Discussione generale
Data: 
Lunedì, 17 Giugno, 2024
Nome: 
Ilenia Malavasi

A.C. 741-A​ e abbinate

Grazie, Presidente. Cari colleghi e care colleghe, mi onoro di intervenire nel merito di questa discussione, ben sapendo come spesso nelle Commissioni, negli incontri e nelle iniziative ci siamo confrontati sull'importanza del sistema sanitario nazionale in modo trasversale ed è un punto di partenza importante. Al tempo stesso, sappiamo bene come la pandemia abbia impresso nella nostra mente il valore del sistema sanitario nazionale, pubblico e universale, ma anche quei princìpi su cui è fondato lo stesso sistema sanitario nazionale: quei principi di universalità, di uguaglianza e di equità, che hanno rappresentato un pilastro della nostra democrazia; un diritto sancito dalla nostra Costituzione, nell'articolo 32, che oggi rischia veramente il collasso a causa di tagli, di finanziamenti inadeguati, di carenza di personale e di blocco delle assunzioni. Sono dati oggettivi, in una situazione aggravata dall'invecchiamento della popolazione, che già oggi costringe i cittadini a fare i conti con lunghi tempi di attesa, disuguaglianze regionali importanti, aumento della migrazione sanitaria, crescita della spesa privata dei cittadini, rinuncia alle cure, riduzione delle aspettative di vita - con una differenza importante da Nord a Sud -, che credo evidenzi una scarsa qualità dei servizi sanitari regionali.

Ci sono oggi più di 4 milioni di persone, di italiani, che rinunciano alle cure, in un Paese sempre più povero, con retribuzioni ferme da oltre 30 anni, con un'inflazione che continua a crescere e nuove fragilità che quotidianamente richiedono non solo la nostra attenzione, ma risposte concrete.

Il Documento di economia e finanza, approvato dal Governo, certifica dati incontrovertibili: quest'anno il rapporto fra la spesa sanitaria e il PIL si è contratto, passando dal 6,9 per cento del 2022 al 6,7 per cento. In termini assoluti, la spesa prevista per il settore è cresciuta di 4,3 miliardi, un incremento apparente del 3,8 per cento, fagocitato da un'inflazione ben oltre il 5 per cento. La volontà di tagliare o di disinvestire è evidente, con una riduzione, nei prossimi anni, di oltre 3,3 miliardi di euro. Il Governo ha indicato nel DEF che, a partire dal 2025, la spesa scenderà ancora fino al 6,2 per cento; il 6,1 addirittura nel 2026. Si aggraveranno ulteriormente così i bilanci delle nostre regioni, già in rosso per la copertura incompleta delle spese affrontate durante la pandemia a causa della campagna vaccinale, dell'incremento dei costi energetici, dei rincari di materie prime e degli altri materiali. Questo incide anche sulla dotazione dei posti letto ospedalieri, che già oggi sono pari a 3,18 posti ogni 1.000 abitanti. Un dato, secondo Eurostat, tra i più bassi in Europa: Germania, Austria e Francia mantengono livelli molto elevati fino ad arrivare al doppio dei nostri.

Poiché spesso il parametro del PIL è stato contestato anche in quest'Aula, possiamo cambiare parametro e guardare anche l'investimento pro capite. Basta leggere quello che dice la Corte dei conti: il nostro investimento pro capite è più basso rispetto alla Germania del 53 per cento; è più basso rispetto alla Francia del 42 per cento; rispetto al Regno Unito del 27,3 per cento. Ovunque lo si guardi, qualsiasi dato si prenda a raffronto, il risultato non cambia: il quadro è drammatico e urgente. A questo si aggiunge il quadro, fosco, che riguarda la scelta di riforma sull'autonomia differenziata, che darà il colpo di grazia a un sistema già in crisi e che, già oggi, vede nel nostro Paese - e lo sappiamo tutti - 21 sistemi regionali differenti.

