Dichiarazione di voto finale
Data: 
Giovedì, 28 Luglio, 2022
Nome: 
Romina Mura

A.C. 3353-B​

Grazie Presidente, colleghe e colleghi e signora sottosegretaria. Io vorrei iniziare questa dichiarazione di voto, ringraziando il Presidente, la Presidenza della Camera e i presidenti di tutti i gruppi parlamentari, in particolare la nostra, Debora Serracchiani, per aver acquisito, come priorità degli ultimi atti di questo Parlamento, l'approvazione definitiva della legge costituzionale di inserimento del principio di insularità; non si sarebbe potuto fare altrimenti. Quindi, partiamo da questo, riconoscendo il ruolo centrale che il Parlamento ha avuto nelle altre letture e, in particolare, nello scegliere questo momento in questa giornata. Ritengo che, facendo questa scelta, il Parlamento abbia di fatto sventolato oggi in quest'Aula - e in tutto il percorso che abbiamo fatto - quell'articolo 3 della Costituzione, che prevede che la Repubblica rimuova gli ostacoli che di fatto impediscono di essere liberi e uguali, e riconosciuto, attraverso il reinserimento dell'insularità in Costituzione, che la condizione di vivere, lavorare, formarsi, curarsi e spostarsi da e per un'isola è una condizione particolare, soggetta a dinamiche che talvolta - ahimè quasi sempre - precludono la possibilità di accedere ai principali diritti costituzionali. Stiamo parlando di circa 8 milioni di italiani. Allora, la proposta di legge costituzionale che a breve andremo a votare definitivamente, è importante per il merito, ma è importante - lo hanno detto anche altri colleghi - anche per come è arrivata sino a qui. L'ho detto poc'anzi: la centralità del Parlamento è stata fondamentale, così come fondamentale è stata la battaglia di popolo, con i sindaci ed il Comitato promotore, che anch'io saluto qui in Aula, le associazioni imprenditoriali ed economiche, il popolo sardo, quello siciliano e delle altre isole, che hanno contribuito, in diversa misura, con la Sardegna protagonista, a raccogliere le firme e a provare a incrociare il sentimento popolare con la disponibilità parlamentare che c'è stata e questa è una cosa molto importante.

Ho parlato di reintroduzione del principio di insularità, perché - come è stato già detto dai colleghi - il legislatore costituente introdusse l'insularità in Costituzione. Nella originaria formulazione dell'articolo 119 lo Stato riconosceva la questione meridionale e il fattore insulare, come poi è stato definito da molti studiosi, quali questioni dirimenti per fare nei fatti l'Italia, che era una e indivisibile sulla Carta costituzionale, ma appunto non nei fatti, anche con riferimento a certe dinamiche. Poi, con la riforma costituzionale del 2001, invece, si scelse di inserire - senza citare né il Meridione, né la questione insulare - il concetto più generale di “aree sottoutilizzate”, fra l'altro facendo un passaggio ulteriore, perché prima si parlava di “aree depresse”; poi, con tutte le politiche di coesione nazionale, confluite anche nel quadro europeo delle identiche politiche, si è cominciato a parlare di aree sottoutilizzate, ad indicare - credo che qui ci sia un passo in avanti importante di quella legislazione - che quelle aree erano determinanti per lo sviluppo del Paese. Erano quindi aree sottoutilizzate, rispetto alle quali intervenire con la perequazione e la compensazione per provare a creare una tendenziale parità di partenza. Quella riforma costituzionale, in qualche modo, ha recepito l'elaborazione culturale e politica del tempo, quindi il federalismo, il federalismo perequativo nel nostro caso, e ha disposto tutta una serie di strumenti. Dico questo perché poi, secondo me, la formulazione dell'articolo 119 di oggi mette insieme sia l'intento del legislatore costituente, sia le innovazioni importanti della legge costituzionale del 2001. Perché le mette insieme? Perché riconosce di nuovo il fattore insulare, rinominando l'insularità come fattore su cui incidere per provare a creare quelle condizioni di parità di partenza, però, allo stesso tempo, continua a tenere gli altri strumenti indicati nella stagione del federalismo perequativo, quali la programmazione pluriennale, la logica dell'addizionalità delle risorse, la determinazione propedeutica dei livelli essenziali delle prestazioni, il ruolo proattivo delle regioni, a maggior ragione dopo l'introduzione dell'autonomia differenziata. Quindi, il fatto di mettere insieme queste due visioni, l'articolo 119 con la formulazione attuale, non solo rappresenta il riconoscimento ed il reinserimento di una situazione geografica, sociale ed economica peculiare; si inserisce, infatti, nel dibattito politico un elemento ulteriore, quello dell'insularità, che diventa - passatemi questo concetto - il parametro base per andare ad individuare gli altri livelli essenziali della prestazione, per poi perequare e quindi definire i fabbisogni standard dei territori, destinando ovviamente le risorse necessarie per la loro realizzazione, perché il tema è sempre quello delle risorse. Ovviamente quando parliamo di isole - ci tengo a dirlo, anche perché ci tengono tutti gli isolani d'Italia -, parliamo di Sardegna e Sicilia che sono le isole marittime più importanti, ma ce ne sono tante altre di isole marittime, così come ci sono le isole fluviali, le isole lacustri, le città insulari, quindi andiamo a parlare - lo ripeto - ad 8 milioni di italiani che vivono in diverse parti del Paese, sia nelle regioni a statuto ordinario, sia nelle regioni a statuto speciale.

