Discussione generale
Data: 
Martedì, 3 Ottobre, 2023
Nome: 
Roberto Morassut

A.C. 1436

Grazie, Presidente. Credo che il dibattito che si è svolto, nel quale sono intervenuti anche numerosi colleghi dell'opposizione, abbia chiarito i termini della discussione e delle posizioni che sono in campo, quindi mi limiterò ad alcuni giudizi politici e ad alcune riflessioni su alcuni punti specifici di questo decreto. Un provvedimento che, come ha ricordato il collega Lai che mi ha preceduto per il gruppo del Partito Democratico, è ancora una volta, per parlare gentilmente, un decreto omnibus, ma ormai questo termine è diventato talmente consuetudinario che è entrato persino, direi, nella dialettica parlamentare in maniera ordinaria. Un decreto “aspiratutto” che, ancora una volta, viene presentato dal Governo e, in corso d'opera, viene modificato con emendamenti del Governo. Il ruolo dell'opposizione parlamentare viene annullato dall'impossibilità di incidere con proposte che pure sono state presentate in modo numeroso già al Senato. Le Commissioni parlamentari vengono trasformate in cinghie di trasmissione di quello che si decide al Governo, nei decreti del Governo, fino al voto di fiducia che ormai funziona più come una forma di compattamento della maggioranza.

Qui non voglio avere una posizione faziosa, so benissimo che, nel corso del tempo, l'istituto della fiducia si è inflazionato e tutti hanno dato un contributo a questo stato di cose che peraltro forse è spinto anche dalla necessità di assumere decisioni in tempo rapido, però noi siamo giunti ad un livello patologico, Presidente; e la prego di trasmettere anche al collega Fontana, al Presidente Fontana, che era presente qui fino a poco fa, tutta la preoccupazione che dai banchi delle opposizioni sempre più emerge nei riguardi della modalità di svolgimento della nostra vita parlamentare.

Voglio citare qualche dato, che poi sono dati pubblici. Questo Governo ha proposto al Parlamento, in percentuale, non in numero assoluto, naturalmente, rispetto al numero dei decreti in passato e rispetto anche al numero delle leggi approvate, il più alto numero di decreti nel corso degli ultimi anni. Vuol dire che, in 10 mesi di attività parlamentare legata a questo Governo, abbiamo avuto più di 20 decreti approvati con fiducia in una somma complessiva di circa 40 leggi. Che cosa vuol dire? Vuol dire che i decreti-legge sono la metà dell'attività parlamentare. Poiché un anno è composto di circa 52 settimane, vuol dire che, per 40 settimane, l'attività del Parlamento è stata occupata da decreti-legge. Naturalmente non ogni settimana, in media una volta ogni due settimane, però per metà quest'Aula ha discusso - o meglio, votato - decreti-legge con fiducia, per metà ha votato leggi, ma parliamo di Commissioni di inchiesta parlamentare, parliamo di ratifiche.

È evidente che l'attività di questo Parlamento si sta sgretolando, che c'è un'accelerazione patologica della riduzione del ruolo del Parlamento, della sua emarginazione rispetto alle decisioni del Governo e di un abuso dell'utilizzo dei decreti che perdono, al loro interno, organicità di contenuti. Sono decreti, appunto, omnibus, nei quali il primo Ministro che passa butta dentro come in un carrello - poi parlerò del carrello tricolore, per un breve momento - una norma, butta dentro una cosa che gli serve di fare e, alla fine, si arriva a un patchwork legislativo che non ha alcuna organicità. Il Presidente della Repubblica ha segnalato più volte questo problema ma, mi duole dover dire, nella mia umiltà di semplice parlamentare, che questo appello non è stato raccolto dal Governo.

Aggiungo anche una considerazione, perché ognuno di noi fa attività nelle Commissioni. La funzione delle Commissioni, come ho accennato all'inizio, si sta riducendo a un mero ruolo di cinghia di trasmissione dell'attività di promozione legislativa del Governo. Scarsa è l'attività di sindacato ispettivo, poche sono le occasioni in cui presidenti di Commissione concedono, soprattutto ai membri dell'opposizione, la possibilità di presentare atti di sindacato ispettivo, cioè question time, interrogazioni. L'attività di questo Parlamento si sta quindi sgretolando.

