Discussione generale
Data: 
Lunedì, 26 Giugno, 2023
Nome: 
Claudio Michele Stefanazzi

A.C. 1061

Gentile Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, rappresentante del Governo, sono trascorsi poco più di 10 anni dalla prima legge organica in materia di startup e oggi possiamo tracciare un bilancio sugli effetti del decreto-legge n. 179 del 2012. Quel decreto ha avuto, innanzitutto, il merito di saper guardare lontano e stimolare una maggiore sensibilità del mercato verso le potenzialità dell'impresa innovativa. Non è un caso che ancora oggi sia considerato uno tra i migliori in Europa e all'avanguardia per molti aspetti. I dati raccontano con tutta evidenza il successo di quella policy.

A fronte di un trend positivo lungo tutto il decennio, il 2022 ha segnato l'anno record, con quasi 2 miliardi di euro di investimenti raccolti dalle startup e dalle imprese innovative italiane, di cui circa la metà provenienti dall'estero. Oggi il nostro Paese conta, come è stato detto, più di 17.000 startup e PMI innovative, e un fatturato che sfiora complessivamente circa i 10 miliardi di euro. Siamo, insomma, di fronte a una realtà che cresce, magari non tanto rapidamente, ma che lentamente si consolida di anno in anno, mantenendo tuttavia un significativo gap con il resto d'Europa.

L'Italia è la quarta economia dell'area europea, ma per le startup e le PMI innovative siamo ancora al dodicesimo posto in Europa. Se guardiamo ad altri contesti, come quello spagnolo, quello francese e quello tedesco, comprendiamo quanto sia necessario, ora più che in passato, non sedersi sugli allori e continuare a sostenere un ambito dall'altissimo potenziale di crescita, non soltanto perché innovare ci consente di stare al passo con i mercati più competitivi, ma perché l'innovazione è, come è noto, la miccia della creazione di nuovo valore, favorisce l'investimento di capitali, stimola i consumi e soprattutto genera occupazione.

Un'occupazione, e questo è molto importante sottolinearlo, Presidente, per lo più qualificata e giovane, visto che sono le startup il più importante serbatoio di lavoro per i giovani e i neolaureati, quel famoso autoimpiego di cui si parla da tanti anni. Capitale umano che, se non assorbito, come dimostrano i dati relativi ai 15.000 espatriati laureati ogni anno, si rivolge altrove per trovare soddisfazione e appagamento professionale. Secondo i dati resi pubblici nel corso di un recentissimo evento organizzato da UniCredit, l'evento era Tech Made in Sud, dal 2014 al Sud il numero di imprese innovative è cresciuto del 52 per cento contro una media nazionale del 34 per cento.

Questo si traduce, evidentemente, in una significativa crescita dell'imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno, con particolare riferimento proprio alle startup. A febbraio 2023, quindi dati recentissimi, oltre il 25 per cento delle startup e delle piccole e medie imprese innovative operavano nel Mezzogiorno, con un tasso di crescita del 4,4 per cento, che è doppio del tasso di crescita nazionale. In questi anni il nostro Paese si è speso molto nel campo dell'innovazione anche per la necessità di recuperare il ritardo di cui ho parlato. Da Industria 4.0, poi evoluta in Transizione 4.0, fino ai 50 miliardi di euro che attraverso il PNRR staremmo investendo, si spera saranno investiti, nella transizione digitale, sono iniziative con l'obiettivo di sviluppare e mantenere in Italia nuove competenze e tecnologie. Sappiamo tutti quanto sia importante, soprattutto in questo momento storico, accompagnare il nostro sistema produttivo in un percorso di trasformazione che è per certi versi addirittura radicale, sostenere nuove idee e quelle imprese che scommettono nel progresso e nel cambiamento come chiave del progresso. La proposta di legge che oggi discutiamo si inserisce nel solco di questa strada. Affronta un tema decisivo, quello degli investimenti nell'innovazione, e lo fa nella direzione giusta, quella del consolidamento dell'attuale ecosistema e del rafforzamento dell'intera filiera del finanziamento.

Particolarmente positivo in questo senso è l'innalzamento da 25 a 50 milioni di euro del limite di patrimonio netto previsto per le SIS, le società di investimento semplice, che sempre di più rappresentano uno strumento eccezionale per incentivare le PMI non quotate, come utile e attesa è la misura di esenzione fiscale dei proventi derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio, i cosiddetti OICR. All'inizio dell'intervento, Presidente, ho detto che possiamo vantare una normativa all'avanguardia e di tutto rispetto.

