Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Vice Ministro Pichetto, l'Italia deve molto alla produzione di auto, veicoli commerciali e industriali, che hanno trainato lo sviluppo di competenze e innovazione e capacità produttiva anche in comparti collegati, a partire dalla fabbricazione di macchine e impianti con benefici economici e sociali per tutto il Paese. Un settore che rappresenta l'eccellenza italiana nel mondo e che ha inciso in maniera determinante sulla crescita economica, sociale e culturale del nostro Paese. Le auto italiane sono su ogni strada del pianeta, simbolo della nostra capacità di pensare e di realizzare, del nostro stile, della nostra cultura. La produzione italiana si contraddistingue da sempre per elaborare soluzioni eleganti ed efficaci, al passo con i tempi e con le esigenze dei clienti.
Così, anche nel settore dei veicoli commerciali ed industriali, anche oggi, pur a fronte di una drastica diminuzione della produzione nazionale di autoveicoli - che passa dagli oltre 1,8 milioni di veicoli nel 1997 a soli 700.000 nel 2021, di cui meno di 500.000 autovetture - il settore automotive nel suo insieme ha un peso rilevante nell'economia italiana, grazie ad una progressiva autonomia e all'internazionalizzazione dei mercati dei produttori di componentistica presenti nel Paese con un forte contributo alle esportazioni. Nel 2019 il settore dell'automotive valeva un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6 per cento del PIL nazionale, 5.700 imprese e 250.000 occupati, il 7 per cento dell'intera forza lavoro dell'industria manifatturiera italiana (fonte ANFIA). Nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operano più di 2.000 imprese, 180 mila lavoratori, ovvero l'11 per cento del totale degli addetti metalmeccanici, che producono un valore aggiunto superiore ai 13 miliardi di euro, ovvero il 13 per cento del totale metalmeccanico, ottenendo dalle esportazioni 31 miliardi di euro, poco più del 50 per cento del fatturato complessivo del comparto e circa il 16 per cento di quello delle esportazioni metalmeccaniche e il 7 per cento di quelle nazionali.
A tal proposito i perimetri e gli impatti dell'automotive sono più che in altri settori in continua evoluzione ed oggi siamo di fronte a nuovi punti di svolte epocali. La transizione ecologica è un obiettivo importante e necessario di rilevanza strategica globale e di particolare rilevanza nella regione europea. Proprio l'intervento dei regolatori istituzionali, a fronte della grave emergenza ambientale legata ai consumi di energie non rinnovabili e alla sovrapproduzione di CO2, sta producendo una forte accelerazione dall'esterno ai processi di trasformazione dei mercati e degli attori automotive per la normale evoluzione delle tecnologie e per le naturali pressioni competitive. In particolare, in Europa, nel luglio del 2021 la proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council ha previsto entro il 2035 lo stop della vendita di nuove auto ed entro il 2040 dei furgoni che producono emissioni di carbonio. Nel dicembre 2021 il Comitato interministeriale per la transizione ecologica ha stabilito l'analogo stop per l'Italia.
Questi giusti e ambiziosi obiettivi, tuttavia, in assenza di una celere e straordinaria mobilitazione degli attori istituzionali in sinergia con gli operatori del settore, rischiano di provocare la perdita, in Europa, di un milione di posti di lavoro e, in Italia, di 73 mila posti, di cui 63 mila negli anni dal 2025 al 2030.
Non sono solo singoli lavoratori, ma saranno intere famiglie. A questa drammatica previsione si aggiunge poi il rischio di perdere fasce di mercato nel settore dell'automotive nelle quali ancora oggi la produzione italiana è protagonista e va ben oltre i soli i marchi prestigiosi e i modelli iconici. Corriamo un vero e proprio rischio di deindustrializzazione di un settore chiave dell'economia nazionale con effetti sul tessuto sociale del Paese. Un pericolo concreto che può abbattersi sul nostro presente e sulle nostre prospettive future: questo è il monito lanciato anche da Federmeccanica insieme a FIM FIOM e UILM. Si tratta di un ecosistema di creatività e imprenditorialità, conoscenze e saper fare, di imprese e lavoratori, che ha sviluppato l'identità riconosciuta globalmente nel connubio tra tecnologia e stile, tra prestazioni e percezione, tra funzionalità ed esperienza di guide di viaggio. Distretti come la Motor Valley, le aziende dello stile per la carrozzeria e gli interni, i centri di sviluppo di costruttori e componentistica realizzano produzioni di alta qualità e sviluppano contenuti di prodotto riconosciuti in tutto il mondo.
