A.C. 1060-A
Grazie, Presidente. Innanzitutto, vorrei sottolineare come, ancora una volta, ci troviamo di fronte a un provvedimento che vuole affrontare temi molto diversi fra di loro, tutti, ovviamente, di assoluta importanza, ma che difficilmente possono essere ricondotti ad un ragionamento organico. E ciò partendo dal titolo del provvedimento stesso, il caro bollette, sul quale mi verrebbe semplicemente da sottolineare come, con estremo ritardo, si vada ad affrontare un'emergenza che, vorrei ricordare a tutti, nel momento in cui era davvero nel suo punto di grande criticità per famiglie e imprese, non ha certo avuto attenzione da parte di un'azione governativa, nel senso di dare supporto e aiuto. Mi verrebbe da dire che diamo una lettura piuttosto tardiva di qualcosa che c'è stato, per carità. Andiamo a vedere - altri, dopo di me, parleranno del merito -, per il futuro, di evitare quanto è stato fatto.
Ma vogliamo anche toccare il tema della fiscalità, con riferimento alla quale - lo dico semplicemente, in estrema sintesi -, invece che operare in maniera molto diretta per mettere in condizione anche le persone in difficoltà di ottemperare ai loro doveri, per l'ennesima volta, si dà l'impressione di un Governo che strizza l'occhio al non rispetto della regola, tollerando alcune situazioni, anzi, facendole diventare quasi sistemiche, per cui, in fondo, non pagare conviene un po' a tutti, perché, poi, tanto, all'ultimo metro, si fa e si risolve tutto il contenzioso con le Stato. Io penso che questo significhi non comprendere che viviamo in un Paese in cui il tema dell'evasione e dell'elusione è ancora importantissimo e ha molto anche a che fare con la mancanza di risorse per intervenire nei settori dove sarebbe necessario. Invece che promuovere un percorso virtuoso che affronti il tema, continuiamo ad assecondare il vecchio vizio. Ma questo non ci sorprende, d'altra parte, una lettura di questo tipo è un tema ricorrente.
Ma la cosa che più colpisce è l'aspetto sanitario. Vorrei ricordare che non è passato tanto tempo da quando, in quest'Aula, abbiamo approvato mozioni, anche molto impegnative e strutturate, attorno al sistema sanitario nazionale. E in maniera, più o meno condivisa, con voti trasversali, a volte frammentati, sulle singole mozioni, abbiamo convenuto sulla necessità di intervenire in maniera molto decisa sotto due aspetti. In primo luogo, sulle risorse, con l'obiettivo, non banale, ma che più volte si evoca, del superamento del 7 per cento del PIL, anzi il raggiungimento dell'8 per cento, come obiettivo vero e importante, con quello che, anche nell'ultima legge di bilancio, tutti sappiamo, in previsione, finisce di nuovo per raggiungere il 6 per cento, rispetto al rapporto tra investimento sanità e PIL. In secondo luogo, sugli interventi altrettanto decisi per quello che riguarda il personale in sanità, che, dobbiamo dircelo con grande chiarezza, rappresenta davvero, in questo momento, l'emergenza per la difesa del sistema sanitario nazionale o, lasciatemelo dire in maniera più semplice, della sanità pubblica, ma se vogliamo dirlo in maniera più importante, del dettato costituzionale rispetto all'accesso al diritto alla salute che i cittadini e le cittadine del nostro Paese devono avere garantito.
Riguardo a questo tema, al di là dell'impossibilità di farlo all'interno di un provvedimento dove si vuol parlare di tutto, inserendo anche questo settore, io credo che manchi completamente una visione di insieme. Perché, è vero, per titoli - l'abbiamo sentito anche poc'anzi -, si può dire che si fanno tante cose, che s'interviene sul tetto di spesa, che si danno incentivi all'emergenza- urgenza, che si cerca di frenare l'esodo di personale sanitario che va in pensione, e così dicendo, l'abbiamo sentito, ma, di fatto, tutte le volte che si è cercato, anche a livello emendativo, nella surreale riunione delle Commissioni congiunte finanze e affari sociali, tutti noi sappiamo come è andata a finire.