Oggi, però, accanto alla soddisfazione del provvedimento che stiamo esaminando, che va, come ho detto, nella giusta direzione, c'è anche un po' di rammarico per quello che poteva essere fatto e non si è ancora fatto, perché, se è vero che la disciplina complessiva non dimostra gli anni che ha, è altrettanto vero che il progressivo stratificarsi di norme, le criticità applicative che sono emerse nel corso del tempo e alcune incertezze interpretative che restano irrisolte invitano a mettere caldamente mano a una riforma più ampia, più strutturata, perché tutto è migliorabile.

L'esame di questa proposta di legge avrebbe potuto essere proprio l'opportunità per superare le difficoltà di cui ho parlato, per razionalizzare il sistema di incentivazione fiscale e introdurre quelle migliorie utili ad affrontare le evoluzioni dell'ecosistema italiano. Obiettivo, mi permetto di dirlo, contenuto nel disegno di legge a mia prima firma, che, con voto unanime, la Commissione finanze ha abbinato al disegno di legge Centemero che stiamo discutendo. Dispiace, tuttavia, che alcune delle proposte contenute nella proposta di legge del Partito Democratico non siano diventate, almeno al momento, parte integrante dell'odierno provvedimento.

Pochi temi, peraltro, ma determinanti per stimolare gli investimenti e dare manforte alle imprese che per loro natura mantengono per lungo tempo condizioni di fragilità. In primo luogo, una richiesta che è emersa anche nelle audizioni che abbiamo effettuato in questi mesi, che è quella di introdurre degli incentivi fiscali dedicati ai cosiddetti investitori istituzionali, in primis i fondi previdenziali e le casse assicurative.

Era questo l'obiettivo di uno degli emendamenti e della proposta di legge abbinata, che mirava proprio a incentivare gli investimenti degli enti di previdenza obbligatoria e delle forme pensionistiche complementari, sia prevedendo che potessero destinare più dello 0,5 per cento dell'attivo patrimoniale in investimenti innovativi, ovvero fondi di investimento promossi da Business Angel, incubatori certificati, sia introducendo deduzioni fiscali e un trattamento fiscale di favore per le minusvalenze. La valorizzazione economica dei risultati della ricerca è un altro tema di cui spesso sentiamo parlare.

Si chiede più integrazione tra università e filiere produttive e un approccio più chiaro nei settori maggiormente strategici per la competitività del nostro Paese. Infatti, una nostra altra proposta andava in questa direzione, da un lato per potenziare gli uffici di trasferimento tecnologico degli atenei, a partire da quelli più piccoli, che, pur esprimendo grande potenzialità e soluzioni tecnologiche valide, sono frenati da mancanza di dotazione finanziaria e di personale, dall'altro per istituire un ufficio nazionale di trasferimento tecnologico, suddiviso in macroaree che possano fungere da impulso al perseguimento di obiettivi comuni, indirizzando e coordinando le attività degli uffici di trasferimento tecnologico universitari, e che possa sostenere percorsi di traslazione della ricerca all'impresa, potendo contare - e questo è molto importante, Presidente - su uno sguardo d'insieme sui progetti di ricerca e sullo stato della ricerca nel nostro Paese.

E ancora, è unanime il giudizio negativo sulla eliminazione della procedura di costituzione online tramite InfoCamere, una scelta che inevitabilmente porta un aggravio, soprattutto per le startup, sia in termini di spese che in termini di tempo. Lo abbiamo denunciato in tanti perché davvero eravamo convinti fosse un passo indietro per tutti, capace di portare l'Italia ancora più in fondo nella classifica dei costi di avviamento di una nuova società. Infatti, anche in questo caso, un'altra delle proposte presentate cercava di sanare almeno questo vulnus, anche se nel pieno solco della sentenza del Consiglio di Stato.

