Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, affrontiamo oggi l'ultimo atto di un provvedimento importante, che reca norme in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, misura necessaria nel tempo in cui viviamo. È un fenomeno che non possiamo più ignorare, un flagello che colpisce tanti ragazzi nelle scuole, direi, in definitiva, il futuro dei nostri giovani, il presente e il futuro del nostro Paese.
Per prima cosa, vorrei ringraziare i presentatori: gli onorevoli Dori, D'orso, le colleghe Dondi e Matone, con cui abbiamo lavorato molto bene per portare a termine questo provvedimento, i Presidenti delle Commissioni, Cappellacci e Maschio.
Questo provvedimento nasce da un lavoro delle scorse legislature. Sicuramente, devo ricordare il lavoro fatto nella XVII legislatura dalla collega Elena Ferrara che portò alla legge n. 71 del 2017, che individuava strumenti di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo. Questa legge ha introdotto una serie di misure per prevenire e reprimere il bullismo online e istituito la figura del responsabile della prevenzione e del contrasto del bullismo e del cyberbullismo nelle scuole italiane, con un approccio che ha privilegiato la mediazione, la sensibilizzazione e l'educazione, prevedendo il coinvolgimento di genitori ed educatori. La legge ha stabilito, inoltre, sanzioni per coloro che commettono questi atti, al fine di proteggere le vittime e garantire un ambiente sicuro nel web e fuori.
In questo quadro, mi preme evidenziare che il fenomeno del bullismo, tanto spesso sottovalutato, non è una bravata, ma una forma di violenza che interessa molti, troppi giovani.
Più in particolare, il bullismo può essere definito come un comportamento intenzionale e aggressivo, che si verifica ripetutamente contro uno o più vittime con le quali vi è un reale, o percepito, squilibrio di potere. Normalmente le vittime si sentono totalmente vulnerabili ed incapaci di difendersi autonomamente. L'aggressione può essere fisica nei confronti di persone o beni, oppure verbale, sia diretta che indiretta. Tra le forme di aggressione verbale diretta ci sono insulti e minacce, in quella indiretta vi rientra la diffusione di voci finalizzata al danneggiamento della reputazione altrui e all'esclusione da un gruppo. Faccio presente, a questo proposito, che le ultime indagini rilevano che un adolescente su due è vittima di bullismo, un dato sconcertante. I dati evidenziano che, fra i giovani, il 47 per cento è vittima di bullismo o cyberbullismo, e il pretesto principale per il quale vengono attaccati è l'aspetto fisico, l'origine etnica, l'orientamento sessuale, la condizione economica, la religione, la disabilità. Vale a dire, è l'essere stesso delle persone che viene utilizzato come arma contro loro stessi. I ragazzi che subiscono bullismo o cyberbullismo spesso tacciono e non denunciano gli episodi, non ne parlano nemmeno con i propri genitori. Secondo i dati, solo il 20 per cento ne parla con la madre, e solo il 6 per cento con il padre. In pochissimi, solo il 2 per cento, ne parla con i propri insegnanti. Per questo credo sia importante, da parte delle istituzioni tutte, dare un segnale di vicinanza ed ascolto. Dagli studi emerge che i social network sono il principale strumento utilizzato per il cyberbullismo, seguiti da chat, messaggi e videogiochi online, e su quest'ultimo aspetto ritengo sia utile e necessario effettuare una piccola focalizzazione sulla inadeguatezza degli adulti. Non va dimenticato mai, infatti, che i contratti e le schede telefoniche, da cui spesso partono insulti e violenze, sono sempre acquistate e intestate agli adulti, che poi non vigilano, perché non ne sono capaci o perché sono distratti. Non vigilano sull'utilizzo che i ragazzi ne fanno, e questo è ancor più grave, se pensiamo che, come sottolineano esperti e testimoni, coloro che hanno sperimentato episodi di bullismo o cyberbullismo hanno maggiori probabilità di sviluppare difficoltà relazionali, sentirsi depressi, soli, ansiosi, avere