Grazie, Presidente. Signor Ministro, ancora una volta viene in quest'Aula a spiegarci che va tutto bene e ci chiede, in sostanza, di avere fede in quello che lei, Ministro, e questo Governo state facendo nel corso di centinaia di riunioni con la Commissione europea. Ma come si può avere fiducia se con una mano si mettono in campo nuove risorse e con l'altra se ne tolgono di più? Che ci vuole a farsi vanto del raggiungimento dei target quando puntualmente si spostano in avanti tutti gli obiettivi che non si riescono a raggiungere? È come aggiungere minuti di recupero a oltranza fino a quando non si pareggia la partita, ma in questo caso l'arbitro fischierà, comunque, nel 2026. Come si può fare affidamento sulla credibilità di un Governo che da mesi - da mesi, Ministro - ci nasconde la verità sui dati e sui progetti? Guardi, non lo dicono soltanto le forze di opposizione o le testate giornalistiche, ma addirittura l'Ufficio parlamentare di bilancio: sul PNRR non c'è più un briciolo di trasparenza. Le ricordo - e faccia una verifica - che il sito Italiadomani non viene aggiornato dal 4 dicembre scorso e persino alle Commissioni parlamentari non è concesso di sapere granché. Guardi, né l'ultima relazione né il suo intervento di oggi ci fanno fare un passo avanti in questo senso. Ministro, ce ne facciamo poco di resoconti sommari e delle rassicurazioni se poi manca la sufficiente chiarezza per capire quanti e quali progetti puntualmente non verranno più finanziati. Si badi bene: questo non è un allarme che lanciano le opposizioni per fare un po' di terrorismo psicologico, ma preoccupazioni che avvertono in tanti, a partire dalle regioni, che proprio qualche giorno fa hanno detto, chiaro e tondo, che contano circa un miliardo 200 milioni di euro di ammanchi su misure di loro competenza.
Il provvedimento che ha presentato qualche giorno fa non rifinanzia tutte le misure tagliate e laddove le rifinanzia lo fa a scapito di altri investimenti pubblici e di altri fondi (ne abbiamo contati 19 per l'esattezza). Nel triennio 2024-2026 ai progetti finanziati a valere sul Piano nazionale complementare vengono tolti più di un miliardo e mezzo di euro, tra cui interventi per la sanità, per i trasporti e per le infrastrutture. Non solo, perché altri 2 miliardi di progetti vengono rimandati a decorrere dal 2027, quando evidentemente ci sarà un altro Governo e un altro Parlamento. Ma chi ci dà la certezza che una volta a maturazione verranno confermati? Insomma, il decreto appena depositato non è affatto risolutivo, anzi alimenta la grandissima confusione che c'è intorno al Piano e agli strumenti pubblici di investimento.
Una cosa, però, è abbastanza chiara a tutti gli osservatori: il Fondo di sviluppo e coesione torna ad essere il bancomat preferito dal Governo, il conto sempre aperto dove andare a prendere i soldi che servono quando servono (ne abbiamo contati 6 miliardi in questa tornata). Questo avviene in spregio al principio di addizionalità del PNRR, visto che ormai queste fonti di finanziamento si sostituiscono senza troppi scrupoli, e soprattutto calpestando pure il vincolo dell'80-20, su cui non abbiamo più alcuna sicurezza sul fatto che verrà o meno rispettato. Anche questo è sinceramente inaccettabile, signor Ministro, perché l'FSC segue una logica e ha delle regole che continuano a essere platealmente violate dal Governo.
D'altronde, se si guarda al Mezzogiorno come non si fa a essere preoccupati? All'orizzonte c'è l'autonomia differenziata, che rischia seriamente di spaccare il Paese. Sullo stesso PNRR abbiamo perso traccia degli obiettivi trasversali su giovani e donne, così come del rispetto della quota del 40 per cento per il Mezzogiorno. Duole ricordare, signor Ministro, che l'ultima relazione al riguardo risale a settembre 2022, guarda caso quando lei non era ancora Ministro. Da quando, infatti, lei è al Governo, il Parlamento e il Paese non sanno più se a quella norma di legge - perché è di una legge che stiamo parlando - si stia ottemperando o no. Persino questo decreto aumenta le perplessità sul trattamento che viene riservato alle regioni meridionali. Da un lato, si tagliano progetti per 700 milioni di euro, già accordati a valere sull'FSC, e dall'altro si sommano a quelli che vengono definanziati a valere sui fondi odierni.
Peraltro, ci sorprende quanto si è deciso di fare su Transizione 5.0 e, guardi, non siamo gli unici, perché anche Confindustria ha lamentato lo stesso problema. Allora, la domanda è: che senso ha l'incompatibilità tra quegli incentivi con quelli dedicati alla ZES unica (incentivi di cui, peraltro, quelli relativi alla ZES unica ancora aspettano il decreto attuativo)? Ma se davvero si vogliono stimolare gli investimenti in alcune aree del Paese, perché impedire la creazione di condizioni migliori a chi vuole investire in quelle regioni? E soprattutto se uno degli obiettivi di Transizione 5.0, che è il cuore della riformulazione dopo i tragici eventi della guerra in Ucraina e, quindi, la transizione energetica, perché rendere alternative le due agevolazioni, visto che, grazie alle migliori condizioni climatiche, nelle regioni meridionali avrebbe un'efficacia anche maggiore? Dov'è la logica in tutto questo, signor Ministro?