E allora io ritengo - il tempo scorre e tutte le cose che volevo dire non riuscirò a dirle - che inserire il principio di insularità in Costituzione non risolva i problemi, perché da domani non è che cambiano, lo hanno detto bene i colleghi, le disuguaglianze strutturali che vivono i nostri territori. Si tratta di disuguaglianze che, come dire, sono ampliate al cubo dalla disuguaglianza fondamentale, che è quella della discontinuità territoriale, e mi riferisco a quelle di genere, generazionali, di competenza e di conoscenza, che, per esempio, nell'Italia insulare, Sardegna e Sicilia (Italia insulare è anche il termine utilizzato a livello statistico per indicare le dinamiche economiche e sociali di quei territori), sono tremende, sono amplissime. E ce lo dicono chiaramente gli ultimi dati sui NEET, sulla dispersione scolastica, sul disallineamento delle competenze, sul lavoro femminile e su tanti altri fattori di sviluppo socio-economico.

E quindi io ritengo che l'inserimento del principio di insularità in Costituzione, pur non risolvendo questi problemi, nell'immediato, diventi una condizione e, se volete, anche il punto di partenza di un nuovo cantiere costituente, che metta al centro il ruolo del regionalismo italiano nelle sue varie varianti, in quelle del regionalismo ordinario e delle sacrosante e legittime istanze anche di regionalismo differenziato, e il ruolo delle autonomie speciali, che ovviamente deve essere rivisto e, per quanto mi riguarda, ampliato e riperimetrato anche sulla base di quelle che saranno le istanze di regionalismo differenziato che andranno avanti.

Ritengo che attraverso il principio di insularità - e qui mi soffermo un attimo sull'autonomia speciale - si possa davvero rilanciare quel meccanismo pattizio che qualifica e sta alla base del rapporto Stato-regioni a statuto speciale; rapporto che, guardando al percorso e al tempo trascorso che ci lasciamo alle spalle, presenta luci e ombre: luci quando, a fronte di governi regionali che hanno percepito appieno la specialità come responsabilità di guidare processi complessi, si è determinato un ruolo del Governo nazionale di accompagnamento di questi processi; ombre quando, invece, a fronte dell'inerzia regionale, e questo si è presentato in diversi casi, anche attualmente, lo Stato ha espanso le sue prerogative invadendo anche spazi originariamente destinati all'autonomia. E, allora, io dico che questa è un'occasione importante per lo Stato, ma anche per le regioni, di rimettere a punto il sistema regionale e, in particolare, quello delle regioni a statuto speciale.

Concludo, annunciando ovviamente il voto favorevole, convintamente favorevole, del gruppo del Partito Democratico e aggiungendo qualcosa a una recente dichiarazione del presidente Zaia, che ha detto, riferendosi proprio all'autonomia differenziata, “saremmo un nido di vespe, vogliamo l'autonomia”; ecco, io, a questo principio, legittimo, a questa dichiarazione, legittima, ne affianco un'altra, che non è mia, ma comunque la dico, come autonomista, fra i primi che hanno portato questa aspirazione e questa coscienza nelle masse popolari: “Dico, con gli autonomisti, che questa grande riforma, che noi concepiamo fondamentale, dopo quella della Repubblica, sarà da noi difesa come una prima conquista democratica, e con la stessa lealtà, aggiungerei, con lo stesso fanatismo, con cui siamo stati decisivi a difendere la Repubblica”. Erano parole di Emilio Lussu, che il 30 gennaio 1948 svolgeva l'intervento come relatore della legge costituzionale per la specialità della Valle d'Aosta (Applausi).