scarsa autostima, financo sperimentare pensieri suicidari. L'aspetto più assurdo di queste dinamiche è che spesso anche i bulli possono sviluppare gli stessi problemi psicologici a lungo termine, creando un vortice di atti negativi che abbiamo l'obbligo di frenare con tutti gli strumenti possibili. Questa proposta di legge va in questa direzione e rappresenta un segnale chiaro del nostro impegno a proteggere i più vulnerabili e a promuovere una cultura di rispetto e tolleranza che, attraverso una serie di misure diversificate, mira a prevenire il fenomeno e a rieducare i minori coinvolti in tali comportamenti aggressivi. In Commissione Affari sociali abbiamo discusso a lungo questo provvedimento, trattando ad esempio un particolare aspetto come l'obbligo per le scuole di adottare programmi di prevenzione di bullismo e cyberbullismo, che includano azioni di sensibilizzazione e formazione rivolte sia agli studenti che al personale scolastico. Inoltre, la proposta prevede la creazione di un sistema di segnalazione degli atti di bullismo e cyberbullismo che consenta agli studenti di denunciare i comportamenti aggressivi subiti o osservati, un sistema che potrà essere gestito da figure specializzate all'interno delle scuole, che si occupano di verificare la veridicità delle segnalazioni e di adottare le misure necessarie per contrastare il fenomeno, anche avvalendosi delle collaborazioni delle forze dell'ordine. Rispetto alle misure rieducative, evidenzio come la proposta di legge preveda l'istituzione di un servizio di assistenza e supporto psicologico per i minori coinvolti in comportamenti aggressivi. Inoltre, è prevista la possibilità di adottare misure alternative alla detenzione per i minori autori di reati di bullismo, con il sostegno dei servizi sociali territoriali e le famiglie. Ovviamente, mi preme sottolineare che trattandosi spesso di bambini e ragazzi, la principale forma di prevenzione di atteggiamenti aggressivi deve essere proprio l'esempio degli adulti.
Purtroppo, non è sempre così. Capita spesso che i più piccoli crescano con modelli di riferimento violenti e aggressivi nella famiglia, ma, cari colleghi, spesso anche nelle istituzioni. Ed è qui che dobbiamo dare l'esempio. Anche le persone esposte pubblicamente sono quelle a cui i ragazzi guardano, e spesso non danno un buon esempio, ma danno esempi di forza, di violenza, di contrapposizione urlata e spesso violenta. Diffondere la cultura della non violenza e della pace mi appare oggi molto significativo, perché mostra un'alternativa alla narrazione della guerra e della violenza a cui siamo troppo assuefatti. Sono contento che in questa norma abbiamo inserito il 20 gennaio come giornata del rispetto, ricordando Willy Monteiro, un nostro figlio, un figlio della nostra Patria, rimasto ucciso, perché ha voluto difendere un suo coetaneo aggredito.
Ecco Presidente, colleghi, sono troppi anni, troppo tempo che si parla dei giovani con disprezzo, con derisione, che li si descrive come apatici, disimpegnati, schiavi dei social, con analisi troppo spesso impietose sul loro status e il loro futuro. Questo provvedimento vuole essere un segnale che la violenza non è mai la risposta, i ragazzi e i giovani di oggi stanno crescendo in un tempo difficile e per tanti versi cupo, con crisi, guerre, violenze. Aiutiamoli a costruire per l'oggi e il domani un mondo migliore, siamogli vicini, pensiamo sempre all'esempio che dobbiamo dare, a quello che dobbiamo fare per loro, e non a condannarli, e bene abbiamo fatto a prevedere per questo provvedimento un aspetto non repressivo ma di prevenzione e di presa in carico. Concludo, Presidente: anche a noi è dispiaciuto che nel passaggio al Senato si sia tolta una parte che prevedeva il coordinamento pedagogico, perché è qualcosa di utile, ed è stata anche qualcosa che abbiamo voluto insieme nel confronto parlamentare, ma al di là di questo, e per tutte le ragioni esposte, considero che questa legge sia molto importante e dichiaro con convinzione il nostro voto favorevole.