A.C. 1324
Grazie, signor Presidente. Signor rappresentante del Governo, care colleghe e cari colleghi, non vi nascondo una certa difficoltà nell'intervenire in quest'Aula, non certo per assenza di rispetto in un così alto consesso istituzionale e tanto meno perché non vi siano argomenti per poter entrare nel merito delle questioni inerenti alla legge in discussione.
La difficoltà è data dalla conseguenza di un modus operandi che sta determinando lo svilimento del Parlamento, a cui sistematicamente si stanno sottraendo ruoli e funzioni dettati dalla Carta costituzionale. Ora volete modificare anche la Costituzione, con una riforma che limita le prerogative del Presidente della Repubblica e che smantella la forma parlamentare. Il legislatore è, in sostanza, sempre più sovrastato dalle imposizioni procedurali del Governo, che, ormai, a forza di 40 decretazioni d'urgenza, che spesso non lo sono, e 27 ricorsi alla fiducia, di fatto ha impedito ai parlamentari di esercitare il mandato ricevuto dal popolo sovrano. Compito di un parlamentare non è certo quello di garantire il numero legale o di alzare la mano in segno di assenso. Non sto esagerando, visto che l'Esecutivo ha ribadito, anche in queste ore, il fatto che i parlamentari della maggioranza non potranno presentare emendamenti alla manovra finanziaria e dovranno accettare, obtorto collo, le decisioni prese a Palazzo Chigi. Io credo di no, che non sia normale tutto questo, tant'è che i capigruppo del Partito Democratico hanno scritto ai Presidenti di Camera e Senato per chiedere una veloce inversione di tendenza e per ripristinare rapporti diversi tra Esecutivo e Parlamento. Resta il fatto che servirebbe uno sforzo supplementare da parte di tutti per liberarsi dalla camicia di forza che viene imposta a quest'Aula e al Parlamento. Se così fosse stato, invece, in quest'Aula sarebbe arrivato un provvedimento diverso, sul quale confrontarci e poi votare, anche per evitare quelle conseguenze che costringeranno il nostro Paese a incorrere nell'ennesima procedura di infrazione. Il perché è presto detto ed è scritto negli emendamenti che abbiamo presentato al progetto di legge oggi in discussione: un provvedimento nato per dare fiato alla propaganda, piuttosto che per intervenire su un tema complesso e articolato, che avrebbe richiesto equilibrio, responsabilità e assonanza con le indicazioni dell'Unione europea. Una legge che si discosta anche dalle motivazioni che hanno spinto molte organizzazioni - da quelle agricole a quelle dei consumatori, dalle ACLI, a Slow Food, a Federparchi, a Kyoto Club, alla CNA, tanto per citarne alcune - a rendere esplicite le loro ragioni, sottoscrivendo un manifesto in favore della cultura del cibo di qualità e contro il cibo artificiale di laboratorio. In quel manifesto non si chiedeva, però, di alzare una bandiera ideologica, come ha fatto il Governo, ma, con la forza degli argomenti, si chiedeva di accompagnare e sostenere le aziende agricole che intendono restare fedeli ad un'idea di rispetto e di rigenerazione delle risorse naturali. Con questo obiettivo, ci dicono quelle organizzazioni, dovremmo accompagnare le aziende attente alla propria impronta ecologica, affinché sia garantito il diritto a un cibo di qualità per tutti e affinché siano protagoniste di un percorso di trasformazione, che porti a una produzione sempre più sostenibile e a una contestuale riduzione dei consumi di carne, sempre nel segno di quella salute che la recente pandemia ha dimostrato non essere più rimandabile. Non dunque una crociata, quella che veniva chiesta, ma un'operazione di rafforzamento del settore agricolo, che si basa sul ciclo biologico delle piante, degli animali e dei microrganismi del suolo. Un'alleanza con la natura, sempre più indispensabile per qualificare la transizione ecologica e costruire un nuovo modello di sviluppo, improntato alla qualità, alla sostenibilità e alla giustizia sociale. Temi urticanti per la destra, che continua a tergiversare anche di fronte ai mutamenti climatici, con un atteggiamento negazionista, che, di contro, non fa bene al Paese, ma soprattutto alla nostra agricoltura, prima vittima e sempre più minacciata dalle conseguenze devastanti provocate dagli eventi atmosferici.
