A.C. 705
Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, Governo, la discussione che si è succeduta in queste ore, così come quella delle ore scorse sugli ordini del giorno, testimonia alcuni elementi fondamentali. Principalmente, secondo me, secondo noi, ciò che stiamo vivendo rappresenta un passaggio importante e grave al tempo stesso, per tanti aspetti.
Per esempio, viene posta nuovamente la fiducia in poche settimane di attività di lavoro di questo Governo, di questa legislatura, di questo Parlamento e perché, un'altra volta - certo, questo fatto dura da tempo, ma mi pare che qui ci sia un'ulteriore accelerazione, approfondimento e aggravamento della situazione -, il Parlamento viene vissuto come un dettaglio, ridotto a un ruolo ancillare, spogliato della sua centralità e del suo ruolo.
Si vuole, quindi, in questo caso evitare una discussione più ampia, più adeguata su un atto che è, sì, importante, pesante e grave; è pesante e grave per tanti aspetti che sono stati ripetuti più volte negli interventi di queste ore, di questa notte, ci sono tanti aspetti che non vanno, che non tornano e che sono inaccettabili, non li citerò tutti, ma mi soffermerò su un paio, in particolar modo. Il primo è che ci sono elementi enormi, marchiani, direi, come le multe fino a 10 mila euro e le pene fino ai 6 anni di carcere per chi organizza i rave party, una sproporzione, credo, grande, sfacciata e che tradisce un tic, un vizio della destra, perché cela, ma neanche più di tanto, sinceramente, pericolosi scivolamenti, non solo, securitari, come è stato detto più volte durante il dibattito, ma di vera e propria messa in discussione di libertà basilari, fondamentali, visto che, nella sua formulazione originaria, questo atto, il decreto, appunto, aveva ancora più ambiguità e una possibilità di applicazione più ampia rispetto a quelle che rimangano e che rimangono, nonostante tutto, inaccettabili e assolutamente non condivisibili e pericolose.
Ma ci sono molti altri aspetti pericolosi contenuti in questo atto; uno, tra gli altri, gravissimo è la messa in discussione di anni d'impegno, lavoro e sacrifici nella lotta al COVID, sul quale l'Italia si è riscoperta e dimostrata come comunità, come comunità nazionale, usando un termine che può piacere a molti in quest'Aula, perché, è vero, gli anni della pandemia che abbiamo alle spalle sono stati tragici, drammatici, difficili e noi come Paese siamo riusciti a fronteggiarli, perché ci siamo uniti, abbiamo fatto quello che, spesso e volentieri, noi italiani non facciamo, detto da toscano, che ha l'elemento della divisione e della parcellizzazione come un elemento caratterizzante.
Ci siamo uniti, ed è stata la prova più grande delle nostre generazioni, questa vissuta con il COVID, generazioni che non hanno vissuto le grandi tragedie della storia, perché non abbiamo avuto, per fortuna, conflitti dentro le mura domestiche, le mura di casa - anche se li abbiamo avuti e li abbiamo a poche migliaia di chilometri da noi -, la fame e la carestia, cioè nessuno di quegli eventi che segnano e incidono fortemente le vite, la cultura e la storia di un popolo.
Ecco, la pandemia è stata il nostro banco di prova, è stata ciò che ha segnato e segnerà, credo, le nostre generazioni: un evento impattante dal punto di vista, certo, sociosanitario, ma anche economico, sociale, culturale e psicologico per molti e che ha colpito diffusamente il nostro Paese e le persone, ma, in modo particolare, come sempre durante le crisi, i più fragili e i più deboli. Appunto, è stata una prova dove questa unità l'abbiamo respirata, vissuta, sperimentata a vari livelli, anche a livello di istituzioni; seppur con qualche sbavatura, tutti ci ricordiamo le discussioni tra Governo centrale e regioni, alcuni protagonismi francamente e difficilmente accettabili, ma al di là di quello, al di là di alcune sbavature, tutte le istituzioni hanno collaborato e tra istituzioni e cittadini si è ricucito quel tessuto della fiducia così fondamentale e spesso e volentieri stropicciato, strappato, lacerato. Quel circuito della fiducia ha cominciato a rifunzionare e, quindi, abbiamo riscoperto il valore e la pratica di una dimensione - lo dicevo anche nell'intervento della notte scorsa sul mio ordine del giorno - che abbiamo spesso trascurato, cioè quella della prossimità, proprio nel momento in cui c'era il distanziamento sociale, quindi, una definizione stridente, ma necessaria, per salvare e salvarci e per metterci in sicurezza, abbiamo recuperato e riscoperto quanto era importante, invece, stare vicini, proprio nel momento del distanziamento e della distanza tra noi, stare vicini, solidali, appunto, prossimi.
