A.C. 1183-A
Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, Ministro, relatrice, siamo di fronte all'ennesimo decreto-legge del Governo Meloni, ormai abbiamo perso il conto, siamo a oltre 30 in 8 mesi e mezzo. E anche su questo provvedimento non penso di sorprendere nessuno se ipotizzo che sarà posta per l'ennesima volta la questione di fiducia. Un altro record, poco invidiabile, record di decreti, record di fiducie. E pensare che questo Governo doveva essere il primo Governo politico dopo tanti anni, il primo che avrebbe dovuto garantire una maggioranza certa e forte in ambedue le Camere. Purtroppo, le Camere stanno vivendo una situazione senza precedenti. Non nasce in questa legislatura, ma mai come in questa legislatura si era ricorso alla decretazione d'urgenza, alla fiducia, agli emendamenti che stravolgono i decreti, andando in una direzione totalmente opposta al monito del Presidente della Repubblica, Mattarella. Non è certo questo un segno di buona salute di questa maggioranza che meno di un anno fa ha vinto le elezioni e raccolto la maggioranza dei parlamentari, ma, non dimentichiamolo, non rappresenta la maggioranza degli elettori del Paese, tra l'altro neanche la maggioranza degli elettori, perché tantissimi non sono andati a votare.
Non sono solo i decreti che si moltiplicano, se stiamo al fenomeno dell'assorbimento, con una facilità inaudita. Il Parlamento sta diventando un vero e proprio passacarte dell'Esecutivo, una buca delle lettere, dove il Governo trasmette testi da convertire. Lo fa a ripetizione, lo abbiamo visto con il decreto Lavoro, il primo decreto Lavoro, il decreto Enti, il secondo decreto Lavoro sulla pubblica amministrazione. Veramente è una sequela senza fine. Nel frattempo cosa succede nel Paese? L'inflazione cresce, la crescita rallenta, è un momento in cui tanti, tantissimi, famiglie e imprese fanno sempre più fatica. E invece di cercare di ascoltare questo sentimento del Paese, il Governo sembra fare di tutto per frapporre nuovi ostacoli e levare di mezzo quei pochi interventi pubblici a sostegno dei più fragili che già assistevamo. Nel titolo del decreto di oggi affrontavamo il tema del Piano nazionale di ripresa e resilienza, una grande opportunità, un'opportunità straordinaria, lo abbiamo sempre detto, l'abbiamo difesa, 200 miliardi per le grandi transizioni che attendono il Paese. Però, noi non stiamo capendo, parlando di come questo Piano di ripresa e resilienza sarà portato avanti: progetti in stallo, due rate da circa 35 miliardi complessivi bloccate chissà dove, obiettivi mancati, il Ministro che affronta questo tema nei convegni, ma si sottrae ai dibattiti parlamentari. E, come se non bastasse, per non farci mancare nulla, le attenzioni del Governo devono essere invece indirizzate ad affrontare gli scandali, uno al giorno: un Sottosegretario indagato per rivelazioni di segreto d'ufficio e una Ministra che va in Parlamento e dice delle cose che veramente preoccupano e spaventano e le inchieste continuano a denunciare come possa essere, anche solo considerata, la possibilità che sue società abbiano fatto un uso sconcertante della cassa integrazione COVID, mentre, nello stesso momento, non venivano lesinati per se stessa e per altri compensi milionari. Anche solo questo ci dovrebbe far riflettere, sul fatto cioè che non ci sia un impeto di fronte a questo rischio e a questa possibilità.
Da ultimo, uno scontro con la magistratura che non ha eguali nel recente passato: veline anonime che producono attacchi frontali, senza alcun rispetto per le istituzioni e per la postura di rispetto e correttezza che donne e uomini di Governo dovrebbero sempre garantire. Se arriviamo, poi, al provvedimento in esame oggi, abbiamo a che fare con l'ennesima matrioska di decreti dal contenuto assolutamente irrisorio. Due decreti in sostanza, uno per i rigassificatori e uno per prorogare solo alcune delle misure che hanno accompagnato la crisi energetica dell'ultimo anno. Partendo proprio dal rigassificatore, continuiamo a sostenere, come abbiamo fatto anche con il precedente Governo, che, in un contesto tanto complesso e articolato come quello che è originato dalla crisi che segue l'invasione russa dell'Ucraina, di fronte alla quale è fondamentale che il nostro Paese mantenga sempre l'atteggiamento e il posizionamento di sostegno per la democrazia e per la libertà del popolo ucraino, ricorrere a strumenti straordinari è possibile. E nel momento in cui ci siamo trovati davanti all'esigenza di interrompere una dipendenza eccessiva con un Paese in guerra, siamo stati tutti concordi nell'aumentare le nostre fonti di approvvigionamento, anche attraverso i rigassificatori.
