“Il mio emendamento stabilisce una cosa molto semplice e cioè che, dato che tutto il settore della Moda rientra, giustamente, nella proroga del divieto dei licenziamenti e quindi nella possibilità di utilizzo della cassa integrazione in deroga, è necessario che vi siano ricompresi anche i comparti relativi alla fabbricazione di gioielleria, bigiotteria e articoli connessi e della lavorazione delle pietre preziose e della fabbricazione di ombrelli, bottoni, chiusure lampo, parrucche e affini”, così Martina Nardi Presidente della Commissione attività produttive della Camera.
“Come sappiamo - spiega la Presidente Nardi - Il decreto-legge 99/2021 ha previsto, in considerazione delle caratteristiche eccezionali del mercato del lavoro del settore del tessile e della pelletteria, una proroga supplementare e circostanziata del divieto di licenziamento già in vigore e in scadenza al 30 giugno 2021 fino al 31 ottobre 2021. Il decreto ha individuato come settori le industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili, identificati con i codici ATECO 13, 14 e 15. Tuttavia in quell’elenco manca il settore dell’oreficeria, che pure fa parte del più ampio settore della moda.”
“E non si tratta di un settore di poco conto, anzi. Infatti - aggiunge Nardi - rappresenta oltre 500 aziende per un totale di oltre 30.000 addetti. E proprio come i settori “limitrofi” del tessile e della pelletteria, ha subito una grave crisi causata dalla pandemia COVID-19. Basti pensare che per il settore dell’oreficeria si è registrato un calo di circa il 30% di fatturato tra il 2020 e il 2019. Secondo quanto registrato nella 5° indagine sull’impatto del COVID-19 sul settore del tessile, moda e accessori condotta ad aprile 2021 da Confindustria Moda, nel primo trimestre 2021 la quota di aziende del settore dell’oreficeria che ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali è stata del 51%. Con riferimento alle imprese che ne hanno fruito, nel 42% dei casi gli addetti coinvolti dalla CIG non hanno superato il 20% del totale, ma nel 16% dei casi le imprese hanno usufruito degli ammortizzatori sociali per oltre l’80%» dei dipendenti totali dell’azienda. Ad aprile, guardando al secondo trimestre, ben il 49% delle aziende in esame prevedeva di far ricorso ancora alla CIG, percentuale in debole contrazione, dunque, rispetto a quanto registrato nel gennaio-marzo 2021, e simili trend sono da attendersi per il trimestre successivo”.
“Difendere ora quei posti di lavoro- sintetizza Nardi -, significa difendere una manodopera altamente qualificata e difficilmente sostituibile, che rende il Made in Italy della moda un’eccellenza mondiale. Pertanto, senza una proroga del divieto di licenziamenti, si verrebbero a creare le condizioni per una potenziale perdita di competenze, che contrariamente sarebbe scongiurata con una proroga al 31 ottobre 2021 accompagnata dal sostegno previsto dal Governo per i settori interessati, proseguendo sul percorso già avviato negli scorsi mesi. Un obiettivo che vale anche per il settore della fabbricazione di ombrelli, bottoni, chiusure lampo, parrucche e affini, che fa a pieno titolo parte del più ampio settore del tessile, moda e accessori e che, con l’attuale formulazione del decreto, invece sarebbe escluso dalla misura”.