Quindi, c'è stata un'importante impennata, per esempio, del volontariato, anche in regioni ricche tradizionalmente di volontariato, come la regione dalla quale provengo, appunto, la Toscana; abbiamo avuto una crescita enorme di persone che si sono date da fare; ricordo la Protezione civile, ma non solo, il vario e capillare mondo dell'associazionismo si è rafforzato e ha dato una mano enorme, perché, se abbiamo portato la spesa e i medicinali a casa delle persone più fragili, degli over 65 anni di età, delle persone non autosufficienti, lo dobbiamo anche e soprattutto al volontariato che si è impegnato con forza; se abbiamo dotato degli strumenti informatici per fare la didattica a distanza gli studenti di quelle famiglie che non se lo potevano permettere, è perché c'è stato un impegno delle istituzioni, del volontariato, delle comunità e dei cittadini, che si sono stretti insieme e hanno dato questa possibilità a chi non se lo poteva permettere, evitando, quindi, nuove disuguaglianze e nuove divaricazioni sociali.
Abbiamo riscoperto il valore del negozio di vicinato, la “spesa sospesa”; questa frase straordinaria è come esplosa, è cresciuta enormemente. Questo capitale sociale, ciò che di più grande abbiamo fatto in termini di rete, di relazione, di persone e di collaborazione e di reciprocità, cioè l'essere comunità inclusiva e solidale, come si deve fare in questi casi, con al centro l'elemento della coesione sociale, è l'elemento, secondo me, più forte che è emerso in questi anni difficili e questo lo si deve anche a tante altre categorie di persone, ai lavoratori che si sono sacrificati in prima linea, quelli del personale sociosanitario, quelli che ci sono stati, no i medici e il personale sanitario no-vax che oggi riabilitate, ma quelli che, invece, si sono sacrificati e hanno messo a repentaglio la loro vita; le aziende e le fabbriche che stavano aperte con il codice Ateco e, quindi, hanno visto i lavoratori impegnarsi nei loro doveri; i lavoratori della grande distribuzione; il commercio a dettaglio; le Forze di polizia.
Ecco, voi con questo atto mettete a rischio tutto questo, perché disperdete questo enorme capitale sociale e lo fate in una fase dove la pandemia circola ancora e mette a rischio le persone, a partire appunto dalle persone più fragili.
Non valorizzate, ma disperdete il sacrificio di questi anni e questo rafforzamento del nostro tessuto di comunità, in una fase dove, come ci dice il Ministero della Salute, il numero delle vittime è in crescita del 4,8 per cento e dove le notizie che arrivano dalla Cina creano ansia e preoccupazione. La scelta di togliere l'obbligo vaccinale per chi opera nel settore sociosanitario, l'abolire il tampone di fine quarantena, il sospendere l'entrata in vigore fino al 30 giugno del 2023 delle attività e dei procedimenti di erogazione della sanzione amministrativa e pecuniaria, sono gravi e producono questa dispersione di capitale sociale che citavo prima.
È, invece, opportuno mantenere forte l'attenzione a livello generale e, in alcuni luoghi, in maniera particolare. Lo dico, in particolare, rivolto ai luoghi di lavoro, dove deve essere mantenuto il livello di sicurezza fondamentale. Quanto è importante la sicurezza sui luoghi di lavoro nel nostro Paese, anche in questo caso? Ma voi avete deciso di fare questo e di farlo ponendo la fiducia sul decreto…
Mi avvio a concludere. Credo che, con questo passo, mostriate un'incapacità di fondo di avere presenti i veri problemi delle persone, del Paese e dei nostri concittadini. Alcuni li trascurate in maniera smaccata, per esempio, il lavoro, dove - credo - non volete o non sapete come affrontare il tema…
. …o le politiche sociali.
Ora - e chiudo - siete forti, come ho detto, di un risultato elettorale che forse vi fa apparire tutto ciò come rumore di sottofondo che potete tralasciare, ma la lontananza dai problemi reali io credo scavi come una goccia…
…e creerà un solco tra voi, le persone e i problemi delle persone, nonché tra voi e il Paese reale. Anche per questo voteremo “no”.