A.C. 888
Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe e rappresentanti del Governo, siamo alla votazione finale di un decreto detto Milleproroghe. È stato detto da molti, un decreto da molto tempo identificato come uno strumento eterogeneo, omnibus, ma anche per molti anni identificato come uno strumento per portare miglioramenti nella vita dei cittadini, un'occasione importante per rendere più strutturali e affinare misure di cui il Paese ha bisogno. Niente di tutto questo, questa volta. Anche su questo decreto è stata posta la fiducia, in poco più di 100 giorni siamo all'ottava fiducia, l'ottava volta che il Governo Meloni pone la fiducia, oltre al numero record di ben 19 decreti-legge deliberati in Consiglio dei ministri.
Ci siamo domandati quali fossero le ragioni di questo ricorso costante ad uno strumento straordinario, peraltro non sempre indotto da ragioni di mancanza di tempo e di conclusioni dell'iter, e talvolta neanche su temi così centrali per il Paese. Evidentemente, quella coesione di cui parlava chi mi ha preceduto non c'è perché, oltre ad una certa scarsa propensione a valorizzare il confronto democratico e partecipativo, questo ricorso costante a ridurre la discussione del Parlamento nasce anche, ci rendiamo conto, da disomogeneità della maggioranza, che vi preoccupano e sono evidenti e che, se non contenute, renderebbero ancora meno proattivo il percorso di questo Governo, già caratterizzato dal continuo rinvio.
Si tratta di un provvedimento che è in forte ritardo, che è arrivato in forte ritardo, nelle Commissioni alla Camera abbiamo avuto davvero poco tempo per esaminarlo, eppure, ancora una volta, abbiamo sperato che il decreto rispondesse all'aspettativa di rappresentare un'occasione importante per ampliare le possibilità per il Paese, per sostenere i bisogni delle famiglie, delle imprese, dei lavoratori, degli enti locali della sanità e della scuola pubblica, che aspettano risposte urgenti, ma nessun passo in questo senso è stato fatto. E, infatti, dopo la profonda delusione della legge di bilancio, il Milleproroghe poteva proprio essere un'occasione per affrontare quei nodi non sciolti dalla legge di bilancio o, in alcuni casi, creati dalla stessa manovra, quei nodi necessari ad invertire la rotta sulle profonde questioni sociali aperte nel nostro Paese, a mettere in atto azioni di prospettiva che facessero capire finalmente - perché ancora non l'abbiamo capito - cosa ha in mente questo Governo per superare le crescenti disuguaglianze, per contrastare l'incremento della povertà - che tutti i più recenti rapporti mettono in evidenza e che chi vive nel Paese reale tocca con mano ogni giorno -, che cosa ha in mente per iniziare, una buona volta, ad incidere sulle politiche di sviluppo di questo Paese.
Ci aspettavamo la traduzione in misure specifiche dello slogan che buona parte di questo Governo ha usato in campagna elettorale, quando vi dichiaravate pronti sui manifesti dei muri di ogni città. Ma, nei primi 100 giorni, vi siete concentrati soltanto su misure di piccolo cabotaggio, ideologiche e corporative e, soprattutto, non risolutive delle esigenze e, spesso, emergenze del Paese. E tutto ciò fa pensare che pronti non eravate ed evidentemente pronti non siete. Quindi nessuna risposta è arrivata sui temi urgenti, e ne cito qualcuna per essere concreta. Parto da un tema - è stato detto da altre colleghe questa mattina - su cui pensavamo interveniste per correggere un errore evidente, dato che le modifiche su Opzione donna inserite nella legge di bilancio - come è stato indicato da tanti, da organizzazioni sindacali e associazioni, da tante donne - hanno aggravato la vita di decine di migliaia di donne, circa 30 mila donne lasciate intrappolate in requisiti molto più restrittivi, bloccando quasi totalmente la platea delle lavoratrici che, con la misura attiva fino al 2022, potevano uscire dal mondo del lavoro. Questo, signori rappresentanti del Governo, doveva essere un percorso essenziale di proroga da inserire nel decreto, un percorso con un'idea chiara del ruolo che il Governo dimostra di avere e dovrebbe dimostrare di avere a sostegno delle donne, la dimostrazione che, finalmente, è capace di farsi carico dei problemi del Paese, ma non è accaduto.
