La Camera,
premesso che:
il 7 ottobre 2023, Hamas ha perpetrato una serie di attacchi terroristici in territorio israeliano uccidendo oltre 1.200 civili, stuprando e torturando persone innocenti e portando via con la forza più di 200 cittadini israeliani e stranieri, anche europei, che sono stati condotti a Gaza come ostaggi, provocando non solo morte ma anche uno shock collettivo nella società israeliana per quello che è stato definito come l'attacco più letale dopo la Shoah;
il 9 ottobre 2023 il premier israeliano Netanyahu ha annunciato un assedio totale della Striscia di Gaza, autorizzando la più grande mobilitazione militare del Paese dalla guerra dello Yom Kippur del 1973 e chiedendo l'evacuazione verso Sud dei palestinesi che vivevano nella città di Gaza e nel nord della Striscia di Gaza: da allora, secondo le Nazioni Unite, sono morti oltre 25 mila palestinesi, più del 70 per cento dei quali donne e minori, con una stima di Save the Children di oltre 10 mila bambini uccisi;
a più di cento giorni dall'inizio del conflitto, tutto il Medio Oriente sta vivendo una profonda instabilità politica e militare, con azioni e provocazioni che stanno determinando un'escalation regionale, a partire dagli scontri al confine tra Israele e Libano, dalla Siria e dagli attacchi nel Mar Rosso da parte dei ribelli yemeniti Houti sostenuti dall'Iran, il cui regime stressa gli equilibri regionali, con attacchi rivendicati anche verso l'Iraq e il Pakistan: gli esiti di tale escalation potrebbero essere deflagranti per la stabilità del Mediterraneo e per la sicurezza globale;
circa 1,9 milioni dei 2,2 milioni di palestinesi della Striscia di Gaza sono sfollati, le abitazioni civili distrutte o danneggiate dai bombardamenti israeliani superano secondo le stime oltre il 60 per cento, la popolazione civile è spinta in aree sempre più limitate ed estremamente sovraffollate al confine sud della Striscia, in condizioni igieniche e ambientali gravemente malsane: tutti elementi che configurano una vera e propria «catastrofe umanitaria»;
dall'inizio delle operazioni militari a Gaza sono morti 150 membri del personale Onu e 79 giornalisti e operatori dei mezzi d'informazione, numeri che, come dichiarato dal Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, Antonio Guterres «non abbiamo mai visto nella storia delle Nazioni Unite»;
il Sottosegretario generale dell'Onu per gli Affari umanitari, Martin Griffiths ha dichiarato che «la situazione nella Striscia di Gaza devastata dalla guerra è apocalittica: i civili sono costretti a fare “una scelta impossibile dopo l'altra” in un territorio dove “nessuno luogo è sicuro” e nessuno è al sicuro»; l'OMS ha denunciato che il sistema sanitario di Gaza è al collasso con il rischio di epidemie e malattie infettive;
in una lettera del 6 dicembre 2023 al Consiglio di Sicurezza il Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres ha invocato l'articolo 99 della Carta delle Nazioni Unite, ribadendo il suo appello per un cessate il fuoco umanitario e dichiarando: «Siamo di fronte ad un grave rischio di collasso del sistema umanitario. La situazione si sta rapidamente deteriorando fino a diventare una catastrofe con implicazioni potenzialmente irreversibili per i palestinesi nel loro insieme e per la pace e la sicurezza nella regione. Un tale esito deve essere evitato a tutti i costi»;
i camion con gli aiuti umanitari che entrano dal valico egiziano di Rafah sono assolutamente insufficienti e, pertanto, appare necessario garantire la completa apertura anche dal valico di Kerem Shalom, al confine tra Israele, Gaza e l'Egitto, al fine di garantire l'accesso di ulteriore cibo, acqua e medicinali, nonché la creazione di possibili «corridoi marittimi in collaborazione con Francia, Grecia e Cipro» come menzionato dal Presidente del Consiglio UE Charles Michel lo scorso 9 novembre 2023;
la Commissione europea ha comunicato che «la situazione umanitaria continua a peggiorare in Medio Oriente», e che «fornirà 125 milioni di euro in aiuti umanitari al popolo palestinese nel 2024»; il finanziamento è finalizzato a sostenere le organizzazioni umanitarie che operano sia a Gaza che in Cisgiordania;
