Discussione generale
Data: 
Lunedì, 22 Maggio, 2023
Nome: 
Rachele Scarpa

A.C. 115-A​ e abbinate

Grazie Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi. Quando ha avuto l'opportunità, tra i primissimi atti di questa legislatura, di sottoscrivere e presentare la proposta di legge Madia sul voto fuori sede, vi confesso che non immaginavo così il momento in cui saremmo arrivati a discuterla e ad approvarla. Io ho 26 anni, ho alle spalle l'esperienza universitaria e - come potete immaginare - è ancora fresco in me il ricordo della vita da fuori sede, i compagni di università, le loro vite, le loro storie e le loro difficoltà. Immaginavo la discussione di oggi come un momento bello e luminoso di democrazia. Avevamo e - credo che potremmo averla ancora, se la maggioranza oggi tornasse sui suoi passi - la possibilità, noi che sediamo in quest'Aula, di mettere la parola “fine” a un capitolo di grande ingiustizia per 5 milioni di cittadini e cittadine. Per me - questa volta, come altre - quelle persone non sono un'entità astratta, elettorale e distante, ma sono anche coetanei, amici, compagni di vita e di percorso. Potremmo quindi mettere fine a un'ingiustizia che riguarda la vita di tutte queste persone. Il lavoro che dovremmo fare oggi, di discussione di questa proposta di legge, mi tocca da vicino quindi, non solo perché parla a me, ma anche perché parla ai miei valori. Il voto fuori sede non è solo un diritto del cittadino, non è solo un'esigenza di democrazia, ma è anche una dimostrazione di interesse e considerazione verso la mia generazione, un passo in più verso la piena attuazione del diritto allo studio, un incentivo alla mobilità e, non da un ultimo, un atto concreto di rimozione di quegli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti all'organizzazione politica, economica e sociale del nostro Paese.

L'università è uno degli strumenti più belli e più potenti che uno Stato ha per creare occasioni di scambio e crescita delle persone e di un territorio, per dare ai cittadini nuove opportunità di formazione e di mobilità. L'esistenza della figura del fuori sede, in particolare - dico io - per ragioni di studio e ricerca, dovrebbe quindi essere sostenuta dal Governo perché genera una ricchezza sociale unica per le nostre comunità. Chi studia in Italia - vicino o lontano da casa che sia - rappresenta una delle migliori garanzie che abbiamo per costruire un futuro migliore per il nostro Paese. Sto dicendo delle cose credo largamente condivisibili, eppure sento il dovere di ripeterle anche qui, oggi, in quest'Aula, perché questi sono giorni in cui, alle proteste assidue e giuste di migliaia di fuori sede che si sono accampati ad esempio fuori dalle università, in tenda, per il diritto alla casa, c'è chi risponde ancora con tanto, troppo, paternalismo e decisamente pochi fatti. Quindi, anziché lasciare che qualcuno dica che uno studente che paga 700 euro al mese per una stanza non merita di fare l'università, pretendendo di spiegare che i diritti non contano, perché tanto vince il più furbo, noi in quest'Aula dovremmo garantire e nutrire l'idea che una persona nata in Sicilia possa fare un'esperienza di studio in Veneto o che una persona nata in Veneto possa fare un'esperienza di studio o di lavoro in Sicilia, incentivando questo percorso con ogni mezzo possibile, che sia garantire la possibilità di abitare nella città in cui si studia, o dare ai fuori sede la possibilità di esercitare il diritto più prezioso di tutti, il diritto al voto, senza che siano costretti a spendere un capitale per tornare dove risiedono. E non sono solo gli studenti a trovarsi in questa condizione, colleghi; sono anche milioni di lavoratori, costretti a vivere lontano dalla propria terra, magari dalla propria famiglia, tutto perché, dal posto in cui provengono, magari non arrivano le stesse opportunità. Anche a loro vogliamo negare il diritto di voto? In Italia, ad oggi, la possibilità di votare da fuori sede non esiste e questa è una mancanza che fa così rumore da non poter più essere ignorata; rimbomba assordante ogni tornata elettorale, quando leggiamo attoniti e ogni volta più increduli il dato dell'astensione in inesorabile crescita. Sarebbe certamente riduttivo addebitarla all'assenza del voto fuori sede perché sappiamo che il fenomeno dell'astensionismo ha delle ragioni più strutturali e più profonde, però voglio anche invitarvi a riflettere su questo tema. Non è forse una ragione strutturale e profonda che porta probabilmente tante e tanti a percepire molto meno l'urgenza e l'importanza del voto? C'è un profondo disinteresse che questa lacuna nel nostro ordinamento lascia percepire e segnala nei confronti dei giovani. Uso le parole di Piero Calamandrei, che si è rivolto nel 1955 agli studenti milanesi: “Domandiamoci che cosa è per i giovani la Costituzione” e che cosa è per i giovani il Parlamento, in questo caso, - aggiungo io - che a quella Costituzione ha compito di dare gambe nella realtà. In quello stesso discorso Calamandrei diceva che la Costituzione non è mai legge morta; in larga parte chiaramente la Costituzione è una realtà, ma resiste ancora una parte programmatica, che quindi è un impegno e un lavoro ancora da compiere. Dei famosi ostacoli, di cui si parla all'articolo 3 della nostra Costituzione, colleghi, ne rimangono ancora tanti. Oggi credo che qui dovremmo discutere di come rimuoverne uno per avvicinare, non solo concettualmente, un'intera generazione di persone in formazione alla partecipazione democratica per dare dignità e responsabilità a quelle persone e per dare loro valore.