Il recente report della Fondazione GIMBE, che è una Fondazione indipendente, parla di disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti: salterà il concetto fondamentale di tutela pubblica della salute. L'analisi documenta, dal 2021, enormi divari in ambito sanitario tra il Nord e il Sud del Paese e solleva molte preoccupazioni riguardo l'equità di accesso alle cure. I dati lo dimostrano: non c'è alcuna regione del Sud tra le prime dieci per i livelli essenziali di assistenza nel decennio 2010-2019; vi è una mobilità sanitaria dal Sud al Nord con tutte le regioni del Sud, ad eccezione del Molise, che hanno accumulato complessivamente un saldo negativo pari a 13,2 miliardi di euro nel decennio 2010-2021; mentre si trovano sempre in testa alle graduatorie Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, come regioni accoglienti; vi sono le scarse performance delle regioni del Sud, anche per il raggiungimento degli obiettivi della Missione Salute del PNRR. Insomma, siamo davanti a una frattura strutturale Nord-Sud che compromette la qualità dei servizi sanitari, l'equità di accesso, gli esiti di salute, ma anche le aspettative di vita delle persone, alimentando un imponente flusso di mobilità sanitaria dal Sud al Nord che, sinceramente, inizia a preoccuparci. Di conseguenza, l'attuazione di maggiore autonomia in sanità non potrà che amplificare le disuguaglianze già esistenti, aumentando mobilità sanitaria, soprattutto in assenza di definizione dei LEP e di copertura economica adeguata. Ma il rischio non è solamente il Meridione: l'ulteriore indebolimento dei servizi sanitari nel Mezzogiorno rischia di generare un effetto paradosso nelle ricche regioni del Nord che, per la grave crisi di sostenibilità del sistema sanitario nazionale, non potranno aumentare in maniera illimitata la produzione di servizi e di prestazioni sanitarie.

Il Governo, però, è sordo a ogni critica, anzi, spesso ascolta silente, come ha fatto il Ministro Calderoli in quest'Aula, seguito da una maggioranza che non ha mai preso la parola, nemmeno per difendere questa riforma ma, certamente, questo non significa far diminuire le proprie responsabilità su questa scelta. Le affermazioni della Presidente del Consiglio sul record di finanziamento dell'anno in corso sono l'ennesima bugia di chi non accetta domande ma, spesso, fa comizi senza contraddittorio. Voglio ricordare, infatti, che si tratta di un'affermazione populista, utile a costruire solo una narrazione nel Paese di un Governo e di una Premier infallibile, che riscuote successi uno dopo l'altro, come, ad esempio, sul G7. Peccato che non sia così, perché non si tratta di un unicum, ma di una notizia data con astuzia. E sapete perché, cari colleghi, tramite lei, Presidente? Ogni Governo avrebbe potuto dire la stessa identica cosa, perché ogni Governo, anno dopo anno, ha messo sempre più risorse rispetto all'anno precedente per sostenere il Fondo sanitario nazionale. La verità è che questo Governo ha scelto di investire in modo inadeguato sulla sanità pubblica, dimostrando che questa non è certamente il suo modello di riferimento come lo è, invece, la sanità privata a cui strizza l'occhio in ogni decreto. Infatti, la politica sanitaria adottata dal Governo aggrava i problemi del Servizio sanitario nazionale, accelerando in modo irresponsabile un processo di privatizzazione. Secondo l'OMS, fino agli anni Duemila avevamo il secondo sistema sanitario più forte al mondo. Oggi almeno il 60 per cento dei fondi pubblici finisce in mano ai privati, più del 50 per cento delle strutture che si occupano di malattie croniche sono private, così come lo sono più dell'80 per cento delle istituzioni di assistenza sanitaria residenziale. I tagli previsti dal Governo assecondano, dunque, questa visione tragica del nostro tessuto sociale sanitario, impoverendo la sanità pubblica e lasciando sole le fasce più fragili della popolazione. Si sta, dunque, rafforzando la convinzione che la salute sia un bene soggetto, almeno in parte, a criteri di mercato e che pubblico e privato debbano collocarsi sullo stesso piano ed agire secondo logiche competitive. Una visione che, ovviamente, non condividiamo e che contrasteremo in ogni sede.

Una convinzione ben lontana, infatti, dalla definizione costituzionale del diritto alla salute. Secondo, infatti, quanto sancito dalla Costituzione - voglio ricordarlo qui - la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Rendere esigibile il diritto alla salute come diritto sociale e di libertà, diritto umano fondamentale, significa garantire universalità ed effettività tramite lo strumento a ciò preposto, ossia il sistema sanitario nazionale.

