A.C. 1322
Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, per rispondere idealmente, per il suo tramite, al collega che mi ha preceduto, voglio premettere che in questo intervento non riserverò nemmeno un secondo a quelle norme che davvero evitano o salvano il nostro Paese dalle procedure di infrazione europea, perché è chiaro che saremo sempre concordi sul fatto che il nostro ordinamento rispetti il diritto comunitario e sempre d'accordo nell'evitare qualsiasi tipo di sanzione al nostro Paese.
Tuttavia, al netto di quelle norme, in questo decreto c'è un elefante che chiunque abbia una coscienza libera e democratica non può far finta di non vedere. Quell'elefante è di nuovo la città di Taranto, ancora una volta presa in ostaggio da un destino a cui tanto tempo fa è stata condannata. Sì, perché il decreto che state approvando, che voi state approvando, ribadisce che quella sentenza di condanna ha cancellato una serie di importanti passi in avanti che erano stati fatti negli ultimi due anni. Quando diciamo, infatti, che questo Governo non conosce ritegno né vergogna evidentemente abbiamo elementi per dire di non essere in errore. Infatti, se pensavamo di aver visto il limite più basso alla dignità politica e all'accanimento contro una comunità, con il decreto che avevate approvato a inizio anno sempre sul siderurgico di Taranto, in queste settimane abbiamo dovuto ricrederci. Prima avete immaginato un emendamento killer, di quelli all'ultimo istante, depositato in sordina e che nulla c'entra con i contenuti del provvedimento che era nato dalle stanze del Governo.
Sì, perché dovreste avere il rigore intellettuale di smetterla di raccontarci la favola delle infrazioni sanate grazie a questo intervento. Anzi, sia ben chiaro e resti agli atti: le norme che avete scritto non chiudono alcuna procedura ma, all'opposto, gettano i presupposti - quelli sì - per nuove infrazioni ben più gravi delle precedenti.
Avete il coraggio di porre la fiducia su un testo che definire Arlecchino è qualcosa di sicuramente riduttivo. La fiducia su cosa? Su chi? Chi si fida più di un Governo che ormai calpesta la nostra Carta costituzionale? Chi può fidarsi di un Governo che continua sadicamente a infliggere su un'intera comunità una pena capitale? Sì, voi della maggioranza di questa responsabilità - rammentatelo - ve ne dovete fare una ragione anche negli anni a venire.
Con l'articolo 9-bis fate tre cose aberranti giuridicamente, ma soprattutto moralmente. La prima: mettete a tacere chiunque non sia sotto il vostro diretto controllo; sembrano prassi da regime, eppure anche in un Paese democratico come il nostro ci capita di viverle.
Con le vostre intuizioni legislative legate le mani alla procura della Repubblica, al tribunale penale e a quello amministrativo, che non potranno mai più permettersi di mettere il becco nel perimetro degli stabilimenti siderurgici. Sì, perché accade che lì dentro tutto quello che avviene diventa di esclusiva competenza diretta del Governo nazionale, come se si fosse in una repubblica indipendente, alle dirette dipendenze di qualche Ministro in crisi di ipertrofia caratteriale.
Umiliate l'articolo 25 della nostra Costituzione, portando a Roma la sede del processo di appello nel malaugurato caso - dice la relazione - che un giudice si sogni di revocare l'autorizzazione a produrre acciaio. Sì, perché con queste norme, se dall'acciaieria domani iniziassero a fuoriuscire i fumi più neri e più tossici, capaci di fare ammalare o uccidere più di quanto non abbiano già fatto - cito sentenze passate in giudicato -, chi potrebbe intervenire se non il Governo nazionale? Ciò che in tutto il resto d'Italia è giustamente garantito, quindi un giudice terzo che possa intervenire per tutelare gli esseri umani a Taranto è scientemente negato.
Schiacciate l'ASL e l'ARPA, ossia quegli unici enti che davvero con terzietà possono dire se le emissioni dell'Ilva nuocciono all'ambiente o alla salute umana e - cosa peggiore - li sostituite con un Comitato scelto direttamente dal Governo. Per metterci chi? I soliti amici degli amici, per essere sicuri che nessuno mai potrà alzare la mano e dire: “fermi c'è qualcosa che non va”?
Ma, se questo non bastasse, vi è il paradosso dei paradossi: cosa dovrebbe fare questo Comitato? Udite, udite: dovrebbe controllare l'effettiva attuazione delle prescrizioni ambientali e sanitarie. Un organismo pagato da chi gestisce gli impianti, che deve rispettare quelle prescrizioni, avrebbe il compito di controllarlo? Il controllore è pagato dal controllato? Capite che qui si va ben oltre l'assurdo? Capite che, se non è idiozia, non può che trattarsi di puro sadismo e di crudeltà?
