Grazie, Presidente. Grazie, colleghi e colleghe, ben ritrovato sottosegretario Sisto. La discussione di oggi riguarda un tema tecnico ma centrale nelle attività portate avanti dalle Commissioni cultura e giustizia, in un contesto più ampio per quanto riguarda le attività di rilancio e di ripresa del Paese. Una prima considerazione mi viene in mente: sono contento di sentire tanta attenzione sui temi dell'istruzione e della cultura dei giovani e sono convinto che questa durerà fino al momento della legge di bilancio, perché l'istruzione e la cultura avranno bisogno di semplificazione e di investimento per i giovani e per il futuro del Paese, anche in maniera operativa e pratica. Per questa ragione il presente provvedimento è un inizio, che riguarda le lauree abilitanti e che ci permette di entrare all'interno di quel novero di riforme sulle quali il nostro Paese dovrà lavorare. La sfida vera è quella che guarda a questa stagione e credo sia simbolico e importante che parta dalla riforma di un pezzo del sistema universitario e dal disegno di una legge che cerca di semplificare un sistema complesso ma sul quale ormai è inevitabile iniziare a lavorare insieme alle professioni. Il provvedimento ha l'obiettivo di modernizzare e di rendere più competitiva l'offerta formativa nazionale, favorendo l'accesso al mondo delle professioni - quindi, auspicabilmente, anche al mondo del lavoro - per i giovani laureati e per le giovani laureate, grazie a dei percorsi abilitanti nelle lauree che sono già state citate e che cito brevemente: odontoiatria e protesi dentaria, farmacia e farmacia industriale, medicina veterinaria, psicologia e, per le professionalizzanti, edilizia del territorio e professioni tecniche agrarie, alimentari e forestali. La finalità perseguita da questo disegno di legge si ispira a una visione che intende rispondere ai bisogni, in fase di continua evoluzione, alle sfide apportate dal mercato ed anche - lo vedremo in seguito - alla pandemia da COVID-19. Ritengo sia importante che l'attuazione delle riforme propedeutiche alla realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza parta proprio dal mondo della formazione e con un protagonismo della Commissione cultura. È rilevante perché sta a significare una centralità sempre più politica - auspico - del tema della formazione e, quindi, della possibilità di costruire dei percorsi moderni e aggiornati di gestione e costruzione collaborativa del sapere che si trasformano in costruzione, nel caso specifico, di risposte alle richieste del mercato del lavoro. Al tempo stesso, iniziare questo percorso all'interno del PNRR, da una riforma che coinvolga giovani uomini e giovani donne, significa anche mettere finalmente in prima linea l'impegno per coloro che più di tutti hanno sofferto nel passato l'inaccessibilità al mondo del lavoro e che, senza voler essere triste profeta di sventura, sempre più avranno difficoltà nel trovare lavoro in questo mondo che sta cambiando e all'interno del quale le conseguenze, dal punto di vista lavorativo, purtroppo sono ancora in fase di evoluzione. Per questa ragione, guadagnare tempo, migliorare l'offerta formativa e ancorare al presente le richieste del mercato significa accelerare i tempi; e ciò è esattamente quello che questo disegno di legge prova a realizzare e a mettere in campo. È importante essere chiari sul fatto che anche un solo mese di tempo guadagnato nel percorso che avvicina uno studente o una studentessa all'accesso alle professioni del mondo del lavoro è un mese guadagnato. Dobbiamo sottolineare che questo intervento non nasce oggi ma, come è stato detto anche dai colleghi e dalle colleghe prima di me, è il secondo passaggio di un qualcosa che era stato già avviato in precedenza e che ora si colloca all'interno di un processo, che la collega Piccoli Nardelli ha definito “inarrestabile”, che porta alla semplificazione, traslando il lavoro egregio che alcuni ordini professionali fanno già oggi all'interno dei corsi di laurea. Il riferimento, ovviamente, è al decreto-legge Cura Italia del maggio 2020, all'interno del quale l'articolo 102 introduce la laurea abilitante in medicina e chirurgia. Un intervento d'urgenza che ha permesso al nostro Servizio sanitario nazionale di fornire una risposta ed anche meglio articolata alla fase più calda e drammatica dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. In un momento così tragico, questo provvedimento ha permesso di creare un precedente importante sul quale adesso lavoriamo. Non si tratta di un passaggio banale, perché è un tema che c'è da tempo - ricordo, se la