È nostro compito farlo ed è nostro compito superare insieme quelle difficoltà tecniche che tengono l'Italia inchiodata su questa questione, unica in Europa oltre a Malta e a Cipro; ed è compito del Parlamento, ancora prima che del Governo, individuare quale sia la strada migliore.

Ma ancora una volta ho la sensazione di dire cose che dovrebbero essere scontate, così scontate che tutti gli autorevoli pareri auditi in Commissione evidenziavano come l'intento sotteso alle norme in esame debba essere trasversale e condiviso. Scontate perché c'è un lungo lavoro di studio scientifico portato avanti negli ultimi decenni, un lavoro parlamentare che ha attraversato tutta l'ultima legislatura, una diffusa mobilitazione spontanea e penso, tra gli altri, al lavoro dei Giovani Democratici del comitato “Voto dove vivo” o del comitato “Voto sano da lontano”, ma anche alla tantissima partecipazione spontanea di studenti e cittadini. Si tratta di un lavoro che ci ha consegnato, credo, tutti gli strumenti per prendere di petto le difficoltà tecniche.

È scontato, inoltre, perché abbiamo già acconsentito, in questi anni, a garantire il voto ai cittadini temporaneamente all'estero attraverso il voto per corrispondenza, che è una modalità di voto - lo sappiamo - mal presidiata e anche più complessa e scivolosa del voto presidiato anticipato, che è proposto nella versione originale del provvedimento oggi in discussione, con l'idea forte che il riconoscimento e la garanzia del diritto di voto non possano essere negati per le complessità delle loro modalità di esercizio. Vede, Presidente, questo sembra quasi un invito ad andarsene per un giovane che è all'inizio del suo percorso di studi. Vai all'estero e il tuo diritto di voto sarà garantito, oppure resta in Italia dove la tua piena dignità di cittadino in formazione vale meno di non meglio noti insormontabili ostacoli tecnici.

Spero di dire cose scontate, infine, perché tutti i partiti che compongono questa maggioranza, in particolare - ho notato - gli esponenti più giovani di questi partiti, si sono espressi a più riprese in favore del voto fuori sede. Eppure temo che queste affermazioni non siano affatto scontate. Speravo che oggi fosse un giorno di festa e un giorno di democrazia. Invece - devo dirvelo - lo vivo con l'angoscia dell'incognito, del salto nel vuoto e - aggiungo anche - con l'inquietudine di chi osserva come su questo provvedimento, su cui almeno sulla carta dovremmo essere tutti d'accordo, si adottano delle strane scorciatoie.

Provo a riassumere anche un po' l'iter di questa proposta di legge, perché penso che i cittadini che, in questo momento, ci ascoltano e si interessano ai lavori parlamentari abbiano il diritto di capire bene che cosa sta succedendo. La proposta di legge Madia, valutata, tra altre, dalla Commissione affari costituzionali come la più solida e per questo adottata come testo base, è stata inserita nel calendario dell'Assemblea in quota opposizione su richiesta del Partito Democratico. Prevede l'istituzione del voto presidiato anticipato, forse la modalità più sicura e semplice individuabile, e consentirebbe ai fuori sede di esercitare il diritto di voto ai referendum, alle elezioni politiche e alle elezioni europee. Durante il ciclo di audizioni l'opinione più critica sulla possibilità concreta di dare attuazione a questa proposta, in particolare per il voto alle europee e alle politiche, è stata data da chi avrebbe poi il compito effettivo di rendere esecutiva la legge, ossia dal Viminale nella persona dell'eccellenza prefetto Sgaraglia.

Dopo anni di studi e analisi, dopo tanta mobilitazione, dopo tanto lavoro, emergono ancora difficoltà operative. L'Italia è un Paese complesso, colleghi: lo sappiamo e non siamo qui per negarlo e, quando si tratta di una materia delicata come questa, la prudenza non è mai troppa. Questo lo capisco. Ma io credo che la voragine lasciata da un diritto negato a 5 milioni di cittadine e cittadini non possa essere subordinata alla prudenza e la comunione di intenti, almeno dichiarata, dovrebbe muoverci a superare insieme le difficoltà evidenziate dall'audito e anche le resistenze, a questo punto innegabili, che esistono anche all'interno dell'ingranaggio statale su questo tema.