Anzi, voglio approfittare, tramite di lei, Presidente, per rivolgermi alla collega Patriarca, che, in maniera anche molto gentile, nel corso dei lavori delle Commissioni, si è scusata con i membri delle Commissioni stesse per aver, in un primo momento, detto “sì” ad alcuni emendamenti, e poi non aver potuto mantenere la promessa, la dico così. Tramite lei, appunto, volevo dire alla collega che non è lei che deve scusarsi con noi, ma è il Governo che deve scusarsi con lei, perché, evidentemente, le aveva dato il “via libera” su alcuni emendamenti, che, poi, in ultima istanza, sono stati respinti.
Ma torno al tema. È chiaro che, rispetto il tetto di spesa, noi o capiamo che interveniamo in maniera decisa e usiamo strumenti diversi da questo per mettere fine a un'involuzione di sistema che, nel corso degli anni, con Governi di qualsiasi colore, abbiamo perseguito, oppure rischiamo davvero di avere un sistema al collasso. Perché possiamo descriverlo in tutte le maniere, possiamo affrontare e parlare per titoli, ripeto, di tante criticità e di emergenze, ma, se non mettiamo più soldi, se non investiamo, per esempio, sulle case delle comunità e gli ospedali di comunità, con la loro declinazione di medicina territoriale, se non facciamo di nuovo tornare quel senso di appartenenza di tanto personale sanitario, medici, infermieri e appartenenti a tutte le altre professioni sanitarie nel sentirsi coprotagonisti di uno Stato che è vicino alle persone in difficoltà, specie nella malattia, noi non andiamo da nessuna parte. Noi rischiamo davvero, un po' alla volta, che il pubblico diventi la serie B della sanità, a favore di un privato che, invece, diventa la sanità di riferimento del cittadino, introducendo - apro una parentesi - una discriminazione di fatto tra la serie A, la serie B e la serie C dei nostri concittadini, perché tutti noi sappiamo che la sanità privata investe dove conviene di più e, soprattutto, dove c'è una concentrazione di popolazione, non essendo certo interessata alle zone marginali del Paese.
Ma, ancora di più, noi dobbiamo riuscire a dare a chi lavora nella sanità pubblica un giusto riconoscimento finanziario, perché è incredibile come, nel corso del tempo, si sia introdotta una disparità di trattamento tra pubblico e privato, ma, ancora di più, il mancato riconoscimento del percorso di formazione e di specializzazione. Badate bene, l'estero viene ad attingere ai nostri professionisti, per la qualità con cui riusciamo a formare il personale sanitario; peccato che, poi, non siamo disponibili a farlo rimanere da noi, investendo sulle loro retribuzioni; ma, vorrei anche ricordare, sulla possibilità di fare ricerca, di lavorare in un ambito di tranquillità e di sicurezza, e non di precarietà di risorse, come, purtroppo, avviene, nonché anche di frammentazione di governo di sistema in 21 modelli territoriali, che hanno dimostrato, più volte, la loro inadeguatezza e incapacità di dare risposta a queste necessità.
Ma tra le varie emergenze c'è anche il tema dell'emergenza-urgenza del pronto soccorso. Io comprendo lo sforzo dei colleghi di voler dire che si è fatto molto. In realtà, parliamoci molto chiaro, si è fatto poco e niente in tema di messa in sicurezza del personale, che, specie in questo comparto, è esposto ad un crescendo di precarietà e anche di paura, perché gli episodi di violenza a carico del personale sanitario stanno diventando estremamente numerosi. Vorrei ricordare anche che, accanto quelli denunciati, ve ne sono tantissimi altri che non vengono denunciati, ma che rientrano quasi nella normalità, come una situazione da affrontare. E parlando con chi lavora nel pronto soccorso, a volte è sconfortante il senso di rassegnazione, quasi che faccia ormai parte del servizio che devono prestare quotidianamente.
