La Camera,
premesso che:
la Gran Bretagna ha annunciato, in maniera totalmente irrituale, la fornitura di proiettili anticarro perforanti ad alto potenziale contenenti uranio impoverito. È stata la baronessa Annabel Goldie, viceministra della Difesa nel Governo Tory di Rishi Sunak, durante un'audizione alla Camera non elettiva dei Lord, ad annunciare la decisione del Governo britannico;
questo annuncio riapre un dibattito molto sentito, che ha investito il Parlamento italiano in più di un'occasione, su tutte la Commissione d'inchiesta della XVII legislatura su «gli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito», che resta il caso di studio più recente sul tema, ma che è stata preceduta da altre tre Commissioni Parlamentari che hanno trattato l'analogo tema;
nella relazione vengono evidenziate «sconvolgenti criticità» che sarebbero emerse durante l'inchiesta e relative alla sicurezza e alla tutela della salute dei militari impegnati sia e soprattutto nelle missioni internazionali che nel territorio italiano. Condizioni che, è ancora il risultato dell'inchiesta parlamentare, «hanno contribuito a seminare morti e malattie». Durante le audizioni con medici ed esperti, sarebbe emersa anche l'esistenza di una relazione tra l'esposizione dei militari all'uranio impoverito e l'insorgenza di tumori. Nesso, riporta la relazione, che si evince anche dalle «reiterate sentenze della magistratura ordinaria e amministrativa», che «hanno costantemente affermato l'esistenza, sul piano giuridico, di un nesso di causalità tra l'accertata esposizione all'uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari o, per essi, dai loro superstiti»;
per quanto concerne i rischi legati alla tossicità dell'uranio, esistono vari studi, il primo fu il progetto «Manhattan», il cui obiettivo era lo studio dei danni da esposizione all'uranio sui luoghi di lavoro, basandosi sugli studi effettuati precedentemente sui danni chimici che l'uranio provoca ai reni. Gli studi esistenti avevano già stabilito in modo preciso gli effetti tossici sull'organismo, tuttavia avevano trascurato altri aspetti fondamentali come la tossicità per la riproduzione e gli effetti perinatali e post-natali dell'uranio. Un'esposizione prolungata all'uranio impoverito provoca danni da tossicità radioattiva e da tossicità chimica, che resta la più dannosa a causa degli effetti chimici sui reni anche per un periodo di esposizione breve. L'uranio era già stato indicato come «veleno debole» dai precedenti studi sulla tossicità dell'elemento sugli animali (UNSCEAR);
sia militari sia parti esterne al conflitto possono venire a contatto con l'uranio impoverito attraverso ferite durante le attività di combattimento o nel caso in cui una lesione aperta venga a contatto con una superficie contaminata. Uno studio effettuato da McKlein et al. ha osservato le conseguenze causate dai frammenti di schegge di uranio impoverito nei corpi di sessantadue soldati americani. Lo studio ha confermato che, nonostante la concentrazione di uranio impoverito all'interno del corpo tenda a stabilizzarsi dopo anni dall'impatto, la quantità presente nel corpo rimane alta e la presenza di frammenti all'interno dell'organismo continua a costituire un pericolo di contaminazione interna. Gli apparati più colpiti dalla contaminazione da uranio impoverito sono il sistema respiratorio e i reni;
i soggetti più colpiti restano i militari che operano all'interno dei carri armati, i quali vengono colpiti da munizioni all'uranio impoverito e per questo motivo assorbono abbastanza uranio impoverito da riscontrare un'insufficienza renale completa entro due giorni. La British Royal Society e i rapporti di Capstone e Sandia utilizzano un quadro utile per classificare le ferite sul campo di battaglia e per considerare in un modo uniforme i danni:
a) il livello I, include i soldati che sopravvivono in un veicolo colpito da uno o più penetratori all'uranio impoverito o i primi soccorritori che entrano nel veicolo colpito per soccorrere gli occupanti. È probabile che la maggior parte delle assunzioni avvengano per l'inalazione di particolato di uranio impoverito oppure per l'equipaggio sopravvissuto da ferite da schegge di uranio impoverito;
b) il livello II, comprende coloro che lavorano all'interno di veicoli colpiti per periodi consistenti, dopo l'impatto, e che possono essere esposti all'inalazione di ossidi di uranio impoverito che si innalzano all'interno del veicolo contaminato in un secondo momento;
c) il livello III, include tutti gli altri sul campo di battaglia che possono essere esposti al vento proveniente dai veicoli colpiti o dall'entrare brevemente nei veicoli colpiti;
l'uranio impoverito è noto sin da quando sono stati eseguiti i primi processi di arricchimento dell'uranio naturale, ma è divenuto famoso in seguito alle guerre «del Golfo», della «Somalia» e dei «Balcani»;
il 17 gennaio 1991 con l'operazione «Desert Storm» scoppia la Guerra tra Iraq e la coalizione internazionale guidata dagli USA. Le principali infrastrutture militari irachene, comprese le strutture usate come depositi di armi nucleari, biologiche e chimiche, furono colpite. Fu il primo vero conflitto in cui armi contenenti uranio impoverito vennero utilizzate. Tra queste ricordiamo i proiettili da 30 mm utilizzati dall'aereo Warthog A-10, i proiettili da 120 mm usati dai carri armati M1-A1 Abrahms e quelli lanciati dagli aerei AV-8 Harrier. Si stima che una quantità compresa tra le 335 tonnellate e le 900 tonnellate fu fatta cadere sull'Iraq e sul Kuwait. La comunità internazionale espresse ben presto le sue preoccupazioni riguardo le conseguenze ambientali e i rischi associati per la salute umana. Le Nazioni Unite e l'Organizzazione regionale per la protezione dell'ambiente marino (Ropme) risposero prontamente con la formulazione di un piano d'azione identificando quattro possibili aree di attività esposte ai rischi: ambiente costiero e marino, ambiente atmosferico, ambiente terrestre e l'ambiente destinato allo smaltimento corretto dei rifiuti radioattivi. In particolare, a destare preoccupazione furono i proiettili penetrati nel suolo poiché rappresentano un fattore di contaminazione delle falde acquifere. Successivi studi, tra cui per primo lo studio epidemiologico «Health Consequences of D.U. weapons used by U.S. and British Forces» il quale analizzava i casi di 5.746 militari, hanno rilevato un eccesso di rischio significativo tra «esposti a esplosioni sul campo di battaglia» e «non esposti» per linfomi, leucemia, tumore al cervello, al fegato e osseo. Ancora oggi fornire una stima completa dei danni provocati è impossibile, soprattutto perché l'uranio presente nel corpo genera malattie che impiegano anni per diventare visibili;
nella guerra dei Balcani in un comunicato ufficiale nel 1995, il Dipartimento della difesa Usa ha citato l'uranio impoverito tra i materiali utilizzati nei bombardamenti sulla Bosnia. Circa 10.000 proiettili furono rilasciati dagli aerei A-10. In due successivi comunicati, nel 1999, sia il DoD sia la Nato affermarono di aver utilizzato munizioni all'uranio impoverito anche durante i bombardamenti sulla Jugoslavia. Su richiesta del Segretario generale dell'ONU Kofi Annan, il 7 febbraio 2000 il Segretario generale della Nato rispose alle richieste di Annan ammettendo l'uso di circa 10 tonnellate di uranio impoverito nelle missioni in Kosovo. Inoltre, nello stesso anno emerse che la Nato aveva consegnato un manuale ai propri soldati, e solo