memoria non mi inganna, alcune proposte analoghe presentate in passato dal Partito Democratico, con riferimento specifico all'ordine dei geometri -, che porta al centro una riflessione politica sulla quale qualcuno ha provato a fare dei passi in avanti e che ci impone oggi, con dei provvedimenti concreti, di mettere al centro la pandemia come fenomeno tragico, provando a cogliere le accelerazioni e gli sviluppi che possono portare da una tragedia a un'opportunità. Il mondo che noi siamo abituati a vedere e che conoscevamo prima del febbraio 2020 è inevitabilmente cambiato con il COVID, ed è cambiato così tanto da determinare dei cambiamenti importanti anche nel mondo del lavoro. Intervenire su questi cambiamenti significa trasformare davvero la crisi in opportunità. È in quest'ottica che suggerisco di leggere l'intervento fatto su medicina e chirurgia con il “decreto Cura Italia”; in questa stessa ottica dobbiamo leggere l'auspicata approvazione in tempi brevi di questo decreto, come risposta che guarda al futuro e al bene dei giovani, quindi del Paese, introducendo senza timori dei cambiamenti in un sistema sicuramente complesso, come quello della formazione, al quale, però, è necessario rapportarsi, sì, con oculatezza, ma con riforme che ritengo ormai improrogabili, come, del resto, la riforma del reclutamento e il lavoro sugli ITS hanno dimostrato. L'impianto normativo, fortemente voluto dall'ex Ministro Gaetano Manfredi e sostenuto dalla Ministra Messa, ci permette di rispondere a delle nuove esigenze. Non entrerò nel dettaglio dei singoli articoli, perché è stato fatto in maniera egregia prima di me, però voglio sottolineare alcuni spunti importanti per inquadrare, anche all'interno del contesto politico, l'attuale discussione generale.
Gli articoli sono soltanto 5, ma producono effetti importanti. Io ne voglio citare due. Da un lato, sull'apprendimento si attribuisce un'attenzione nuova a un mix evoluto fra sapere tecnico e sapere pratico, andando a valorizzare quella pratica di learning by doing che soltanto l'applicazione, la sperimentazione e l'attività esperienziale dei giovani studenti e studentesse possono produrre. È un sapere, un'esperienza diretta che verranno sicuramente rafforzati da questo iter, non solo più veloce ma anche abilitante.
Il particolare valore del tirocinio pratico-valutativo rappresenta, inoltre, qualcosa che può dare stimoli anche agli ordini professionali perché diviene centrale il maggiore coinvolgimento degli ordini all'interno dei corsi di studio, permettendo di ripensare, anche in chiave moderna, il contributo e le esperienze che garantiscono agli studenti che verranno sicuramente aggiornate e potranno avere una ricaduta positiva anche sull'impostazione generale dei corsi di laurea. Questo è un passaggio chiave, perché orientato alla riduzione di quel gap esistente, che tendenzialmente va aumentando, fra domanda ed offerta sul mercato del lavoro con un riferimento alla qualità delle competenze, non soltanto ad una stima quantitativa. Credo e auspico, inoltre, che gli stessi ordini professionali possano beneficiare di un percorso endogeno di aggiornamento, che non può che far bene perché porterà competenze più fresche, aggiornate e andrà sostanzialmente a contaminare la struttura, le pratiche e le dinamiche interne agli ordini, permettendo di coinvolgere in tempi più brevi i giovani laureati.
Credo, quindi, che gli effetti sugli ordini possano rappresentare una esternalità positiva non secondaria, in quanto vedranno coinvolgere più velocemente al proprio interno generazioni di laureati con competenze non solo teoriche, ma sempre più rispondenti alle esigenze di mercato.
Credo sia opportuno e corretto sottolineare anche alcune aree che riguardano soprattutto la fase di attuazione delle norme che si vanno ad introdurre. Da un lato, lavorando insieme ai vari attori del mondo della ricerca, della formazione e del lavoro, dobbiamo fare in modo di evitare che ci siano scompensi e disuguaglianze territoriali nella fase di applicazione, quindi, creando una sorta di dinamica a macchia di leopardo. Dall'altra, bisogna interpretare questo passaggio come il primo di un percorso di riforma della formazione in Italia, sapendo che si tratta quindi di valorizzare questo intervento, ma considerandolo sempre il primo passaggio, il primo passo di un percorso che ha avuto inizio e che potrà produrre degli effetti ampi e consistenti solo se avremo la forza e la volontà di ripensare gli aspetti carenti dell'intero sistema che il COVID, non ci dimentichiamo, ha soltanto fatto deflagrare, e non ha creato.