l'attacco terroristico da parte di Hamas ad Israele è stato condannato con la massima fermezza da larghissima parte della comunità internazionale, a partire dall'Italia e dall'Unione europea che hanno riconosciuto a Israele il suo diritto alla difesa, da esercitarsi nel pieno rispetto del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario;
l'esorbitante numero di vittime civili e la catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza sono ancor più inaccettabili perché Hamas non rappresenta il popolo palestinese, ma una «organizzazione terroristica» così come riconosciuta dall'Unione europea attraverso il regime di sanzioni disposto dalla posizione comune 2001/931/PESC, e i cui responsabili degli attacchi terroristici brutali e indiscriminati in Israele del 7 ottobre 2023, sono stati aggiunti dal Consiglio, lo scorso 8 dicembre 2023, all'elenco dei soggetti terroristici stabilito dall'Unione europea;
durante la tregua umanitaria sono stati rilasciati 81 ostaggi, ma sarebbero ancora 130 le persone trattenute da Hamas nella Striscia di Gaza, per i quali chiediamo la liberazione incondizionata e per le cui condizioni – definite dagli esperti delle Nazioni Unite «particolarmente sconvolgenti» – manifestiamo tutta la nostra preoccupazione, alla luce delle violenze sulle donne e delle drammatiche testimonianze dei giorni di prigionia dei rilasciati;
il Ministro israeliano delle finanze, Bezalel Smotrich, e il Ministro israeliano per la sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir hanno dichiarato rispettivamente che: «Israele deve favorire l'emigrazione in massa dei palestinesi dalla Striscia di Gaza. Dobbiamo impedire che a Gaza rimangano due milioni di palestinesi che sognano la distruzione di Israele» e che la creazione di insediamenti israeliani nella Striscia di Gaza è una soluzione «corretta, moralmente giusta e umana». Tali dichiarazioni sono espressione di una volontà di negare la prospettiva della convivenza pacifica e della soluzione dei «due popoli, due Stati»;
il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ripetutamente rivendicato, da ultimo il 21 gennaio 2024 di avere negli anni «impedito la creazione di uno Stato palestinese che avrebbe rappresentato una minaccia esistenziale per Israele», ed è oggetto da settimane di crescenti proteste politiche e sociali – animate anche dai movimenti per la liberazione degli ostaggi – volte a chiederne le dimissioni e individuare una via politica per far cessare le sofferenze degli ostaggi e della popolazione civile palestinese;
preoccupa il crescente manifestarsi di forme di antisemitismo in tutta Europa, con episodi di intolleranza e di aggressione fisica o verbale verso persone, luoghi o simboli delle comunità ebraiche che condanniamo con fermezza, così come ogni altra forma di odio e razzismo poiché nessuno, per nessuna ragione, deve vivere nella paura della discriminazione o della violenza a causa della propria religione o della propria identità;
in Cisgiordania, dove si assiste da anni a un'estensione degli insediamenti illegali in violazione delle risoluzioni ONU 242 e 2334, si registra un incremento dei gravissimi episodi di violenza da parte di coloni israeliani, alimentati anche da sconsiderate iniziative quali quelle del Ministro della sicurezza nazionale israeliano di approvare fino a 3.000 nuove richieste di permessi per armi da fuoco al giorno (rispetto alle 100 approvazioni un giorno prima dell'attacco): dal 7 ottobre, l'OCHA ha registrato 452 attacchi di coloni, spesso con armi da fuoco, che hanno provocato oltre 350 vittime palestinesi e numerosi danni a proprietà palestinesi – attacchi che, come denunciato da organi di stampa e organizzazioni internazionali, hanno in molti casi visto le forze militari israeliane accompagnare o sostenere gli aggressori;
gli Stati Uniti hanno annunciato l'imposizione di sanzioni contro i coloni israeliani accusati di attacchi ai palestinesi, così come la Francia e il Belgio, ed anche la Presidente della Commissione europea si è detta favorevole a sanzioni contro i coloni violenti in Cisgiordania affermando che «l'aumento della violenza da parte dei coloni estremisti sta infliggendo enormi sofferenze ai palestinesi» e che «questa violenza non ha nulla a che fare con la lotta ad Hamas e deve cessare»;
