A.C. 761
Grazie, Presidente. Signor rappresentante del Governo, colleghi, mentre oggi ci troviamo a discutere sulla proroga dell'autorizzazione alla cessione dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all'Ucraina, i rumori nefasti delle artiglierie risuonano nell'aria fredda che avvolge quella terra. Le forze armate ucraine e russe sono impegnate su tutto il fronte, mentre i Paesi della NATO si incontrano per coordinare gli aiuti, con l'invio da parte degli Stati Uniti, per esempio, di oltre 2 miliardi e mezzo di dollari in armamenti. Si tratta di aiuti necessari per contrastare la superiorità numerica dei russi nelle varie aree di battaglia.
Non possiamo tacere di fronte alla sofferenza e alla devastazione provocata dalla guerra, comprese le violenze sulla popolazione civile. Per questa ragione siamo qui oggi, impegnandoci di fronte al popolo italiano sui valori da preservare e sulla democrazia da difendere, discutendo apertamente su cosa fare, su come lavorare e, prima di tutto, voglio sottolinearlo, per aiutare ad avere una pace che possa durare nel tempo. Lo facciamo con lo strumento legislativo, impegnandoci ad aiutare chi è aggredito a difendersi anche in deroga alla legge n. 185 del 1990, e lo dico da pacifista, da persona che ha sempre lavorato per la pace nel mondo, a cominciare dal mio impegno nella cooperazione internazionale. Ma oggi si tratta di evitare che un popolo venga travolto, che un Paese venga cancellato dalla storia e dalle cartine geografiche, che una cultura venga annullata.
Questi obiettivi riflettono i valori condivisi e sono coerenti con gli obblighi che l'Italia ha assunto con la partecipazione alle Nazioni Unite, all'Unione europea e all'Alleanza atlantica. L'attuale crisi internazionale, che vede coinvolta l'Ucraina insieme ad altri Paesi geograficamente limitrofi e Stati occidentali accomunati dai medesimi valori di pace e democrazia, incide sugli equilibri geopolitici e mina profondamente la sicurezza e la stabilità internazionale. Sappiamo tutti che l'ONU è debole nell'affrontare le nuove crisi; anche questo è un problema che andrebbe analizzato e risolto, mettendo da parte ruoli egemonici che, nell'attuale contesto, risultano in gran parte superati.
Eventi recenti, a partire da quello che è successo in Afghanistan, hanno dimostrato quanto sia decisiva l'azione delle organizzazioni regionali, che rivestono un ruolo suppletivo sempre più consistente, quasi a voler parcellizzare il mondo e dividerlo in quadranti, lasciando a ciascuna area regionale il compito di gestire i conflitti.
Nell'attuale mondo globalizzato, siamo tutti interconnessi e non soltanto tramite la rete Internet e le crisi di vario genere che hanno investito le nostre società, penso a quella climatica, ma anche a quella pandemica e, infine, alla stessa crisi umanitaria che si sta consumando proprio in Ucraina; ecco, tutte queste crisi dimostrano come siamo interdipendenti e che non troveremo soluzioni accettabili per tutti, se non per mezzo della collaborazione e del dialogo tra i popoli e le Nazioni, all'insegna della fraternità e della consapevolezza di un comune destino.
La cooperazione e il dialogo, però, richiedono la presa di coscienza delle comuni responsabilità, ma anche delle responsabilità differenziate; sì, perché le crisi non scoppiano per caso e non c'è mai la responsabilità di uno soltanto e non tutti sono responsabili allo stesso modo, ma i costi della guerra e per la pace, poi, vanno ripartiti e, spesso, a pagare un prezzo troppo alto sono le persone più povere e vulnerabili, gli innocenti. In altro modo, citando il messaggio di Papa Giovanni Paolo II per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio del 2002, direi che non c'è pace senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono. Quel messaggio fu pronunciato pochi mesi dopo gli eventi drammatici dell'11 settembre che, in un certo modo, hanno cambiato le sorti del mondo. Siamo corresponsabili del futuro che vogliamo per i nostri figli e del modello di crescita che intendiamo adottare e promuovere; siamo responsabili nei confronti dei nostri cittadini, soprattutto i più deboli, e di quelli che si aspettano da noi un aiuto o un sostegno e, qui, il discorso sulle risorse e sulla cooperazione allo sviluppo ci porterebbe lontano.