Intervenire da questo punto di vista non significa solo avere presìdi di pubblica sicurezza nei pronto soccorso - ce ne sono già, in alcuni casi sono previsti da anni -, ma significa avere personale adeguato e anche capace di fronteggiare le criticità che si manifestano in quegli ambienti. Infatti, è chiaro che abbiamo a che fare con persone molto provate emotivamente, sottoposte a uno stress incredibile e a volte anche a momenti di dolore profondo. Ed è altrettanto chiaro che avere un numero di persone sufficienti per affrontare tutte queste situazioni e avere anche chi si prende cura della persona, sulla quale bisogna intervenire, oltre che dal punto di vista sanitario, con il contesto familiare o amicale, anche dal punto di vista psicologico, è un investimento vero per la prevenzione e la sicurezza, per evitare episodi di un certo tipo. Infatti, la violenza nei pronto soccorso non è solo quella di qualche delinquente, che purtroppo finisce nei titoli dei TG o sulle prime pagine dei giornali; c'è anche tutto un altro tipo di violenza e di stress, meno eclatante, ma purtroppo presente.
Infine, volevo anche dire come, rispetto al personale, dobbiamo fare qualcosa anche molto in fretta per evitare il fenomeno della chiamata a gettone, di cui molte volte abbiamo sentito parlare. Vorrei ricordare a tutti che, alla fine, se facciamo bene i conti, è un costo incredibilmente alto, che potremmo chiaramente investire sul personale strutturato e sui dipendenti del sistema sanitario pubblico, ma che, soprattutto culturalmente, avvalora la tesi secondo la quale la professione sanitaria sia un luogo dove cercare di far diventare il profitto il vero obiettivo dell'attività stessa. Badate bene, non è un giudizio su chi fa attività a gettone; è un giudizio su di noi, che, come Stato e nel caso specifico come Governo, dovremmo creare una mentalità, un percorso e far maturare un senso etico di struttura che riveste un ruolo fondamentale nel sistema statale.
Noi, anche in questo caso, facciamo finta di niente, o meglio, per titoli evochiamo il problema, mettiamo due soldi per cercare di evitarlo, ma sappiamo benissimo tutti che da domani mattina tutto continuerà come prima.
Infine, volevo richiamare il tema delle aree interne, delle zone montane e dei territori fragili, perché già nell'insieme il provvedimento davvero a volte rischia di essere un po' una presa in giro, ma altri parleranno di questo. Mi riferisco al tema dei servizi sanitari. Io credo che sia una delle questioni che dobbiamo affrontare con grande decisione, perché sempre di più in queste zone assistiamo al venir meno di servizi di questo genere con il conseguente spopolamento, specie delle giovani coppie, le quali, chiaramente, non possono accettare di vivere in territori dove, in caso di emergenza quale può essere la nascita del figlio piuttosto che una qualsiasi necessità sanitaria, si rischia di non avere quella sicurezza per la distanza o la mancanza di un servizio di prossimità.
Addirittura, ormai, ma lo sappiamo tutti, non abbiamo più medici di medicina generale in molte di queste realtà, con situazioni in cui persone molto anziane - perché in quei territori solitamente l'età media è quella che è - si trovano ad affrontare un disagio incredibile. Questa sì, è una delle emergenze che dobbiamo avere il coraggio di affrontare, mettendo nella condizione il sistema tutto, partendo chiaramente da quello pubblico, ma coinvolgendo anche il privato laddove opera a margine di questi territori, di operare, non permettendo che venga meno il principio costituzionale - lo richiamo ancora una volta - per il quale tutti i cittadini di questo Paese, tutte le persone che vivono sul nostro territorio, indipendentemente dalla loro situazione economica e sociale e dal luogo dove vivono, hanno diritto ad avere l'accesso al Servizio sanitario e a veder tutelata la propria integrità personale.
Infine, mi sento di dire che è un provvedimento che ha avuto un percorso anche molto burrascoso, ha vissuto momenti che hanno avuto del grottesco nelle Commissioni congiunte notturne, con sospensioni e richiami - probabilmente ci sarà la necessità di un ulteriore passaggio, perché in mezzo a questo ci si è anche dimenticati di qualche copertura finanziaria - che soprattutto, io temo, dimostrano l'incapacità o la non volontà del Governo di affrontare i punti critici del nostro sistema. Infatti, credo che parlare in questo modo di energia, di sanità e di fiscalità sia la dimostrazione di non voler affrontare i temi, o meglio, di assecondare una deriva costante che francamente ci preoccupa non poco.
Quindi, è chiaro: è persino difficile entrare nel merito dei singoli articoli (e non l'ho fatto), perché sinceramente credo che bisogna avere chiare le prospettive generali e poi parlare del dettaglio. Qui si usano piccoli dettagli per non far capire che manca una strategia generale.