A.C. 2098-A
Grazie, signor Presidente. Il testo base che oggi arriva in Aula, in merito alla conservazione del posto di lavoro e ai permessi retribuiti per i lavoratori affetti da patologie oncologiche e da malattie croniche invalidanti è, come hanno già detto bene il relatore Giaccone e gli altri colleghi che mi hanno preceduto, per noi componenti della Commissione lavoro, gruppi politici dalla Commissione lavoro, un motivo di orgoglio. Come dicevano i colleghi, abbiamo lavorato insieme e abbiamo lavorato mettendo dentro tutte quelle che sono le sensibilità rispetto al tema della rivisitazione e dell'ampliamento del sistema di rete sociale, di rete di promozione e protezione sociale.
Oggi, arriviamo in Aula, vi arriviamo con un testo che non risolve totalmente le aspettative di chi ci guarda da fuori, ma anche le nostre, rispetto a un tema così ampio, però, è punto di partenza importante, che può consentire, con – lo speriamo, lo auspichiamo - un'accelerazione anche del voto, sia dalla Camera sia del lavoro al Senato, di dare risposte importanti, senza rinunciare a portare a termine, possibilmente in questa legislatura, anche il raggiungimento di alcuni obiettivi che per motivi di tempo o di risorse - e poi dirò perché - non siamo riusciti a contenere dentro questo testo.
Io ritengo che affrontare questo tema, che apparentemente può riguardare un target piccolo della popolazione italiana - ma così non è, perché i numeri dicono altro - ci fa stare dentro il ragionamento di riforma che noi stiamo provando a realizzare, più complessivamente, appunto, al sistema di protezione e di promozione sociale del nostro Paese, al nostro sistema di welfare, secondo un approccio universalistico, quindi, rinunciando a quell'impronta categoriale che riguarda, ahimè, il nostro sistema di welfare e avendo chiaro l'obiettivo da raggiungere: l'equità. Nel caso specifico trattiamo di una condizione complessa e delicata, quella delle lavoratrici e dei lavoratori che durante il proprio percorso professionale e di vita incontrano la malattia oncologica.
L'Associazione italiana registri tumori stima che in Italia, ogni giorno, si scoprano circa mille nuovi casi di cancro, 377 mila nuove diagnosi di tumore ogni anno, di cui 195 mila riguardano uomini e 182 mila donne. Nel corso della vita, praticamente - i dati ci dicono questo - circa un uomo su due e una donna su tre incontreranno, si ammaleranno di tumore e, nonostante il cancro sia ancora la seconda causa di morte, la sopravvivenza per fortuna e grazie al progresso della medicina e della scienza è aumentata negli anni. La sopravvivenza media a cinque anni dalla diagnosi di un tumore maligno è oggi del 59,4 per cento fra gli uomini e del 65 per cento fra le donne. E 3 milioni e mezzo di persone, di cui circa un terzo in età lavorativa, sopravvivono dopo la diagnosi di tumore, con un incremento del 37 per cento rispetto a dieci anni fa, secondo i dati forniti dalla Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia.
Ci sono, poi, oltre alle oncologiche, anche le malattie croniche invalidanti che spesso sfuggono ai riflettori e all'attenzione diffusa e che, spesso, non sono sufficientemente riconosciute, oltre che nella loro dimensione invalidante, anche rispetto a quello che rappresentano dal punto di vista dell'impatto relazionale, psicologico e sociale e che in molti casi, troppi casi, finiscono anche queste, quindi le malattie croniche e invalidanti, con l'attivare o ampliare disuguaglianze e marginalità preesistenti.
Penso, in particolare, voglio fare un accenno, all'endometriosi: ci sono 3 milioni di donne in Italia affette da questa patologia; sono 33 milioni le giornate di lavoro annue perse quando si soffre di endometriosi ed è pari a 126 milioni di euro la spesa annua in farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale. Parliamo, quindi, in generale, di situazioni molto particolari di grande fragilità, che giustamente vanno trattate con delicatezza e specialità, ma che rientrano, devono rientrare, quanto ad approccio di intervento, in quel complessivo sforzo - come dicevo all'inizio - per rendere equo un sistema di protezione e promozione sociale che oggi equo non è e che rientra e deve rientrare in quel percorso di strutturazione di politiche e strumenti a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, in particolare, rispetto ai momenti in cui si realizza la fattispecie dell'impossibilità di svolgere la prestazione lavorativa, per cause non imputabili alla volontà e a prescindere - e questa è l'ambizione che noi porteremo oltre questo progetto di legge - anche dalla formula giuridica con cui è classificato il prestatore che, appunto, è affetto da queste patologie, considerando, quindi, quali valori da proteggere la salute, la sicurezza e la persona.