Guardando ancora alle varie lauree toccate da questo provvedimento, ci tengo a sottolineare un altro elemento, che riguarda la prossimità; la prossimità perché, ancora una volta, la situazione emergenziale legata al COVID-19 può produrre degli effetti positivi anche sul rilancio del nostro Paese. A nessuno è sfuggito il ruolo che hanno avuto - lo citava il collega Melicchio - i farmacisti, in questo periodo, ma, più in generale, le lauree che noi trattiamo ci parlano del valore della prossimità e danno una rinnovata centralità a ciò che è comunità sociale e a quei servizi di prossimità che, fra l'altro, rappresentano gli elementi alla base della cultura politica del Partito Democratico e la prosecuzione naturale di un lavoro sulle case di comunità, sulla sanità di prossimità locale, sull'accoglienza diffusa, sul Servizio sanitario nazionale vicino ai cittadini, sin dalla nascita. Tutti questi aspetti sono assolutamente vicini al lavoro che svolgono periti, geometri, farmacisti, veterinari e paesaggisti, cioè esattamente quelle professioni che noi rendiamo più agevoli e più veloci nella conclusione del proprio iter, professioni che incidono direttamente sul benessere della comunità e sulla disponibilità - mi viene da dire a chilometro zero - di servizi strategici dei quali il COVID, ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, ha evidenziato la centralità.
Mi avvio alla chiusura. È anche importante racchiudere l'intervento che stiamo discutendo quest'oggi all'interno della più ampia Missione n. 4 del PNRR: una cornice che prevede anche la revisione del sistema delle classi di laurea, allargando i settori disciplinari e consentendo una flessibilità nella programmazione dei singoli corsi di laurea triennali sui quali, in Commissione cultura, abbiamo iniziato a lavorare. Ma didattica e competenze universitarie avanzate rimangono centrali anche dopo la chiusura di questo provvedimento e, anzi, rappresentano uno dei primi assi sui quali l'impegno dell'attuale Piano nazionale si concentra, perché ci parla - in aggiunta alla riforma abilitante delle lauree abilitanti, passatemi il gioco di parole - dell'iscrizione in tre anni di circa 500 dottorandi in programmi innovativi dedicati alla transizione digitale e ambientale, alla costruzione di teaching and learning center e di educational lab, cioè di tutta una serie di interventi strutturali volti a rendere ancora più evidente l'eccellenza nella ricerca e ad ampliarne la possibilità di accesso a tutti e a tutte, soprattutto con dei tempi ragionevoli in grado di portare ad uno sbocco professionale.
Si tratta, quindi, di un rinnovamento, previsto dal nostro Piano, dell'intero comparto dell'istruzione che va esattamente nella direzione dell'Agenda 2030, anche riguardo all'importante obiettivo 17, che è quello delle partnership fra pubblico e privato.
Il dato finale che voglio sottolineare è che l'intervento sulle lauree abilitanti rappresenta l'inizio - davvero l'inizio - di un ampio percorso che il comparto istruzione e ricerca avvia in questa fase e sul quale non è più possibile rimandare, perché si perderebbe non soltanto un'occasione politica, ma anche un'occasione di utilizzare adeguatamente, e bene, finanziamenti importanti in arrivo dall'Europa.
In conclusione mi sento di auspicare – l'ho già citato inizialmente - che proprio la partenza delle riforme da un intervento che riguarda i giovani, la formazione e il lavoro possa rappresentare la pietre angolare in virtù della quale muovere i prossimi passi politici, senza limitarsi alla stanca retorica dei giovani che hanno sofferto durante la pandemia e che sono stati chiusi in casa, perché non basta soltanto quello, ma è necessario lavorare e produrre interventi politici concreti ed immediati che li rendano davvero protagonisti e diano loro dignità e centralità strategica nel rilancio del nostro Paese.