Tuttavia, le pressioni politiche, le sollecitazioni che sono arrivate dai sindacati, dalle associazioni, dalle fondazioni indipendenti e dalle università, hanno smosso il Governo, che ha dovuto ammettere che le difficoltà ci sono e che quanto stavano facendo non era sufficiente. Ricordo, a titolo di esempio, l'appello “salvate la sanità pubblica” sottoscritto da 14 scienziati, personalità illustri del mondo scientifico e della ricerca italiana, che evidenziano come il sistema sia in crisi, perché i costi dell'evoluzione tecnologica, i radicati mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica hanno reso fortemente sotto-finanziato il sistema sanitario nazionale e richiedono un piano straordinario di finanziamento e specifiche risorse per rimuovere gli squilibri territoriali. Questi 14 eminenti ritengono dunque urgente e indispensabile adeguare il finanziamento agli standard europei, perché il sistema sanitario nazionale non tutela solo la salute dei cittadini, ma contribuisce in modo determinante alla coesione del nostro Paese. L'abbiamo sentito tutti durante le audizioni: questo è stato un elemento che ha contraddistinto in modo uguale tutte le audizioni che abbiamo fatto.

Ed ecco, dunque, che arriva un decreto, quasi miracoloso, che risolve per magia tutti i problemi del nostro Paese. Con un tempismo perfetto, il Governo ha varato, a due giorni dal voto europeo, un decreto-legge per abbattere le liste di attesa. Si tratta di un provvedimento deludente, utile sicuramente a fare una buona propaganda, ma che difficilmente servirà ad aumentare il numero delle prestazioni che il sistema sanitario nazionale eroga per soddisfare i bisogni di salute dei cittadini e delle cittadine. La delusione non è solamente dei sindacati, ma è anche delle regioni - lo ricordiamo - in maggioranza governate da giunte di centrodestra. E se è giusto velocizzare l'erogazione delle prestazioni sanitarie, degli accertamenti strumentali, le visite di medici specialistici, è incredibilmente sbagliato utilizzare il bisogno di salute di cittadini e cittadine per spostare consenso politico e risorse, già scarse, dalla sanità pubblica a quella privata. Questo sembra il reale obiettivo del testo normativo, un decreto praticamente a costo zero per il Governo, che non porterà ad alcun beneficio perché necessita di decreti attuativi per essere attuato, nonché di tempi che nulla hanno a che fare con l'urgenza che richiede, oggi, risposte concrete e immediate.

Lo abbiamo sentito anche dalle regioni, tramite il coordinatore della commissione salute della Conferenza Stato-regioni che ha protestato per il fatto che le amministrazioni locali non sono state consultate. Ci si risparmi, dunque, almeno l'imbarazzo di dover smentire ogni volta il riferimento alla concertazione con le regioni che, ripeto, non c'è stata. È evidente, infatti, da un lato, la volontà di esautorare le regioni dalla loro funzione programmatoria sanitaria con meccanismi di direzione, controllo e ispezione da parte del Governo direttamente nei confronti delle ASL, scavalcando le regioni; dall'altro, si spinge ancora l'acceleratore sulla privatizzazione della sanità, favorendo l'attività libero-professionale dei medici a discapito di un potenziamento del sistema sanitario pubblico, alzando il tetto di spesa per il privato accreditato senza prima assicurare un adeguato finanziamento al sistema pubblico.

Secondo Mediobanca, i guadagni per la sanità privata sono aumentati di 70 miliardi e sono cresciute le assicurazioni private. Siamo dietro ai grandi Paesi europei. Il decreto, dunque, non cambia nulla, rimane uno spot vuoto elettorale, e di questo non possiamo che rammaricarcene. Ricordo, infatti, che il decreto è stato pubblicato il 7 giugno del 2024. Da un lato, il decreto è un'ammissione di colpe e di responsabilità in capo alla Presidente Meloni e al suo Governo, che ammette, implicitamente, che non è stato fatto niente - e certamente non a sufficienza - per affrontare il tema delle liste di attesa, al di là dei proclami, e che oggi prova a porvi rimedio; dall'altro, è costretto a correre ai ripari per precedere, con un atto governativo, la discussione che stiamo facendo oggi sulla proposta di legge Schlein per poter dire - come è già stato fatto in Commissione dalla collega Loizzo - che siamo stati intempestivi, perché il decreto risolve già tutto. Peccato che la proposta di legge di cui stiamo parlando sia stata presentata lo scorso 26 febbraio. Mi pare, dunque, che l'intempestività sia di chi sta al Governo e non, certamente, del nostro gruppo parlamentare. Chi ha a cuore il futuro del nostro sistema sanitario nazionale deve approvare insieme a noi questa proposta di legge, che prevede di incrementare gradualmente l'investimento per la salute nei prossimi anni, fino a raggiungere la media europea del 7,5 per cento del PIL, abolendo il tetto di spesa per il personale, promuovendo un grande piano di assunzioni di medici, di infermieri, di tecnici, necessari ad abbattere le liste di attesa e rilanciare il sistema sanitario nazionale, anche migliorando il sistema di prenotazione unico a livello regionale o interregionale, e la possibilità di utilizzare prestazioni intramurarie per abbattere le liste di attesa.