L'attività di decretazione d'urgenza, dicevo, ha raggiunto la metà del ruolo del Parlamento. È un numero record perché neanche i Governi precedenti erano arrivati a tanto. Sicuramente, questa attività è superiore a quella dei Governi Conte 1 e Letta ed è inferiore, secondo i dati pubblicati, a quella del Governo Monti e del Governo Draghi ma soltanto per il fatto che il Governo Monti è durato di più e che anche il Governo Draghi è durato di più - essendo questo al decimo mese di attività legislativa - e anche considerando che i Governi che ho citato da ultimo hanno affrontato emergenze pandemiche, energetiche e internazionali. Questo tema è secondo noi importante, fondamentale, che sta mettendo in campo un tema di funzionamento generale dell'istituto parlamentare.

A questo si aggiunge anche la natura dei provvedimenti, perché oggi noi discutiamo questo decreto omnibus, questo decreto Asset, che contiene tante contraddizioni e tanti elementi che ci confermano il fatto che, al di là delle promesse elettorali, degli appelli al popolo, del populismo d'accatto che si è speso e si è inflazionato da parte della maggioranza di Governo durante le elezioni, poi le decisioni reali sono gravemente antipopolari, sia in questo decreto sia in generale.

Noi ci apprestiamo a discutere la legge di bilancio, però si discute adesso, in questo momento, la NADEF. Lì ci sono decisioni gravissime, c'è la decisione sul taglio dei fondi alla sanità. Ho letto una dichiarazione della Presidente del Consiglio Meloni che considero a dir poco sorprendente, quando afferma che il problema non è il livello della spesa sanitaria ma come viene impiegata. Certamente, il problema è come viene effettuata la spesa, intanto, da tante regioni ma il livello della spesa sanitaria è un problema come è un problema quello delle liste d'attesa, come è un problema il tema del personale medico e sanitario a disposizione negli ospedali e come è un problema la dotazione di macchinari per la diagnostica. Non è vero che il problema non è la spesa e noi su questo faremo una battaglia, come l'abbiamo fatta sul salario minimo, dove si è negato, anche in campagna elettorale, che il salario minimo fosse una possibilità di riscatto per tanti ragazzi e per tanti lavoratori. Si è detto che era un'arma di distrazione di massa. Qui tornano i caratteri della vecchia, eterna destra estrema di questo Paese, che fa tante promesse in campagna elettorale, che in passato ha promesso l'impero e poi ha tagliato i salari e ha cacciato le donne dai posti di lavoro e che oggi ha promesso tante cose. Ha speso il populismo d'accatto in tutti i quartieri, in tutte le contrade d'Italia e oggi taglia la sanità, non accetta di discutere del salario minimo e adotta decisioni antipopolari, come in questo decreto.

In questo decreto si è discusso della questione delle banche, degli extraprofitti delle banche. Ci hanno rimbambito; scusi il termine, Presidente. Eravamo sulle spiagge per quei pochi giorni di ferie che abbiamo potuto fare - perché i parlamentari lavorano, molti parlamentari lavorano anche d'agosto, vanno in giro, vanno nei paesi, fanno attività politica e fanno attività di rapporto di massa - e abbiamo dovuto discutere degli extraprofitti delle banche. Colpiremo le banche che hanno speculato sulla pelle delle famiglie e delle imprese, si è detto, e ci si è fatti belli di una competizione tra il Presidente del Consiglio Meloni ed il Ministro Salvini su chi fosse il vero inventore di questa norma che avrebbe cambiato radicalmente il senso del Governo del Paese e la disponibilità delle risorse per affrontare i problemi più urgenti. Arriviamo in questo decreto - lo sanno tutti, lo abbiamo spiegato - ad una ritirata poco decorosa. Si stabilisce, cioè, una riserva per poi non finalizzare questa riserva. Si sono respinti gli emendamenti al decreto del Partito Democratico, che aveva chiesto invece di istituire con quelle risorse un fondo finalizzato alla rateizzazione dei mutui, all'acquisto della prima casa e ad altre emergenze sociali. Questo non è stato fatto e si è messa lì una riserva, che poi non si sa a cosa servirà, un macchine indietro, avendo peraltro fatto un danno nel frattempo. L'annuncio di quella misura ha infatti determinato un danno per le banche di circa 10 miliardi in poche settimane e sappiamo che colpire le banche in questo modo non è tanto semplice perché le banche sono istituti dinamici, il colpo lo prendono e il colpo lo danno molto facilmente.

