Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 7 Dicembre, 2023
Nome: 
Vinicio Peluffo

A.C. 1341-A

Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, colleghi deputati, desidero innanzitutto, a conclusione dell'iter in prima lettura di questo disegno di legge, dare atto al presidente Gusmeroli e al Vice Ministro Valentini di aver garantito un confronto ampio e approfondito in Commissione. Dovrebbero essere parole in qualche modo scontate, quasi di circostanza, ma le pronuncio per sottolineare quanto risultino in controtendenza con l'atteggiamento tenuto sinora dal Governo e dalla maggioranza, che hanno imbrigliato sistematicamente la dialettica parlamentare, costringendola in una camicia di forza fatta di continua decretazione d'urgenza e di costanti colpi di questioni di fiducia. Spero che l'iter di questo provvedimento possa convincere i colleghi della maggioranza, invece, ad avere più fiducia nelle prerogative parlamentari, di avere più fiducia in se stessi, piuttosto che piegarsi alla protervia dei voti di fiducia imposti dal Governo. Per quanto ci riguarda, l'abbiamo sempre detto: quando c'è una discussione nel merito, noi ci siamo.

Lo abbiamo dimostrato con gli emendamenti che abbiamo presentato, molti dei quali sono stati accolti direttamente, altri riformulati. Dobbiamo constatare, però, che l'utilità e l'efficacia del lavoro nel merito si sono fermati in Commissione e registriamo oggi che nessun passo avanti è stato fatto nel passaggio conclusivo in Aula.

Possiamo a questo punto dare una valutazione complessiva di un provvedimento che, nonostante le integrazioni e lo sforzo di miglioramento, rimane prigioniero di tutta la sua debolezza originaria. Eppure, la Commissione attività produttive ha voluto ascoltare il Paese reale, facendo emergere, nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul made in Italy, problematiche ed esigenze quali quelle dell'automotive, del turismo, delle transizioni digitale e verde, delle risorse del PNRR destinate alle filiere produttive. Il lavoro della Commissione poteva essere importante per mettere a fuoco alcune priorità e alcuni interventi necessari. Il provvedimento in esame, invece, dimostra una sorta di mancato rispetto per il lavoro della Commissione, recando 59 articoli di modestissima portata, che, a volte, contengono talmente poco da risultare inutili.

Se l'indagine conoscitiva aveva creato aspettative, il testo voluto dal Governo è lontano anni luce da quelle istanze, l'ambizione del titolo del provvedimento è frustrata dall'articolato di legge. Eppure, quando si parla di made in Italy, va ricordato che l'Italia guida la graduatoria mondiale della competitività nell'abbigliamento e negli articoli in pelle e cuoio, è seconda nel tessile e, soprattutto, nel grande macrosettore della meccanica non elettronica, terza nei manufatti di base, quarta nei prodotti alimentari trasformati e nei mezzi di trasporto, quinta nel legno e carta, ottava nella chimica e farmaceutica.

Questi risultati eccellenti sono il frutto di 3 fattori vincenti: il primo è l'elevata differenziazione dell'export italiano in termini di prodotti. Il secondo è la tecnologia. Le nostre imprese in questi ultimi anni hanno notevolmente investito in nuovi macchinari, robotica e digitale grazie allo straordinario successo del Piano Industria 4.0, che, ricordo a me stesso e, soprattutto ai colleghi di maggioranza, è un Piano ideato, elaborato e finanziato dai Governi a guida del Partito Democratico. Il terzo fattore vincente del made in Italy è la flessibilità. L'export italiano è estremamente diversificato in termini sia di prodotti sia di imprese esportatrici, dinamiche, flessibili. È grazie a loro che l'export italiano è oggi il quinto al mondo, ormai, praticamente, a ridosso di quello del Giappone.

È così che si fa politica industriale, è così che si interviene sul tessuto politico, produttivo nazionale, non con annunci, titoli o con la propaganda pseudo-sovranista di un testo di legge, in cui le risorse, troppo, troppo poche, si disperdono in mille rivoli, appiattite senza priorità, in troppi casi semplicemente spostate da un Ministero all'altro. Esempio lampante di questo vizio è l'articolo 5 sul sostegno all'imprenditorialità femminile: impegno giusto, ma non si è presa la strada maestra, quella più lineare ed efficace. Innanzitutto, la dotazione prevista è davvero troppo esigua, ma, soprattutto, era più opportuno rifinanziare il fondo istituito con la legge di bilancio 2021, la cui dotazione è stata incrementata con i fondi del PNRR ad una platea di beneficiari più ampia, includendo anche il lavoro autonomo e professionale. Bastava incrementare quel fondo, senza disperdere risorse e dover ricominciare da capo.