I soldi per realizzarli ci sono, ci sono sempre in una legge dello Stato. Abbiamo ipotizzato alcune coperture, abbiamo apportato delle modifiche in fase emendativa, dando comunque la massima disponibilità a discutere insieme dove trovare migliori coperture. Siamo sempre aperti al dialogo, tra l'altro, senza aggiungere - a differenza di quanto ha detto nella presentazione la collega Loizzo - nessuna nuova tassa. Non è scritto, è un'ennesima bugia, lo dico senza mezzi termini: il confronto è corretto e ci vuole ed è necessario, ma non possiamo certamente costruire bugie contro l'opposizione quando si parla di sanità, che è il diritto più importante che hanno i nostri cittadini. Basteranno più risorse e più personale per risolvere tutti i problemi della nostra sanità? Certamente no, ne siamo convinti, sono però la precondizione per poter affrontare una prospettiva di riforma più complessiva del nostro sistema sanitario nazionale. I cambiamenti demografici, epidemiologici, tecnologici e climatici rendono necessarie riforme di sistema. Serve nuova governance indispensabile per una concreta ed effettiva esigibilità del diritto fondamentale alla salute. Ormai è finito il tempo delle manutenzioni ordinarie, dobbiamo partire insieme dalla valorizzazione dei professionisti che sono sottopagati e sottoposti a turni importanti, a volte ingestibili.

Dobbiamo potenziare le strutture territoriali, rilanciando la medicina del territorio. A differenza vostra, non avremmo certamente ridotto i progetti del PNRR, coperti con altre risorse che sono già impegnate - fatto sta che alcuni progetti salteranno - e avremmo finanziato la riforma per la non autosufficienza, che avete approvato a risorse invariate.

Case per la comunità, consultori, servizi domiciliari e assistenza socio-sanitaria integrata sono indispensabili: la loro efficacia deve essere garantita da risorse adeguate e da una presenza capillare di operatori di comunità. Devo dire che - anche in questo caso - i territori sono più avanti, perché già funzionano nei territori infermieri di comunità, fisioterapisti di comunità, riabilitatori: questo proprio perché il modello pungente del territorio è sempre più efficace e risponde in modo puntuale alle esigenze dei cittadini. Serve un nuovo modello organizzativo, basato sull'implementazione di reti cliniche e su una medicina di territorio. Lo ripeto ancora una volta: è un team di lavoro, fatto da operatori con modalità multidisciplinari, attraverso coerenti adeguamenti contrattuali.

Voglio dire, in conclusione, che non abbiamo mai detto che le colpe sono tutte di questo Governo. Non l'abbia mai detto in nessuna sede. Certamente, oggi la responsabilità la dobbiamo condividere e la condividiamo anche stando all'opposizione, volendo discutere con voi su quanto sia veramente importante - per voi - la tutela del Sistema sanitario nazionale. Per noi lo è: è una nostra priorità politica, perché crediamo che sia alla base della nostra democrazia.

Dobbiamo ricostruire un Sistema sanitario nazionale pubblico, adeguatamente finanziato, che guardi al presente ma, in particolare, al futuro, e che sia capace di adeguarsi alle diverse e molteplici transizioni, quale garanzia di diritti esigibili per i nostri cittadini. Non possiamo e non vogliamo assolutamente rinunciare a questa conquista. Un sistema sanitario nazionale - che ormai costituisce un diritto di cittadinanza inalienabile - è una risorsa economica e culturale imprescindibile di ogni Paese.

Cari colleghi e care colleghe, dimostriamo - una volta - di avere a cuore - insieme - il futuro del nostro Paese. Dimostriamo di essere una classe dirigente coraggiosa, che non guarda ai propri interessi di bottega, ma agli interessi del Paese intero e approviamo insieme - discutendo - la legge Schlein: per una politica che sappia dimostrare di saper ascoltare e dare risposte concrete ai bisogni dei nostri cittadini ma soprattutto, sappia dare di nuovo speranza al nostro Paese.