'erano: pensiamo alla solitudine, per esempio, degli anziani; alla solitudine dei giovani, a tutta la fascia di età tra i 25 e i 39 anni, che spesso e volentieri abita sola o lontana da casa, che non ha avuto all'inizio accesso neanche ai sussidi per l'affitto, che si è trovata a perdere il lavoro perché spesso e volentieri non ha contratti a tempo indeterminato, che si è trovata anche dei regolamenti che, per esempio, consentivano di andare a trovare familiari ma non amici, e a volte ci si trova in situazioni in cui i familiari vivono in altre regioni e magari l'amico abitava di fianco, insomma che si è trovata in questa situazione; in più, ovviamente, tutti i bambini e i ragazzi che si sono trovati in una situazione di chiusura, sia delle scuole, che dei luoghi di aggregazione, dei centri sportivi, dei parchetti, della possibilità di giocare con gli amici, e hanno quindi, ovviamente, subito ancora di più gli effetti della pandemia.
Unitamente a questo, c'è tutto il capitolo dei pazienti che hanno avuto problemi di long-COVID: sappiamo che il Coronavirus, il COVID, crea e può creare una serie di spiacevoli effetti che durano nel tempo, tra cui anche effetti sulla memoria, sia a breve termine che a lungo termine, e si chiede, appunto, di studiare meglio questi episodi, capire meglio che cosa sta succedendo e assistere questi pazienti, anche dando il supporto psicologico e psichiatrico.
Sono 31 punti, non li andrò ad elencare uno per uno, perché vorrei utilizzare questo tempo per parlare di una questione che è quella che ho detto in premessa, e cioè: da quando è iniziata questa legislatura, la Commissione affari sociali si è occupata del tema e se ne è occupata molto seriamente. Abbiamo fatto decine di audizioni, abbiamo audito esperti, abbiamo assunto moltissimi documenti e abbiamo fatto anche ciò che ci è consentito fare dal Regolamento, quindi risoluzioni, interrogazioni e adesso mozioni.
Ora, io credo che questo sia un onore e un onere enorme, quello di sedere in quest'Aula, per me è una delle cose più belle del mondo, però a volte rischia di essere molto frustrante. Se pensiamo, per esempio, alla risoluzione di cui io ero prima firmataria: iniziò il dibattito nel 2018, quindi all'epoca c'era il Governo Conte 1 e noi eravamo all'opposizione; venne approvata nel novembre 2019, con il Governo Conte 2, noi in maggioranza, e comunque venne approvata all'unanimità. C'erano 13 punti, che erano vincolanti, teoricamente, per il Governo: è uno degli strumenti che noi abbiamo, si va in Commissione e si fa la risoluzione. Di questi 13 punti, purtroppo, il Governo ha dato seguito a pochissimi, tant'è vero che siamo stati costretti a reinserire buona parte di questi all'interno della mozione.
È vero, in mezzo c'è stata la pandemia, e infatti per la prima volta dopo tantissimi anni si è avuta la possibilità di investire massicciamente sia nel dipartimento salute, estesamente inteso, ma anche di fare il piano, il famoso Recovery Plan, il PNRR. E anche lì, la Commissione affari sociali, ovviamente, è stata audita e ha inserito - all'interno dei pareri che sono stati poi votati dall'Aula e dalla Commissione, con un lavoro di dialogo tra maggioranza e opposizione, anche lì cambiate durante il dibattito di quel Piano - di inserire i punti, chiedendo al Governo di impegnarsi sulla salute mentale, di impegnare i soldi del Recovery proprio perché sappiamo la situazione. Anche lì, ci è stato detto dal Governo: assolutamente sì. Benissimo. E poi quando è stato pubblicato il Recovery non ce n'era traccia. Se voi cercate nel PDF “salute mentale”, vedrete che viene citata una sola volta e si tratta di una nota a margine.
Questo ci fa dire che io sono molto... è un onore per me ed è un privilegio poter essere qui, in quest'Aula, a parlare di questi temi e cercare di illustrare il lavoro grande che è stato fatto dal Partito Democratico, dall'onorevole Lorenzin, da tutto il gruppo della Commissione affari sociali e non solo, per cercare di creare una mozione che potesse essere poi accolta da più parti possibile, che potesse tenere conto di tutte le sfumature che sono tantissime su questo tema, però chiedo anche al Governo un atto di sincerità e collaborazione leale e reciproca. Avrei preferito, anche in passato, che mi si dicesse: no, questa cosa non si può fare, piuttosto che dire “sì” e poi non vederla attuata; avrei preferito che mi si dicesse: questa cosa non può essere inserita nel Recovery, piuttosto che dire di “sì” e poi non inserirla.