Infine, il sindaco: per non farvi mancare niente, mettete un bel bavaglio anche al primo cittadino. Niente più ordinanze sindacali, anche lui è espropriato della sua funzione legale di tutela della salute della comunità tarantina. Nessuno - e sottolineo: nessuno - potrà più dire una parola sull'ex Ilva.
La seconda aberrante novità è l'affossamento dei progetti di decarbonizzazione. Qui potete smettere di nascondervi e dirlo: avete ammazzato definitivamente la decarbonizzazione dell'ex Ilva perché, togliendo il finanziamento o proponendo - così utilizziamo un termine più affine al linguaggio del Ministro Fitto - lo stralcio del miliardo di euro, che con fatica eravamo riusciti a destinare a valere sul PNRR, rinviate alle calende greche l'avvio degli interventi.
Ma c'è di più: come se questa prospettiva fosse un gioco, ci avete persino tenuto a specificare che il DPCM attuativo dovrà stabilire un termine entro cui realizzare gli interventi. Ecco, qui la presa in giro è completa, visto che un termine, così come previsto dal PNRR, c'era già ed era il 30 giugno 2026, data in cui si sarebbero dovuti concludere gli interventi.
Ma non bastava: mancava anche un pizzico di perversione alle sciocchezze che andate dicendo in queste settimane e così tendete una mano al gestore, permettendogli di essere parte integrante della decarbonizzazione, addirittura potendo proporre nuovi progetti.
Vi siete, insomma, genuflessi al nemico numero uno della decarbonizzazione dell'ex Ilva, a coloro che, sin da quando se ne parla, non fanno altro che ostacolarne la transizione. Avete fatto questo regalo a chi continua a fregarsene dell'azienda, della sicurezza dei lavoratori, dell'ambiente e della salute dei tarantini; voi gli date la golden share, come se negli ultimi 5 anni non fosse successo nulla, come se gli interessi del socio privato non si fossero capiti in maniera precisa.
Terza mossa aberrante è nascondere dietro il bilanciamento dei diritti il vostro totale menefreghismo per quelli che occorre tutelare: il diritto a respirare un'aria salubre, il diritto a vivere in un ambiente pulito, il diritto a non ammalarsi, il diritto a non dover piangere una madre, un figlio o un amico che muore anzitempo per un male che non avrebbe dovuto mai avere.
Tra le tante sentenze, anche quelle che la storia vi riserverà, ce n'è una che vi è particolarmente in odio, ossia la n. 58 del 2018 della Corte costituzionale: andate a rileggerla perché quella sentenza afferma un principio che per voi non ha alcun valore, ossia che l'interesse dell'attività produttiva non può mai prevalere su diritti costituzionali inviolabili, come la tutela della salute e della vita stessa.
L'obiettivo è evidente e a breve sarà chiaro anche a tutti i tarantini: volete riaprire i forni chiusi e riportare in alto la produzione, magari anche sopra gli 8 milioni di tonnellate, che sarebbero tollerabili, e questo ben prima di avere una nuova AIA, quando ancora non avete chiuso la procedura relativamente alla precedente.
Concludo, signor Presidente. La questione dell'Ilva sarà ricordata in futuro come uno dei più atroci scandali industriali del nostro Paese, di cui, senza nascondersi, tutti hanno responsabilità evidenti e per cui, pur non essendo direttamente responsabile, non finirò mai di scusarmi.
Da quando il Governo Meloni si è insediato, tutti gli sforzi fatti negli ultimi anni sono stati smantellati, uno alla volta. Avevamo costruito i contorni di un futuro differente, un futuro in cui davvero la produzione di acciaio potesse convivere con il rispetto per le persone, il mare, l'aria e non rappresentare un'atroce alternativa.
Viene da chiedersi: perché fate tutto questo? Perché Taranto ha ragione di esistere solo finché si produce acciaio? Perché deve essere un posto in cui la Costituzione e le leggi non valgono niente? Perché si devono per forza chiudere gli occhi? Perché a Taranto la vita deve valere meno?
Nella vana attesa di risposte, dichiaro che il Partito Democratico voterà, ancora una volta, contro la fiducia a questo Governo e - mi permetta, Presidente - contro le indecenti parole che abbiamo sentito dire con fierezza da alcuni colleghi, proprio ieri in quest'Aula.
A Taranto - secondo questi colleghi - andrebbe tutto bene e il nostro sarebbe solo allarmismo. Ecco, vorrei dire a questi onorevoli colleghi, per il suo tramite, Presidente, di andarlo a dire al figlio di Celeste Fortunato, morta la scorsa settimana, dopo anni di lotte insieme ai malati oncologici di Taranto, o di andarlo a dire ai genitori dei bambini nati con malformazioni, o a cui viene diagnosticato un tumore in età pediatrica 150 volte di più rispetto a quanto non avvenga in altre parti del Paese; di andarlo a dire ai familiari delle 400 persone morte prematuramente negli ultimi 10 anni. Ditelo a loro che a Taranto va tutto bene, se ne avete il coraggio, guardandoli negli occhi.