Oggi, però, con la stessa nettezza con cui abbiamo sempre sostenuto e continuiamo a sostenere questa posizione politica di responsabilità, possiamo dire di avere fatto molti progressi su questo fronte ed è necessario porre limiti e condizioni, perché noi dobbiamo sapere che in emergenza non possiamo lasciare da solo il Paese di fronte alle difficoltà, ma non dobbiamo dimenticarci che c'è una grande emergenza che è quella climatica e in queste emergenze il ricorso sfrenato alle fonti fossili non può essere una soluzione permanente e strutturale.
Per questa ragione abbiamo fatto alcune proposte in Commissione, ma, purtroppo, le nostre proposte non sono state accolte. In primo luogo, abbiamo chiesto di limitare questo genere di approvvigionamento di gas esclusivamente nei casi in cui sia a rischio la sicurezza energetica nazionale, perché deve continuare a essere inderogabile il nostro impegno nella direzione della decarbonizzazione del sistema energetico nazionale a favore di un aumento dell'energia prodotta da fonti rinnovabili. In secondo luogo, abbiamo chiesto di raddoppiare le misure compensative destinate alle comunità locali, perché se è vero che l'autosufficienza energetica del Paese è fondamentale per tutti, è altrettanto vero che c'è chi sta pagando un prezzo più alto per garantire un beneficio comune. Perciò, abbiamo proposto di aumentare le compensazioni, raddoppiandole dall'1 al 2 per cento del valore complessivo dell'opera. Sarebbero risorse di grande utilità per la tutela dell'ambiente e per garantire la crescita sostenibile dei territori interessati. Oggi queste misure riguarderebbero gli enti dell'Emilia e della Toscana, due regioni che dobbiamo tutte e tutti ringraziare per la scelta, forte e netta, di sostegno all'intero sistema Paese che hanno scelto di mettere in campo e che hanno scelto di affrontare. Però, in questo momento saranno presenti lì i rigassificatori, ma in futuro questi benefici - questa richiesta che noi facciamo - potranno essere allargati a tutti i comuni coinvolti dalla presenza di nuove infrastrutture energetiche. Non lasciamo sole le nostre comunità locali che affrontano per tutti noi questo tipo di interventi. Un'attenzione particolare volevamo dedicarla anche a Piombino, istituendo un Fondo da 800 milioni di euro per il suo rilancio. Anche su questa proposta non c'è stato verso.
Sul versante delle misure per contenere le bollette, invece, ci ritroviamo davanti a un decreto monco, che dimentica una buona parte degli interventi che sono stati più utili al Paese. Per esempio, vi siete dimenticati dei crediti di imposta energetica e di azzerare gli oneri generali di sistema per il settore elettrico, analogamente a quanto fatto per il gas, come se quelli non fossero costi da sostenere per le imprese, al pari di quelli per le bollette elettriche. Occorre, infatti, ricordare che, nonostante le materie siano avviate verso un percorso di progressiva normalizzazione, i prezzi delle forniture al dettaglio restano ancora su livelli eccezionalmente alti rispetto a quelli pre-crisi. La spesa energetica delle imprese del solo terziario, come ha ricordato la Confcommercio in queste settimane, si attesterà, nel 2023, intorno a 38 miliardi di euro, in calo rispetto ai 41 miliardi del 2022 ma quasi il triplo rispetto ai 13 miliardi del 2021. Questo significa che la sterilizzazione degli oneri generali di sistema elettrici per imprese e famiglie dovevano essere mantenuti almeno fino alla stabilizzazione dei prezzi, così come avreste dovuto ripristinare i crediti di imposta energetici, proprio in considerazione del divario emerso tra il prezzo dell'energia elettrica nel trimestre di riferimento e i valori registrati nel 2019. Avete rigettato tutti questi emendamenti, così come avete respinto tutte le nostre proposte per promuovere la produzione di energia elettrica rinnovabile. Avevamo proposto, ad esempio, di istituire un Fondo di 50 milioni di euro per incentivare l'autoconsumo delle piccole e medie imprese, attraverso un contributo a fondo perduto per la parziale copertura delle spese per realizzare gli impianti. Al pari, avete negato misure di sostegno agli enti locali, anche loro alle prese con i costi energetici e con il rischio di dover sacrificare l'erogazione di servizi fondamentali per far fronte a tali costi.