Invece, sulla questione degli extraprofitti delle grandi compagnie energetiche, soprattutto di quelle del fossile, non si è alzata parola, non si è alzato becco. Già in campagna elettorale era stato detto che il problema non era lì. Ma come, non era lì? Il problema è lì! Si è detto delle accise ma sulle accise poi non è stato fatto nulla e noi continuiamo a pagare la benzina 2,20 euro, senza alcun intervento serio del Governo sul tema del prezzo dell'energia che è il problema dell'Italia. È il problema dell'Italia perché, se il prezzo dell'energia resta così alto, i prezzi resteranno così alti e noi andremo dritti contro il muro della stagflazione, di prezzi alti e di una crescita bassa, sotto zero. Questo è il problema. Non ci sono le risorse per fare la legge di bilancio, dice il Presidente Meloni. Certo, se abbiamo detto a destra e a manca che il sistema fiscale doveva essere riformato, com'è stato scritto nella delega fiscale, con una tassa piatta, cioè invadendo il dettato costituzionale che, invece, stabilisce che il fisco è progressivo, dove li vogliamo prendere i soldi? Si è tagliato il PNRR, si è tagliata la sanità, si tagliano i servizi, non si interviene sul trasporto pubblico locale - adesso arrivo al tema dei taxi - e poi ci si stupisce che non ci sono le risorse per la fare la legge di bilancio. Li vogliamo vedere i Ministri di questo Governo, tra poche settimane, li vogliamo vedere e sentire le loro affermazioni su quale sarà questa legge di bilancio e su come la porteranno in Parlamento.

Sul tema del trasporto, che entra molto sostanzialmente in questo decreto, ci sono tre questioni. La prima è quella dei taxi, com'è stato ricordato, della totale mancanza, della misera mancanza di coraggio di questo Governo che, veramente, fa cadere le braccia. Si demanda ai comuni il compito di occuparsi dei taxi. Occupatevene voi dei taxi, noi intanto stabiliamo un tetto del 20 per cento di aumento delle licenze temporanee. Quindi, si accolgono le posizioni, mi permetto di dire, più estreme e più corporative del movimento sindacale dei taxi, con i quali noi, a sinistra, parliamo e abbiamo sempre parlato in modo democratico, per far capire che la prospettiva è un'altra, è la riforma del settore, è l'inserimento delle politiche di riforma dei taxi all'interno di una ridiscussione del sistema del trasporto pubblico locale. Noi abbiamo sofferto, Presidente, nella nostra Commissione. Io mi sono permesso e sono stato costretto a fare anche una polemica in quest'Aula - e mi è dispiaciuto - col presidente della Commissione trasporti e, solo dopo quella polemica, è stato possibile a settembre discutere una nostra risoluzione sul tema del trasporto pubblico locale.

