Grazie, Presidente. Riconosciuta come malattia sociale dalla legge 4 luglio 2005, n. 123, la celiachia conta oggi oltre 230 mila pazienti effettivamente diagnosticati, pari all'1 per cento della popolazione, con una media annuale di nuove diagnosi pari a circa 9 mila.
Si tratta di una patologia cronica, permanente, autoimmune con base genetica che colpisce prevalentemente la popolazione femminile. È una condizione che si scatena quando il sistema immunitario deputato alla difesa comincia per errore ad aggredire il glutine e la transglutaminasi tissutale presente nelle cellule dell'organismo. La dieta aglutinata è l'unica terapia disponibile e va eseguita con rigore per tutta la vita. Le persone celiache devono escludere rigorosamente tutti gli alimenti che contengano glutine e ridurre il più possibile le contaminazioni e i rischi di assunzione nascosta che comportamenti errati possono provocare.
L'educazione alimentare, pertanto, svolge un ruolo primario, soprattutto tra alcune fasce di popolazione più a rischio di trasgressione volontaria della dieta. Sussistono, infatti, difficoltà ad accettare la propria condizione cronica, specie tra gli adolescenti, che, spesso, vivono in modo drammatico una diagnosi di celiachia per paura di essere esclusi o di considerare se stessi diversi dagli altri, con risvolti quali rabbia, negazione o ritiro sociale.
Se non trattata, la celiachia può rappresentare un serio rischio per la salute della persona, pertanto, la diagnosi precoce è fondamentale. La patologia può essere identificata con assoluta certezza attraverso la ricerca sierologica e la biopsia della mucosa duodenale. Tuttavia, quando si manifesta nell'adulto, la celiachia può presentarsi con un ampio spettro di sintomi, difficili da inquadrare immediatamente, che spesso spingono i pazienti a consultare diversi specialisti o ad affrontare i veri e propri calvari terapeutici.
Si stima che in media siano richiesti ancora oggi sei anni per giungere ad una diagnosi dall'inizio dei sintomi. Dal 2012 le nuove raccomandazioni della società europea di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica consentono di procedere con la diagnosi senza la necessità di eseguire la biopsia nei casi pediatrici in cui sussistano determinate condizioni, consentendo pertanto di escludere analisi strumentali altamente invasive. L'estrema diffusione della patologia a livello mondiale unitamente al carico sociale, economico e psicologico che essa comporta ha indotto la comunità scientifica a lavorare costantemente per semplificare e favorire l'approccio clinico-diagnostico. Il nostro Sistema sanitario nazionale ha inserito gli alimenti privi di glutine, classificabili come specificamente formulati per persone intolleranti al glutine, in un apposito registro nazionale garantendo al contempo un supporto economico mensile per il loro acquisto. Con il decreto 10 agosto 2018 del Ministero della Salute si è proceduto ad un aggiornamento dei tetti di spesa per l'acquisto degli alimenti agglutinati attraverso l'utilizzo dei buoni erogati dal sistema i cui importi scaturivano dai LARN, i livelli di assunzione di riferimento dei nutrienti, stabiliti dalla Società di nutrizione umana tenendo conto di parametri quali l'età, il sesso e la relativa differenza in termini di fabbisogni calorici.
Grazie alla dematerializzazione dei buoni di acquisto, la loro digitalizzazione, circolarità e spendibilità in tutto il territorio nazionale, possiamo contribuire enormemente a semplificare la vita dei pazienti e a garantire concretamente l'accesso alla terapia; tuttavia, i sistemi territoriali di erogazione degli alimenti senza glutine e i canali di acquisto utilizzabili non sono ancora totalmente omogenei nell'intero Paese, generando gravi disuguaglianze tra i pazienti. In alcune regioni, infatti, il valore dei buoni mensili è caricato sulla carta sanitaria ed è spendibile sia nelle farmacie che nei negozi specializzati; in altre, invece, il sistema è ancora caratterizzato dai buoni cartacei, spesso utilizzabili in un unico servizio o farmacia e in un'unica volta senza la possibilità per il paziente di ritirare gli alimenti in base al fabbisogno, come avviene per le necessità alimentari comuni. Per superare tali disomogeneità il Ministero della Salute in raccordo con il Ministero dell'Economia e delle finanze e le regioni sta lavorando ad un sistema informatizzato e regolamentato che consenta la circolarità dei buoni all'interno dei sistemi regionali. Tutto ciò premesso, con questa mozione a mia prima firma intendiamo impegnare il Governo in azioni concrete che garantiscano la completa inclusione sociale dei pazienti che soffrono di celiachia, una patologia, lo voglio ricordare, con una forte incidenza sulla popolazione con grandi ripercussioni sociali e psicologiche. Essendo una malattia cronica a rischio di severe complicanze, il costo della prevenzione è sicuramente inferiore a quello dei ricoveri e cure ed è quindi fondamentale investire in informazione e diagnosi precoce e omogeneità di assistenza e risorse su tutto il territorio nazionale. Infatti, uno degli impegni da noi proposto è proprio quello che richiede che siano inseriti nei LEA anche gli esami diagnostici; dal 2017 gli esami di follow- up sono inseriti nei LEA con esenzione del pagamento del ticket, ma non quelli relativi alla diagnosi. Abbiamo più volte ricordato come sia fondamentale una diagnosi precoce non soltanto per la salute del paziente affetto da questa patologia, ma anche proprio per ridurre i costi a carico del Sistema sanitario nazionale. Intendiamo, inoltre, predisporre percorsi mirati per una corretta educazione alla celiachia e le abitudini alimentari che essa comporta in tutte le scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, perché siamo convinti che in un simile contesto le scuole possano svolgere un ruolo cruciale per promuovere tra i giovani la tutela della salute e la conoscenza sulle specificità alimentari e le relative necessità che caratterizzano la celiachia. Aderenza alla dieta e benessere psicologico devono proseguire di pari passo; per questo motivo crediamo che apposite campagne di sensibilizzazione e di informazione siano necessarie per aumentare la consapevolezza dei cittadini sul tema della celiachia e per creare un ambiente che sia in grado di includere le esigenze specifiche di chi ne soffre.
Anche la formazione degli operatori del settore alimentare può favorire l'inclusione sociale delle persone affette da celiachia, potendo contare su strumenti utili a garantire elevati livelli di qualità e sicurezza nella produzione alimentare e nei servizi di ristorazione e incrementare nelle diete delle mense scolastiche e aziendali delle vere alternative alimentari con cibi privi di glutine. Impegniamo il Governo a portare a compimento su tutto il territorio nazionale l'informatizzazione del processo per rendere i buoni acquisto dematerializzati, digitalizzati e spendibili in maniera frazionata consentendo la spesa degli alimenti senza glutine in più canali di vendita e al di fuori del territorio nazionale, eliminando in questo modo le disparità ancora oggi esistenti. Grazie alla ricerca scientifica è stato possibile procedere con l'avanzamento nella pratica clinica, la prossimità alla cura e il miglioramento della qualità di vita. Chiediamo, quindi, di sostenere la ricerca e di accrescerne gli investimenti incentivando i programmi che possano garantire una diagnosi precoce e un migliore monitoraggio dell'aderenza alla dieta. La celiachia se non riconosciuta e curata tempestivamente rischia di produrre conseguenze negative a distanza sulla salute e sulla qualità della vita.