Infine, avete dimenticato un passaggio fondamentale, ossia il ruolo straordinario che tutti noi, cittadine e cittadini utenti, possiamo svolgere. Tutti noi, come consumatori di energia elettrica, possiamo avere un ruolo cruciale nel rendere più facile, attraverso una rimodulazione dei nostri consumi, il funzionamento del sistema elettrico, senza attivare centrali che hanno bisogno di combustibili fossili dannosi per il clima, perché oggi il grande tema, che l'Europa e il mondo stanno affrontando, è capire come ridurre il ricorso alle centrali a gas anche rispetto al loro ruolo di scorta quando vento e sole sono temporaneamente insufficienti a servire tutti i consumatori. Ma per fare questo dobbiamo modificare tutti noi le nostre abitudini, i nostri orari di consumo e il nostro modo di vivere, come ci ha ricordato anche questa settimana Michele Governatori con la trasmissione Derrick Energia su Radio Radicale, partendo da un articolo del The Guardian che descrive le sessioni di risparmio attraverso le quali il gestore della rete elettrica inglese paga centinaia di migliaia di consumatori che sono disponibili a limitare i propri consumi nei momenti in cui c'è meno disponibilità di fonti rinnovabili.
I consumatori partecipano attraverso i propri fornitori e spostano nel tempo i consumi, nel caso, naturalmente, in cui ciò sia possibile senza disagi, come, per esempio, per i consumi di elettrodomestici come le lavoratrici e le lavastoviglie. Molti di noi già decidono di farlo in autonomia, ma si possono e si devono - in tanti Paesi si fa - incentivare queste scelte, che fanno bene all'intero sistema Paese. È così che le persone possono contribuire agli obiettivi energetici e climatici e diventarne protagonisti diretti, perché la sfida energetica climatica cammina sulle nostre gambe, sulle gambe di tutte e di tutti noi. Non dobbiamo solo sostenere i consumi delle famiglie e delle imprese, ma dobbiamo anche orientarli nella direzione più sostenibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
Insomma, signor Presidente, Ministro, colleghe e colleghi, ci troviamo a commentare ancora una volta provvedimenti a metà, misure scarne quando non dannose, e - lasciatemelo dire da parlamentare di opposizione - su un tema come questo ci dispiace perché per noi viene sempre al primo punto l'interesse della Repubblica, delle persone e del Paese. Qui stiamo parlando non solo di energia ma di famiglie, di imprese e di lavoro. Stiamo parlando di un Paese che è energivoro per eccellenza, perché tutte le attività che noi portiamo avanti hanno bisogno di energia, perché noi non siamo un Paese produttore di materie prime. Noi siamo un Paese che trasforma le materie prime, che le trasporta, che le scalda, che le raffredda, e, quindi, abbiamo bisogno di energia per le nostre imprese. Sul turismo finalmente stiamo tornando ai numeri pre-pandemici, ma il turismo è l'industria energivora per eccellenza, perché c'è bisogno di energia in tutta le fasi del turismo e dell'accoglienza.
Quindi, noi siamo consapevoli di quanto sia strategico questo tema e ci saremmo aspettati e avremmo sperato che ci fossero alcune delle risposte, almeno alle domande che avevamo presentato con i nostri emendamenti di miglioramento. Purtroppo, non le troviamo in questo decreto. Intorno a noi lo scenario è quello di un'inflazione che continua a mordere le caviglie degli italiani e l'assenza di azioni di questo Governo comincia a pesare. Comincia a pesare l'assenza delle azioni e anche la presenza di azioni. Abbiamo visto, per esempio, come si cerchino di correggere determinati errori - l'avevamo denunciato - allorché si è voluta togliere l'unica forma di sostegno che ha consentito a milioni di famiglie di fronteggiare la crisi, cioè il reddito di cittadinanza, per finanziare una mancata promessa, anche se la riduzione delle tasse sul lavoro durerà solo per pochi mesi. Noi sapevamo che tutto questo non sarebbe potuto durare e così è stato. Infatti, si è deciso di provare a intervenire e si è messa una pezza, che, però, è peggiore del buco che si era generato con lo strappo di poche settimane prima. È stata una misura annunciata con grande enfasi: 380 euro una tantum per 5 mesi nel 2023, che significano 2,5 euro al giorno a famiglia per fare la spesa. Se li spalmiamo su un anno, stiamo parlando di un euro al giorno. Questa è la social card.
Non possiamo chiedervi di fermarvi, perché noi possiamo chiedervelo ma non lo farete e, dunque, è anche inutile che ve lo chiediamo. Però, vi chiediamo di abbassare la frequenza dell'enfasi. Non è il momento di annunciare provvedimenti in quel modo, in pompa magna, perché c'è molto poco da essere felici della situazione che sta attraversando il Paese. Sintonizzatevi sul Paese reale, guardate negli occhi i problemi delle persone, ascoltate l'opposizione quando vi suggerisce qualcosa che potrebbe rendere migliore l'azione di Governo e cercate di portare in Parlamento la discussione, perché non possiamo limitarci semplicemente a ratificare decreti. Se farete questo, se vi sintonizzate sul Paese reale e se guarderemo negli occhi i problemi delle persone, allora lì ci troverete.