Discussione generale
Data: 
Lunedì, 29 Maggio, 2023
Nome: 
Claudio Michele Stefanazzi

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Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, nel momento più buio della pandemia il Recovery Plan è stato un vero e proprio raggio di luce, che ha tenuto viva la speranza in tutti noi e ha sancito un passo avanti significativo per l'intera Europa, che è quello del debito comune, che fino a quel momento sembrava essere una chimera. Ha dato una direzione a una comunità in panne, disorientata, in difficoltà, che rischiava di vedere ciascuno dei suoi membri ritrarsi nel proprio egoismo.

Il Recovery Plan ha dato all'Europa un nuovo orizzonte, un obiettivo comune e una promessa per il futuro. Un impegno che, ricordiamolo, non si esauriva nell'affrontare insieme il seppure enorme problema del COVID-19, ma che serviva, è servito a gettare le basi per un futuro profondamente diverso, all'insegna del rispetto dell'ambiente, della coesione sociale e dello sviluppo equo e sostenibile, e poi, come ho detto, della condivisione di queste sfide attraverso il ricorso al debito comune.

Questo Governo, a distanza di 3 anni da quei giorni importanti, sta di fatto tradendo quella promessa, la promessa che avevamo fatto ai nostri partner europei, ma soprattutto l'impegno che era stato preso nei confronti del Paese, prima tramortito dalla pandemia e poi dalla crisi energetica. Attuare il PNRR, per quanto sfidante e complesso, non lo ignoriamo, è una prova fondamentale per la credibilità e l'affidabilità del nostro Paese di fronte agli alleati europei e nell'intero contesto internazionale. Voglio ricordare, signor Presidente, al Governo che il fatto che altri Paesi stiano valutando la possibilità di rimodulare il PNRR non determina un “mal comune, mezzo gaudio”, perché l'impegno assunto dall'Italia, la quantità di risorse trasferite e il ruolo avuto in quei momenti, in quei mesi difficili, attribuiscono all'Italia una responsabilità del tutto peculiare.

Una prova, tuttavia, che stiamo, come detto, affrontando nella maniera peggiore e che oggi rischiamo di fallire. Allo stato attuale, infatti, non abbiamo ancora notizie della terza rata da 19 miliardi, e questo non fa ben sperare dal momento che è dal 31 dicembre che attendiamo risposte dalla Commissione. Le risposte non arrivano e un motivo ci sarà, probabilmente legato a un Governo che continua a non dare garanzie e a navigare a vista sul tema PNRR. La prossima rata, quella legata agli obiettivi del primo semestre 2023, è a forte rischio, come peraltro il Governo ammette.

Ora è chiaro, signor Presidente, che non possiamo limitarci a guardare con ottimismo a quanto sta avvenendo, soprattutto perché i segnali che arrivano dalla maggioranza continuano a essere incerti e non di rado contraddittori, in un contesto di scarsa trasparenza e condivisione. I tentennamenti che registriamo da mesi rischiano di compromettere la terza e la quarta rata, perché, se fin dall'inizio della legislatura abbiamo sentito parlare di impossibilità di raggiungere gli obiettivi, di dirottamento dei fondi, di rinuncia ai progetti, l'unica certezza è che questo Governo ha approcciato la sfida del PNRR con fare piuttosto arrendevole, e questo fin dall'inizio.

Nelle ultime ore poi stiamo assistendo addirittura all'ingaggio di una lotta con la Corte dei conti, colpevole di avvertirci, nell'esercizio delle sue funzioni, di tutto quello che non sta funzionando. Questa presa di posizione della Corte sta addirittura facendo immaginare alla maggioranza un possibile ridimensionamento dei ruoli e del potere dei magistrati contabili, e questo nel solco - lo dobbiamo dire, purtroppo - di una strategia chiara da parte del Governo di mettere in discussione gli equilibri istituzionali previsti dalla nostra Costituzione.

Invece di impiegare il tempo per sostenere le amministrazioni pubbliche e accelerare la spesa, questo Governo ha preferito lanciarsi in complicatissimi piani di riforma della governance del PNRR e addossare, peraltro, la responsabilità dei ritardi ai Governi precedenti. Il Governo ha smantellato la Segreteria tecnica e il Servizio centrale per il PNRR per mettere in piedi ex novo due strutture parallele, completamente assoggettate all'autorità politica delegata, ovvero al Ministro Fitto, che continua in maniera incredibile ad accumulare funzioni e poteri esclusivi.

La nuova struttura di missione per il PNRR è stata istituita a tempo di record, è vero, ma qualcuno si illude che basti un decreto per dare origine e per far lavorare una struttura così complessa? Quanto impiegherà il Governo a mettere in moto la macchina per assumere o mobilitare il personale, per trasferire le funzioni, per organizzare gli uffici? Lo stesso dicasi per l'Ispettorato generale, che è una articolatissima e complicatissima struttura, che in realtà, come sappiamo, è servita esclusivamente per togliere al MEF gran parte dei compiti che gli erano stati affidati.

Insomma, l'impressione è che questa enorme, gigantesca e confusa manovra di riforma della governance sia non solo intempestiva, ma anche dannosa. Devo dire che sembra rispondere a un progetto piuttosto inquietante, che è quello di creare presso la Presidenza del Consiglio un interlocutore unico delle parti sociali; un soggetto, cioè, che debba risolvere i conflitti e ingaggiare le sfide con le parti sociali e con i cosiddetti stakeholder in maniera isolata, in un progetto neo-corporativo che ricorda da lontano il Ministero delle Corporazioni. Le conseguenze le vedremo purtroppo a fine giugno, quando ci toccherà fare la conta delle milestone e dei target che non saranno raggiunti, con buona pace delle risorse che perderemo.

