Discussione generale
Data: 
Mercoledì, 23 Giugno, 2021
Nome: 
Lia Quartapelle Procopio

Grazie, Presidente. Colleghi, Presidente del Consiglio, nessuna Nazione, neanche la più grande, la più potente dal punto di vista militare o la più avanzata dal punto di vista tecnologico può farcela da sola di fronte a ogni fenomeno che investe il mondo intero. Tra le questioni globali ce n'è una di scala e impatto incomparabile, che è il fenomeno migratorio. Le migrazioni ci sono, ci sono state e ci saranno, sono un fenomeno di dimensioni sempre più ampie, sempre più diffuse, sempre più frequenti, epocali, bibliche, epiche, come dice chi vuole enfatizzare senza sapere bene che fare. Sono un fenomeno che, dunque, va governato: lo si può, lo si deve fare, in modo ordinato, sicuro e legale; per l'Italia, lo si può fare solo a livello europeo. La scelta di porre la questione migrazione al tavolo del Consiglio europeo ha per il nostro Paese, quindi, un valore strategico: non è e non deve essere la riproposizione di un problema stagionale.

Troppo spesso, in questi anni, in vari angoli d'Europa, abbiamo osservato i sintomi di un fenomeno non governato. Il campo profughi a Lesbo, in Grecia, i migranti sotto la neve in Bosnia, le persone che cercano di raggiungere la Spagna a nuoto e da Ceuta, i naufragi al largo di Lampedusa: sono scene terribili in sé per sé e perché evidenziano l'inerzia europea, il timore di programmare e di intervenire. Continueranno ad essere scene atroci finché non ci sarà una strategia europea. Ora è il momento: dopo aver fatto tanto per integrare le nostre economie, abbiamo l'occasione perché non si continui così. Lei, a Berlino, lo ha detto: per avere un'Europa più forte, serve un'Italia più forte, anche sulle migrazioni. Se vogliamo una forte risposta europea su questo fronte, l'Italia deve essere compatta anche nel mandato che oggi il Parlamento le affiderà. Sull'immigrazione, lo si sa, ci siamo scontrati duramente e ripetutamente in questi anni, ma ora è il tempo di chiedersi se è possibile un impegno comune. Sul dovere di salvare vite in mare dobbiamo concordare tutti e sono sicura che lo faremo, ma serve anche di più, serve un investimento strategico della cooperazione con i Paesi dell'Africa e una politica ordinata di pianificazione dei flussi; servono i corridoi umanitari. E qui, Presidente, le rivolgo un appello: i campi in Libia si possono chiudere, collaboriamo con il nuovo Governo libico per farlo. Stiamo parlando di 5 mila persone, tra cui 1.500 minori e donne. Convinciamo gli altri Paesi europei a fare quello che l'Italia, per ora, fa da sola, con orgoglio: i corridoi umanitari.

Bene anche aver sentito da lei parole chiare sull'Etiopia. Per la pace e il dialogo nazionale in quel Paese, in tanti si aspettano una leadership italiana che finora non è venuta. Le chiediamo di impegnare l'Italia attivamente per la pace in Etiopia. Dobbiamo avere chiaro, però, che il dovere di accogliere chi fugge dalle guerre e dalle calamità e, prepariamoci, anche dal surriscaldamento globale, non basta: dobbiamo anche aprire vie legali e dobbiamo sapere integrare coloro che arrivano sul nostro territorio e, prima ancora, chi già risiede in Italia. L'immigrazione senza integrazione è il caos. L'integrazione è parte della coesione sociale ed è anch'essa un dovere morale verso gli italiani e verso gli stranieri che con noi convivono. Dobbiamo rompere il circolo perverso tra ingressi illegali, mancate politiche migratorie e lo smarrimento dell'opinione pubblica e le reazioni populiste. La migrazione va governata con scelte che devono proiettarsi nel futuro, oltre le contingenze, le convenienze immediate di consenso e le ideologie. Questo Governo è un'occasione unica, da questo punto di vista, per l'Italia: possiamo, per una volta, sottrarci alla trappola in cui siamo caduti in tutti questi anni, quella, cioè, di una contrapposizione tutta interna tra chi specula sulla paura e chi ha pensato che bastasse il sacrosanto dovere di salvare le vite in mare, la buona volontà del terzo settore, lo spirito di accoglienza della nostra Nazione per affrontare un fenomeno che è enorme. Più che soluzioni, questa contrapposizione ha prodotto un infinito talk show. È ora di assumerci tutti una vera responsabilità. Affrontiamo le migrazioni come quello che sono: una grande questione di politica estera, di diritti umani e di sicurezza dell'Italia e, insieme, dell'Unione europea. Solo così si può affrontare questa faccia della globalizzazione, tenendo insieme le esigenze di sicurezza dei cittadini dello Stato che accoglie, il rispetto dei diritti umani, il senso di umanità e i benefici che derivano dall'arrivo di nuovi individui nella comunità nazionale.