La destra e il Governo, di contro, si riempiono la bocca di parole roboanti, che non trovano conseguenze negli atti normativi. Parlano di made in Italy e poi si girano dall'altra parte, quando si chiede di intervenire strutturalmente sulle criticità che investono il comparto agricolo, dalla cui attività dipendono le produzioni di eccellenza che consentono di riempire di contenuti il marchio strategico dello stesso made in Italy nel mondo. Lo sanno i produttori di grano, costretto a subire la concorrenza speculativa di Paesi esteri. Lo sanno i frutticoltori e i produttori di vino, nonché gli allevatori, lasciati da soli ad affrontare i danni provocati dal maltempo, dai diversi patogeni e insetti, e dall'eccessiva presenza di fauna selvatica. Lo sanno i giovani agricoltori, ai quali la Commissione agricoltura, all'unisono, aveva acceso una speranza con un'apposita proposta di legge, che il MEF e il Governo hanno falcidiato, tagliando gli articoli più significativi e la maggior parte delle risorse a disposizione, come a dire loro: bravi i giovani che vogliono impegnarsi in agricoltura.
Poi, però, si dà loro il benservito con un provocatorio: arrangiatevi.
Poi, sottolineo la supponenza che si è impadronita del modo di governare e legiferare di questa destra. Le audizioni sono vissute come un fastidio e i consigli rimangono lettera morta, anche in questo disegno di legge. Per voi c'è solo l'esigenza di alzare la bandierina, dimostrare i finti muscoli dei decisionisti, eppure, anche questa volta, nelle audizioni abbiamo ascoltato valutazioni serie e approfondite, frutto di competenze ed esperienze sul campo. Si poteva anche non essere d'accordo e anche noi non lo siamo rispetto ad alcune proposte, ma valeva la pena di approfondire per non lasciare nulla al caso. Le opinioni meritano rispetto e non tracotante rigetto; per di più, molti ci sono venuti a dire che occorreva allinearci all'Europa, anche solo nel contesto delle procedure e che occorreva dare più spazio e funzioni alla ricerca, che la maggioranza pensa utile solo quando la scienza si allinea ai loro convincimenti.
Eppure, al Senato, era stato approvato un ordine del giorno del gruppo del Partito Democratico, con il quale si evidenziava la necessità di garantire la continuità delle attività di ricerca scientifica e tecnologica su alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti, a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati, rafforzando il mantenimento nel nostro Paese di ricercatori e competenze.
Mi domando, allora: avete approvato questo nostro ordine del giorno al Senato, poi, avete bocciato un nostro emendamento che ribadiva questa necessità, ma perché? Per voi gli impegni presi con gli ordini del giorno sono solo tattica, allora? Vi hanno chiesto gli auditi di valutare la possibilità di intervenire sugli attuali consumi di carne in Italia, che sono il doppio della media mondiale: 79 chili pro capite, contro 43 chili. Hanno evidenziato, anche quelli che hanno firmato il manifesto sulla carne coltivata, che occorreva prendere in considerazione la possibilità di dare concretezza normativa alla transizione proteica, riducendo il consumo di carne, e intervenire sugli allevamenti intensivi per rafforzare lo stato brado e semi brado, perché questa possibilità consente di avere carne di qualità e maggiormente sostenibile. Queste erano le modalità per rispondere positivamente a chi vorrebbe promuovere la carne coltivata, puntando sulla grande industria italiana.
Insomma, per evitare il conflitto tra allevamenti intensivi e produzione in laboratorio, di cui ancora non si conoscono pienamente qualità, salubrità e sostenibilità, occorreva puntare alla modifica del modello di produzione attuale o, quanto meno, questo è il nostro pensiero, avviare un processo che porti a una soluzione di maggiore equilibrio. Non lo avete voluto fare solo perché c'era la famosa bandierina da alzare e sapete che state per approvare una legge che avete nascosto all'Unione europea, perché conoscete benissimo le forzature ideologiche che la contraddistinguono, a cominciare dall'inosservanza di quel principio di precauzione, caposaldo delle politiche comunitarie, per il quale vi avevamo proposto di istituire, presso i Ministeri della Salute e dell'Agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste, un tavolo tecnico-scientifico composto da ricercatori, tecnici del settore, rappresentanti delle associazione di categoria e della filiera alimentare, operatori del settore di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati, nonché da enti del terzo settore specializzati. Infatti, secondo quanto previsto dall'articolo 7, comma 2, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, il tavolo aveva lo scopo di assicurarsi che le restrizioni imposte dalla legge fossero necessarie alla tutela della salute e ad essa proporzionate.