successivamente a quelli italiani, sui rischi e sugli effetti dell'uranio impoverito ponendo un divieto assoluto di avvicinamento ai frammenti dei mezzi militari esplosi durante il conflitto, È stato anche constatato, attraverso le dichiarazioni dello spokesman del Segretario della difesa americana Cohen, che i soldati avrebbero sparato circa 10.800 pallottole all'uranio impoverito tra il 1994 e 1995 in Bosnia e circa 31.000 pallottole all'uranio impoverito in Kosovo nel 1999. A seguito di queste rivelazioni l'Unep e altre agenzie Unmik, Kfor e Nato, inviarono delle commissioni per esaminare i siti contaminati dalle munizioni all'uranio impoverito nei Balcani. I rispettivi rapporti pubblicati dall'Unep sono: «Depleted Uranium in Kosovo: Post-Conflict Environmental Assessment of 2001», «Depleted Uranium in Serbia and Montenegro: Post-Conflict Environmental Assessment in the Federal Republic of Yugoslavia of 2002» and «Depleted Uranium in Bosnia and Herzegovina: Post-Conflict Environmental of 2003». In tutti e tre i rapporti, gli esami effettuati non rilevano significanti livelli di uranio impoverito anche se nel secondo rapporto vengono fatte delle considerazioni rilevanti:
a) la maggior parte delle contaminazioni del terreno è stata trovata a 10-20 centimetri al di sotto di un penetratore;
b) tutte le zone investigate, prima della missione Unep, sono state visitate, ripulite e recintate dalle autorità serbe;
c) per il Kosovo, le aree non sono state ripulite e le analisi di laboratorio hanno rilevato l'uranio impoverito anche nei campioni di terreno raccolti a diversi metri di distanza dal punto di impatto dei proiettili;
d) la maggior parte dei proiettili all'uranio impoverito non si sono frammentati, ma sono entrati nel terreno più o meno intatti. In questo caso, i penetratori interrati costituiscono una fonte che in futuro potrebbe influenzare la concentrazione di uranio nell'acqua potabile;
e) due dei siti hanno mostrato una chiara indicazione di uranio impoverito nell'aria campionata;
f) i licheni sembrano essere un indicatore affidabile della contaminazione da uranio impoverito nell'aria. Dai campioni di licheni prelevati in Serbia e Montenegro, due su quattro hanno mostrato un'indicazione significativa di uranio impoverito;
i membri dell'Unep avevano anche il compito di indagare sullo stoccaggio dei rifiuti radioattivi. Qui, hanno potuto rilevare che nella Federazione della Bosnia ed Erzegovina, i tre siti che dovrebbero smaltire questo tipo di rifiuti, Hadzici l'ex deposito di munizioni, l'ex impianto di riparazione dei carri armati e la caserma dell'artiglieria Han Pijesak, non rispettano le procedure per evitare il rischio di contaminazione da uranio impoverito, in quanto sono stati trovati risultati chiari e inequivocabili di penetratori o punti di contaminazione sul terreno e nel suolo, nell'acqua di un sito, nell'aria di due siti e in campioni botanici prelevati in tutti e tre i siti;
le ultime due missioni che hanno ufficialmente utilizzato armi contenenti uranio impoverito tra la loro artiglieria sono: l'operazione «Allied Forces Operation Enduring Freedom» in Afghanistan e la missione guidata dagli Usa in Siria contro lo Stato islamico dell'Iraq e della Siria (Isis). Si stima che le tonnellate di uranio impoverito rilasciate sull'Afghanistan durante l'operazione furono circa 600, considerando solo il periodo tra ottobre 2001 e ottobre 2002. I rapporti pubblicati in seguito alla missione non forniscono chiare stime riguardo l'utilizzo di armi contenenti uranio, ciò che viene confermato è il trasferimento di armi all'uranio impoverito in Afghanistan dalle forze americane. Un'ulteriore certezza sull'uso di uranio impoverito arriva da diversi studi condotti sulla popolazione