il 12 dicembre 2023, l'Assemblea Generale dell'ONU ha approvato a larga maggioranza una risoluzione che chiede a Israele «un immediato cessate il fuoco umanitario» nella Striscia di Gaza e «la liberazione immediata e senza condizioni di tutti gli ostaggi e la garanzia dell'accesso per ragioni umanitarie» e su cui il Governo italiano si è pilatescamente astenuto;
l'Italia ha una lunghissima tradizione di presenza attiva in Palestina, in West Bank come a Gaza, di organizzazioni della cooperazione allo sviluppo, ma la loro attività rischia oggi di arrestarsi a causa dei tagli del Governo italiano: nel 2021, vi erano destinati 15 milioni per i progetti di sviluppo e 5,2 milioni per l'emergenza umanitaria; nel 2022, rispettivamente, 16,3 milioni e 3,6; nel 2023, invece, solo 11 milioni esclusivamente destinati all'emergenza umanitaria, con il conseguente congelamento di dieci progetti a Gaza e in West Bank, proprio nel momento in cui sarebbero stati più necessari;
i rischi connessi all'espansione regionale del conflitto, anche in termini di miscalculation degli avvenimenti, non sono mai stati così elevati come nelle ultime settimane, in cui si sono registrati attacchi fuori dai confini di Israele e Palestina e, segnatamente, al critico confine con il Sud del Libano, dov'è presente il contingente italiano impegnato nella missione UNIFIL;
gli attacchi terroristici dei ribelli Houti dello Yemen alle navi in transito verso e per il canale di Suez, stanno provocando un drastico ridimensionamento del normale traffico marittimo delle merci verso e per il Mediterraneo e l'Europa, con immediate e gravi ricadute economiche sui noli, che colpiscono direttamente gli interessi dell'Italia;
si è registrata fin qui una scarsa assertività e un colpevole ritardo nell'iniziativa diplomatica dell'Unione europea, anche di semplice coordinamento con i tentativi di dialogo promossi dai Paesi arabi, le cui interlocuzioni principali stanno avvenendo con l'Amministrazione americana, come testimoniano le reiterate missioni nella regione del Segretario di Stato Anthony Blinken;
anche in occasione del perfezionamento della strategia degli «Accordi di Abramo», promossi dalla mediazione statunitense, l'Unione europea non ha offerto un contributo autonomo per un tentativo di normalizzazione dei rapporti tra gli Stati dell'area che non rimuovesse le legittime aspettative e aspirazioni del popolo palestinese;
Unione europea, Italia e gran parte della Comunità internazionale concordano nel considerare la soluzione dei «due popoli, due Stati» l'unica strada possibile per garantire la convivenza in pace e sicurezza degli israeliani e dei palestinesi, una posizione profondamente radicata nella tradizione e nell'iniziativa diplomatica italiana nei confronti di Israele e della Palestina;
dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite, 138 Stati hanno già riconosciuto lo Stato di Palestina, mentre 163 lo Stato di Israele;
il Parlamento europeo ha già approvato nel 2014 la Risoluzione (2014/2964(RSP)) sul riconoscimento dello Stato di Palestina, e successivamente il Parlamento italiano, con la mozione 1-00745 del 27 febbraio 2015, approvata a larga maggioranza, ha impegnato il Governo al riconoscimento dello Stato di Palestina, quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa, tenendo pienamente in considerazione le preoccupazioni e gli interessi legittimi dello Stato di Israele;
l'Autorità nazionale palestinese (ANP) necessita di un sensibile rafforzamento e di una profonda rivitalizzazione: negli ultimi anni ha infatti manifestato una crescente fragilità, legata all'interruzione del processo di pace, alla prolungata assenza di un confronto elettorale democratico e, dopo il 7 ottobre, al mancato trasferimento delle entrate fiscali che Israele effettua per contro dell'ANP nei territori occupati, che sta provocando il collasso economico e finanziario;