Guardi, al netto dei toni trionfalistici, i ritardi nell'attuazione del Piano sono purtroppo - e sottolineo: purtroppo - un fatto accertato, perché noi facciamo il tifo per l'Italia. Dalle stime della vostra stessa NADEF - lo ricordo - avevate preventivato di spendere 41 miliardi nel 2023. Sa quanti ne avete spesi? Ventuno!
Basta leggere con onestà ciò che scrive la Corte dei conti nell'ultima relazione, ossia che il ritardo sugli investimenti è evidente e che questo avrà inevitabilmente - cito - un impatto sulla crescita e sui progetti futuri. E guarda caso, oggi, per giustificarsi, tira in ballo il ritardo delle amministrazioni locali sul ReGiS, i dati sulla spesa. Ci perdoni, ma non possiamo accettarlo. Non possiamo accettarlo perché un anno fa lei, sul presupposto falso che le regioni non sanno spendere i fondi europei, si è appropriato della governance sulla questione, portando a Palazzo Chigi tutte le decisioni che prima spettavano agli enti territoriali.
In quelle settimane le abbiamo più volte fatto presente che quei dati erano falsati proprio per i problemi che da anni, non da ieri, si registrano sul ReGiS. All'epoca ci ha sonoramente ignorato, addirittura sbeffeggiato, ma oggi, che le torna comodo per giustificare le difficoltà del Governo, la questione dei ritardi sul ReGiS viene magicamente riabilitata. E poi stamane, addirittura, scopriamo che ci sono enti locali che hanno caricato i SAL 10 mesi fa e da 10 mesi aspettano una risposta. Ma, se non si liquidano i SAL, come si può procedere con le opere?
Eccoli i vostri colpevoli ritardi, altro che il solito rimpallo di responsabilità. Malgrado tutto, il Partito Democratico crede davvero nel PNRR e crede che sia un patrimonio comune, di tutti i cittadini e del futuro del nostro Paese. E siamo d'accordo con lei quando dice che questo lavoro è interesse di tutti, che spendere queste risorse è un obiettivo del Paese e non di una maggioranza parlamentare, però non possiamo far finta che non ci sia un abisso tra le parole e i fatti che conseguono puntualmente.
Lei viene qui sempre e solo a cose fatte, a presentare decisioni prese mesi prima. Il Parlamento è diventato un ingombro che non ha più alcun ruolo, né nei processi di attuazione del PNRR, né soprattutto sul controllo e sul monitoraggio. Ancora ieri, al Senato, ci ha impedito di conoscere nel dettaglio le informazioni che tutti chiediamo sui singoli progetti; eppure gli impegni che fino a un paio di anni fa il suo stesso partito chiedeva di assumersi ai Governi precedenti erano esattamente gli stessi che oggi noi chiediamo a voi.
Cito testualmente la risoluzione di Fratelli d'Italia del 1° aprile 2021: si impegna il Governo al rispetto delle prerogative del Parlamento nelle fasi di esame e approvazione dei singoli stati di attuazione del Piano, nonché nell'elaborazione di modalità procedurali che permettano l'effettiva fruizione delle risorse nei tempi previsti. Oggi, invece, del Parlamento non vi importa più nulla. Noi siamo disponibili, ancora una volta, a riproporre la possibilità di darvi una mano, ma quando ci verrà data realmente questa possibilità?
Allora ricominciamo dalle sue parole, troviamo insieme le soluzioni per dare stabilità alle misure sulla sanità, sulla giustizia, sull'istruzione, che altrimenti non avrebbero un futuro dopo il 2026. Cominciate, ad esempio, a stanziare i soldi necessari per il personale delle case di comunità che stiamo realizzando, esattamente come hanno fatto i precedenti Governi per gli asili nido, altrimenti avrete fatto una clamorosa operazione immobiliare, creando però delle cattedrali nel deserto.
In conclusione, signor Ministro, ricordo che abbiamo chiesto e ottenuto, noi prima di tutti, che l'Europa si aprisse al debito comune. Siamo noi che abbiamo partecipato alla genesi del Next Generation EU e al PNRR, mentre il suo partito in quest'Aula mugugnava e in Europa votava contro . E siamo sempre noi i primi ad auspicare il pieno successo del nostro Piano nazionale. Per cui le rivolgo un invito: invece che far proliferare i commissari straordinari o chiudersi a Palazzo Chigi, dia concretamente modo al Parlamento di offrire il suo contributo.
Ci porti nelle Commissioni i dati e i documenti che servono agli italiani per capire e a noi per aiutare. Ci coinvolga nelle riflessioni e nelle scelte, e non ci presenti una contabilità falsata ed edulcorata di scelte fatte solo da lei. Si chiama corresponsabilità, nel caso in cui le sia sfuggito il significato nella lingua italiana di questo termine.
È così che si garantisce l'attuazione del PNRR, non con questo atteggiamento testardo di omissioni e di insopportabile saccenteria. Ministro, impari una volta per tutte a concepire l'impegno politico come servizio al prossimo secondo l'insegnamento degasperiano, e non come sfoggio di prepotente spocchia, che elargisce a piene mani durante i suoi interventi in quest'Aula.