Ma torniamo al tema di oggi e riprendo quanto ha detto il Presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno, con la speranza che quest'anno, il 2023, potesse portare un'inversione di tendenza di questa inutile violenza che ha turbato il mondo, ma i fatti purtroppo stanno andando diversamente e a noi corre un obbligo morale - e non solo morale - di aiutare chi è in difficoltà, anche nella prospettiva di ristabilire il diritto e la pace tra i popoli, secondo un ordine internazionale basato sulla democrazia e non sulla forza.
Oggi, vogliamo ribadire l'importanza alla legittima difesa di uno Stato anche con una reazione armata e con l'ausilio di Stati terzi, per mantenere la sua integrità territoriale, la sua indipendenza, un diritto naturale richiamato anche dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite per cui non va pregiudicato il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un membro delle Nazioni Unite stesse. Quindi, con il nostro consenso a questo provvedimento vogliamo ribadire il diritto dell'Ucraina a difendersi e a preservare la sua identità.
Altra questione è quella delle origini profonde del conflitto, che richiederebbe un'accurata analisi delle relazioni internazionali e delle motivazioni culturali, non solo economiche, nonché dei rapporti di forza in Paesi che si trovano alle porte dell'Europa comunitaria. Con ciò non vogliamo entrare nel dibattito mai risolto sul concetto di guerra “giusta”. Il desiderio di potenza mascherato da esigenze securitarie, oggi, ha finito per mettere a repentaglio troppe volte la pace e la giustizia tra le Nazioni, che sono i fini posti all'origine della decisione di creare l'Organizzazione delle Nazioni Unite. La comunità internazionale, del resto, con i suoi valori e i suoi principi è sempre un edificio in costruzione, in cui ogni membro tende all'ideale proclamato universalmente nella pratica attraverso la condivisione delle responsabilità. Quindi, oggi, siamo in linea con i nostri valori, con i nostri principi, che sono quelli della Costituzione, che fanno parte dell'identità costitutiva del nostro Paese e dell'Unione europea. Un Paese – lo ripeto - che lavora anche per la pace, aiutando i popoli aggrediti; un Paese che cerca, però, insieme, la strada del dialogo, un lavoro in continuità - non dimentichiamolo - con quello iniziato dal Presidente Draghi nello scorso Governo, contribuendo a costruire le condizioni affinché il dialogo possa realizzarsi con l'inizio dei negoziati. Si tratta di un fatto che, però, difficilmente potrebbe verificarsi se vi fosse troppo squilibrio di forze in campo e non sfugge a nessuno, nemmeno in quest'Aula, che oggi la Russia vanta mezzi e uomini più numerosi dell'Ucraina, che per esistere ha bisogno del nostro aiuto.
Signor Presidente, qualche giorno fa abbiamo celebrato la forza mite ed il coraggio di David Sassoli; ecco, con quella stessa forza, con quella stessa mitezza, oggi, vogliamo stare al fianco dei più deboli e dire che non possiamo tacere sulle ingiustizie e le sopraffazioni, sia quelle interne sia quelle internazionali, ed è per questo che siamo qui, pronti a votare questo provvedimento di fornitura di strumenti per difendersi. Dunque, non siamo indifferenti, noi possiamo aiutare il più debole a difendersi di fronte al mondo che ci guarda e se oggi tocca all'Ucraina domani potrebbe toccare a un altro, secondo una nuova dinamica che andrebbe a definire un nuovo ordine mondiale basato sulla forza.
Noi, alla forza della sopraffazione, opponiamo la forza del diritto e non a caso siamo gli eredi di quella civiltà che ha avuto un'influenza enorme sullo sviluppo del diritto in Occidente. Lo facciamo consapevoli dell'importanza di un'azione comune con l'Unione europea, perché, come ha detto il Presidente Charles Michel, non può esistere un'Europa indipendente e sicura senza un'Ucraina indipendente e sicura e l'Unione europea sta contribuendo in molti modi alla soluzione del conflitto, non soltanto con mezzi politici e diplomatici, nell'ambito della politica di sicurezza comune, ma anche mediante il sostegno finanziario agli Stati membri.