dopo anni di inerzia, la comunità internazionale e l'Unione europea devono recuperare un ruolo attivo nella risoluzione della crisi in Medio Oriente, seguendo le indicazioni del suo Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sostenendo le componenti più avanzate delle società israeliana e palestinese; nella ripresa del processo di pace e della soluzione politica dei «due popoli, due Stati», anche rafforzando le iniziative di dialogo con i Paesi terzi dell'area o da essi promosse,
impegna il Governo:
1) a sostenere ogni iniziativa volta a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza, in linea con le richieste avanzate dalle Nazioni Unite, al fine di perseguire la liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani e di tutelare l'incolumità della popolazione civile di Gaza, garantendo altresì la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi, sicuri e senza restrizioni all'interno della Striscia;
2) a sostenere un'azione coordinata a livello internazionale, in particolare in seno all'Unione europea, per promuovere iniziative di de-escalation della tensione in Medio Oriente e con l'obiettivo di celebrare – come proposto nelle conclusioni del Consiglio europeo del 27 ottobre 2023 – una Conferenza internazionale di pace che ponga fine al conflitto israelo-palestinese, attraverso la soluzione politica dei «due popoli, due Stati», in linea con le risoluzioni dell'ONU, che non può prescindere da un rinnovato ruolo dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) nella costituzione di uno Stato democratico palestinese, che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo Stato di Israele, sulla base del principio del reciproco riconoscimento;
3) ad attivarsi per promuovere, in tutte le sedi multilaterali, una missione internazionale di interposizione a Gaza, sotto l'egida delle Nazioni Unite, che coinvolga i Paesi arabi che possono assumersi la responsabilità della ricostruzione della Striscia, in linea con la lunga e consolidata tradizione diplomatica conquistata dall'Italia nelle molteplici missioni di pace nel mondo;
4) a promuovere – forte dell'impegno assunto nel 2014 dal Parlamento europeo e nel 2015 dal Parlamento italiano, per preservare nell'ambito del processo di pace la prospettiva dei «due popoli, due Stati» – il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell'Unione europea, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele;
5) a sostenere l'Unione europea nell'attuazione in tempi rapidi delle sanzioni già deliberate contro Hamas, per colpire la capacità organizzativa, economica e finanziaria dell'organizzazione terroristica;
6) ad adoperarsi affinché l'Unione europea appronti un pacchetto di sanzioni contro i coloni colpevoli di crimini verso la popolazione palestinese in Cisgiordania, nonché nei confronti delle organizzazioni o degli enti economici che direttamente o indirettamente ne sostengono l'azione, anche alla luce dell'ostacolo che gli stessi rappresentano per la ripresa di un reale percorso di pace tra i due popoli;
7) a ripristinare i fondi per le Ong italiane che operano in Palestina e in Israele, così come i contributi nell'anno in corso all'UNRWA (United Nations Relief and Works Agency far Palestine Refugees in the Near East), per consentire agli operatori di pace di aiutare concretamente la popolazione sui territori, garantendo altresì l'accesso illimitato alle cure;
8) a sostenere ogni iniziativa utile, nelle sedi giurisdizionali internazionali, volta ad accertare le violazioni, da chiunque compiute, del diritto internazionale e umanitario, autorizzando il lavoro di Commissioni d'inchiesta indipendenti;
9) a sostenere, all'interno di una cornice europea, con un mandato definito a protezione della libertà di navigazione e in dialogo con altri attori regionali, le iniziative volte a garantire la sicurezza marittima nel Mar Rosso, così come sancito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), nel quadro di un forte impegno europeo per la de-escalation nel Medio Oriente e la pace in Terra Santa.
Seduta del 29 gennaio 2024
Intervento in discussione generale di Vincenzo Amendola, Stefano Graziano
Seduta del 13 febbraio 2024
Intervento in dichiarazione di voto di Elly Schlein