afghana dopo l'operazione «Allied Forces Enduring Freedom». In particolare, i campioni di urine prelevati da otto uomini (civili) provenienti da Jalalabad, i quali presentavano i sintomi tipici della «Malattia del Golfo», quindi fatica, febbre, dolori muscolari e alterazioni neurologiche, emicranie e problemi respiratori dopo il 2002, sono stati analizzati. La raccolta è stata fatta per verificare la concentrazione degli isotopi dell'uranio 234U, 235U, 236U e 238U. Il risultato è stato un valore medio molto al di sopra della soglia consentita, quindi 275.04 ng/L, 137.80 ng/L, 48.72 ng/L contrapposto a un valore limite di 1-20 ng/L. I risultati sono stati analizzati presso il laboratorio della British Geological Survey. Il gruppo di scienziati ha poi deciso di analizzare anche dei campioni d'acqua provenienti da diverse città e campioni di suolo raccolti vicini ai crateri lasciati dalle bombe. I risultati sono stati poi confrontati con i valori limite della U.S. National Center of Environmental Health e della British Geological Survey, i quali sono rispettivamente 7 ng/L e 1.3 ng/L. I risultati per la concentrazione di uranio impoverito nei campioni d'acqua in Afghanistan è di 9.4 ng/L, quindi chiaramente in eccesso rispetto alla media consentita. Inoltre, confrontando i valori con quelli dell'organizzazione mondiale della sanità il rapporto è 38,277/9,000 ng/L. Gli studiosi hanno affermato di non aver mai trovato delle concentrazioni di uranio impoverito così alte. Anche i campioni prelevati dal suolo mostrano una concentrazione di uranio impoverito elevata; con un valore che varia tra 2.3 e 18.6 mg/kg, i campioni afghani superano la media mondiale di 1.8 e 3 mg/kg e il valore attestato per gli stessi campioni in Kosovo di 2.34 to 18 gUI/kg. Nel 2008, il Governo afgano ha deciso di indagare sulle armi utilizzate dagli Stati Uniti durante le invasioni in Afghanistan nel 2001; inoltre, hanno considerato la possibilità di indagare in modo ufficiale sui possibili collegamenti fra l'utilizzo di uranio impoverito e le deformazioni dei bambini nati subito dopo la missione. In particolare, in alcune zone dell'Afghanistan pesantemente bombardate, ad esempio la regione montuosa di Tora Bora nella parte orientale del paese dove si pensava si nascondesse Osama Bin Laden, la correlazione tra bambini nati malformati e l'esposizione della regione all'uranio impoverito è facile da individuare. Questa corrispondenza è stata supposta anche dal viceministro per la salute pubblica dell'Afghanistan, Faizullah Kakar nel 2008;
in Siria, l'utilizzo di uranio impoverito da parte americana sarebbe invece avvenuto durante la missione nel 2015 contro l'Isis. Nonostante una prima dichiarazione rilasciata dagli ufficiali americani riguardo l'impegno preso di non usare armi contenenti uranio impoverito nel conflitto con Iraq e Siria, migliaia di proiettili sono stati riversati durante due raid aerei sui mezzi petroliferi pesanti nella parte della Siria controllata dallo Stato islamico nel 2015. L'utilizzo di armi all'uranio impoverito è stato confermato anche dallo spokesman del Comando Centrale degli Stati Uniti Maj Josh Jacques, il quale ha affermato che 5.265 munizioni Api contenenti uranio impoverito sono state lanciate dagli aerei A-10 tra il 16 e il 22 novembre 2015 distruggendo 350 veicoli nel deserto orientale del paese. Dopo questi eventi, l'Air Force statunitense ha deciso di chiarire su quanto accaduto affermando che le armi contenenti uranio impoverito sono state usate in Iraq e Siria e confermando che la missione «TIDAL WAVE II» prevedeva già dall'inizio l'uso di munizioni Api («Armor Piercing Incendiary ammunition») contenenti uranio impoverito;