Da piemontese, e da torinese in particolare, come anche lei Vice Ministro, conosco molto bene il comparto di cui vado orgogliosa e che nella mia regione è rappresentato non solo dalla FIAT e dalle sue evoluzioni odierne ma dalle migliaia di piccole e medie imprese che lavorano nell'indotto e nel settore, vere colonne portanti dell'automotive italiano e piemontese e del nostro saper fare. Per limitare gli impatti negativi su occupazione e mercato di questa inderogabile transizione verso modelli ecologici è necessario un maggiore protagonismo del nostro Governo. Il Partito Democratico sono diversi anni che lavora per perseguire questo obiettivo e gli incentivi ottenuti nelle scorse leggi di bilancio, anche per i motori termici e non esclusivamente per l'elettrico, sono frutto anche di questo impegno. Grazie a questo impulso, al quale è seguito un impegno trasversale dei partiti di maggioranza, Governo e Parlamento con un'incisiva azione di politica industriale per il settore hanno introdotto nel “decreto Rilancio” e successivamente confermato nel “decreto Agosto” e nella legge di bilancio 2021 una serie di incentivi per l'acquisto di auto nuove, riuscendo a coniugare l'azione positiva per l'ambiente con l'eliminazione di vetture circolanti altamente inquinanti, l'incremento della sicurezza del parco circolante e il deciso sostegno ad un settore strategico per l'economia ed il lavoro degli italiani.
L'aver favorito il ritmo di sostituzione delle vetture con oltre dieci anni di vita ha fatto risparmiare all'ambiente decine di migliaia di tonnellate di CO2, grazie alla vendita di circa 100 mila vetture che non sarebbero state vendute in assenza degli incentivi varati con legge di bilancio per il 2021, in particolare quelli con emissioni di CO2 contenute tra 61 e 135 grammi per chilometro hanno infatti evitato, come per la seconda parte del 2020, che il mercato italiano crollasse. Nel primo trimestre 2021 l'andamento del mercato italiano pur registrando un calo del 12,7 per cento è risultato essere migliore di quello dei principali Paesi dell'Unione europea grazie al fatto che si erano previsti incentivi per il primo semestre del 2021, anche per sostenere le vendite di vetture ad alimentazione tradizionale. Poi, però, a seguito del COVID si è sommato all'aumento dei costi delle materie prime un aumento dei costi del gas e dell'energia elettrica che stanno mettendo a dura prova anche le aziende energivore che lavorano nel settore dell'automotive. Le enormi difficoltà che attraversa il settore, a cui si vanno ad aggiungere quelle non meno importanti determinate dalla carenza dei componenti elettronici, hanno messo in allarme gruppi come Stellantis, Toyota e Volkswagen. Numerosi stabilimenti - Pomigliano Val di Sangro e Melfi - nel corso degli ultimi mesi hanno più volte infatti interrotto seppur temporaneamente la produzione di autoveicoli per mancanza di microchip. L'azienda taiwanese TSMC, la più grande produttrice al mondo di semiconduttori, ha annunciato l'intenzione di innalzare i prezzi dei microchip fino al 20 per cento, prefigurando con tutta probabilità un forte rincaro in vista sui prodotti finali.
Nelle scorse settimane Stellantis ha manifestato l'intenzione di procedere ad una complessiva riorganizzazione degli impianti di produzione presenti nel nostro territorio, i cui effetti non sono ancora noti in ragione di un piano industriale che, secondo le dichiarazioni rese dall'amministratore delegato del gruppo, sarà reso pubblico a marzo del 2022.
Per alcuni stabilimenti, come la VM Motori di Cento operante dal 1947 nella produzione dei motori diesel, le prospettive appaiono incerte anche in ragione della specializzazione in un settore tecnologico tradizionale il cui futuro è segnato dalla transizione ecologica in atto.
Le ricadute di tali trasformazioni, oltre a destare forti preoccupazioni ai numerosi addetti del settore automotive, iniziano a produrre i primi effetti, in particolare sull'indotto della componentistica italiana, anche in situazioni aziendali di conseguimento di fatturato e utili, con la manifestazione di alcune crisi industriali che vedono il coinvolgimento di importanti e storiche aziende e il rischio di licenziamento per numerosi lavoratori.
Per tutte queste ragioni serve un'azione coordinata tra i Ministeri; per questo ringrazio il Presidente Draghi, il Ministro Giorgetti, ma anche il Vice Ministro Pichetto Fratin, qui presente, che è sempre stato un attivo interlocutore sul tema, che hanno accolto la richiesta appoggiata anche dall'intergruppo di Camera e Senato. Serve una politica industriale chiara e coordinata che possa accompagnare il settore dell'automotive, attraverso questa trasformazione. La posta in gioco, come specificato precedentemente, è molto alta.