Poi, ci sono altri temi non affrontati dal Milleproroghe, che rendono ancora evidente la non volontà, la ritrosia vorrei dire, di questo Governo ad occuparsi di dinamiche sociali, di povertà, di quelle che incidono nella carne viva delle persone, che vengono ignorate, mentre si concentrano azioni e possibilità su interessi particolari. Mi riferisco, ad esempio, al mancato ripristino del Fondo affitto e del Fondo per la morosità incolpevole. Questo è un tema, signori e signore colleghe, che incide fortemente e, spesso, drammaticamente nella vita delle famiglie, spesso è un discrimine, il discrimine che avvicina una famiglia all'ingresso nella povertà. E, mentre i canoni degli affitti salgono per effetto dell'inflazione, mentre il mercato ci dice che continueranno a salire, mentre le bollette sono cresciute nell'immobilità dei salari - i salari questa parola che non nominate quasi mai - e, quindi, è drasticamente diminuita la possibilità delle famiglie di stare in equilibrio economico, non vi siete posti questo tema urgente. Non solo la legge di bilancio non ha aumentato il Fondo affitto, ma nemmeno il Milleproroghe ha dato una risposta in questo senso e, in questi mesi, avete preferito utilizzare le risorse trovate per misure decisamente più inique - la flat tax e dare seguito a qualche condono fiscale - e la mancanza di risorse per sostenere gli affitti e il diritto alla casa inducono proprio a pensare che della povertà non volete proprio farvi carico e nemmeno nominarla e che i cittadini con fragilità economiche o ce la fanno da soli o il Governo li lascia andare alla deriva.
Peraltro, il carico di questa mancanza va ancora una volta a gravare sulle spalle dei sindaci e degli enti locali, che devono compensare il fatto che il Governo non si occupi di povertà prendendosi ulteriore carico dei bisogni dei cittadini che amministrano e che non possono risolvere con qualche slogan in trasmissioni televisive o su Twitter, ma devono dare risposte chiare, concrete, quotidiane, in aggiunta nella difficoltà di chiudere i bilanci pubblici dei comuni per gli extracosti energetici, tema sul quale - anche su questo - non ci sono misure risolutive nemmeno in questo provvedimento.
E sugli enti locali pesa anche un altro tema che è stato trattato oggi, più volte: il tema delle concessioni balneari, trattato in questo provvedimento tirando a campare, senza traguardare una reale prospettiva, con una scelta di non decidere, ancora una volta, che aumenta, invece che aiutare, l'incertezza degli operatori, che non hanno un percorso definito in base al quale poter fare investimenti e programmazione per il miglioramento delle attività turistiche. È una scelta che lascia, ancora una volta, i sindaci con il cerino in mano, nell'imbarazzo di dover impostare percorsi senza avere indicazioni che diano impostazioni certe e omogeneità di applicazione sul territorio nazionale. E questo, ancora una volta, soprattutto per la difficoltà di riuscire a far sintesi al vostro interno. Altro che coesione, ma non è così che si governa, senza coraggio, senza visione, senza lungimiranza.
Il nostro impegno, soprattutto in Senato, dove è stato possibile intervenire sul decreto almeno in parte, si è concentrato, poi, in buona parte, sul tema della sanità pubblica, con riferimento alla quale è stata riconosciuta la necessità di prorogare misure avviate dai Governi precedenti e, in particolare, durante il difficile periodo della pandemia del post-pandemia: penso alla stabilizzazione dei medici specializzandi o all'allungamento della possibilità di operare per i medici di medicina generale. Ma, anche in questo caso, si tratta di rinvii di respiro corto, che non affrontano il problema strutturale di un finanziamento sottodimensionato del Fondo sanitario nazionale che, per la prima volta, dopo gli ultimi anni, è sceso sotto il 7 per cento del PIL; finanziamento su cui non avete dato segnali di inversione di rotta, che non è stato incrementato e che renderà sempre più ingestibili le politiche di sanità pubblica, andando ad aumentare le disuguaglianze e la discriminazione fra cittadini che possono permettersi di accedere alle prestazioni sanitarie, anche private, e cittadini che non ne hanno la possibilità e aspettano e si ammalano. Così come il tema energetico, su cui non avete posto soluzioni strutturali e non sappiamo cosa avete previsto di mettere in campo da qui a 30 giorni, a fine febbraio non è dato saperlo.
In definitiva, il giudizio complessivo su questo provvedimento è molto deludente. Sicuramente il Milleproroghe è uno strumento che, per sua natura, non contiene riforme, ma potrebbe e dovrebbe contenere inversioni di rotta, che facciano almeno intravedere un segnale che dimostri che il Governo sta lavorando alla soluzione strutturale dei bisogni essenziali per le persone. Nessun segnale qui che accompagni una strategia di sviluppo economico o industriale del nostro Paese, nessun obiettivo che dimostri la volontà di farsi carico dei bisogni sociali, delle povertà crescenti, nessun segnale di avvio delle riforme attese e vincolanti per non rischiare di mancare le opportunità del PNRR. Avete la responsabilità di occuparvi del bene del Paese, non di avvitarvi sulle vostre alchimie interne, avete la responsabilità di governare con coraggio e lungimiranza. Fatelo. Per queste ragioni, il gruppo del Partito Democratico esprime il voto contrario al provvedimento in esame.