Nonostante i tanti passi avanti fatti attraverso gli interventi legislativi dalla contrattazione collettiva, sia quella nazionale sia quella di secondo livello, e devo dire anche rispetto a esperienze aziendali che hanno imboccato la strada giusta, le disuguaglianze che minano il significato più profondo del patto di cittadinanza che sta alla base della nostra Repubblica, una e indivisibile, si declinano e sono forti e drammatiche anche nel momento in cui, di fronte alla malattia che irrompe nella quotidianità del lavoratore, quel sistema solidaristico e di protezione sociale a cui fanno riferimento gli articoli 32 e 38 della Costituzione dovrebbe esplicitare al meglio la propria azione. Queste sono norme fondamentali che il legislatore ha voluto rendere solenni quali principi fondamentali della Costituzione. Proprio dalla lettura combinata degli articoli 32 e 38 della Costituzione, quale declinazione dei due principi appena accennati, derivano i diritti di cui noi abbiamo trattato nelle proposte di legge presentate, poi confluite nel testo base, che sono e si annoverano fra quelli più qualificanti della nostra cultura giuridica: la continuità della retribuzione o l'erogazione di un'indennità equivalente e la conservazione del posto di lavoro. Questi - badate - sono strumenti fondamentali per migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici sopravvissuti, come intitola il Piano europeo di lotta contro il cancro presentato nel 2021 perché - come cita il rapporto - è possibile che i sopravvissuti, le loro famiglie e chi si prende cura di loro debbano affrontare situazioni difficili, che spesso potrebbero essere evitate o alleviate dalla cooperazione fra i sistemi di assistenza sanitaria e sociale con i datori di lavoro. In quest'ottica - continua il Piano europeo di lotta contro il cancro -, non dovremo più concentrarci soltanto su quanto vivono le persone dopo la diagnosi, ma piuttosto su come e quanto vivono. Il Piano europeo di lotta contro il cancro mira, non solo a garantire che i pazienti oncologici sopravvivano alla malattia, ma che vivano una vita lunga e soddisfacente, senza discriminazioni e ostacoli iniqui. I sopravvissuti al cancro incontrano anche ostacoli sul lavoro e gli studi indicano - sto continuando a citare questo passaggio del Piano europeo di lotta contro il cancro - che la situazione professionale delle persone a cui viene diagnosticato il cancro spesso peggiora sensibilmente anni dopo la diagnosi. Le misure per facilitare l'integrazione sociale e il reinserimento nel luogo di lavoro, compresa una valutazione iniziale e l'adattamento delle condizioni di lavoro per i malati di cancro, dovrebbero essere parti integranti del percorso dei pazienti.
Questo concetto e questa riflessione, ben rappresentata nel Piano che ho citato, sono diventati la base concettuale che ci ha portato poi a produrre il nostro testo base, che - come diceva bene il relatore Giaccone, che voglio anche ringraziare per l'ottimo lavoro che ha fatto - rappresenta una sintesi parlamentare alta, che intercetta questa aspettativa, come hanno detto bene i rappresentanti delle associazioni di malati che abbiamo audito in Commissione, di inclusione e di equità, in un momento decisivo per la cura del cancro e di altre malattie croniche e invalidanti.
Le malattie oncologiche e quelle croniche e invalidanti richiedono quindi, oltre a una cura medica, un intervento del sistema di protezione e promozione sociale, che sia comprensivo, totale e ampliato, così come abbiamo fatto nel nostro testo base affrontato in Commissione, e che abbia anche un carattere universalistico. Io ritengo che gli elementi di novità introdotti, quindi l'ampliamento del periodo di comporto e gli ulteriori giorni di permesso retribuito anche per il lavoro privato, vadano in questa direzione.
