Grazie, Presidente. Sono più di 15 mila le donne che, nel corso del 2020, hanno iniziato un percorso nei centri antiviolenza. Per il 19,9 per cento, oltre 3 mila donne, si è trattato di un intervento di emergenza proprio durante il lockdown: marzo, aprile e maggio, tre mesi terribili per le donne; si sono registrate in quei mesi le percentuali più alte. Ma il 70 per cento dei casi di donne abusate in quei mesi subiva la violenza già da prima: addirittura nei dati e nelle ricerche risulta che il 40 per cento di quelle donne la pativa da cinque anni o anche oltre. E poi c'è un altro numero che voglio citare, che racconta questa emergenza: oltre il 60 per cento delle donne che subiscono violenza, non la denuncia. Non solo non la denuncia, ma non ne parla, non la racconta a nessuno, nemmeno alla migliore amica, alla sorella, alla madre. Parlare di violenza, infatti, in questi giorni, in occasione di questo 25 novembre, è difficile, perché siamo arrabbiate. Siamo arrabbiate perché il nostro impegno merita risposte più adeguate! Merita - lo ripeto - risposte più adeguate! ! Noi ce ne occupiamo da tempo, con passione, animate dal desiderio di fermare questa mattanza. Ce ne occupiamo costantemente anche in queste Aule, dove abbiamo discusso, approvato leggi, provvedimenti, promosso iniziative: tante, belle, solide, le ricordava la nostra presidente, Debora Serracchiani, nel dibattito, lunedì. Il primo atto parlamentare della XVII legislatura è stata la ratifica, avvenuta con la legge 27 giugno 2013, n. 77, della Convenzione di Istanbul che ha definito la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani e poi la legge contro la violenza di genere, che ne è stato il portato, il risultato e poi la legge contro lo stalking, le misure di prevenzione, gli ordini di protezione, gli indennizzi per le vittime, il fondo per i figli orfani delle vittime di femminicidio, il reddito di libertà, le aggravanti specifiche, il Piano nazionale antiviolenza, i percorsi antiviolenza nel pronto soccorso, l'istituzione della Commissione d'inchiesta sul femminicidio, le norme contro il revenge porn, il Codice rosso, i fondi ai centri antiviolenza e molto altro. L'abbiamo fatto qui, in quest'Aula, tutte insieme, tutti insieme! Abbiamo fatto tanta strada, tantissima. Ricordiamoci che in questo Paese, fino a pochi anni fa, esisteva il delitto d'onore e la violenza sessuale era ancora considerata un delitto contro la morale. Purtroppo, non basta. Non è bastato un decennio di riforme importantissime di contrasto alla violenza contro le donne - non è bastato! - e i delitti sulle donne sono in controtendenza ovvero sono in crescita. Una strage perpetua. È per questo che parliamo ormai di un'emergenza strutturale. La violenza continua, crudele, sfacciata, senza vergogna. Nell'ultima settimana, infatti, sono morte altre quattro donne - come alcune colleghe hanno ricordato - che, a causa di mariti, fidanzati o ex, uomini che dicevano di amarle, hanno perso la vita e, a volte, con loro o addirittura al loro posto, per estrema punizione, sono stati trucidati i loro bambini. Morti e violenze indicibili, inaccettabili ma che invece ci costringono a guardare dritta in faccia questa violenza, a chiamarla con il suo nome che, di certo, non è amore, non è passione, non è gelosia, non è tradimento, non è separazione. Nessuna di queste parole ha a che fare con la sopraffazione, con la violenza, con il femminicidio. Si può chiamare amore quello che serve da giustificazione a chi perseguita, soffoca, uccide, stupra, bastona una donna? È necessaria da parte di tutti una pulizia lessicale che sgombri definitivamente il campo. Non chiamiamolo più amore, non chiamiamoli più delitti passionali, correggiamo anche il linguaggio nel quale, in modo inconsapevole, risiede la discriminazione e può crescere il seme della violenza. Il 2021 - veniva ricordato - è stato un anno tragico; a morire sono state per lo più donne che avevano avuto il coraggio di denunciare, spesso donne i cui ex avevano avuto divieti di allontanamento, divieti non rispettati, non fatti rispettare. Spesso si tratta di tragedie annunciate, avvertite. Sono le stesse donne a dire, a volte, nelle loro memorie e nei loro racconti: “Quello mi ammazza; prima o poi mi ammazza”. Quando accadono queste cose siamo tutte sconfitte ma i più sconfitti siete voi uomini, proprio quelli che non violentano, quelli che non abusano, che non uccidono ma che ancora non si sentono parte attiva di una grande e necessaria rivolta morale verso tutto questo orrore; voi uomini che vi portate addosso questa macchia di genere, una macchia di genere, di cui vi dovete liberare. Uscite allo scoperto perché, insieme, uomini e donne, dobbiamo lavorare contro la violenza. Sarebbe sconfitto uno Stato che accettasse o tollerasse, quasi come fisiologico, che un uomo colpisca una donna, che la sottometta, che ne abusi fino a toglierle vita, forza e identità. La causa della violenza maschile contro le donne è determinata da una cultura ancora profondamente patriarcale, una cultura diffusamente e supinamente accettata, a volte, anche da chi dovrebbe tutelare e proteggere le vittime. Questa giornata, per noi del Partito Democratico, non ha il sapore di una liturgia funebre, non siamo qui solo a contare le vittime. Questa giornata è stata istituita per dare a tutti noi, ai Governi, alle istituzioni, agli enti locali e alle organizzazioni internazionali l'opportunità e l'occasione di dare una scossa all'opinione pubblica. Diamola, per individuare le migliori strategie a livello globale, per sradicare la violenza, per cambiare le menti e per formare le coscienze e le professionalità. Ci siamo impegnate in tanti campi. Non possiamo permetterci di mancare a questo appuntamento dell'impegno contro la violenza. Abbiamo messo a sistema tanti interventi, tanti, davvero importanti, ma, se non bastano, dobbiamo andare oltre quello che abbiamo già fatto e occorre una presa di coscienza corale collettiva, come facemmo quando ci accorgemmo che con i delitti di Falcone e Borsellino si era sollevata la guardia troppo. Noi dobbiamo avere la stessa reazione, questa escalation non può essere tollerata. Dobbiamo prendere coscienza di questa escalation e dobbiamo fare verso questa escalation una rivolta morale. Dobbiamo sfruttare anche l'occasione che ci viene data dal PNRR in cui il Partito Democratico ha voluto la trasversalità di genere, una giusta decisione oltre che per fermare il gender gap, che relega le donne in condizioni di inferiorità, anche per formare le professionalità in prima linea. È necessario un coordinamento tra le istituzioni e servono campagne di comunicazione, di sensibilizzazione, non solo in occasione del 25 novembre. Serve, inoltre, intervenire sui temi dello squilibrio e della parità e lo abbiamo fatto con il Partito Democratico fortemente impegnato sulla legge per la parità salariale, sull'assegno unico universale e su altri strumenti che servono a dare alle donne libertà e autonomia. Inoltre, il piano nazionale antiviolenza che diventa strutturale è finalmente un segnale, ma il Governo può e deve fare di più. Dobbiamo combattere anche contro questi stereotipi e il Partito Democratico, tutte le parlamentari e i parlamentari, vota convintamente questa mozione unitaria perché vogliamo dire e dare alle donne e alle ragazze un segno forte: finché ci sarà una sola donna colpita in quanto donna noi non avremo pace.
Dichiarazione di voto
Data:
Giovedì, 25 Novembre, 2021
Nome:
Stefania Pezzopane