Le aziende locali stanno esplodendo per i costi dopo il COVID e hanno bisogno di investire in nuovi mezzi ecocompatibili, in linea con i progetti di decarbonizzazione. Le entrate sono diminuite e il tema della crisi che i taxi hanno vissuto quest'estate risiede anche in tale ambito perché, se diminuisce il trasporto pubblico, c'è più bisogno di taxi. La domanda è più bassa, l'offerta è aumentata anche grazie alla fortunata stagione estiva, turistica, ma tutto questo non c'è nella discussione di questo decreto. Si stabilisce che poi, sul trasporto pubblico locale, si debbano vedere i criteri in base ai quali le regioni spendono e tutto questo mentre la Commissione di merito sta discutendo una risoluzione sul trasporto pubblico locale. La risoluzione di una Commissione di merito è una cosa importante! Le Commissioni parlamentari non solo cinghie di trasmissione, sono degli organi parlamentari creativi, elaborativi, che presentano proposte che il Governo, sulla base dell'ordinamento costituzionale, deve eseguire! Questa situazione non può durare a lungo, Presidente: l'autorevolezza di questo Parlamento si sta sgretolando e io faccio appello al Presidente della Camera e alla Presidenza tutta della Camera perché questa questione si affronti e si raccolga l'invito del Presidente della Repubblica! Sui temi del trasporto colpisce un'altra questione: si riempiono di soldi le tasche della società Stretto di Messina, uno stipendificio, non c'è più il problema di decidere se il Ponte si deve fare o no, la questione non è più questa, non si parla più di questo. Qualcuno ha sentito un dibattito sul tema tecnico o strategico di come va costruito questo Ponte? Adesso il problema è quanto paghiamo quelli che si metteranno a sedere in quella società. Abbiamo derogato su tutto, sui consigli d'amministrazione e adesso anche sulla dirigenza: più di 240.000 euro l'anno per chi andrà a lavorare e a dirigere quella società, contro ogni limite stabilito legislativamente da questo Parlamento in passato. Uno stipendificio e tutto questo si fa bloccando la cassa integrazione ai lavoratori dell'Alitalia, dicendo loro: “dopo il 2024, fate come volete, non ce ne occupiamo più, non sono più nostri problemi”, senza intervenire sul fondo dei trasporti per le regioni: l'importante è mettere i soldi là dentro, perché si deve pagare qualcuno che quell'appalto l'ha vinto e non l'ha eseguito, perché si debbono compensare tanti appetiti che, nel frattempo, ci sono stati e che sono ritornati famelici, questa è la linea del Governo.

E poi c'è la questione TIM: la questione TIM è una questione seria e riguarda - come è stato detto - la nostra sovranità nazionale, la proprietà della rete. Non parlo del passato - perché si potrebbe aprire un grande dibattito, ognuno potrebbe dire la sua e avere qualche accento critico - ma parlo del presente. Noi abbiamo risorse del PNRR per affrontare un problema che ha solo l'Italia, un enorme digital divide, ossia un'enorme distanza tra chi è raggiunto dalla rete e chi no e ci sono vari soggetti in campo che hanno questo compito. Si è discusso tanto all'epoca del Governo Draghi: si fanno le gare, oppure si fa un lavoro di concertazione tra i soggetti nazionali in campo per avere la possibilità di spingere il Paese a diventare più moderno e a consentire anche a quel paesino di 500 anime di usare la rete. È un grande fatto democratico consentire a tutti l'accesso alla rete. Ebbene, su questo si inserisce la vicenda TIM, che è una vicenda importante anche dal punto di vista occupazionale. Io capisco che la direzione della TIM sia interessata a chiudere con un gestore o con un acquirente, nell'ambito della divisione tra servizi e NetCo, con qualcuno che entri e consenta di ripartire con un altro assetto. Ma noi siamo lo Stato. Noi siamo lo Stato. Il Governo mette 2,5 miliardi, cioè quattro soldi, il 15 per cento di questa NetCo - ripeto: il 15 per cento della NetCo - dando il via libera ad un gestore americano – americano -; lo dico senza alcun tipo di preclusione, ma non è italiano, che diventa proprietario al 75 per cento: però, si afferma che in quel decreto è stata prevista anche la golden power , ma tutti sanno - faccio il nome perché lo posso fare in quanto pubblico - che venderà, dopo aver acquistato, venderà. E, allora, questa golden power è una foglia di fico: che gioco stiamo facendo? Quali sono l'obiettivo strategico, il piano industriale, l'obiettivo democratico per garantire al Paese un digital divide ridotto e una modernizzazione di sistema? Con l'ingresso di altri soggetti rispetto ai quali noi non usiamo neanche gli strumenti di controllo che l'ordinamento ci mette a disposizione? Chi controlla quello che noi diciamo e diremo sui cavi di quella rete? Chi ne è il proprietario? Questa è la grande questione, che non è risolta ma è aggravata da questo provvedimento.