Credo che questa volta noi dovremmo avere il coraggio di far valere il primato della politica sull'amministrazione, del Parlamento sul Governo, e dare un segnale di utilità e di vicinanza ai nostri concittadini da parte di questa Assemblea.

Vorrei dirvi queste cose, quindi, con l'entusiasmo della collaborazione, colleghi della maggioranza, ma non posso, perché la proposta di legge, che arriva qui oggi in Aula, non è quella presentata dal Partito Democratico e oggi quest'Aula si è vista sottratta, con una forzatura, la prerogativa di discutere nel merito la questione del voto fuori sede. L'emendamento presentato dal relatore di maggioranza al testo Madia fa, di fatto, un'operazione semplice: con un colpo di spugna spazza via tutto l'articolato della legge e consegna, senza scadenze e senza vincoli, una delega in bianco al Governo, lo stesso Governo che, attraverso il suo personale tecnico, ha detto chiaramente, in audizione, che le difficoltà operative sul voto fuori sede sono pressoché insormontabili.

Allora, Presidente, io vorrei semplicemente chiedere, suo tramite, ai miei colleghi della maggioranza, se è vero che siamo tutti d'accordo, che tutti riconosciamo che abbiamo un compito assegnato dalla Costituzione, cioè garantire il diritto di voto a chi, pur volendo non può, di fatto, esercitarlo, perché, allora, non cerchiamo convergenze e soluzioni in Parlamento? Perché discutiamo oggi non una proposta di legge ma il suo guscio vuoto, delegando completamente al potere esecutivo ciò per cui noi siamo stati eletti? Perché non avete accettato, colleghi, alcuna mediazione nel seguire questa strada?

Trasformare la proposta di legge Madia in una legge delega è sbagliato, a nostro parere. Tuttavia, nel momento in cui è stato presentato quell'emendamento, le opposizioni hanno provveduto, con responsabilità e anche con un atto di fiducia, io credo, nei confronti di questa maggioranza, a subemendare la delega al Governo, proponendo scadenze, termini più precisi e qualche paletto, per dare un minimo di garanzia sul fatto che questa delega verrà pienamente attuata. Però, nessuno di questi subemendamenti è passato. Perché? Io ve lo voglio chiedere qui in Aula, perché a chiunque volesse, in buona fede, credere nella vostra volontà di realizzare il voto fuori sede questo non è chiaro.

Se invece, come temo, la volontà di portare a casa un risultato vero non c'è, ma c'è solo l'esigenza di dimostrarsi attivi su un tema molto sentito, per poi annacquare nei tempi questo attivismo con tempi prolungati o con soluzioni edulcorate o nella speranza che ce lo dimentichiamo, io oggi sono qui per dirvi, colleghi, che non sarà così.

Per questo abbiamo scelto, anche di fronte alla prepotenza della maggioranza in Commissione, di non ritirare la nostra proposta di legge, perché avrebbe significato prenderci la responsabilità di far naufragare per chissà quanti anni ogni possibilità di ottenere anche solo un piccolo risultato su questo fronte. Una delega in bianco al Governo non dà alcuna certezza, ma ci dà la possibilità di tenervi inchiodati alle vostre responsabilità. Con questa mossa della maggioranza stiamo già, con tutte le probabilità, perdendo il primo obiettivo che ci eravamo fissati insieme -alle mobilitazioni mi ricordo che c'erano tutti -, cioè garantire il voto fuori sede per le elezioni europee del 2024. Noi non vogliamo vedere un'altra elezione zoppa, un'altra elezione dove possiamo addebitare l'astensionismo anche a questa mancanza. Vi chiederemo conto ogni giorno del vostro lavoro per dare piena attuazione alla delega. Vi chiederemo di rendere conto al Parlamento ogni giorno di come voi state lavorando per far sì che il Governo attui la delega che voi state scegliendo di dargli, di rendere conto della discussione che voi oggi vi state prendendo la responsabilità di non fare in quest'Aula.

Quindi, vorrei essere entusiasta e fiduciosa, Presidente, ma non lo sono. Ho l'impressione che quella di oggi verrà decantata come una vittoria, ma forse sarà un furto.

Sarà sicuramente un furto alla discussione parlamentare, un furto alla corretta prassi della dialettica democratica, ma, soprattutto, un furto alle cittadine e ai cittadini fuori sede, che chiedono solo che sia data loro la dignità più importante di tutti, la dignità del diritto di voto. Noi rimarremo qui ogni giorno ad incalzarvi con atti di sindacato ispettivo, nelle piazze, nei luoghi di istruzione e di lavoro e anche nell'Aula del Parlamento. Non accetteremo un solo passo indietro, colleghi, perché, se lo vorrete fare, dovrete prendervene la responsabilità di fronte al Paese.