Rimangono aperti tutti i nodi critici che abbiamo sollevato nella discussione in Commissione, a partire dal cosiddetto fondo sovrano all'articolo 4, presentato in pompa magna, poi rubricato più modestamente a Fondo nazionale a sostegno del made in Italy. Del resto, con una dotazione di 700 milioni di euro per l'anno che si sta concludendo e 300 milioni per il prossimo anno non è neanche lontanamente paragonabile agli altri fondi sovrani. Senza scomodare quello norvegese, che, obiettivamente, gioca un altro campionato, non c'è paragone neppure con la dotazione di quello irlandese (15 miliardi), di quello maltese (17 miliardi), di quello spagnolo (15 miliardi).

E non si tratta neppure di nuovi stanziamenti, ma sono presi da altri fondi, in una sorta di partita di giro si prendono dal fondo Patrimonio destinato, dal Fondo di venture capital. A che serve questo fondo, se negli ultimi anni abbiamo già varato il Fondo nazionale innovazione, con il fondo di coinvestimento e il Fondo rilancio, il fondo Patrimonio destinato, che si sono aggiunti ai vari veicoli attraverso i quali opera la Cassa depositi e prestiti? Che senso ha istituire un fondo che non ha il fisico per svolgere un ruolo di sistema, non ha obiettivi chiari, si accavalla e pesta i piedi a strumenti già operanti e deve ricominciare da capo?

L'altro nodo critico è l'articolo 18 sul liceo del made in Italy. Ampiamente rimaneggiato dagli emendamenti dei relatori e del Governo, emerge in tutta evidenza come uno spot identitario. Al momento, esistono già nel nostro sistema di istruzione istituti superiori in cui le specialità agroalimentare, la moda, l'arredamento, il design sono materie di insegnamento. Anziché scegliere la strada della valorizzazione di quello che c'è, dell'integrazione con la formazione post-secondaria degli ITS, avete deciso di piantare una bandierina, senza aggiungere risorse e il tutto a scapito del liceo delle scienze umane ad indirizzo economico-sociale, che da 13 anni funziona e ha formato decine di migliaia di studenti.

Nonostante l'evidenza, non avete cambiato nulla, semplicemente perché vi eravate già venduti la pelle dell'orso. È da settimane che suona la grancassa del fondo sovrano, del liceo del made in Italy. Anche se non reggono alla prova della realtà, secondo voi, vanno bene, però, per i social. Ma con i post su Facebook non si fanno politiche industriali.

Questo provvedimento, allora, risulta inevitabilmente un'occasione persa. Del resto, il Dicastero guidato dal Ministro Urso aveva già perso il senso della propria autorevolezza, passando da Ministero dello Sviluppo economico al più modesto Ministero delle Imprese e del made in Italy, Ministero che ha perso la bussola della propria funzione di indicare le politiche industriali per il Paese. I provvedimenti del Ministro Urso, peraltro, in un anno, spaziano dal decreto carburanti - finito con il cartello del prezzo medio regionale, tanto inutile nel ridurre il prezzo della benzina, quanto contestato fino al Consiglio di Stato - al decreto che si occupava dell'ex Ilva - che doveva servire a dare una prospettiva alla filiera dell'acciaio ed oggi facciamo i conti con il rischio concreto della chiusura dello stabilimento di Taranto e della sua riconversione green -, per tacere sugli interventi che dovevano contrastare il caro voli e il patto contro l'inflazione, che si è ridotto a logo del “carrellino tricolore”.

Il disegno di legge sul made in Italy, Presidente, nato con tanta ambizione e tante aspettative, è rimasto incastrato nel novero dei provvedimenti senza respiro e senza visione del Ministero del fu sviluppo economico. Per questo, Presidente, per le ragioni che ho richiamato, annuncio il voto contrario del gruppo del Partito Democratico.