Abbiamo proposto un credito d'imposta per contenere le spese per la redazione dell'atto costitutivo e per tutti i costi che una nuova impresa deve affrontare nei primi anni di attività (consulenza legale, commercialisti, incubatori certificati, acceleratori d'impresa), costi che pesano soprattutto all'inizio e che possono avere una significativa incidenza nella vita delle startup. Dobbiamo assumerci tutti il compito di superare queste evidenti criticità. Una questione su cui occorre investire ancora tanto è il lavoro dei nostri giovani. Negli ultimi tempi ci sono stati molti sforzi in tal senso, ma nessuna norma specifica per abbassare il costo di lavoro a favore delle startup e delle PMI innovative. Per questo avevamo proposto due misure specifiche: una dedicata all'assunzione di giovani a tempo determinato, chiedendo che fosse introdotto un esonero contributivo degli oneri previdenziali per tre anni; un'altra per aiutare le realtà più piccole (startup innovative con fatturato inferiore ai 200.000 o PMI sotto un milione di euro), esonerandole dal pagamento dei contributi dovuti dai soci, sempre per i primi tre anni. Assieme a tali proposte emendative abbiamo messo sul tavolo tante altre idee, dal fondo per sostenere l'accesso al mercato fino alle misure per portare o riportare in Italia le società innovative con sede all'estero, incentivi per l'aggregazione di imprese per fare sistema e creare realtà più solide, misure di semplificazione fiscale e amministrativa, per consentire a chi ha coraggio e idee di non inciampare nelle mille complicazioni burocratiche che purtroppo deve affrontare chi sceglie di fare impresa nel nostro Paese e, poi, agevolazioni per favorire i finanziamenti nelle fasi successive allo sviluppo, sempre nell'ottica del rafforzamento dell'impresa innovativa nel momento più complesso della sua crescita.

Per concludere, voglio ribadire che oggi abbiamo fatto un passo avanti e il Partito Democratico, anche se non è questa la sede per dirlo, voterà a favore di questo provvedimento, malgrado, come detto, si potesse fare uno sforzo ulteriore. Siamo convinti che nel prossimo futuro ci sarà bisogno di affrontare in maniera condivisa e senza steccati ideologici i tanti nodi che ancora ci impediscono di liberare appieno il potenziale di un'impresa innovativa in Italia. C'è ancora tanto lavoro da fare, ma l'obiettivo mi sembra più che chiaro: creare condizioni di contesto e di mercato ancora più favorevoli alla crescita e al consolidamento di questo fondamentale sistema imprenditoriale. Il nostro Paese continua a avere una propensione al rischio troppo bassa. C'è un fattore culturale a frenare gli investimenti con profilo di rischio elevato (come noto, gran parte della finanza italiana è nata da contesti relazionali, è maturata in ambiti familiari e si è rafforzata attraverso misure di protezione normative e regolamentari). Ci sono, poi, i fattori tecnici che frenano la propensione al rischio. Nel nostro Paese la cosiddetta exit non è ancora sufficientemente interessante sotto il profilo dell'effetto moltiplicatore rispetto all'investimento iniziale. Scontiamo un mercato borsistico che stenta ad avvicinarsi ai valori dei principali mercati borsistici europei. Scontiamo la mancanza di fondi di investimento generici o specializzati, capaci di fare raccolta e impiego massivo. Scontiamo, purtroppo, il fallimento delle politiche di creazione di fondi pubblici, destinati a gestire la transizione dalla fase cosiddetta early stage a quella di maturazione. A tal proposito non mi sembra che gli annunci di questi giorni del Ministro Urso sul tema siano molto incoraggianti. I settori nei quali la ricerca sta facendo passi da gigante richiedono disponibilità di risorse ingenti e capacità di generarle. Un esempio su tutto, Presidente, è il cosiddetto One Health, che richiede nelle fasi di sperimentazione, animale ed umana, continue iniezioni di capitale. L'Italia e il suo sistema di ricerca sfornano ogni giorno idee e progetti innovativi, che sono spesso all'avanguardia mondiale. Questa fecondità di scienza non trova sul mercato interno - che pure ha come tutti i mercati occidentali un incredibile surplus finanziario - adeguati supporti a diventare industria. È del tutto evidente, Presidente, che non si tratta solamente di un tema finanziario. Non stiamo parlando solamente della possibilità che la ricerca generi ricchezza; stiamo parlando dell'opportunità che il nostro Paese diventi un punto di riferimento mondiale in settori nei quali nei prossimi decenni si giocheranno le partite più importanti, per assicurare ai cittadini italiani ed europei la disponibilità di cure, devices e strumenti per migliorare la nostra vita, senza dipendere da soggetti interessati esclusivamente a fare della ricerca tecnologica una chiave di ulteriore sperequazione socio-economica.