A.C. 3533-A
Grazie, Presidente. Ad oggi, oltre 500 milioni di persone, in tutto il mondo, sono state contagiate dal virus Sars-Cov-2, che ha provocato la morte di oltre 6 milioni di cittadini. Che la circolazione del virus, nel mondo in generale, e nel nostro Paese in particolare, non sia terminata lo testimoniano quotidianamente i bollettini del Ministero della Salute; la circolazione virale è ancora rilevante ed è questa la ragione per cui dobbiamo continuare a raccomandare attenzione e prudenza nei comportamenti individuali che poi hanno ricadute non soltanto sulla persona stessa, ma anche sulla comunità. Tuttavia, c'è un dato positivo da considerare, ovvero che l'elevato numero dei soggetti contagiati non trova riscontro nel corrispettivo dei ricoveri, soprattutto nei reparti di terapia intensiva e nei decessi ed è sicuramente merito dei vaccini che abbiamo a disposizione, quei vaccini che ci hanno salvato la vita grazie alla loro efficacia, alla loro sicurezza e che aiutano a proteggerci a vicenda, come membri di una comunità. A testimoniare questo dato incontrovertibile, a prescindere da ciò che abbiamo ascoltato finora in quest'Aula, è, da ultimo, il rapporto dell'Istituto superiore di sanità che, con l'obiettivo di valutare il numero dei casi di ricoveri e di decessi evitati direttamente dalla vaccinazione, ha stimato che, dall'inizio della campagna di immunizzazione al 31 dicembre 2021, il vaccino ha evitato 2,8 milioni di contagi, 290 mila ospedalizzazioni, 38 mila ricoveri in terapia intensiva e 78 mila decessi, vite risparmiate grazie ai vaccini. Sono numeri che non possono che confermarci quanto questi siano fondamentali per la nostra salute e per il nostro sistema sanitario.
Non ci sono dubbi sull'importanza e sull'efficacia di questo potente strumento che, unitamente alle misure di distanziamento e all'utilizzo delle mascherine, ha rappresentato un mezzo inestimabile per prevenire la recrudescenza del virus e una altrimenti inevitabile impennata della curva epidemiologica. L'Italia, con il 90 per cento di popolazione vaccinata, ha raggiunto uno dei tassi più elevati al mondo quanto ad immunizzazione. Tuttavia, resta ancora uno zoccolo duro di cittadini non vaccinati, parlo dell'11 per cento di italiani over 12 e del 46 per cento - un dato allarmante - dei bimbi dai 5 ai 12 anni di età; una riluttanza molto spesso legata alla disinformazione sebbene in un'esperienza inedita come quella pandemica la comunicazione ad opera della scienza abbia rappresentato, per i cittadini e per l'istituzione, un indispensabile primo passo per comprendere la reale minaccia del virus e i rischi per la salute individuale e collettiva che esso ha comportato. Incertezze, scetticismo, allarmismi sono stati abbattuti grazie ad una comunicazione veritiera, corretta, trasparente al fine di infondere fiducia, consapevolezza e responsabilità nella popolazione. Sicuramente, ancora molta altra strada rimane da percorrere. È necessario quindi che anche la politica continui a fidarsi della scienza e prenda decisioni basate sulle evidenze scientifiche. L'esperienza maturata dal nostro Paese negli ultimi due anni ci testimonia quanto le decisioni assunte siano sempre state mosse da principi di massima precauzione, guardando alla dinamica del virus con attenzione e responsabilità. La fine dello stato di emergenza è stata resa possibile proprio grazie a questo comportamento, dandoci oggi la possibilità di guardare al futuro con rinnovata fiducia ed ottimismo e di inaugurare una nuova fase, pur sempre informata e basata sul principio della prudenza e della responsabilità individuale. Purtroppo, la scadenza giuridica dell'emergenza non corrisponde alla fine della pandemia. È qui che, a mio parere, subentra la responsabilità del legislatore e della politica, cioè evitare a tutti i costi qualunque incauto calo di attenzione, scongiurare false percezioni e continuare ad agire con lungimiranza per non vanificare quanto abbiamo finora raggiunto, creando le attuali condizioni per allentare le restrizioni e far ripartire l'economia. Dobbiamo infatti prepararci a scenari diversi, nei quali non ci sia posto per improvvisazione e frammentazione, nei quali la comparsa di nuove varianti potrebbe non essere una questione di “se” ma di “quando”. Alcune proposte su come gestire l'attuale fase della pandemia da COVID-19 giungono dalla Commissione europea. Vigilanza e coordinamento della preparazione della risposta sanitaria, rafforzamento dei sistemi sanitari e dei sistemi di sorveglianza integrati, esecuzione di test e sequenziamenti mirati per stimare accuratamente la circolazione delle varianti sono tutte azioni che gli Stati membri sono chiamati ad attuare a fronte degli attuali livelli più bassi di infezione. Il coordinamento a livello europeo nella risposta alla pandemia, rivelatosi di fondamentale importanza e straordinarietà, dovrà essere garantito al fine di ricomprendere l'ulteriore rafforzamento nella nostra preparazione alle crisi future e alla definizione di un'unione della salute a protezione della salute pubblica e dei sistemi sociali ed economici. Credo che questo sia uno dei più importanti insegnamenti che questa pandemia ci ha lasciato. Iniziamo ad intravedere la luce in fondo al tunnel, nel quale ci troviamo da oltre due anni di pandemia. Sin dal suo arrivo - dobbiamo riconoscerlo - essa ha fatto da catalizzatore di nuove tendenze e dà opportunità per ripensare i nostri modelli sanitari, economici e sociali. Investire nella preparazione alle prossime crisi sarà in futuro un punto nodale su cui concentrarsi. Per farci trovare preparati da prossime emergenze non possiamo prescindere dal sapere biomedico e dobbiamo ricordarci che la politica deve guidare gli sforzi di innovazione laddove questi siano più che necessari. La scienza e la ricerca rappresentano un assunto irrinunciabile per tutta la società.
L'esperienza pandemica ci insegna, infatti, che la collaborazione tra scienza e politica nella gestione di sfide quali quella attuale non deve limitarsi e ridursi ai contesti emergenziali ma deve instaurarsi un confronto strutturale e duraturo per una diffusione della cultura scientifica che giunga a tutti i livelli. Dobbiamo pertanto rendere più sicure, resistenti e adattabili le nostre organizzazioni, dobbiamo migliorare la condivisione dei dati, i sistemi di allerta, la formazione del personale sanitario, la produzione la distribuzione di attrezzature mediche, di strumenti e dispositivi di sanità pubblica, di medicinali e vaccini. Per far ciò, come la pandemia ha messo in evidenza, dovremo continuare a percorrere la strada del coordinamento a livello europeo che, sin dal primo momento, ha rappresentato per noi un'arma insostituibile nella lotta contro questa pandemia e soprattutto ci ha insegnato ad affrontarla in maniera coordinata e a gettare le basi per quella che noi riteniamo essere essenzialmente un passo fondamentale nella creazione di un'Europa della salute.