A tal scopo, il tavolo si sarebbe riunito periodicamente per monitorare l'avanzamento della tecnologia e della ricerca in materia, valutando l'eventuale impatto che i prodotti oggetto delle restrizioni hanno sulla salute, sull'ambiente e sul sistema agroalimentare italiano. Perché dire “no”, tra l'altro, a sviluppare la ricerca e, quindi, a sviluppare il mercato delle possibili nuove tecnologie sulle quali innescare forme di nuova imprenditoria innovativa? Così come vi avevamo proposto di raccordare ruoli e funzioni del Ministero della Salute, prevedendo che fosse comunque sentita l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, l'EFSA, a norma dell'articolo 22 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio. Per evitare ulteriori problemi, non ultimo, la quasi certa procedura di infrazione, vi avevamo proposto di inserire nell'articolo 1 la notifica della presente legge alla Commissione europea, ai sensi della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, prevedendo altresì che la sua efficacia rimanesse sospesa fino alla conclusione delle procedure previste dalla medesima direttiva.
Abbiamo ricevuto solo ripetuti “no”, non lo si doveva toccare, perché il Ministro Lollobrigida così aveva imposto. Magari, per lui, una probabile procedura di infrazione diventerà, infatti, occasione di campagna elettorale alle prossime elezioni europee, al grido dell'Europa matrigna, brutta e cattiva. Questa è la vostra logica, la nostra, invece, è rivolta alla tutela degli interessi del Paese e degli agricoltori italiani. Noi nelle Commissioni agricoltura e affari sociali, assieme, abbiamo presentato emendamenti volti proprio a rispettare le autorità europee, a partire dall'EFSA, che svolgono già un lavoro attento e dettagliato sulla sicurezza alimentare. Il rischio, infatti, è proprio quello di favorire, anche in questo settore, l'importazione e, dunque, sfavorire il tanto decantato made in Italy, anche solo nella ricerca e nello studio, su cui da sempre siamo stati e siamo all'avanguardia. Insomma, nonostante tutto, abbiamo provato ad evitare al Governo la figuraccia che sta per fare agli occhi del mondo.
Poi, una curiosità: i divieti di questa legge, come ha scritto questa mattina la collega, senatrice a vita, Cattaneo, valgono solo per gli alimenti derivanti da animali vertebrati, ne consegue che verrà dato il via libera, nel caso, alla cane coltivata di crostacei, molluschi e cefalopodi. Chiedo ai rappresentanti del Governo: ma qual è la ratio di questa scelta, di questa distinzione: elementi di simpatia, rilievi scientifici, dimenticanza? Abbiamo provato, durante il percorso della legge, a difendere gli agricoltori italiani, così come detto al Senato, motivando il nostro voto di astensione, come faremo in quest'Aula. La nostra posizione è chiara, indiscussa e allineata nel merito con i nostri amministratori regionali e locali, ovvero a sostegno delle produzioni locali di filiera tradizionali, sostenibili, che rappresentano la nostra storia, la nostra cultura, la cucina e le tradizioni dei nostri territori che sono conosciute in tutto il mondo, non perché il Ministro vuole mettere una medaglia di cartone ai nostri cuochi, scimmiottando ben altri riconoscimenti prestigiosi e universali come le stelle e le chiocciole, ma per la qualità delle nostre produzioni.
Per questo diciamo con amarezza che si è persa, ancora, l'ennesima occasione. Di fronte ai vostri fallimenti non ci fermeremo di certo e continueremo a evidenziare la vostra palese inadeguatezza che tanto nuocerà al Paese, ma, soprattutto, all'agricoltura.