Vale la pena ricordare, nella conversione di questo decreto, che la cessione di armamenti all'Ucraina viene rimborsata parzialmente dall'Unione europea agli Stati membri, avvalendosi dello strumento europeo per la pace che è un fondo fuori bilancio dell'Unione europea di circa 5,7 miliardi per il periodo 2021-2027. Vogliamo agire in politica, qui ed ora, per governare i processi storici, non per subirli, per costruire la pace e non per vederla imposta. Si vis pacem para pacem, direi parafrasando la nota locuzione latina e noi la pace la vogliamo veramente e perciò la prepariamo, aiutando chi è aggredito a rialzarsi e a guardare con fiducia ad un futuro insieme, per un'Europa libera e indipendente.
Come Partito Democratico, fin dai primi giorni della guerra di aggressione scatenata dal regime di Putin, abbiamo detto parole chiare e contribuito in modo determinante a far sì che l'Italia si ponesse all'altezza della drammaticità di quello che stava e sta accadendo e sapevamo bene, peraltro, chi era e chi è Putin e quali sono le caratteristiche del suo regime; non abbiamo mai avuto, a differenza di altri, ambiguità nel giudizio politico sugli attacchi alle libertà democratiche all'interno e sulle azioni di aggressione verso l'esterno. È per questi motivi che oggi non è in gioco soltanto il nostro rapporto con la Russia, ma sono in gioco il nostro rapporto e la stabilità globale in tanti altri scenari, in tanti altri teatri. Altri Paesi, quelli con pulsioni aggressive e regimi autoritari e quelli con dispute territoriali aperte in regioni lontane dalle nostre, osservano attentamente quello che accade ora con la Russia e in base a come noi reagiamo, in base ai costi che la Russia dovrà sostenere capiranno se e quanto a loro convenga azzardare qualcosa di simile. La nostra reazione di oggi, quindi, quella che permette all'aggredito di difendersi ed all'aggressore di dover pagare un prezzo enorme è il miglior modo per evitare nuove guerre domani.
Vado alla conclusione. Colleghi, la fermezza sulla vicenda ucraina non solo determinerà la nostra credibilità in futuro, ma definirà la sostenibilità delle premesse del nuovo ordine mondiale che uscirà da questa guerra, perché non vi è chi non veda e chi non colga un parallelismo, anche sinistro, tra quello che accade oggi in Ucraina e quello che potrebbe accadere domani, per esempio a Taiwan, se il mondo oggi scegliesse l'ignavia: in Ucraina, cioè, si sta testando la tenuta dei principi del diritto internazionale.
Siamo d'accordo su questo, oppure pensiamo che se Mosca prevalesse questo non avrebbe conseguenze su tutti noi? Guardate, è il solo modo per rendere politicamente concreta la prospettiva di pace, perché è a questo che oggi siamo chiamati e non possiamo limitarci alle declamazioni. La politica è si testimonianza, ma dalla testimonianza si deve passare poi alla concretezza, altrimenti è un'altra cosa. È per questo che la fermezza sui princìpi del diritto internazionale è una precondizione necessaria e indispensabile, anche per impedire che la logica della guerra sia pagante. Se oggi ci voltassimo da un'altra parte, passerebbe l'idea che chi fa la guerra ha ragione.
Signor Presidente, voglio nuovamente - e me lo permetta - concludere tornando a citare David Sassoli, che, di fronte alle sanzioni che il Governo di Mosca emise, disse nell'Aula del Parlamento europeo: “Non ci faremo intimidire”. Noi, molto più modestamente, ma con la fermezza e la convinzione che i principi di fondo vanno difesi contro la prepotenza e la brutalità nella convinzione di servire le ragioni e i valori in cui crediamo, continueremo a farlo anche con scelte come queste. Per questo il nostro gruppo, il gruppo del Partito Democratico, voterà senza esitare a favore su questo provvedimento e a favore della libertà e della democrazia .