Attraverso questa mozione vogliamo impegnare il Governo a mettere in atto alcuni punti cardine. Primo tra tutti la costituzione di un fondo dedicato al sostegno della diversificazione anche della subfornitura della filiera auto verso l'elettrico e il digitale e combustibili alternativi, in primis l'idrogeno, i materiali più leggeri e riciclabili e nuovi processi di fabbricazione, ma anche la previsione di aiuti alla transizione e alla riconversione del personale con piani di formazione per i lavoratori a rischio di licenziamento e la riconversione verso profili la cui domanda è in crescita nel medesimo territorio. La definizione anche di un sistema di accompagnamento strategico e operativo delle imprese della subfornitura dell'auto per aiutarle ad identificare mercati e diversificazione, nonché attuare piani d'azione per accedervi.
Stabilire anche misure concrete, sotto forma di sgravi fiscali e contributivi, per contrastare il deficit di competitività del nostro Paese e attirare sostanziali investimenti nelle nuove catene del valore dell'automotive - batterie, idrogeno, semiconduttori, motori elettrici, elettronica di potenza, connettività e servizi, economia circolare - a favore delle imprese già presenti nel nostro Paese e anche di nuovi investitori stranieri. Riteniamo, infine, fondamentale assicurare che i maggiori costruttori di veicoli a cominciare da Stellantis e IVECO mantengano in Italia importanti centri di ingegneria per la ricerca applicata sulle nuove tecnologie di prodotto e di processo.
Sul breve periodo è invece importante la prosecuzione dell'ecobonus nel triennio 2022-24 con una progressiva rimodulazione degli incentivi nel tempo, ma anche la previsione di interventi per le infrastrutture di ricarica private, la prosecuzione del credito d'imposta del 50 per cento per le utenze domestiche, per le piccole imprese, le partite IVA e una misura per lo sviluppo della ricarica all'interno dei condomini. Infine, per la transizione delle imprese della filiera, misure a sostegno della riconversione industriale dei lavoratori sono indispensabili per non perdere la competitività. Il 31 gennaio 2022, Confindustria, Confapi e le altre associazioni di categoria hanno trasmesso al Governo italiano, ai rappresentanti dell'Italia presso l'Unione europea e ai membri del CITE, la specifica richiesta di accompagnare la transizione energetica nel parco circolante al 2030, definendo target di mercato che valorizzino anche il contributo che i combustibili rinnovabili a basso contenuto carbonico sono in grado di assicurare nel breve periodo, garantendo allo stesso tempo un impatto meno violento della transizione sul tessuto industriale della mobilità.
Noi riteniamo che il Governo debba sostenere questa richiesta e farsi carico di ottenere dei risultati, in particolare in sede di Unione europea, perché le misure non siano solo italiane ma soprattutto europee. Si fa tra l'altro notare che il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha fatto anche osservare che la quota detenuta dall'azionista pubblico francese in Stellantis è cresciuta dopo l'operazione di fusione, determinando una distribuzione della proprietà diversa da quella precedentemente annunciata. Al fine di preservare gli interessi nazionali dell'industria automobilistica, le curie ramificazioni risultano estremamente significative nel panorama economico nazionale, potrebbe essere valutato, suggerisce il Copasir, un interessamento di Cassa Depositi e Prestiti il cui eventuale ingresso nel gruppo industriale potrebbe favorire un ribilanciamento di pesi tra la componente francese e quella italiana, così proteggendo le tecnologie e l'occupazione.
Il riferimento del passaggio del Copasir è relativo alla crescita della quota che lo Stato francese risulta possedere nel quarto gruppo automobilistico del mondo. Sono sicura che il Governo ha già tenuto conto di questi rilievi e sta valutando l'ipotesi dell'ingresso di CDP nel gruppo Stellantis. Non possiamo assistere silenti allo stato di profonda crisi in cui versa il settore, che è sempre stato il fiore all'occhiello del made in Italy, l'architrave del nostro sistema industriale economico e produttivo, che ha dato e dà lavoro a moltissime famiglie e che è sinonimo di Italia stessa in molte parti del mondo. Come avrebbe detto l'avvocato Agnelli, abbiamo il dovere della responsabilità. La sfida ecologica deve essere un'opportunità di rilancio e non la fine di un'epoca; sta a tutti noi raccoglierla e trovare le soluzioni per sostenere questo settore così determinante per la nostra economia, per le prospettive dei lavoratori e delle loro famiglie, per la nostra storia, per il nostro presente e per la nostra capacità di immaginare e di costruire il futuro, adesso, subito.