A.C. 249-A
Grazie, signora Presidente. Colleghi e colleghe, Sottosegretario, i lavori parlamentari - sì, mi farebbe piacere avere la sua attenzione, Sottosegretario - fanno purtroppo spesso notizia quando la dialettica democratica si trasforma in rissa, quando volano le parole grosse - sappiamo che questo avviene - e quando quel doveroso rispetto personale lascia il campo all'offesa e all'ingiuria. Allora, sì, facciamo notizia e finiamo nei telegiornali. Io spero, invece, che faccia notizia l'atto che stiamo compiendo oggi, che è di segnale diametralmente opposto. Inizia in Aula l'esame di una proposta di legge che ha un contenuto di grande civiltà, che è il punto di confluenza di diverse proposte - la collega diceva 10 proposte, compresa quella del mio gruppo a prima firma Marco Furfaro - che è stata varata con voto unanime dalla Commissione affari sociali. Allora meritano il nostro grazie, per il lavoro che hanno svolto, le colleghe e i colleghi della XII Commissione, a partire dalle due relatrici Maria Elena Boschi e Patrizia Marrocco.
Signora Presidente, io non faccio parte della Commissione affari sociali, ma sul tema dell'oblio oncologico sono intervenuta più volte, dentro e fuori le Aule parlamentari, anche perché la sorte ha voluto che io mi imbattessi, due anni fa, nel duro e travagliato percorso della malattia oncologica. La malattia - mi è capitato di dire più volte - è una condizione della vita. Non c'è da vergognarsi, colleghe e colleghi, perché che le energie che noi abbiamo le dobbiamo usare per combattere la malattia, non per nasconderci dal presunto stigma che ancora persiste nei confronti di chi è stato colpito da qualcosa che è avvenuto senza che fosse frutto di una propria decisione. Per questo ho sempre parlato pubblicamente del mio caso personale e ne ho voluto fare una battaglia politica a viso aperto, perché è una battaglia contro i pregiudizi.
Allora, quando ho avuto questa notizia ho detto: che cosa faccio adesso? Me la tengo per me? Ne parlo? Poi, ho detto: ma io ho una storia di impegno nei confronti dei pregiudizi, contro i pregiudizi, e ora che questa condizione tocca a me, io non posso non fare, anche in questo momento, una battaglia di questo genere.
E allora vi voglio citare una frase bella, che mi è servita molto nei mesi della malattia. La filosofa statunitense Susan Sontag ha scritto questo: “La malattia è il lato notturno della vita, una cittadinanza più gravosa. Ogni nuovo nato detiene una duplice cittadinanza: nel regno dei sani e nel regno degli infermi. E per quanto preferiremmo tutti servirci soltanto del passaporto migliore, prima o poi ciascuno di noi è costretto, almeno per un certo tempo, a riconoscersi cittadino o cittadina di quell'altro luogo”.
Per questo bisogna spendersi per una rapida approvazione di questo provvedimento. Anche se non si è membri della Commissione, si ha il dovere, a mio avviso, di fare quello che si può per portare avanti questo provvedimento. Ricordo, nella scorsa legislatura, la senatrice Paola Boldrini, la quale si era impegnata tanto a contrastare ogni discriminazione ai danni di chi già deve subire il peso della malattia. Purtroppo, nella scorsa legislatura non si arrivò in tempo.
Ho sempre considerato una grande ingiustizia il fatto che persone, che grazie alle cure hanno sconfitto il tumore - anche a me quella definizione di sopravvissuto turba tantissimo e non la vorrei mai usare, perché di fatto ci sono altri modi per definire chi ha affrontato la malattia -, a distanza di anni dalla guarigione non abbiano gli stessi diritti degli altri, se devono accendere un mutuo, stipulare un'assicurazione, accedere a procedure consensuali, adottare o anche avere in affidamento dei bambini. E l'articolo 3 della nostra Costituzione, colleghi e colleghe, noi lo sappiamo, dice che “la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Questa deve essere la nostra bussola: rimuovere quegli ostacoli, perché noi siamo la Repubblica. E allora rimuoviamoli, questi ostacoli che si presentano sul cammino di colui o di colei, che, anni addietro, sono stati malati oncologici e non lo sono più. Sì, perché oggi più di ieri di tumore si può guarire e noi dobbiamo fare di tutto per facilitare questo compito a chi è stato colpito dalla malattia.
Lo studio coordinato del Centro di riferimento oncologico di Aviano, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, pubblicato dall'International Journal of Epidemiology, ci dice che in Italia si guarisce nel 27 per cento dei casi, corrispondente quasi a un milione di persone. E quando si guarisce, si è una persona del tutto uguale alle altre, né più né meno. Tanti di noi in quest'Aula sono passati per quell'esperienza, sono qui, lavorano, non si risparmiano. E allora perché queste discriminazioni? La Francia le ha tolte nel 2016, il primo Paese a varare una legge sull'oblio oncologico, e poi il Lussemburgo, il Belgio, l'Olanda, il Portogallo. E come sappiamo, il Primo Ministro spagnolo, Sànchez, ha voluto approvare subito, prima delle sue dimissioni, un decreto con misure molto avanzate in questo terreno. Sappiamo anche che il Parlamento dell'Unione europea, il 16 febbraio dello scorso anno, in sessione plenaria, ha chiesto che entro il 2025 tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all'oblio a tutti i pazienti europei dopo 10 anni dalla fine del trattamento, e dopo 5 anni dalla fine del trattamento per i pazienti per i quali la diagnosi è stata formulata prima dei 18 anni di età. La nostra proposta di legge fa un passo avanti, parlando di 21 anni e non di 18.
Diritto all'oblio oncologico significa che le persone guarite da una patologia oncologica, dopo un certo lasso di tempo stabilito dalla legge, non debbano - non debbano! - più fornire informazioni, né essere oggetto di indagini nell'accesso ai servizi bancari, finanziari e assicurativi (come previsto all'articolo 2 del provvedimento), né nelle procedure di adozione e di affidamento dei minori (articolo 3), né nell'accesso ai concorsi (articolo 4).
E considero molto importante che questa proposta preveda di coinvolgere, nel percorso di attuazione della legge, le organizzazioni dei pazienti oncologici iscritte nel registro del Terzo settore, perché si tratta di associazioni molto attive, che svolgono, spesso lontano dai riflettori, un lavoro prezioso di collegamento con le istituzioni. E se posso, Presidente, vorrei invitare i colleghi e le colleghe a farsi parte attiva di questo e ad aiutare queste associazioni, che spesso ci chiedono di essere con loro nelle loro battaglie.
Signora Presidente, queste sono le ragioni per le quali il mio gruppo, in Commissione, ha lavorato con convinzione, insieme ad altri gruppi, per approdare a questo risultato, che considero, lo ripeto, un importante atto di civiltà.