Certo, non raggiungono tutti gli obiettivi che noi ci eravamo posti, però la strada imboccata finalmente è quella giusta. Ritengo che, oltre a questi elementi di ampliamento del periodo di comporto e dei permessi retributivi, abbiamo posto elementi di chiarezza anche rispetto ad altri aspetti, come per esempio, la particolare importanza del ruolo del medico generale e dello specialista, provando in questo modo a sburocratizzare e a umanizzare il rapporto stretto fra medico e paziente, in qualche modo quindi cercando di mettere al centro la persona, più che il prestatore di lavoro, la persona e il medico che si occupa della persona e che non cura solo la malattia. Quindi, abbiamo anche provato a valorizzare il ruolo del medico di medicina generale e dello specialista, provando a costruire le condizioni per raggiungere questo obiettivo. Altri due elementi che ugualmente abbiamo introdotto in Commissione sono relativi alla possibilità di rendere strutturale la previsione di accesso prioritario al lavoro agile per i lavoratori di cui si tratta. Quindi, una volta conclusi i termini di congedo di 24 mesi, abbiamo previsto la possibilità di provare a utilizzare il lavoro agile come modalità flessibile di organizzazione del lavoro, che venga incontro alle esigenze del lavoratore affetto da queste patologie. Qui si apre anche il tema dei lavoratori fragili e noi riteniamo che, attraverso questa previsione, si potrebbe proprio rendere strutturale l'attenzione rispetto ai lavoratori fragili, quanto alle modalità di organizzazione della prestazione di lavoro. L'altro elemento su cui ugualmente abbiamo fatto una scelta precisa è quello di stabilire che, per i malati oncologici, la normativa prevista nel testo base sia immediatamente operativa, mentre abbiamo delegato al Ministero della Salute l'individuazione puntuale delle altre patologie croniche e invalidanti che in qualche modo attivino gli strumenti previsti nella legge. Abbiamo fatto molto, ma non abbiamo fatto tutto - ha detto bene il collega Giaccone – perché, se è vero che il sia il cancro che le altre patologie di cui si tratta in questa proposta di legge agiscono in maniera totalmente democratica, nel senso che colpiscono tutti e tutte indifferentemente, però non tutti i lavoratori e le lavoratrici sono nelle condizioni di affrontare allo stesso modo il percorso di malattia: alcuni sono più tutelati mentre altri, per la professione che svolgono - gli autonomi, di cui parlava bene il collega Rizzetto - oppure perché, per esempio, sono lavoratori poveri o non hanno un lavoro - si trovano nella situazione in cui potrebbero anche usufruire degli strumenti e delle misure che abbiamo previsto in questa proposta di legge, ma, non avendo un reddito né un sostegno, rischiano di dover rinunciare, dovendo scegliere fra vita, cura e lavoro. Allora, rispetto a questo noi (tutti i gruppi della Commissione) avevamo fatto alcune proposte: quella, per esempio, di riconoscere la contribuzione figurativa rapportata alla NASPI, quella di riconoscere un'indennità ai lavoratori autonomi e ai lavoratori della gestione separata, considerata la particolare fragilità di questo mondo. Questi emendamenti, come ha detto bene il collega Giaccone - ci tengo, e su questo voglio anche chiudere, a sottolineare questo aspetto - li abbiamo ritirati, concordemente anche con il Governo - e ringrazio per l'attenzione la sottosegretaria Nisini -, non perché ci siamo convinti che quegli aspetti non meritino tutela, ma semplicemente perché vogliamo provare a fare quel primo passo e a portare a casa un testo di legge che ampli i diritti e le possibilità. Ma rispetto a quei temi noi non rinunciamo a fare una battaglia, anzi io mi aspetto che, anche nel dibattito in Aula che si avrà a breve, il Governo, non solo sposi il testo base che abbiamo approvato in Commissione, visto che l'abbiamo anche approvato all'unanimità - quindi al riguardo invito il Governo a prestare particolare attenzione a questa iniziativa di legge parlamentare che ha una grande valenza sia per ciò che tratta, sia per come è stata trattata -, ma spero che ci siano anche gli spazi (se non ora, magari in legge di bilancio) per affrontare gli altri temi che noi - ripeto - abbiamo scelto di non inserire in questo percorso, ma rispetto ai quali non rinunciamo a fare una battaglia, perché l'equità si costruisce così. Se è vero che noi stiamo andando incontro, attraverso tutti gli atti di riforma che stiamo facendo, alla costruzione di un sistema di tutele universali - il che significa che tutti possono accedervi, ciascuno con la modalità propria anche del tipo di lavoro e di condizioni -, ritengo che il tema del sostegno del lavoratore e della lavoratrice durante il periodo di malattia debba rientrare in questo contesto e non possa essere trascurato, perché l'equità - ricordiamocelo - si costruisce, non trattando tutti allo stesso modo, ma trattando ciascuno a seconda delle particolari condizioni di cui è portatore. Quindi, si pone al centro la persona e - speriamo che questa legge sia un'occasione per evidenziare il cambio di passo - si rinuncia a questo approccio del rapporto INPS, è alla base di disuguaglianze pesanti fra garantiti e non garantiti, tutelati e non tutelati. Concludo proprio qui, chiedendo al Governo particolare attenzione e confidando nel fatto che questo tassello di battaglia contro le disuguaglianze venga accolto e accompagnato e, magari, anche implementato ulteriormente dall'intervento del Governo.