A.C. 835-A
La ringrazio, signor Presidente. Colleghi, Sottosegretaria Frassinetti, per parafrasare l'incipit di Per chi suona la campana, pensiamo anche noi che nessuna scuola sia un'isola e che, quindi, qualunque cosa avvenga all'interno della scuola e nella comunità scolastica, lo stare bene in quei luoghi sia qualcosa che ci riguarda direttamente, che ci colpisce e che chiama in causa anche la nostra responsabilità, nei momenti positivi e nei momenti negativi; e questo lo dico proprio con riferimento agli episodi di violenza che si verificano o che si sono verificati all'interno della scuola. Quegli episodi ci interrogano e ci colpiscono e nessuna delle forze politiche presenti in quest'Aula è indifferente a quello che avviene, perché sono episodi molto gravi che hanno coinvolto docenti, studenti e personale scolastico e vanno contrastati e sanzionati. Quegli episodi inducono le istituzioni a riflettere, ad assumersi la responsabilità, però, di ragionare - e non soltanto punire - sui contesti in cui quei fenomeni maturano, sulle cause che li originano e di provare a dare soluzioni a fenomeni che esprimono un disagio profondo e forte che tocca tutta la comunità scolastica, perché è il benessere complessivo della comunità scolastica ad essere colpito e incrinato da quello che avviene al suo interno.
C'è una consapevolezza, però, che vogliamo richiamare in questa sede, ossia che ancora più a scuola l'esclusiva cultura della sanzione e della punizione - che, purtroppo, è molto cara all'attuale Governo -, se priva di una visione di sistema che leghi in sé il comportamento del singolo alla dimensione collettiva e alla dimensione comunitaria, non è in grado di produrre alcun tipo di risultato. Sono anni di studi pedagogici a dircelo e non questa o quella forza politica, perché la scuola, colleghi, è una comunità in cui la violenza dovrebbe essere estranea, è una comunità educante in cui dovrebbero trovare applicazione concreta e vivente i valori democratici del confronto, del dialogo, del riconoscimento reciproco, in cui si dovrebbero imparare a gestire i conflitti e a stare insieme, anche nella differenza. Proprio per questo noi siamo convinti che la repressione e la punizione da sole non siano sufficienti, perché è necessaria una visione di sistema che passi dalla prevenzione, che investa sulle cause che producono quei fenomeni violenti e che, soprattutto, promuova un'azione educativa importante sul disvalore di quelle azioni, su quello che esse esprimono, favorendo una consapevolezza reale da parte degli studenti.
In questo senso serve una strategia educativa e, purtroppo, la proposta di legge, che oggi state per approvare, di strumenti educativi, in realtà, non ne mette molti a disposizione. Prevede un osservatorio e siamo contenti del fatto che, nel passaggio in Commissione, quell'osservatorio abbia ampliato i propri compiti e le proprie funzioni, però c'è una clausola di invarianza finanziaria che, purtroppo, non ci fa granché sperare in positivo rispetto a quelle che saranno le reali possibilità che quello strumento avrà a sua disposizione. Gli intenti che sono alla base di quello strumento sono condivisibili.
I colleghi di maggioranza, tra l'altro, ci hanno rassicurato, nel corso della discussione generale, sul fatto che si prevedranno strumenti ulteriori - la legislazione vigente già consente di attuare quelle azioni -, ma devo dire che la totale assenza di misure - domani discuteremo della NADEF - a favore dell'istruzione tutto sommato ci fa sospettare che questo non avverrà. E allora è più facile prevedere una norma penale, l'ennesima, a beneficio della stampa, anziché provare a evitare che fenomeni di violenza si verifichino, e quindi prevenirli realmente.
Ed è questo, colleghi - partiamo da questo provvedimento, ma lo sguardo potrebbe alzarsi - il grande limite dell'azione di questo Governo. Penso proprio al decreto Caivano, che - sono state ricordate alcune di quelle misure - assegna personale tecnico aggiuntivo alle scuole fino al 31 dicembre 2023. Non ho sbagliato data, è proprio il 31 dicembre 2023. Va a prevederle per un solo anno scolastico e soprattutto utilizzando risorse che sono state stanziate per altro - penso alle risorse stanziate per le scuole colpite dall'alluvione in Emilia-Romagna oppure al Fondo per l'ampliamento dell'offerta formativa - mancando, però, di un intervento serio, reale, strutturale e concreto a favore dell'istruzione per Caivano, che è stato teatro delle orribili violenze che hanno colpito l'estate del 2023, ma che riguarda larghe parti del nostro Paese, le periferie delle grandi città, al Nord e al Sud e i piccoli e grandi centri che puntellano il territorio italiano.