Così credo, visto che sono 31 punti molto specifici, curati, insieme alle associazioni, curati insieme a chi lavora all'interno dei dipartimenti, all'interno degli ospedali. Si parla, per esempio, dei posti mancanti per le acuzie in neuropsichiatria infantile: il nostro Paese ha più di 60 milioni di abitanti e 92 posti in tutto il territorio nazionale per i ricoveri di bambini con acuzie e problemi di neuropsichiatria infantile. Quindi, ci sono punti molto specifici, che vengono da un lavoro molto puntuale fatto in Commissione e anche in Aula; dunque, l'impegno che chiediamo al Governo, con l'ultimo strumento che ci rimane, è quello di venire in Aula con una mozione e di impegnarsi ufficialmente davanti all'Aula e davanti a tutti su questi temi, che per noi sono dirimenti.
Infatti, quello che ci ha insegnato il COVID e che spero, quindi, possa anche far cambiare l'approccio del dibattito e il dialogo in quest'Aula e anche il rapporto tra Governo e Parlamento, è proprio questo. La salute mentale non è un affare che ogni tanto capita, non è una cosa da tenere nascosta o che riguardi qualcuno che abbia avuto la disgrazia di avere in famiglia questo accidente, come viene spesso definito. È una questione di accesso alla salute, è una questione di rispetto della Costituzione, è una questione che riguarda tutte le fasce di età, è una questione di cui non ci si deve assolutamente vergognare di parlare ma bisogna imparare a parlarne in maniera corretta per evitare di creare lo stigma che, poi, è il primo punto della mozione, cioè creare, insieme al Governo, un percorso per far sì che si superi lo stigma e l'emarginazione di chi soffre di problemi di salute mentale.
La prima cosa, ovviamente, è come se ne parla. Si fa insieme perché è una cosa che riguarda tutti e quello che abbiamo imparato in questi due anni è che le malattie sono strettamente connesse tra di loro, che quando si ammala una persona si può ammalare una comunità e con lei si può ammalare una famiglia e con la famiglia si può ammalare una città, non solo in senso, come abbiamo visto, letterale ma anche in senso figurato. Questo è quello che accade tutti i giorni e noi abbiamo gli strumenti, perché sono stati scritti da noi e da chi c'era prima di noi, per creare anche a livello territoriale un sistema che possa garantire a tutti l'accesso a queste cure, che non devono essere solo a vantaggio di chi può permettersele - perché purtroppo, ad oggi, è così - ma che devono essere un servizio accessibile a tutti e a cui tutti devono avere la consapevolezza di poter accedere, senza per questo essere giudicati né sentirsi in imbarazzo. Una cosa che esiste, che c'è, che lo Stato dà e che deve essere però garantita su tutto il territorio nazionale. Non è possibile che se una famiglia si trova in difficoltà a Modena abbia diritti differenti da una famiglia che si trovi in difficoltà a Cosenza. Questa cosa purtroppo accade, non solo sulla salute mentale ma su molte cose. Questa mozione, in particolare, cerca di trattare in modo molto puntuale tutti i temi e cerca anche di trovare delle soluzioni. Quello che speriamo e spero che possa emergere attraverso il dibattito di oggi e dei prossimi giorni, in Aula, è non solo la possibilità di integrazione o di presentazione di altre mozioni che rafforzino questi punti, che, ripeto, spesso e volentieri sono frutto di un lavoro di mesi nella Commissione, ma anche che da parte del Governo ci sia la stessa franchezza e la stessa volontà di cercare di migliorare che ci abbiamo messo tutti quanti noi del Partito Democratico e anche tutti quanti gruppi, in questi mesi, per cercare di dare delle risposte. Siamo qui proprio per questo e speriamo di dare un contributo che possa essere importante e fondamentale perché nessuno rimanga indietro e perché tutti quanti riusciamo insieme a parlare, affrontare e risolvere un problema, quello della carenza di assistenza e di possibilità di accesso alle cure per la salute mentale che, purtroppo, in questo Paese affligge moltissime persone.