alla luce dei casi di studio negli scenari di guerra riportati, ed alla luce delle recenti dichiarazioni del Governo Britannico, è fondata la preoccupazione dell'utilizzo di questo tipo di armi non convenzionali che possono aggiungere un ulteriore dramma in uno scenario di guerra, come quello del territorio Ucraino, già enormemente martoriato dal punto di vista infrastrutturale ed in termini di perdite di vite umane;
anti-Uranium Weapons Coalition (Icbuw) condanna con fermezza la fornitura di munizioni all'uranio impoverito del Regno Unito all'Ucraina, l'Icbuw condanna anche l'uso di munizioni all'uranio impoverito da parte dell'esercito russo. L'uso delle munizioni 3BM32 «Vant» è stato confermato dal Centro internazionale per lo sminamento umanitario di Ginevra (Gichd) nel suo rapporto del 2022. Secondo i resoconti dei media, le forze russe in Ucraina hanno recentemente ricevuto anche le più moderne munizioni 3BM60 «Svinets-2»;
si ricordi, infatti, che la Federazione Russa che ha nella sua dotazione il proiettile BM-32 che è un comune proiettile APFSDS da 125 mm il cui nucleo è costituito appunto da uranio impoverito ed utilizzato nei cannoni dei carri armati e questa dotazione è risalente agli anni '80. Il dubbio sul suo utilizzo è fondato, non solo per le conferme che vengono dal Centro internazionale per lo sminamento umanitario di Ginevra ma anche dal fatto che il Presidente Putin nel 2020 si vantava dei suoi carri armati T80BV con proiettili all'uranio impoverito dichiarando che questo tipo di armi: «Non viola nessun trattato», ed ancora all'indomani delle dichiarazioni del Governo Britannico ha prontamente risposto che tra l'arsenale del suo esercito sono presenti diverse centinaia di migliaia di munizioni all'uranio impoverito;
l'Assemblea dell'ONU ha adottato diverse Risoluzioni l'ultima nel 2022, a larghissima maggioranza e con il voto favorevole dell'Italia, dirette a porre l'accento sull'importanza della trasparenza e della cooperazione tra gli Stati e invita gli Stati a condividere informazioni e migliori pratiche al fine di comprendere meglio gli impatti sulla salute e sull'ambiente delle armi all'uranio impoverito, la risoluzione riconosce, inoltre, l'importante ruolo che le organizzazioni internazionali, come l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), possono svolgere nell'affrontare la questione delle armi all'uranio impoverito e invita gli Stati a lavorare a stretto contatto con queste organizzazioni per garantire che le migliori conoscenze scientifiche e mediche disponibili siano utilizzate;
la Risoluzione del 2022 richiede un approccio precauzionale all'uso dell'uranio impoverito, è sulla necessità di proteggere i civili e l'ambiente dagli effetti dannosi di tali armi, esortando gli Stati ad adottare tutte le misure necessarie per affrontare gli impatti ambientali e sulla salute, compresa la fornitura di assistenza medica e la pulizia dei siti contaminati e soprattutto, infine, la nuova risoluzione invita a proseguire gli sforzi per aumentare la consapevolezza sulla questione delle armi all'uranio impoverito e sul loro impatto sulla salute umana e sull'ambiente;
sulla base delle Risoluzioni approvate dall'ONU è necessario intraprendere una iniziativa internazionale con lo scopo di vietare la produzione e l'uso delle armi all'uranio impoverito,
impegna il Governo:
1) a intraprendere ogni iniziativa possibile a livello internazionale volta a vietare l'uso delle armi all'uranio impoverito;
2) a rappresentare l'Italia come Paese capofila, partendo da una interlocuzione in sede di Unione europea, con la finalità di creare un ampio consenso internazionale, che porti in discussione all'Organizzazione delle Nazioni Unite la messa al bando della produzione e dell'uso delle armi all'uranio impoverito.