Quindi, introdurre, come fa il decreto Caivano, un reato a carico dei genitori che non mandano i figli a scuola appare privo di efficacia preventiva, dal momento che i contesti degradati e quelli legati alla criminalità organizzata sono per lo più impermeabili alla sanzione. E non lo dice il Partito Democratico, ma lo dice la Società italiana di pedagogia proprio nelle memorie che ha consegnato in Senato al decreto Caivano, perché non basta tagliare i fondi, come si prevede, o punire con la reclusione fino a 2 anni per motivare, purtroppo, un genitore a mandare un figlio a scuola. Ciò perché il tema del disagio giovanile e del contrasto alla violenza ha una valenza molto più ampia e complessa, che va affrontata prima ancora che quel reato si verifichi, offrendo soprattutto delle alternative, offrendo degli strumenti e una rete di supporto alle famiglie, perché solo, e lo ribadiamo in questa sede, una buona relazione tra scuola e famiglia funge da fattore preventivo e di protezione per i ragazzi, ma per realizzarla serve un supporto educativo di educazione stabile, permanente e duratura in quei territori. Serve costruire comunità educanti, che sono state richiamate più volte in questa sede. Serve costituire delle reti stabili tra istituzioni, mondo del Terzo settore, oratori, parrocchie e quanti, in realtà, vogliono in quei territori dare una mano per accompagnare e sostenere le comunità. E serve soprattutto investire - non stiamo inventando nulla in questo senso - su figure come quelle del pedagogista, dell'educatore - non basta soltanto un docente tutor, purtroppo - che possano garantire, tra l'altro, un supporto psicologico rivolto al personale scolastico, agli studenti, alle famiglie. Serve investire su piani e su azioni che contrastino la violenza di genere e tutte le forme di discriminazione, che educhino alla parità tra i sessi. E siamo molto dispiaciuti del fatto che il Governo non abbia accolto i tanti ordini del giorno che questa sera sono stati presentati in quest'Aula, perché l'aumento degli episodi di violenza è lo specchio di una realtà sociale in cui c'è un forte indebolimento del tessuto valoriale, in cui la scuola ha perso il suo ruolo centrale di fattore di crescita e di educazione per la società.
E allora, ferme restando le responsabilità personali civili e penali, che ovviamente vanno perseguite con gli strumenti che, è stato ricordato, già la legge in questo senso offre, occorre valorizzare quella straordinaria alleanza che deve costituirsi tra la scuola e la famiglia, ma partendo dal basso, partendo da un ascolto, da un coinvolgimento forte delle famiglie, dei docenti, della comunità educante, degli stessi studenti. Bisogna avere fiducia negli studenti e nelle studentesse e provare a coinvolgerli nelle misure che devono toccare e che toccano quotidianamente la scuola.
Serve investire sui docenti e serve investire seriamente sulla loro formazione, iniziale e in servizio. Serve ridare valore, e si ridà valore al docente con un investimento economico chiaro, preciso e certo soprattutto, perché, per restituire autorevolezza alla scuola, non basta uno spot, non basta il tempo di un decreto-legge. Serve visione, serve soprattutto quello che un rappresentante della Caritas - l'ho ricordato anche in discussione generale - ha citato qualche settimana fa in un seminario: serve una straordinaria tenerezza dello Stato. Cosa vuol dire questo? Vuol dire farsi carico, essere vicini ed empatici e, soprattutto, capire che il futuro della comunità scolastica è a carico delle istituzioni e dobbiamo portarlo avanti e farcene carico tutti. E serve, soprattutto, costruire quella scuola costituzionale che il Ministro Valditara afferma di voler aprire e di aver messo in campo quest'anno. Una scuola che è aperta a tutti, come dice l'articolo 34 della Costituzione, ma che, soprattutto, per farlo, investe nei contesti più difficili. È quella che ha, come obiettivo, a fianco della sanzione, la rieducazione. È quella che ha, come faro, l'articolo 3 della Costituzione. E, quindi, il provvedimento che tra poco voteremo, pur intervenendo su fenomeni gravi e complessi, pur prevedendo un Osservatorio che dovrà incoraggiare e monitorare i fenomeni di violenza, non è da solo sufficiente a intervenire in maniera seria, strutturale e concreta, perché mancano le risorse, mancano gli strumenti e perché c'è un'ottica fondamentalmente soltanto ed esclusivamente punitiva in questo provvedimento.
I fenomeni di violenza, però, ci coinvolgono e ci colpiscono. E anche nella limitatezza dei provvedimenti che abbiamo appena citato, nella profonda consapevolezza che la sanzione sia ricompresa in un contesto di prevenzione e di educazione, come le altre forze di opposizione, noi ci asterremo su questo provvedimento, richiamando, però, il Governo e le forze di maggioranza a un intervento più profondo, perché non è in gioco la posizione delle forze di opposizione o delle forze di Governo, è in gioco il futuro delle generazioni più giovani e, soprattutto, del sistema scolastico nel suo insieme. Abbiamo una grande scommessa sulle nostre spalle e mi auguro che sappiate coglierla, al di là di quello che voterete questa sera.