Peraltro, il disegno di accentramento del PNRR non è isolato. Con lo stesso decreto, infatti, abbiamo assistito, molto sorpresi, soprattutto perché il decreto è stato proposto da un ex presidente di regione, all'accentramento e alla modifica della governance anche della politica di coesione. È stata soppressa l'Agenzia, per riportare sotto lo stesso ombrello anche la gestione dei fondi nazionali e comunitari. Anche questo è un passo falso purtroppo, che metterà in gravi difficoltà le regioni e gli enti locali, impedirà di raggiungere i target di spesa accettabili dai fondi europei e, di conseguenza, obbligherà a perdite importanti sotto il profilo dei bilanci degli enti pubblici; soldi che dovrebbero essere destinati all'istruzione, alle infrastrutture, alla rigenerazione urbana, alla riqualificazione professionale, alla cultura, risorse senza le quali il Mezzogiorno può dire addio a ogni aspirazione di convergenza con il resto d'Italia. Perché, Presidente, l'errore clamoroso che il Governo sta facendo, soprattutto rispetto alle politiche di coesione, è di ignorare che le politiche di coesione e gli altri fondi di programmazione sono un tutt'uno, sono una programmazione congiunta, la sola in grado di ricucire gli strappi che la nostra società ha subito a causa della pandemia, che hanno aggravato il divario Nord-Sud preesistente alla pandemia.

Il sospetto, a questo punto, è che il Governo abbia esclusivamente in mente di fare incetta di risorse perché, quando ci comunicherà che non sarà in grado di spendere i soldi del PNRR per realizzare i progetti, probabilmente, utilizzerà o intenderà utilizzare i fondi per la coesione per realizzare quegli investimenti. Il che è errato perché, come è noto, i fondi per la coesione, insieme ai piani operativi regionali e anche ai piani operativi ministeriali, sono, in realtà, nuova programmazione, hanno un obiettivo diverso, hanno obiettivi nuovi, traguardano una realtà che nel frattempo è cambiata, che è in divenire e che richiede interventi straordinari ed innovativi.

Sono mesi che sentiamo sempre le stesse parole. Alla preoccupazione che si perdano le risorse, si aggiunge la perplessità di non aver capito come né dove il Governo intende intervenire, a quali progetti stiamo realmente rinunciando e quali risorse stiamo decidendo di restituire. La Commissione ha chiesto al Governo di presentare le modifiche al PNRR insieme con il nuovo capitolo del REPowerEU entro il 30 aprile di quest'anno. Siamo al 29 maggio: non mi sembra che il Governo abbia inviato o abbia condiviso uno straccio di programmazione. Fino a qualche settimana fa, lo ammetto, ci chiedevamo dove fossero le carte e, soprattutto, perché il Governo le custodisse in maniera così gelosa. Da qualche giorno ci stiamo chiedendo se queste carte esistano, se il Governo abbia la benché minima idea di come far fronte alle richieste della Commissione europea. Perché, se è vero che l'Europa ci consente una revisione del Piano nazionale, è altrettanto vero che dovremmo anche cominciare a dire in che modo vogliamo modificare questo Piano, e dovremmo condividere con Bruxelles le nostre idee e le nostre preoccupazioni.

Per concludere, signor Presidente, siamo convinti che il Governo stia perdendo tempo, troppo tempo a lamentarvi delle cose che non vanno, invece di assumervi la responsabilità di farle funzionare. Il Governo ha fatto una scommessa al buio, pericolosissima, sulle governance di tutto il PNRR, esattamente a metà strada dello stesso: a 3 anni dal traguardo, avete deciso di fare il gioco delle tre carte con le strutture ministeriali. L'avete fatto senza capire che questo avrebbe portato inevitabilmente altri gravi rallentamenti all'attuazione del Piano e, nel frattempo, mentre la confusione regnava a Palazzo Chigi, il Parlamento è stato completamente pretermesso, esautorato da queste decisioni, come se non contasse nulla, come se fosse un fastidioso intralcio ai progetti dell'Esecutivo.

Con la mozione, Presidente, noi chiediamo chiarezza, innanzitutto, fra i membri del Governo, perché assistiamo in maniera piuttosto divertente a membri del Governo che si sconfessano l'un l'altro, anche a distanza di pochi minuti, sui tempi e le modalità di attuazione del PNRR. Chiediamo chiarezza rispetto al PNRR e al REPowerEU, perché vorremmo vedere finito questo avvilente teatrino e rispettato ogni singolo impegno previsto dal PNRR, perché è una questione di serietà e di credibilità e le conseguenze di una resa non si fermeranno solo alla perdita delle risorse del Piano, ma avranno un impatto sui bilanci dello Stato molto, molto pericoloso. In caso contrario, nel caso in cui non abbiate un'idea di quello che avete in mente di fare, vi chiediamo, chiediamo al Governo di venire in Parlamento e di dire ai parlamentari e ai cittadini a cosa stiamo rinunciando, quali sono le strade, quali sono gli ospedali, quali sono le tratte ferroviarie che non saranno realizzati, uno per uno.

Infine - e chiudo - chiediamo al Governo di rispettare la parola data sul Mezzogiorno, che rischia di essere la vera vittima sacrificale del negoziato con l'Unione europea; assicurare il rispetto della quota del 40 per cento, che era prevista originariamente, ma anche garantire lo sblocco delle risorse degli FSC, in modo che le stesse vengano ad essere immediatamente a disposizione della regione. Questo, a meno che non abbiate in mente, il Governo non abbia in mente di distruggere definitivamente il sistema della programmazione della spesa pubblica.