E poi voglio fare riferimento, per concludere, a due o tre questioni che riguardano il sistema ambientale: la prima, caro Presidente, - questo lo posso dire, perché per tanti mesi, e mi onoro di questo, noi abbiamo collaborato al Ministero dell'Ambiente, sono stato un suo Sottosegretario, riguarda la questione dell'ecobonus, che conosciamo benissimo. Per carità, è una questione complessa, che ha dato risultati, ma che è stata complicata: qualcuno di noi aveva… Ma adesso bloccare, diciamo i termini, per concludere quello che c'è in campo e lasciare così, a mezza strada, le imprese e le famiglie, con i cantieri chiusi e quelli aperti, con i palchi e le strutture per finire i lavori che resteranno lì per anni, con le famiglie che non hanno più i soldi per poterlo fare, con le imprese che si ritirano, che senso ha? Per chi? Quando sappiamo che l'intervento sulla ristrutturazione edilizia e sull'adeguamento energetico dei nostri edifici, pur con tutte le sue contraddizioni, è qualcosa che l'Europa ci chiede, dandoci un termine per sistemare il nostro patrimonio edilizio, e non capisco come il Governo intenda affrontare questo aspetto, non lo dice. Che senso ha lasciare tutto così, appeso? Questo è gravissimo, quella norma non piaceva alla destra? L'abbiamo capito, ma adesso ci devono spiegare come faremo la ristrutturazione edilizia e l'adeguamento energetico nei grandi quartieri popolari, perché quell'obiettivo di sistemare il patrimonio edilizio può funzionare a costo di mercato, laddove il metro quadro ha un valore, perché si compra a un prezzo e si rivende a un prezzo che è quattro volte più alto; ma se andiamo nelle periferie, dove il prezzo di produzione è più alto del prezzo di vendita, noi non faremo mai nulla. C'è un grande problema di finanziamento, di welfare e di incentivi, quindi la norma dell'ecobonus non va cancellata, va riformata. Questa è la grande questione.

Poi c'è il tema del legno, e qui chiudo, Presidente. Si vuole fare un'operazione di settore, lobbistica e corporativa, verso un settore industriale importante, ma lo si può fare dicendo deroghiamo? Questo Paese è diventato il Paese delle deroghe - non funziona più niente, quando si esagera - e dei commissari; abbiamo invaso il paese di commissari, lo abbiamo infestato di deroghe. I dirigenti delle amministrazioni non capiscono più come devono usare le carte, i regolamenti, i codici: adesso si prevede una deroga sul paesaggio, per consentire gli abbattimenti del patrimonio boschivo al fine di favorire l'industria del legno, con la promessa poi che, con incentivi, questo patrimonio sarà rigenerato. Ma, insomma, questo è il modo per andare nella direzione degli obiettivi della neutralità climatica del 2050 o del 2045?

Questo è veramente assurdo, è un modo bestiale di condurre l'azione, anche di sostegno di alcuni settori economici, è un modo bestiale che peraltro non funziona e non funzionerà. Questo è il decreto che ci portano in discussione, signor Presidente, un decreto nel quale ci sono tante ingiustizie, in particolare l'ingiustizia di un Governo che si sta sempre più dimostrando un Governo antipopolare. Adesso ci vogliono illudere col carrello tricolore, il carrello tricolore, Presidente - mi consenta quest'ultima battuta, ma proprio non ce la faccio -, dove il risparmio, con gli accordi con le grandi centrali commerciali, è addirittura inferiore al risparmio che comunque c'è, sulla base delle promozioni che queste grandi centrali fanno ogni settimana. C'è qualcuno che ha addirittura calcolato che questo risparmio sarebbe pari a una fetta di prosciutto cotto al giorno, tagliato a macchina, perché tagliato con il coltello forse è un po' più spesso; ecco, questa è la miseria delle politiche economiche, delle azioni di riassetto finanziario di questo Governo e noi lo rifiutiamo, lo respingiamo, benché col bavaglio e con le manette che ci vogliono mettere, anche nelle Commissioni, noi diremo no. E li aspettiamo, al prossimo appuntamento, che è quello della legge di bilancio, ma non solo in questo Parlamento: li aspetteremo nelle piazze, perché saremo presto in piazza con le opposizioni, con i lavoratori, con le imprese, per fare in modo che questo Governo faccia meno male all'Italia e duri il meno possibile.